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basi militari

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

A Teulada dopo 70 anni di esercitazioni militari arriva la valutazione di impatto ambientale: perché solo ora?

La Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) è «doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il territorio sardo ogni anno». Eppure nei fatti così non è. Per oltre settant’anni, le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada si sono svolte senza valutazione preventiva del loro impatto ambientale, nonostante coinvolgano inoltre aree di straordinario valore naturalistico riconosciute dalla rete ecologica Natura 2000.

La VINCA è infatti un processo preventivo obbligatorio per qualsiasi piano, progetto o attività che potrebbe avere un impatto significativo su un’area appartenente alla rete ecologica Natura 2000, istituita dall’Unione Europea per proteggere habitat naturali e specie a rischio. Solo dopo un’attenta analisi e verifica l’autorità competente può autorizzare l’intervento, previa dimostrazione con certezza scientifica che l’integrità del sito non sarà compromessa. E qui alcune delle esercitazioni militari interessano i siti di importanza comunitaria (S.I.C.) dell’Isola Rossa e Capo Teulada, il Promontorio, dune e zona umida di Porto Pino e lo stagno di Corru e S’Ittiri, elevati a zone di conservazione speciale (ZSC) e appartenenti alla Rete Natura.

Eppure, come dicevamo, solo dopo due ricorsi al TAR – promossi dall’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico e da Aforas, assemblea che si oppone all’occupazione militare della Sardegna – l’Esercito ha presentato la documentazione necessaria per ottenere la VINCA per la esercitazioni militari, «per la prima volta dopo 70 anni», sottolineano da A Foras.

C’è però anche un’altra questione, ovvero il fatto che, come già evidenziato dal Gruppo di Intervento Giuridico – qui il nostro approfondimento –, “lo stesso Ministero della Difesa ha sottolineato l’importanza di svolgere assiduamente le operazioni di salvaguardia ambientale dei siti addestrativi e le procedure di VINCA, che vengono regolarmente svolte in relazione ad altri poligoni presenti in altre regioni, come per esempio il poligono di Monrupino (TS), il poligono di Monte Stabiata (AQ), il poligono del Cellina – Meduna (PN), il poligono di Torre Veneri (LE)”. Perché allora in Sardegna questa tutela è sempre stata ignorata?

Per Aforas, la risposta è legata a un atteggiamento che per decenni è stato accettato, anche da chi subisce direttamente le conseguenze delle servitù militari. Ora però qualcosa sembra cambiare, anche se rimane da chiedersi se si tratti di un reale passo avanti o solo di una mossa formale per giustificare la prosecuzione delle esercitazioni militari che restano argomento di contestazione, dissenso e lotta nell’Isola. Ne parliamo con Elena Argiolas, attivista di A Foras, per capire cosa significa davvero questa novità e quali battaglie restano ancora aperte.

Due ricorsi al Tar sono stati presentati contro il calendario delle esercitazioni, nel 2023 e nel 2024, grazie e agli avvocati Pubusa e Lai che sono intervenuti per conto di A Foras e all’associazione Gruppo di Intervento Giuridico e l’avvocato Melis Costa che si sono fatti carico (questi ultimi) di firmare il ricorso. Un’azione che ha permesso un primo passo verso l’ottenimento la Vinca per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada. Si tratta di un importante cambiamento, come commentate questa vicenda?

Specifichiamo innanzitutto che non abbiamo, di fatto, ottenuto la VINCA, ma solamente la notizia che l’Esercito ha presentato alla Regione la documentazione per ottenerla. La Valutazione di incidenza ambientale è doverosa per chi, come l’Esercito italiano e i suoi appaltatori, martoria il nostro territorio ogni anno da 70 anni. Dopo tutto questo tempo e due ricorsi che come A Foras abbiamo promosso al TAR, riteniamo che le nostre pressioni siano state fondamentali.

