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Dall'Italia

Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

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Al sole del cantiere. Strage di via Mariti: Firenze non dimentica

Nella giornata del 16 febbraio, anniversario della strage di via Mariti, si è svolto a Firenze un presidio molto partecipato, che ha visto presenti, oltre ai sindacati di base fiorentini promotori dell’iniziativa, varie realtà, tra cui il comitato “ex panificio”, da anni attivo contro le speculazioni dell’area di via Mariti, speculazioni che avevano dato luogo alla costruzione del supermercato Esselunga e all’installazione del cantiere della strage, ora chiuso. Presente, fra gli altri, anche il Coordinamento regionale Toscano della sanità, Medicina democratica e l’associazione delle familiari vittime della strage ferroviaria di Viareggio. Anche la moglie di Luigi Coclite, uno degli operai rimasti uccisi, ha voluto partecipare all’iniziativa con un breve e toccante intervento. Al termine del presidio il corteo si è mosso percorrendo la zona intorno al cantiere di via Mariti, con l’impegno di proseguire, oltre la terribile ricorrenza, nella lotta contro le speculazioni, contro lo sfruttamento, per una reale sicurezza, perché non ci siano più morti né infortuni sul lavoro

 

Gli infortuni sul lavoro nell’ultimo decennio hanno avuto numeri da guerra, una guerra da lavoro e sul lavoro: 17000 morti, circa un milione infortuni con lesioni gravi: mani, gambe, corpi immolati sull’altare del profitto.

Nei primi 10 mesi del 2024 ci sono stati 890 morti sul lavoro, 2,5 % in più rispetto all’anno precedente.

Il 16 febbraio 2024, un anno fa, la strage nel cantiere Esselunga di via Mariti: 5 morti, non cinque numeri ma cinque nomi che vogliamo ricordare: Mohamed Toukabri (54 anni), Mohamed El Farhane (24 anni), Taoufik Haidar (45 anni), Bouzekri Rahimi (56 anni), Luigi Coclite (60 anni).

Solo in questi giorni, dopo un anno, compaiono i primi indagati, con il sequestro di Rdb ITA, azienda costruttrice della trave che ha ceduto e schiacciato i lavoratori, e avviso di garanzia a tre figure apicali della stessa, oltre che al dirigente dei lavori strutturali, attribuendo alle caratteristiche della trave il fattore determinante la strage. Non pensiamo che ci si possa limitare a questo, ma occorre approfondire le responsabilità dei datori di lavoro delle imprese affidatarie e della committenza dell’opera. Quello che emerge dalle  testimonianze rese pubbliche è anche la pressione della committenza per accelerare i lavori  e consegnare l’edificio in tempi brevissimi: l’urgenza di aprire l’ennesimo e inutile centro commerciale, a brevissima distanza da tanti altri, in un’area – quella dell’ex panificio militare – di demanio pubblico, che già da tempo il quartiere chiedeva fosse destinato ad uso pubblico e che invece è stata svenduta al privato di turno per il profitto di pochi a danno della collettività.

Anche in questa strage emerge la giungla di appalti e subappalti: emerge che in quella mattina almeno tre ditte diverse stavano lavorando sopra e sotto la trave collassata, che addirittura quattro degli operai morti risultavano dipendenti di una ditta, la Maifredi SPA di Brescia, ma “prestati” con distacco alla ditta Go Costruzioni di Villongo Bergamo.

In questa catena di appalti e subappalti può essere garantito il rispetto delle norme di sicurezza? Innanzitutto, chi dovrebbe controllare questo, dal momento che,  ad esempio, gli organi pubblici addetti a tali controlli non hanno il personale sufficiente? Da anni dobbiamo fare i conti con tagli e blocco di assunzioni che hanno interessato tutto il settore sanitario e anche quello della prevenzione sui luoghi di lavoro, che si trova attualmente ad operare con il 50% di personale in meno (da 5000 nel 2008 a 2500 ora), con interventi spesso basati su verifiche esclusivamente documentali che rendono la verifica della sicurezza sul luogo di lavoro un mero atto burocratico.

Ma anche la legislazione introdotta negli anni Novanta, per quanto non completamente soddisfacente, è andata via via modificandosi, perdendo progressivamente efficacia: la capacità dei lavoratori di autotutelarsi, introdotta dalla legge 626/94 con la figura del RLS (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) è andata nel tempo annullandosi, imbrigliando questa figura sempre più e limitandone le prerogative, legge dopo legge.

Le aziende dovrebbero fare dei corsi di formazione/informazione sui rischi lavorativi individuati nel D.V.R., dovrebbero redigere il DUVRI (documento dei rischi da interferenze) con tutte le ditte che operano per individuare le interferenze tra i vari lavoratori degli appalti e descrivere come vanno gestite. Trattandosi di un documento “dinamico”, tutte le volte che si inserisce una nuova ditta andrebbe aggiornato, ma in realtà spesso questo non succede. Le aziende si limitano a dare informazioni cartaceee che i lavoratori devono firmare, talvolta anche senza comprenderle, dato che spesso non parlano italiano, nonostante ci sia l’obbligo che i lavoratori comprendano quello che c’è scritto. Ma si sa, i corsi alle aziende costano!

