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Ebrei contro l’occupazione

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia

Le reazioni all’appello degli ebrei italiani contro la pulizia etnica a Gaza

Le reazioni scomposte, verbalmente violente, sperando che non vadano oltre, di fronte all’appello firmato da circa duecento ebrei ed ebree italian* contro la pulizia etnica a Gaza, sono emblematiche e ci devono fare riflettere. 

E’ il segnale che il crescente pronunciamento, quantitativo e qualitativo, di una parte del mondo ebraico, nazionale ed internazionale, di fronte al genocidio che si sta perpetrando in Palestina, sta incrinando fortemente quel consenso che Israele aveva avuto fino al 7 ottobre, in particolare nel nostro Paese, nonostante le politiche oppressive e criminali dei vari governi israeliani nel corso di questi decenni. 

In passato, lontano e relativamente più recente,  si erano elevate voci di forti critiche nei confronti dello Stato israeliano. Si ricorderà, lo ha sottolineato poco tempo fa Gad Lerner (oggi oggetto di insulti vergognosi sulla sua pagina Facebook e a lui esprimiamo la più totale e affettuosa solidarietà), l’autorevolissima presa di posizione di un gigante come Primo Levi in occasione della guerra in Libano nel 1982. 

All’inizio del 2000 nacque il gruppo “Ebrei contro l’occupazione”, ma difficilmente ci si è trovati di fronte ad un pronunciamento così vasto e articolato come esplicitano le firme dell’appello di ieri. Già nelle iniziative pubbliche della rete “Voci ebraiche” c’era stata una partecipazione che aveva accomunato ebrei ed ebree con storie diverse, con un legame con Israele non omogeneo, antisionisti e sionisti, “moderati” e “radicali”, credenti e atei, che però hanno deciso di mettere da parte le divergenze, le diversità,  per prendere posizione contro la mattanza dei palestinesi. 

Insomma si è usciti da una certa oggettiva autoreferenzialità, per proporre una schieramento vario, che a mio avviso costituisce un patrimonio prezioso.

Come è noto le Comunità israelitiche hanno da sempre una visione monolitica e unilateralmente acritica verso Israele. Gli insulti che sono arrivati in queste ore a i firmatari dell’appello evidenziano ancora una ottusità, una fideismo oltranzista che nega l’evidenza. 

Prendere a pretesto il funerale della famiglia Bibas per lasciarsi andare a invettive di ogni genere è piuttosto squallido. Chi lo fa ignora che poche ore prima sono morti di freddo sei bambini palestinesi a causa delle condizioni in cui si trovano dopo che l’esercito israeliano ha reso Gaza un cumulo di macerie, e provocato decine di migliaia di morti, buona parte civili, e tra loro bambini, crimine verso il quale chi oggi si indigna contro i duecento firmatari probabilmente non ha provato la stessa rabbia.

Farebbero bene a farsi un esame di coscienza, togliersi la divisa da ultras e riflettere. E rileggere le parole di Primo Levi.

 

 

Sergio Sinigaglia