Siamo riusciti e riuscite a far sentire all’Esercito italiano che esiste un territorio di cui è necessario avere rispetto e che in terra sarda non possono più fare, impuniti, il bello e il cattivo tempo: ci sarà sempre chi guarda ed è pronto e pronta ad impugnare ogni azione ingiusta. Siamo ben lontani da definire questa una vittoria, ma sicuramente è un primo passo nella direzione giusta: quella di non farli sentire tranquilli.

Dopo 70 anni l’Esercito ha quindi presentato agli uffici regionali la documentazione per ottenere la VINCA per le esercitazioni militari nel Poligono di Teulada, ma come è possibile ci sia voluto così tanto tempo? 

Probabilmente non ci sono dietrologie, semplicemente non ci si è mai posti il problema: se si pensa di essere padroni di un territorio si pensa anche di poterne disporre a proprio piacimento e per i propri fini, che ogni volta vengono considerati superiori alla ragione di esistere che hanno l’habitat, gli animali, le persone indigene che quei territori da sempre li abitano. Questo è stato probabilmente accettato come dato di fatto, anche da chi vive le più grosse problematiche di quei territori stessi. Qualcuno sta adesso dimostrando che non è così e che tutto questo non può essere normale.

Quali sono le logiche anche culturali dominanti che legittimano la mancata valutazione di azioni altamente impattanti come le esercitazioni militari? 

Le ragioni sono senza dubbio molteplici e complesse. L’abitudine sicuramente gioca un ruolo molto forte, il fatto che sia così da quando la maggior parte delle persone hanno memoria. Sicuramente poi la propaganda ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale: quante volte abbiamo sentito che le basi militari portano lavoro? Chiaramente è una riflessione che non viene mai fatta in relazione a quello che ci sarebbe potuto essere in alternativa o a quello che tolgono, ma sempre perché si prendono le basi come un qualcosa che è così e non può essere altrimenti.

In un momento in cui in Sardegna si discute ampiamente su una transizione energetica che sia però giusta, quanto è necessario ragionare in ottica comunitaria sull’impatto non solo delle esercitazioni militari ma in generale delle servitù?

Per noi è uno degli obiettivi a breve e medio termine. Crediamo che sia necessario che le persone sarde e non solo più che accettare passivamente riflettano su quello che vivono.

I vostri obiettivi sono infatti il “fermare le esercitazioni militari, chiudere le basi, bonificare i poligoni con un adeguato risarcimento delle popolazioni interessate”. Come e perché farlo? 

Questi sono gli obiettivi ideali che ci siamo posti, i motivi per cui A Foras è nata. Non abbiamo un unico modo di portare avanti la nostra lotta e crediamo che più metodi possano portarci ad avvicinarci al nostro obiettivo ideale: dall’azione diretta all’informazione, dai tribunali alle scuole. Crediamo che non sia un caso che tante delle persone che lottano contro le basi militari – che facciano o meno parte di A Foras – siano sotto processo.

Ci preme ricordare fra tutti l’operazione Lince, che vede 40 persone imputate, di cui 5 per associazione con finalità eversiva dell’ordine democratico. Il processo è chiaramente una farsa, ma ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta: evidentemente quello che facciamo, con qualsiasi metodo lo portiamo avanti, dà fastidio.

 

Laura Tussi

Italia che Cambia

La catena della guerra in Italia. I fornitori in Lombardia

La Lombardia è una delle regioni italiane più tradizionalmente votate al settore armiero, sia per le armi leggere sia per la difesa. Sempre più aziende vengono “reclutate” da Leonardo per entrare a far parte della sua “supply chain” tramite il progetto Leap, Leonardo Empowering Advanced Partnerships. Anche con il Politecnico di Milano Leonardo ha avviato una solida collaborazione. Le sedi lombarde della Leonardo sono a Varese con la divisione Velivoli, a Nerviano (Mi) e Brescia con la divisione elettronica e cyber. Intorno a queste sedi c’è una costellazione di oltre 1300 piccole e medie aziende fornitori di Leonardo. Forte anche il distretto degli esplosivi e dei proiettili con RWM, Invernizzi, Fiocchi, Battaggion.