Ci si è preoccupati non tanto di far rispettare la legge punendo con multe ed altro le aziende che non la rispettavano, ma è stata scelta la strada di premiare con finanziamenti quelle aziende che invece si comportavano bene, introducendo la patente a crediti rilasciata semplicemente per autocertificazione. Con il decreto 103 del luglio 2024 si è introdotto l’obbligo del preavviso per i controlli relativi alla sicurezza: un’ispezione annunciata per far trovare tutto in regola.

Si è introdotta la responsabilità del lavoratore, eliminando quella del datore di lavoro, portando a credere che tante delle stragi e infortuni sono causate dall’errore umano.

E nella catena di appalti e subappalti la committenza esce sempre pulita e fuori da ogni responsabilità, come nel caso di Esselunga e dei morti sul lavoro di via Mariti.

È necessaria una netta inversione di rotta per diminuire gli infortuni sul lavoro: spezzare la catena degli appalti, diminuire carichi e ritmi di lavoro, lottare per cambiare tutti gli aspetti peggiorativi nella attuale legislazione sulla sicurezza del lavoro, ristabilire l’indipendenza degli RLS, costringere a fare le assunzioni di personale negli organi di vigilanza.

E per la strage del cantiere Esselunga di via Mariti, dopo un anno di estenuante convivenza con l’ecomostro della morte, il quartiere chiede la revisione totale del progetto e la destinazione dell’area a parco pubblico intitolato alle vittime del lavoro, in un quartiere attanagliato da una sempre più asfissiante cementificazione che provoca, fra l’altro, rischi ambientali sempre maggiori, come stiamo vedendo con le ripetute alluvioni.

Basta opere inutili, le nostre vite valgono più dei vostri profitti

 

Paola e Maurizio

 

Nell’immagine: un momento della manifestazione di Firenze

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Manifestazione antirazzista ad Alessandria

Oggi 16 Febbraio  siamo andati alla manifestazione per ricordare la tragica vicenda di   Ange Jordan Tchombia arrivato dal Camerun in Italia nell’aprile dello scorso anno era ospite del centro di accoglienza di Isola Sant’Antonio. Aveva visto morire il fratello in Libia. Lui era riuscito a fuggire dalle torture, dagli abusi, dagli stenti.

Il ragazzo, che frequentava il CPIA di Tortona, dove aveva conseguito l’attestato di A2, stava partecipando ad un progetto psico-educativo. Voleva trovare un lavoro, farsi una vita qui. 

Mentre passava vicino alla stazione di Tortona, di ritorno dalla consegna di alcuni curriculum lavorativi, Ange è stato aggredito da chi cercava di rubargli il monopattino. Una coltellata fatale l’ha colpito al petto.  

La destra locale locale non ha perso l’occasione anche su questo fatto, dove l’aggressore non è italiano,  ma neanche la vittima, per inscenare una campagna razzista.   La manifestazione denunciava questo scempio!    

Ci spiace, fratello, eri riuscito a scappare dagli orrori della Libia, quella Libia salita all’onore delle cronache in questi giorni con la vicenda del generale torturatore Almasri, liberato e accompagnato a casa sua con un volo di Stato, ne avevi passate tante per la tua giovane età, cercavi di rifarti una vita dignitosa e sei finito così sul selciato di una città fredda, inospitale, egoista e senza umanità 

Sabato 15 proprio nel luogo dove sei morto,  i fasci di Casa Pound hanno fatto un presidio per il rimpatrio di tutti gli immigrati. Loro erano 4 gatti noi eravamo centinaia!!!         

Questo è  il volantino  che ha distribuito il Laboratorio  Anarchico PerlaNera 

“QUANTO VALE UNA VITA UMANA?

DIPENDE!

Dipende da chi muore, da chi lo ha ucciso, perché i giudizi cambiano, nelle chiacchiere da strada.

Cambia, se il morto è Italiano e l’assassino è straniero, in questo caso infatti, certi politici e i mass media subito dichiarano che tutti gli stranieri senza distinzione alcuna, sono feroci assassini da cacciare dal sacro suolo italico! se invece l’assassino è Italiano e il morto è straniero, in questo caso… si minimizza, si dice che è un fatto isolato… e poi le mele marce… ci sono dappertutto, se succede, come in questo caso, che tutte due, l’aggredito e l’aggressore sono entrambi stranieri, IMMIGRATI, al massimo ce la possiamo cavare con un titolo sul giornale, ovviamente senza fare un’analisi sociologica del problema, infondo, nelle chiacchiere da bar, si sono ammazzati tra loro!

Ma loro chi?

Nessuno si chiede da dove vengono, cosa hanno dovuto subire, come e perché sono emigrati.

L’emigrazione è un fenomeno che affonda le sue radici nel colonialismo e nel post colonialismo, nelle guerre, fomentate dai governi occidentali, ma è anche un fenomeno naturale, persino le piante emigrano, figurarsi gli esseri umani che originariamente erano nomadi!

Per fare un esempio tra i tanti, ci sono Italiani presenti in mezzo mondo, emigrati in Europa, nelle Americhe, fino alle terre australi.

Chi mette a repentaglio la propria vita, chi abbandona i propri cari per andare in un paese che non conosce, senza sapere quale sarà il suo futuro, non lo fa a cuor leggero, lo fa perché è costretto dalla miseria in cui vive, oppure fugge da situazioni di persecuzioni politica, o da conflitti bellici, oppure semplicemente è alla ricerca di migliorare le proprie misere condizioni economiche,

Tutti, buoni e onesti lavoratori? Ovviamente no!