Secondo Mona e Reda, dagli aerei ai Pfas

Secondo Mona è un’azienda di Somma Lombarda (Va) che produce attrezzature per il carburante ed equipaggiamenti per velivoli sia civili che militari, sia per Leonardo che per altri grandi produttori nel mondo. Nel loro sito, al capitolo velivoli militari leggiamo un lungo elenco di progetti ai quali l’azienda ha collaborato. Dagli EF2000 Typhoon, ai Mirage 2000-9 (caccia francese), ai cacciabombardieri F-35 JSF con capacità di trasporto bombe atomiche (stoccate peraltro a Ghedi, Brescia). I C27J prodotti da Leonardo, i super Hercules della Lockheed Martin, fino al primo addestratore turco Hurkus, progettato e sviluppato dall’azienda turca Turkish Aerospace Industries (TAI). Questo aereo oltre ad addestrare può anche essere armato di tutto punto e usato per missioni di attacco. Oltre alla Turchia, questi addestratori sono finiti anche in Libia e in Niger (tutti Stati dove avvengono gravi violazioni dei diritti umani). Mona nel 2023 ha ottenuto numerose autorizzazioni ad esportare materiale bellico (come si legge nella relazione export armi) pari ad un valore di 15 milioni di euro.

Altra azienda impegnata nel settore difesa e aerospazio è Ase (storica azienda aerospaziale di San Giorgio su Legnano, Mi) che produce generatori e convertitori elettrici destinati ai velivoli civili e militari (tra cui gli Eurofighter Typhoon).

Tra Monza, Brescia e Bergamo ci sono gli stabilimenti di Posa del gruppo Reda, azienda specializzata in produzione di guarnizioni sia per vari settori civili e militari (dai carri armati agli aerei). Un’azienda che (si legge nel suo sito) fa uso di fluorurati, tra cui fluorosilicone (FVMQ) e fluoroelastomero FKM, tutte molecole contenenti le famigerate catene fluoro carbonio, tipiche dei Pfas. I Pfas sono molecole create dall’uomo, considerate inquinanti eterni, poiché non si degradano, sono dannose per la salute e interferenti endocrini, eppure non sono ancora messe al bando. La lobby industriale della plastica da alcuni anni si sta prodigando per impedire la classificazione delle gomme a base di fluoro come sostanze Pfas. Una pressione svelata anche dall’indagine giornalistica internazionale “Forever Lobbying Project”, che ha fatto luce sul ruolo delle lobby nello sminuire la pericolosità dei Pfas, in particolare dei fluoropolimeri.

Come racconta Vicenzatoday, anche il Dipartimento della difesa in un dossier consegnato al Congresso degli Stati Uniti nell’estate del 2023, (“Securing Defense-Critical Supply Chains”), pur ammettendo la pericolosità di questi composti chimici, sottolineava che una restrizione avrebbe potuto pregiudicare la catena di approvvigionamento del settore militare, comparto definito “strategico”. Secondo il Pentagono i Pfas sono necessari in particolare nell’ambito della lavorazione e forgiatura di leghe e metalli, nella produzione dei semiconduttori e missili. La messa a bando dei Pfas, è insomma osteggiata anche per motivi militari.

Bergamo e Brescia, dalla pasta alle bombe

Una “curiosa” azienda dual use è Battaggion, di Bergamo. Dal 1918 produce impastatrici e miscelatori per polveri, liquidi e solidi per i più vari settori di applicazione, dall’alimentare al farmaceutico, ai pigmenti, senza disdegnare il settore degli esplosivi, che però viene pudicamente omesso dai settori pubblicizzati nel sito. Secondo la relazione sulle esportazioni di armi, ai sensi della legge 185/90, nel 2023 Battaggion ha ottenuto numerose autorizzazioni per esportare impastatrici TK1T-E / TK 5000T-E con braccia a sigma: macchinari che servono a miscelare polvere e prodotti esplosivi, destinati ad armi, mine e bombe.

Nella relazione del 2023 si legge che gli utilizzatori finali sono stati Paesi come Israele (al quale l’azienda ha venduto impastatrici per un valore di circa 1 milione e 600 mila euro), l’Uzbekistan e l’India per un altro milione circa di euro. Il distretto della produzione degli esplosivi lombardo non può dimenticare la RWM Italia S.p.A, una delle più grandi aziende di bombe e missili d’Italia, del gruppo Rheinmetall, con uno stabilimento a Ghedi (BS) e uno a Domusnovas (SU) in Sardegna. Qui si producono parti elettroniche, inerti ed esplosivi, missili e bombe destinate ai vari teatri di guerra nel mondo, dall’Ucraina ad Israele e fino al 2021 anche in Arabia Saudita. Nel 2023 la RWM ha esportato in Israele bombe, esplosivi e missili per 34 milioni di euro, su un totale di 42 milioni di esportazioni definitive di armi. Gli altri “utilizzatori finali” sono stati Turchia, Stati Uniti e Regno Unito.

Sempre nel bresciano domina la Fabbrica d’Armi Beretta, altra storica azienda di armi leggere, che dal 2011 tramite la Beretta Defense Technologies (BDT) costituita con Benelli, Steiner e Sako, rifornisce di armi pesanti, equipaggiamenti e visori gli eserciti di tutto il mondo. Nel sito di Beretta la descrizione della catena di fornitori assume toni entusiastici: “gran parte delle aziende che effettuano la trasformazione e la lavorazione dei nostri componenti sono piccole e medie imprese ubicate in quest’area geografica, nota per la sua diffusa cultura nella realizzazione delle armi, tanto da essere denominata “Weapon Valley”.

Qui i primi due dossier:

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori dell’Emilia Romagna (1)

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori del Nord Est (2)

Linda Maggiori

Atlante delle guerre

La catena della guerra in Italia. I fornitori in Lombardia

La Lombardia è una delle regioni italiane più tradizionalmente votate al settore armiero, sia per le armi leggere sia per la difesa. Sempre più aziende vengono “reclutate” da Leonardo per entrare a far parte della sua “supply chain” tramite il progetto Leap, Leonardo Empowering Advanced Partnerships. Anche con il Politecnico di Milano Leonardo ha avviato una solida collaborazione. Le sedi lombarde della Leonardo sono a Varese con la divisione Velivoli, a Nerviano (Mi) e Brescia con la divisione elettronica e cyber. Intorno a queste sedi c’è una costellazione di oltre 1300 piccole e medie aziende fornitori di Leonardo. Forte anche il distretto degli esplosivi e dei proiettili con RWM, Invernizzi, Fiocchi, Battaggion.

Secondo Mona e Reda, dagli aerei ai Pfas

Secondo Mona è un’azienda di Somma Lombarda (Va) che produce attrezzature per il carburante ed equipaggiamenti per velivoli sia civili che militari, sia per Leonardo che per altri grandi produttori nel mondo. Nel loro sito, al capitolo velivoli militari leggiamo un lungo elenco di progetti ai quali l’azienda ha collaborato. Dagli EF2000 Typhoon, ai Mirage 2000-9 (caccia francese), ai cacciabombardieri F-35 JSF con capacità di trasporto bombe atomiche (stoccate peraltro a Ghedi, Brescia). I C27J prodotti da Leonardo, i super Hercules della Lockheed Martin, fino al primo addestratore turco Hurkus, progettato e sviluppato dall’azienda turca Turkish Aerospace Industries (TAI). Questo aereo oltre ad addestrare può anche essere armato di tutto punto e usato per missioni di attacco. Oltre alla Turchia, questi addestratori sono finiti anche in Libia e in Niger (tutti Stati dove avvengono gravi violazioni dei diritti umani). Mona nel 2023 ha ottenuto numerose autorizzazioni ad esportare materiale bellico (come si legge nella relazione export armi) pari ad un valore di 15 milioni di euro.