Come dappertutto c’è tra loro il buono e il cattivo!

Però, cosa trova qui nel “civile” occidente; il disastrato mondo del lavoro attuale, le speculazioni, e la logica del profitto al di sopra di tutto, che non gli offre altro
se non precarietà e sfruttamento, trova una vita da emarginato, calunniato dalla destra, e indicato come la feccia della feccia, spesso sono disperati, senza scampo, trasformati così nell’anello più debole della catena sociale, sono ricattati e ricattabili, in queste condizioni non stupisce che molte volte finiscono anche nelle mani della malavita organizzata, diretta e dominata ovviamente, da Italiani!

Ci sono poi quei politici ( spesso purtroppo anche a sinistra) che ci parlano di integrazione, che significa omologare tutti agli usi occidentali, oppure si parla di una società multietnica e multirazziale, e poi si difendono leggi imposte, e disumane dove la vita di un individuo è vincolato da un visto, da un permesso e da leggi burocraticamente imposte contrarie alla solidarietà verso chi ha un’unica colpa quella di essere nato dove la sopravvivenza è più difficile.

Eppure, governo dopo governo si assiste ad un inasprimento del controllo sociale, con mezzi tecnologici sempre più sofisticati di controllo degli individui considerati non conformi a certi schemi e alla militarizzazione del territorio.

La tragica morte di Jordan Tchombiap deve far riflettere, perché anche in questo triste caso si parla solo di come è morto, di chi lo ha ucciso, non del perché era qui, della sua vita, delle sue aspirazioni, parlare di questa morte dovrebbe servire per comprendere chi è vivo ed è qui affianco a noi! Eppure sarebbe semplice, come abbiamo detto, è ovvio che i buoni e i cattivi ci sono dappertutto, ma è possibile che non si sa scegliere e capire con chi avere dei rapporti liberandoci da preconcetti parlando con le persone, confrontarsi, non per diventare uguali, per omologarsi, ma per apprendere l’uno dall’altro, con pari dignità e pari diritti.

Non siamo buonisti o cattivisti semplicemente non pensiamo che la Giustizia sia quella della legge, perché siamo circondati da leggi criminali, la Giustizia è un fatto sociale, culturale, un modo di essere! La Giustizia è nelle strade, nei quartieri nei luoghi di lavoro, dove si parla con gli altri, solo così si conoscono le problematiche, le abitudini, anche le credenze, aver uno scambio non può che arricchire gli individui!

Parlare, ascoltare, guardarsi negli occhi, sono cose naturali che stiamo perdendo come abitudine.

Da anni sentiamo dire: “di sera non si può più uscire, perché ci sono solo immigrati” ma il problema sono i troppi emigrati o i pochi rapporti umani? Anni fa, soprattutto d’estate prendevano vita capannelli di gente che si riversava in strada, che parlava e si raccontava, si confrontava e imparava, che solidarizzava con i problemi o le sfighe altrui.

Non ci resta che prendere esempio dai bambini piccoli… per loro Italiano o Africano, Rumeno, sud Americano o Indiano, non importa da dove arrivi, l’importante è giocare insieme!

Noi non siamo per un mondo multietnico e multirazziale, perché gli esseri umani hanno un’unica razza quella umana!

E le etnie devono incontrarsi, anche scontrarsi se è il caso, fondersi e confondersi, per un mondo meticcio, equo e solidale, per un mondo più umano,

SIAMO UMANI!

Laboratorio Anarchico PerlaNera- Alessandria

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Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

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Al sole del cantiere. Strage di via Mariti: Firenze non dimentica

Nella giornata del 16 febbraio, anniversario della strage di via Mariti, si è svolto a Firenze un presidio molto partecipato, che ha visto presenti, oltre ai sindacati di base fiorentini promotori dell’iniziativa, varie realtà, tra cui il comitato “ex panificio”, da anni attivo contro le speculazioni dell’area di via Mariti, speculazioni che avevano dato luogo alla costruzione del supermercato Esselunga e all’installazione del cantiere della strage, ora chiuso. Presente, fra gli altri, anche il Coordinamento regionale Toscano della sanità, Medicina democratica e l’associazione delle familiari vittime della strage ferroviaria di Viareggio. Anche la moglie di Luigi Coclite, uno degli operai rimasti uccisi, ha voluto partecipare all’iniziativa con un breve e toccante intervento. Al termine del presidio il corteo si è mosso percorrendo la zona intorno al cantiere di via Mariti, con l’impegno di proseguire, oltre la terribile ricorrenza, nella lotta contro le speculazioni, contro lo sfruttamento, per una reale sicurezza, perché non ci siano più morti né infortuni sul lavoro

 

Gli infortuni sul lavoro nell’ultimo decennio hanno avuto numeri da guerra, una guerra da lavoro e sul lavoro: 17000 morti, circa un milione infortuni con lesioni gravi: mani, gambe, corpi immolati sull’altare del profitto.

Nei primi 10 mesi del 2024 ci sono stati 890 morti sul lavoro, 2,5 % in più rispetto all’anno precedente.

Il 16 febbraio 2024, un anno fa, la strage nel cantiere Esselunga di via Mariti: 5 morti, non cinque numeri ma cinque nomi che vogliamo ricordare: Mohamed Toukabri (54 anni), Mohamed El Farhane (24 anni), Taoufik Haidar (45 anni), Bouzekri Rahimi (56 anni), Luigi Coclite (60 anni).