Altra azienda impegnata nel settore difesa e aerospazio è Ase (storica azienda aerospaziale di San Giorgio su Legnano, Mi) che produce generatori e convertitori elettrici destinati ai velivoli civili e militari (tra cui gli Eurofighter Typhoon).

Tra Monza, Brescia e Bergamo ci sono gli stabilimenti di Posa del gruppo Reda, azienda specializzata in produzione di guarnizioni sia per vari settori civili e militari (dai carri armati agli aerei). Un’azienda che (si legge nel suo sito) fa uso di fluorurati, tra cui fluorosilicone (FVMQ) e fluoroelastomero FKM, tutte molecole contenenti le famigerate catene fluoro carbonio, tipiche dei Pfas. I Pfas sono molecole create dall’uomo, considerate inquinanti eterni, poiché non si degradano, sono dannose per la salute e interferenti endocrini, eppure non sono ancora messe al bando. La lobby industriale della plastica da alcuni anni si sta prodigando per impedire la classificazione delle gomme a base di fluoro come sostanze Pfas. Una pressione svelata anche dall’indagine giornalistica internazionale “Forever Lobbying Project”, che ha fatto luce sul ruolo delle lobby nello sminuire la pericolosità dei Pfas, in particolare dei fluoropolimeri.

Come racconta Vicenzatoday, anche il Dipartimento della difesa in un dossier consegnato al Congresso degli Stati Uniti nell’estate del 2023, (“Securing Defense-Critical Supply Chains”), pur ammettendo la pericolosità di questi composti chimici, sottolineava che una restrizione avrebbe potuto pregiudicare la catena di approvvigionamento del settore militare, comparto definito “strategico”. Secondo il Pentagono i Pfas sono necessari in particolare nell’ambito della lavorazione e forgiatura di leghe e metalli, nella produzione dei semiconduttori e missili. La messa a bando dei Pfas, è insomma osteggiata anche per motivi militari.

Bergamo e Brescia, dalla pasta alle bombe

Una “curiosa” azienda dual use è Battaggion, di Bergamo. Dal 1918 produce impastatrici e miscelatori per polveri, liquidi e solidi per i più vari settori di applicazione, dall’alimentare al farmaceutico, ai pigmenti, senza disdegnare il settore degli esplosivi, che però viene pudicamente omesso dai settori pubblicizzati nel sito. Secondo la relazione sulle esportazioni di armi, ai sensi della legge 185/90, nel 2023 Battaggion ha ottenuto numerose autorizzazioni per esportare impastatrici TK1T-E / TK 5000T-E con braccia a sigma: macchinari che servono a miscelare polvere e prodotti esplosivi, destinati ad armi, mine e bombe.

Nella relazione del 2023 si legge che gli utilizzatori finali sono stati Paesi come Israele (al quale l’azienda ha venduto impastatrici per un valore di circa 1 milione e 600 mila euro), l’Uzbekistan e l’India per un altro milione circa di euro. Il distretto della produzione degli esplosivi lombardo non può dimenticare la RWM Italia S.p.A, una delle più grandi aziende di bombe e missili d’Italia, del gruppo Rheinmetall, con uno stabilimento a Ghedi (BS) e uno a Domusnovas (SU) in Sardegna. Qui si producono parti elettroniche, inerti ed esplosivi, missili e bombe destinate ai vari teatri di guerra nel mondo, dall’Ucraina ad Israele e fino al 2021 anche in Arabia Saudita. Nel 2023 la RWM ha esportato in Israele bombe, esplosivi e missili per 34 milioni di euro, su un totale di 42 milioni di esportazioni definitive di armi. Gli altri “utilizzatori finali” sono stati Turchia, Stati Uniti e Regno Unito.