Solo in questi giorni, dopo un anno, compaiono i primi indagati, con il sequestro di Rdb ITA, azienda costruttrice della trave che ha ceduto e schiacciato i lavoratori, e avviso di garanzia a tre figure apicali della stessa, oltre che al dirigente dei lavori strutturali, attribuendo alle caratteristiche della trave il fattore determinante la strage. Non pensiamo che ci si possa limitare a questo, ma occorre approfondire le responsabilità dei datori di lavoro delle imprese affidatarie e della committenza dell’opera. Quello che emerge dalle  testimonianze rese pubbliche è anche la pressione della committenza per accelerare i lavori  e consegnare l’edificio in tempi brevissimi: l’urgenza di aprire l’ennesimo e inutile centro commerciale, a brevissima distanza da tanti altri, in un’area – quella dell’ex panificio militare – di demanio pubblico, che già da tempo il quartiere chiedeva fosse destinato ad uso pubblico e che invece è stata svenduta al privato di turno per il profitto di pochi a danno della collettività.

Anche in questa strage emerge la giungla di appalti e subappalti: emerge che in quella mattina almeno tre ditte diverse stavano lavorando sopra e sotto la trave collassata, che addirittura quattro degli operai morti risultavano dipendenti di una ditta, la Maifredi SPA di Brescia, ma “prestati” con distacco alla ditta Go Costruzioni di Villongo Bergamo.

In questa catena di appalti e subappalti può essere garantito il rispetto delle norme di sicurezza? Innanzitutto, chi dovrebbe controllare questo, dal momento che,  ad esempio, gli organi pubblici addetti a tali controlli non hanno il personale sufficiente? Da anni dobbiamo fare i conti con tagli e blocco di assunzioni che hanno interessato tutto il settore sanitario e anche quello della prevenzione sui luoghi di lavoro, che si trova attualmente ad operare con il 50% di personale in meno (da 5000 nel 2008 a 2500 ora), con interventi spesso basati su verifiche esclusivamente documentali che rendono la verifica della sicurezza sul luogo di lavoro un mero atto burocratico.

Ma anche la legislazione introdotta negli anni Novanta, per quanto non completamente soddisfacente, è andata via via modificandosi, perdendo progressivamente efficacia: la capacità dei lavoratori di autotutelarsi, introdotta dalla legge 626/94 con la figura del RLS (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) è andata nel tempo annullandosi, imbrigliando questa figura sempre più e limitandone le prerogative, legge dopo legge.

Le aziende dovrebbero fare dei corsi di formazione/informazione sui rischi lavorativi individuati nel D.V.R., dovrebbero redigere il DUVRI (documento dei rischi da interferenze) con tutte le ditte che operano per individuare le interferenze tra i vari lavoratori degli appalti e descrivere come vanno gestite. Trattandosi di un documento “dinamico”, tutte le volte che si inserisce una nuova ditta andrebbe aggiornato, ma in realtà spesso questo non succede. Le aziende si limitano a dare informazioni cartaceee che i lavoratori devono firmare, talvolta anche senza comprenderle, dato che spesso non parlano italiano, nonostante ci sia l’obbligo che i lavoratori comprendano quello che c’è scritto. Ma si sa, i corsi alle aziende costano!

Ci si è preoccupati non tanto di far rispettare la legge punendo con multe ed altro le aziende che non la rispettavano, ma è stata scelta la strada di premiare con finanziamenti quelle aziende che invece si comportavano bene, introducendo la patente a crediti rilasciata semplicemente per autocertificazione. Con il decreto 103 del luglio 2024 si è introdotto l’obbligo del preavviso per i controlli relativi alla sicurezza: un’ispezione annunciata per far trovare tutto in regola.

Si è introdotta la responsabilità del lavoratore, eliminando quella del datore di lavoro, portando a credere che tante delle stragi e infortuni sono causate dall’errore umano.

E nella catena di appalti e subappalti la committenza esce sempre pulita e fuori da ogni responsabilità, come nel caso di Esselunga e dei morti sul lavoro di via Mariti.

È necessaria una netta inversione di rotta per diminuire gli infortuni sul lavoro: spezzare la catena degli appalti, diminuire carichi e ritmi di lavoro, lottare per cambiare tutti gli aspetti peggiorativi nella attuale legislazione sulla sicurezza del lavoro, ristabilire l’indipendenza degli RLS, costringere a fare le assunzioni di personale negli organi di vigilanza.

E per la strage del cantiere Esselunga di via Mariti, dopo un anno di estenuante convivenza con l’ecomostro della morte, il quartiere chiede la revisione totale del progetto e la destinazione dell’area a parco pubblico intitolato alle vittime del lavoro, in un quartiere attanagliato da una sempre più asfissiante cementificazione che provoca, fra l’altro, rischi ambientali sempre maggiori, come stiamo vedendo con le ripetute alluvioni.

Basta opere inutili, le nostre vite valgono più dei vostri profitti

 

Paola e Maurizio

 

Nell’immagine: un momento della manifestazione di Firenze

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Manifestazione antirazzista ad Alessandria

Oggi 16 Febbraio  siamo andati alla manifestazione per ricordare la tragica vicenda di   Ange Jordan Tchombia arrivato dal Camerun in Italia nell’aprile dello scorso anno era ospite del centro di accoglienza di Isola Sant’Antonio. Aveva visto morire il fratello in Libia. Lui era riuscito a fuggire dalle torture, dagli abusi, dagli stenti.

Il ragazzo, che frequentava il CPIA di Tortona, dove aveva conseguito l’attestato di A2, stava partecipando ad un progetto psico-educativo. Voleva trovare un lavoro, farsi una vita qui. 

Mentre passava vicino alla stazione di Tortona, di ritorno dalla consegna di alcuni curriculum lavorativi, Ange è stato aggredito da chi cercava di rubargli il monopattino. Una coltellata fatale l’ha colpito al petto.  

La destra locale locale non ha perso l’occasione anche su questo fatto, dove l’aggressore non è italiano,  ma neanche la vittima, per inscenare una campagna razzista.   La manifestazione denunciava questo scempio!    

Ci spiace, fratello, eri riuscito a scappare dagli orrori della Libia, quella Libia salita all’onore delle cronache in questi giorni con la vicenda del generale torturatore Almasri, liberato e accompagnato a casa sua con un volo di Stato, ne avevi passate tante per la tua giovane età, cercavi di rifarti una vita dignitosa e sei finito così sul selciato di una città fredda, inospitale, egoista e senza umanità 

Sabato 15 proprio nel luogo dove sei morto,  i fasci di Casa Pound hanno fatto un presidio per il rimpatrio di tutti gli immigrati. Loro erano 4 gatti noi eravamo centinaia!!!         

Questo è  il volantino  che ha distribuito il Laboratorio  Anarchico PerlaNera 

“QUANTO VALE UNA VITA UMANA?

DIPENDE!

Dipende da chi muore, da chi lo ha ucciso, perché i giudizi cambiano, nelle chiacchiere da strada.

Cambia, se il morto è Italiano e l’assassino è straniero, in questo caso infatti, certi politici e i mass media subito dichiarano che tutti gli stranieri senza distinzione alcuna, sono feroci assassini da cacciare dal sacro suolo italico! se invece l’assassino è Italiano e il morto è straniero, in questo caso… si minimizza, si dice che è un fatto isolato… e poi le mele marce… ci sono dappertutto, se succede, come in questo caso, che tutte due, l’aggredito e l’aggressore sono entrambi stranieri, IMMIGRATI, al massimo ce la possiamo cavare con un titolo sul giornale, ovviamente senza fare un’analisi sociologica del problema, infondo, nelle chiacchiere da bar, si sono ammazzati tra loro!

Ma loro chi?

Nessuno si chiede da dove vengono, cosa hanno dovuto subire, come e perché sono emigrati.

L’emigrazione è un fenomeno che affonda le sue radici nel colonialismo e nel post colonialismo, nelle guerre, fomentate dai governi occidentali, ma è anche un fenomeno naturale, persino le piante emigrano, figurarsi gli esseri umani che originariamente erano nomadi!

Per fare un esempio tra i tanti, ci sono Italiani presenti in mezzo mondo, emigrati in Europa, nelle Americhe, fino alle terre australi.

Chi mette a repentaglio la propria vita, chi abbandona i propri cari per andare in un paese che non conosce, senza sapere quale sarà il suo futuro, non lo fa a cuor leggero, lo fa perché è costretto dalla miseria in cui vive, oppure fugge da situazioni di persecuzioni politica, o da conflitti bellici, oppure semplicemente è alla ricerca di migliorare le proprie misere condizioni economiche,

Tutti, buoni e onesti lavoratori? Ovviamente no!

Come dappertutto c’è tra loro il buono e il cattivo!

Però, cosa trova qui nel “civile” occidente; il disastrato mondo del lavoro attuale, le speculazioni, e la logica del profitto al di sopra di tutto, che non gli offre altro
se non precarietà e sfruttamento, trova una vita da emarginato, calunniato dalla destra, e indicato come la feccia della feccia, spesso sono disperati, senza scampo, trasformati così nell’anello più debole della catena sociale, sono ricattati e ricattabili, in queste condizioni non stupisce che molte volte finiscono anche nelle mani della malavita organizzata, diretta e dominata ovviamente, da Italiani!

Ci sono poi quei politici ( spesso purtroppo anche a sinistra) che ci parlano di integrazione, che significa omologare tutti agli usi occidentali, oppure si parla di una società multietnica e multirazziale, e poi si difendono leggi imposte, e disumane dove la vita di un individuo è vincolato da un visto, da un permesso e da leggi burocraticamente imposte contrarie alla solidarietà verso chi ha un’unica colpa quella di essere nato dove la sopravvivenza è più difficile.

Eppure, governo dopo governo si assiste ad un inasprimento del controllo sociale, con mezzi tecnologici sempre più sofisticati di controllo degli individui considerati non conformi a certi schemi e alla militarizzazione del territorio.

La tragica morte di Jordan Tchombiap deve far riflettere, perché anche in questo triste caso si parla solo di come è morto, di chi lo ha ucciso, non del perché era qui, della sua vita, delle sue aspirazioni, parlare di questa morte dovrebbe servire per comprendere chi è vivo ed è qui affianco a noi! Eppure sarebbe semplice, come abbiamo detto, è ovvio che i buoni e i cattivi ci sono dappertutto, ma è possibile che non si sa scegliere e capire con chi avere dei rapporti liberandoci da preconcetti parlando con le persone, confrontarsi, non per diventare uguali, per omologarsi, ma per apprendere l’uno dall’altro, con pari dignità e pari diritti.