Sempre nel bresciano domina la Fabbrica d’Armi Beretta, altra storica azienda di armi leggere, che dal 2011 tramite la Beretta Defense Technologies (BDT) costituita con Benelli, Steiner e Sako, rifornisce di armi pesanti, equipaggiamenti e visori gli eserciti di tutto il mondo. Nel sito di Beretta la descrizione della catena di fornitori assume toni entusiastici: “gran parte delle aziende che effettuano la trasformazione e la lavorazione dei nostri componenti sono piccole e medie imprese ubicate in quest’area geografica, nota per la sua diffusa cultura nella realizzazione delle armi, tanto da essere denominata “Weapon Valley”.

Qui i primi due dossier:

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori dell’Emilia Romagna (1)

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori del Nord Est (2)

Linda Maggiori

Atlante delle guerre

La catena della guerra in Italia. I fornitori in Lombardia

La Lombardia è una delle regioni italiane più tradizionalmente votate al settore armiero, sia per le armi leggere sia per la difesa. Sempre più aziende vengono “reclutate” da Leonardo per entrare a far parte della sua “supply chain” tramite il progetto Leap, Leonardo Empowering Advanced Partnerships. Anche con il Politecnico di Milano Leonardo ha avviato una solida collaborazione. Le sedi lombarde della Leonardo sono a Varese con la divisione Velivoli, a Nerviano (Mi) e Brescia con la divisione elettronica e cyber. Intorno a queste sedi c’è una costellazione di oltre 1300 piccole e medie aziende fornitori di Leonardo. Forte anche il distretto degli esplosivi e dei proiettili con RWM, Invernizzi, Fiocchi, Battaggion.

Secondo Mona e Reda, dagli aerei ai Pfas

Secondo Mona è un’azienda di Somma Lombarda (Va) che produce attrezzature per il carburante ed equipaggiamenti per velivoli sia civili che militari, sia per Leonardo che per altri grandi produttori nel mondo. Nel loro sito, al capitolo velivoli militari leggiamo un lungo elenco di progetti ai quali l’azienda ha collaborato. Dagli EF2000 Typhoon, ai Mirage 2000-9 (caccia francese), ai cacciabombardieri F-35 JSF con capacità di trasporto bombe atomiche (stoccate peraltro a Ghedi, Brescia). I C27J prodotti da Leonardo, i super Hercules della Lockheed Martin, fino al primo addestratore turco Hurkus, progettato e sviluppato dall’azienda turca Turkish Aerospace Industries (TAI). Questo aereo oltre ad addestrare può anche essere armato di tutto punto e usato per missioni di attacco. Oltre alla Turchia, questi addestratori sono finiti anche in Libia e in Niger (tutti Stati dove avvengono gravi violazioni dei diritti umani). Mona nel 2023 ha ottenuto numerose autorizzazioni ad esportare materiale bellico (come si legge nella relazione export armi) pari ad un valore di 15 milioni di euro.

Altra azienda impegnata nel settore difesa e aerospazio è Ase (storica azienda aerospaziale di San Giorgio su Legnano, Mi) che produce generatori e convertitori elettrici destinati ai velivoli civili e militari (tra cui gli Eurofighter Typhoon).