Non siamo buonisti o cattivisti semplicemente non pensiamo che la Giustizia sia quella della legge, perché siamo circondati da leggi criminali, la Giustizia è un fatto sociale, culturale, un modo di essere! La Giustizia è nelle strade, nei quartieri nei luoghi di lavoro, dove si parla con gli altri, solo così si conoscono le problematiche, le abitudini, anche le credenze, aver uno scambio non può che arricchire gli individui!

Parlare, ascoltare, guardarsi negli occhi, sono cose naturali che stiamo perdendo come abitudine.

Da anni sentiamo dire: “di sera non si può più uscire, perché ci sono solo immigrati” ma il problema sono i troppi emigrati o i pochi rapporti umani? Anni fa, soprattutto d’estate prendevano vita capannelli di gente che si riversava in strada, che parlava e si raccontava, si confrontava e imparava, che solidarizzava con i problemi o le sfighe altrui.

Non ci resta che prendere esempio dai bambini piccoli… per loro Italiano o Africano, Rumeno, sud Americano o Indiano, non importa da dove arrivi, l’importante è giocare insieme!

Noi non siamo per un mondo multietnico e multirazziale, perché gli esseri umani hanno un’unica razza quella umana!

E le etnie devono incontrarsi, anche scontrarsi se è il caso, fondersi e confondersi, per un mondo meticcio, equo e solidale, per un mondo più umano,

SIAMO UMANI!

Laboratorio Anarchico PerlaNera- Alessandria

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Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

L'articolo Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava proviene da .

Al sole del cantiere. Strage di via Mariti: Firenze non dimentica

Nella giornata del 16 febbraio, anniversario della strage di via Mariti, si è svolto a Firenze un presidio molto partecipato, che ha visto presenti, oltre ai sindacati di base fiorentini promotori dell’iniziativa, varie realtà, tra cui il comitato “ex panificio”, da anni attivo contro le speculazioni dell’area di via Mariti, speculazioni che avevano dato luogo alla costruzione del supermercato Esselunga e all’installazione del cantiere della strage, ora chiuso. Presente, fra gli altri, anche il Coordinamento regionale Toscano della sanità, Medicina democratica e l’associazione delle familiari vittime della strage ferroviaria di Viareggio. Anche la moglie di Luigi Coclite, uno degli operai rimasti uccisi, ha voluto partecipare all’iniziativa con un breve e toccante intervento. Al termine del presidio il corteo si è mosso percorrendo la zona intorno al cantiere di via Mariti, con l’impegno di proseguire, oltre la terribile ricorrenza, nella lotta contro le speculazioni, contro lo sfruttamento, per una reale sicurezza, perché non ci siano più morti né infortuni sul lavoro

 

Gli infortuni sul lavoro nell’ultimo decennio hanno avuto numeri da guerra, una guerra da lavoro e sul lavoro: 17000 morti, circa un milione infortuni con lesioni gravi: mani, gambe, corpi immolati sull’altare del profitto.

Nei primi 10 mesi del 2024 ci sono stati 890 morti sul lavoro, 2,5 % in più rispetto all’anno precedente.

Il 16 febbraio 2024, un anno fa, la strage nel cantiere Esselunga di via Mariti: 5 morti, non cinque numeri ma cinque nomi che vogliamo ricordare: Mohamed Toukabri (54 anni), Mohamed El Farhane (24 anni), Taoufik Haidar (45 anni), Bouzekri Rahimi (56 anni), Luigi Coclite (60 anni).

Solo in questi giorni, dopo un anno, compaiono i primi indagati, con il sequestro di Rdb ITA, azienda costruttrice della trave che ha ceduto e schiacciato i lavoratori, e avviso di garanzia a tre figure apicali della stessa, oltre che al dirigente dei lavori strutturali, attribuendo alle caratteristiche della trave il fattore determinante la strage. Non pensiamo che ci si possa limitare a questo, ma occorre approfondire le responsabilità dei datori di lavoro delle imprese affidatarie e della committenza dell’opera. Quello che emerge dalle  testimonianze rese pubbliche è anche la pressione della committenza per accelerare i lavori  e consegnare l’edificio in tempi brevissimi: l’urgenza di aprire l’ennesimo e inutile centro commerciale, a brevissima distanza da tanti altri, in un’area – quella dell’ex panificio militare – di demanio pubblico, che già da tempo il quartiere chiedeva fosse destinato ad uso pubblico e che invece è stata svenduta al privato di turno per il profitto di pochi a danno della collettività.

Anche in questa strage emerge la giungla di appalti e subappalti: emerge che in quella mattina almeno tre ditte diverse stavano lavorando sopra e sotto la trave collassata, che addirittura quattro degli operai morti risultavano dipendenti di una ditta, la Maifredi SPA di Brescia, ma “prestati” con distacco alla ditta Go Costruzioni di Villongo Bergamo.

In questa catena di appalti e subappalti può essere garantito il rispetto delle norme di sicurezza? Innanzitutto, chi dovrebbe controllare questo, dal momento che,  ad esempio, gli organi pubblici addetti a tali controlli non hanno il personale sufficiente? Da anni dobbiamo fare i conti con tagli e blocco di assunzioni che hanno interessato tutto il settore sanitario e anche quello della prevenzione sui luoghi di lavoro, che si trova attualmente ad operare con il 50% di personale in meno (da 5000 nel 2008 a 2500 ora), con interventi spesso basati su verifiche esclusivamente documentali che rendono la verifica della sicurezza sul luogo di lavoro un mero atto burocratico.

Ma anche la legislazione introdotta negli anni Novanta, per quanto non completamente soddisfacente, è andata via via modificandosi, perdendo progressivamente efficacia: la capacità dei lavoratori di autotutelarsi, introdotta dalla legge 626/94 con la figura del RLS (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) è andata nel tempo annullandosi, imbrigliando questa figura sempre più e limitandone le prerogative, legge dopo legge.

Le aziende dovrebbero fare dei corsi di formazione/informazione sui rischi lavorativi individuati nel D.V.R., dovrebbero redigere il DUVRI (documento dei rischi da interferenze) con tutte le ditte che operano per individuare le interferenze tra i vari lavoratori degli appalti e descrivere come vanno gestite. Trattandosi di un documento “dinamico”, tutte le volte che si inserisce una nuova ditta andrebbe aggiornato, ma in realtà spesso questo non succede. Le aziende si limitano a dare informazioni cartaceee che i lavoratori devono firmare, talvolta anche senza comprenderle, dato che spesso non parlano italiano, nonostante ci sia l’obbligo che i lavoratori comprendano quello che c’è scritto. Ma si sa, i corsi alle aziende costano!

Ci si è preoccupati non tanto di far rispettare la legge punendo con multe ed altro le aziende che non la rispettavano, ma è stata scelta la strada di premiare con finanziamenti quelle aziende che invece si comportavano bene, introducendo la patente a crediti rilasciata semplicemente per autocertificazione. Con il decreto 103 del luglio 2024 si è introdotto l’obbligo del preavviso per i controlli relativi alla sicurezza: un’ispezione annunciata per far trovare tutto in regola.

Si è introdotta la responsabilità del lavoratore, eliminando quella del datore di lavoro, portando a credere che tante delle stragi e infortuni sono causate dall’errore umano.

E nella catena di appalti e subappalti la committenza esce sempre pulita e fuori da ogni responsabilità, come nel caso di Esselunga e dei morti sul lavoro di via Mariti.

È necessaria una netta inversione di rotta per diminuire gli infortuni sul lavoro: spezzare la catena degli appalti, diminuire carichi e ritmi di lavoro, lottare per cambiare tutti gli aspetti peggiorativi nella attuale legislazione sulla sicurezza del lavoro, ristabilire l’indipendenza degli RLS, costringere a fare le assunzioni di personale negli organi di vigilanza.

E per la strage del cantiere Esselunga di via Mariti, dopo un anno di estenuante convivenza con l’ecomostro della morte, il quartiere chiede la revisione totale del progetto e la destinazione dell’area a parco pubblico intitolato alle vittime del lavoro, in un quartiere attanagliato da una sempre più asfissiante cementificazione che provoca, fra l’altro, rischi ambientali sempre maggiori, come stiamo vedendo con le ripetute alluvioni.

Basta opere inutili, le nostre vite valgono più dei vostri profitti

 

Paola e Maurizio

 

Nell’immagine: un momento della manifestazione di Firenze

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Manifestazione antirazzista ad Alessandria

Oggi 16 Febbraio  siamo andati alla manifestazione per ricordare la tragica vicenda di   Ange Jordan Tchombia arrivato dal Camerun in Italia nell’aprile dello scorso anno era ospite del centro di accoglienza di Isola Sant’Antonio. Aveva visto morire il fratello in Libia. Lui era riuscito a fuggire dalle torture, dagli abusi, dagli stenti.

Il ragazzo, che frequentava il CPIA di Tortona, dove aveva conseguito l’attestato di A2, stava partecipando ad un progetto psico-educativo. Voleva trovare un lavoro, farsi una vita qui. 

Mentre passava vicino alla stazione di Tortona, di ritorno dalla consegna di alcuni curriculum lavorativi, Ange è stato aggredito da chi cercava di rubargli il monopattino. Una coltellata fatale l’ha colpito al petto.  

La destra locale locale non ha perso l’occasione anche su questo fatto, dove l’aggressore non è italiano,  ma neanche la vittima, per inscenare una campagna razzista.   La manifestazione denunciava questo scempio!    

Ci spiace, fratello, eri riuscito a scappare dagli orrori della Libia, quella Libia salita all’onore delle cronache in questi giorni con la vicenda del generale torturatore Almasri, liberato e accompagnato a casa sua con un volo di Stato, ne avevi passate tante per la tua giovane età, cercavi di rifarti una vita dignitosa e sei finito così sul selciato di una città fredda, inospitale, egoista e senza umanità 

Sabato 15 proprio nel luogo dove sei morto,  i fasci di Casa Pound hanno fatto un presidio per il rimpatrio di tutti gli immigrati. Loro erano 4 gatti noi eravamo centinaia!!!         

Questo è  il volantino  che ha distribuito il Laboratorio  Anarchico PerlaNera 

“QUANTO VALE UNA VITA UMANA?

DIPENDE!