Tra Monza, Brescia e Bergamo ci sono gli stabilimenti di Posa del gruppo Reda, azienda specializzata in produzione di guarnizioni sia per vari settori civili e militari (dai carri armati agli aerei). Un’azienda che (si legge nel suo sito) fa uso di fluorurati, tra cui fluorosilicone (FVMQ) e fluoroelastomero FKM, tutte molecole contenenti le famigerate catene fluoro carbonio, tipiche dei Pfas. I Pfas sono molecole create dall’uomo, considerate inquinanti eterni, poiché non si degradano, sono dannose per la salute e interferenti endocrini, eppure non sono ancora messe al bando. La lobby industriale della plastica da alcuni anni si sta prodigando per impedire la classificazione delle gomme a base di fluoro come sostanze Pfas. Una pressione svelata anche dall’indagine giornalistica internazionale “Forever Lobbying Project”, che ha fatto luce sul ruolo delle lobby nello sminuire la pericolosità dei Pfas, in particolare dei fluoropolimeri.

Come racconta Vicenzatoday, anche il Dipartimento della difesa in un dossier consegnato al Congresso degli Stati Uniti nell’estate del 2023, (“Securing Defense-Critical Supply Chains”), pur ammettendo la pericolosità di questi composti chimici, sottolineava che una restrizione avrebbe potuto pregiudicare la catena di approvvigionamento del settore militare, comparto definito “strategico”. Secondo il Pentagono i Pfas sono necessari in particolare nell’ambito della lavorazione e forgiatura di leghe e metalli, nella produzione dei semiconduttori e missili. La messa a bando dei Pfas, è insomma osteggiata anche per motivi militari.

Bergamo e Brescia, dalla pasta alle bombe

Una “curiosa” azienda dual use è Battaggion, di Bergamo. Dal 1918 produce impastatrici e miscelatori per polveri, liquidi e solidi per i più vari settori di applicazione, dall’alimentare al farmaceutico, ai pigmenti, senza disdegnare il settore degli esplosivi, che però viene pudicamente omesso dai settori pubblicizzati nel sito. Secondo la relazione sulle esportazioni di armi, ai sensi della legge 185/90, nel 2023 Battaggion ha ottenuto numerose autorizzazioni per esportare impastatrici TK1T-E / TK 5000T-E con braccia a sigma: macchinari che servono a miscelare polvere e prodotti esplosivi, destinati ad armi, mine e bombe.

Nella relazione del 2023 si legge che gli utilizzatori finali sono stati Paesi come Israele (al quale l’azienda ha venduto impastatrici per un valore di circa 1 milione e 600 mila euro), l’Uzbekistan e l’India per un altro milione circa di euro. Il distretto della produzione degli esplosivi lombardo non può dimenticare la RWM Italia S.p.A, una delle più grandi aziende di bombe e missili d’Italia, del gruppo Rheinmetall, con uno stabilimento a Ghedi (BS) e uno a Domusnovas (SU) in Sardegna. Qui si producono parti elettroniche, inerti ed esplosivi, missili e bombe destinate ai vari teatri di guerra nel mondo, dall’Ucraina ad Israele e fino al 2021 anche in Arabia Saudita. Nel 2023 la RWM ha esportato in Israele bombe, esplosivi e missili per 34 milioni di euro, su un totale di 42 milioni di esportazioni definitive di armi. Gli altri “utilizzatori finali” sono stati Turchia, Stati Uniti e Regno Unito.

Sempre nel bresciano domina la Fabbrica d’Armi Beretta, altra storica azienda di armi leggere, che dal 2011 tramite la Beretta Defense Technologies (BDT) costituita con Benelli, Steiner e Sako, rifornisce di armi pesanti, equipaggiamenti e visori gli eserciti di tutto il mondo. Nel sito di Beretta la descrizione della catena di fornitori assume toni entusiastici: “gran parte delle aziende che effettuano la trasformazione e la lavorazione dei nostri componenti sono piccole e medie imprese ubicate in quest’area geografica, nota per la sua diffusa cultura nella realizzazione delle armi, tanto da essere denominata “Weapon Valley”.

Qui i primi due dossier:

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori dell’Emilia Romagna (1)

Dossier/Le catena della guerra in Italia. I fornitori del Nord Est (2)

Linda Maggiori

Atlante delle guerre