Dipende da chi muore, da chi lo ha ucciso, perché i giudizi cambiano, nelle chiacchiere da strada.

Cambia, se il morto è Italiano e l’assassino è straniero, in questo caso infatti, certi politici e i mass media subito dichiarano che tutti gli stranieri senza distinzione alcuna, sono feroci assassini da cacciare dal sacro suolo italico! se invece l’assassino è Italiano e il morto è straniero, in questo caso… si minimizza, si dice che è un fatto isolato… e poi le mele marce… ci sono dappertutto, se succede, come in questo caso, che tutte due, l’aggredito e l’aggressore sono entrambi stranieri, IMMIGRATI, al massimo ce la possiamo cavare con un titolo sul giornale, ovviamente senza fare un’analisi sociologica del problema, infondo, nelle chiacchiere da bar, si sono ammazzati tra loro!

Ma loro chi?

Nessuno si chiede da dove vengono, cosa hanno dovuto subire, come e perché sono emigrati.

L’emigrazione è un fenomeno che affonda le sue radici nel colonialismo e nel post colonialismo, nelle guerre, fomentate dai governi occidentali, ma è anche un fenomeno naturale, persino le piante emigrano, figurarsi gli esseri umani che originariamente erano nomadi!

Per fare un esempio tra i tanti, ci sono Italiani presenti in mezzo mondo, emigrati in Europa, nelle Americhe, fino alle terre australi.

Chi mette a repentaglio la propria vita, chi abbandona i propri cari per andare in un paese che non conosce, senza sapere quale sarà il suo futuro, non lo fa a cuor leggero, lo fa perché è costretto dalla miseria in cui vive, oppure fugge da situazioni di persecuzioni politica, o da conflitti bellici, oppure semplicemente è alla ricerca di migliorare le proprie misere condizioni economiche,

Tutti, buoni e onesti lavoratori? Ovviamente no!

Come dappertutto c’è tra loro il buono e il cattivo!

Però, cosa trova qui nel “civile” occidente; il disastrato mondo del lavoro attuale, le speculazioni, e la logica del profitto al di sopra di tutto, che non gli offre altro
se non precarietà e sfruttamento, trova una vita da emarginato, calunniato dalla destra, e indicato come la feccia della feccia, spesso sono disperati, senza scampo, trasformati così nell’anello più debole della catena sociale, sono ricattati e ricattabili, in queste condizioni non stupisce che molte volte finiscono anche nelle mani della malavita organizzata, diretta e dominata ovviamente, da Italiani!

Ci sono poi quei politici ( spesso purtroppo anche a sinistra) che ci parlano di integrazione, che significa omologare tutti agli usi occidentali, oppure si parla di una società multietnica e multirazziale, e poi si difendono leggi imposte, e disumane dove la vita di un individuo è vincolato da un visto, da un permesso e da leggi burocraticamente imposte contrarie alla solidarietà verso chi ha un’unica colpa quella di essere nato dove la sopravvivenza è più difficile.

Eppure, governo dopo governo si assiste ad un inasprimento del controllo sociale, con mezzi tecnologici sempre più sofisticati di controllo degli individui considerati non conformi a certi schemi e alla militarizzazione del territorio.

La tragica morte di Jordan Tchombiap deve far riflettere, perché anche in questo triste caso si parla solo di come è morto, di chi lo ha ucciso, non del perché era qui, della sua vita, delle sue aspirazioni, parlare di questa morte dovrebbe servire per comprendere chi è vivo ed è qui affianco a noi! Eppure sarebbe semplice, come abbiamo detto, è ovvio che i buoni e i cattivi ci sono dappertutto, ma è possibile che non si sa scegliere e capire con chi avere dei rapporti liberandoci da preconcetti parlando con le persone, confrontarsi, non per diventare uguali, per omologarsi, ma per apprendere l’uno dall’altro, con pari dignità e pari diritti.

Non siamo buonisti o cattivisti semplicemente non pensiamo che la Giustizia sia quella della legge, perché siamo circondati da leggi criminali, la Giustizia è un fatto sociale, culturale, un modo di essere! La Giustizia è nelle strade, nei quartieri nei luoghi di lavoro, dove si parla con gli altri, solo così si conoscono le problematiche, le abitudini, anche le credenze, aver uno scambio non può che arricchire gli individui!

Parlare, ascoltare, guardarsi negli occhi, sono cose naturali che stiamo perdendo come abitudine.

Da anni sentiamo dire: “di sera non si può più uscire, perché ci sono solo immigrati” ma il problema sono i troppi emigrati o i pochi rapporti umani? Anni fa, soprattutto d’estate prendevano vita capannelli di gente che si riversava in strada, che parlava e si raccontava, si confrontava e imparava, che solidarizzava con i problemi o le sfighe altrui.

Non ci resta che prendere esempio dai bambini piccoli… per loro Italiano o Africano, Rumeno, sud Americano o Indiano, non importa da dove arrivi, l’importante è giocare insieme!

Noi non siamo per un mondo multietnico e multirazziale, perché gli esseri umani hanno un’unica razza quella umana!

E le etnie devono incontrarsi, anche scontrarsi se è il caso, fondersi e confondersi, per un mondo meticcio, equo e solidale, per un mondo più umano,

SIAMO UMANI!

Laboratorio Anarchico PerlaNera- Alessandria

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Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

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