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A BiblioteCaNova le testimonianze e l’attualità di Comiso

Un pubblico numeroso e attento ha riempito la sala di BiblioteCaNova a Firenze dove giovedì 27 Marzo si è presentato il libro Quando partimmo per la Pace di Elena Corna e Ester Muzio (I Libri di Mompracem 2024), secondo incontro di presentazione di libri L’Urgenza della Pace della Piccola Scuola di Pace Gigi Ontanetti.

A partire dal libro che unisce la testimonianza di Ester al lavoro di ricostruzione storica di sua figlia Elena si è snodato un filo che partendo dalle testimonianze di chi era presente, anche bambina come Irene L’Abate, trascinata in quell’avventura dai suoi genitori, dalle donne della Ragnatela a Anna Luisa Leonardi L’Abate che finì in carcere a Ragusa si è concluso con il significato di quelle lotte per il tempo presente, ben illustrato da Simone Siliani che del libro è  autore della prefazione. La presentazione era arricchita anche da alcune interviste e filmati dell’epoca forniti dalla famiglia L’Abate.

Si è sottolineato come quell’azione nonviolenta fu in grado di unire sensibilità anche molto diverse in un’azione comune, come sia vero che le lotte nonviolente possano essere lotte vincenti e, in ogni caso, coerenti con le idee che si portano avanti.

Di fronte alla situazione attuale che sembra riproporre scenari analoghi a quelli dell’epoca (epoca della quale fa parte anche l'”incidente” dei missili nucleari che Stanislav Petrov riuscì a scongiurare, come ha ricordato Elena Corna) viene da chiedersi quanto di quell’esperienza possa essere utile per contrastare l’avanzata del militarismo di oggi e scongiurare, una volta di più l’incubo nucleare.

In questo senso Anna Luisa Leonardi L’Abate, lucidissima nei suoi 92 anni, ha  ricordato che i semi della Nonviolenza sono piantati nel terreno, pronti a germogliare e guidare l’Umanità verso mondi migliori.

Redazione Toscana

Firenze :”Friday for Peace”, Presidio contro il Riarmo

Secondo appuntamento questo pomeriggio in piazza Sant’Ambrogio nel centro storico di Firenze di “Friday for Peace”, il presidio che vuole essere un punto di incontro settimanale per il pacifismo  cittadino. Promosso dal Cordinamento Fiorentino contro il  Riarmo che raccoglie  un ampio ventaglio di associazioni, di forze politiche di opposizione  ed attivisti che rifiutano decisamente la guerra in tutte le sue forme , il presidio vuole denunciare l’attuale delirante progetto del riarmo europeo che sottrae risorse alle spese sociali  per finanziare gli appetiti  dei produttori di armi.

Questo un estratto del volantino distribuito al presidio:

“Contro l’Economia di Guerra.

Il Parlamento e la Commissione Europea decidono di concentrare tutte le risorse e i risparmi delle famiglie per sostenere l’industria e la finanza bellica.

L’Europa non è stata in grado di prevenire l’aggressione russa all’Ucraina dopo dieci anni di guerra civile e non ha voluto utilizzare la diplomazia per rappresentare i bisogni e la volontà dei due popoli in tre anni di bombardamenti.

L’Europa della pace, della democrazia, della libertà di espressione, del benessere diffuso, della politica di vicinato e di sviluppo condiviso cede agli interessi del grande capitale che oggi scommette sulla guerra come nel 1914 e nel 1939.

Neanche in Medioriente l’Europa ha preso alcuna iniziativa per favorire un processo di pace e convivenza e ha favorito il massacro del popolo palestinese. I vertici europei non percepiscono i venti di rivolta anticoloniale provenienti dal Sud Globale, né tantomeno la richiesta e la necessità di costruire un mondo multipolare, non più soggetto ad un potere politico e finanziario unico.”

“Dobbiamo reagire e resistere alle scelte  disastrose in politica internazionale…….attraverso tutti gli strumenti della difesa civile non violenta per cambiare drasticamente le strategie europee”

questi gli strumenti di lotta proposti:

“controinformazione, sciopero contro la guerra in tutte le sue forme, disinvestimento e boicottaggio dei marchi ed imprese  che speculano sulla guerra, obiezione fiscale alle spese militari, obiezione  di coscienza dei militari e dei lavoratori coinvolti  nelle filiere di produzione, finaziamento e logistica degli armamenti, renitenza alla  nuova leva militare e rifiuto di eventuali reclutamenti forzati e precettazioni.”

Foto di Cesare Dagliana

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Redazione Toscana

Una salita per denunciare lo sterminio del popolo palestinese

Un corteo che sale le rampe e arriva a piazzale Michelangelo, una manifestazione che porta unità tra le differenti realtà che animano il
movimento a fianco del popolo palestinese, squarciando i veli che ignora avevano coperto alcuni posizionamenti, primo tra tutti: non
chiediamo di fermare una guerra, ma denunciamo un genocidio e lo sterminio di bambini, giovani, adulti, anziani palestinesi.

“Palestina libera” risuona ai megafoni, insieme al richiamo alla resistenza ed all’autodeterminazione del popolo palestinese; il  diritto alla vita viene negato, succedeva già il 6 ottobre: evacuazioni forzate, distruzione delle reti idriche, elettriche, fognarie, distruzione ad oggi di tutti gli ospedali.

Al microfono si alternano testimonianze a passaggi di considerazione etica e politica insieme, richiamo al senso di responsabilità
dell’occidente (Italia compresa), invito a rompere i rapporti con Israele, al boicottaggio (citando l’esempio dei sanitari per Gaza con
l’appello a non comprare i farmaci Teva, o dei portuali contro la guerra che tentano di bloccare i carichi di armamenti).

Uno sguardo all’utopia della possibilità di ricostruzione delle case e delle scuole (appello coerente con il richiamo al diritto alla vita)
richiede in primo luogo diffondere le informazioni, smuovere le coscienze, tenerci nell’unità di azioni convergenti, come oggi Firenze
ha dimostrato di poter promuovere: unità sostenendo la resistenza del popolo palestinese e diritto a vivere (forse almeno sopravvivere,
adesso) sulla propria terra.

Foto di Cesare Dagliana e Paolo Mazzinghi

Redazione Toscana

Roma: marciamo per difendere la terra dei palestinesi

Titola cosi il manifesto con il quale è stata indetta la manifestazione di ieri 29 marzo a Roma e con il quale si invitava la città a unirsi alla comunità palestinese per commemorare la giornata del del 30 marzo del 1976 durante la quale l’esercito israeliano ha represso nel sangue lo sciopero a difesa delle terre espropriate ‘a scopi statali’ . Chi ha visto il film ‘No other land’ ha ben chiaro le modalità di azione dell’IdF!

Piazza Vittorio, nonostante la minaccia di pioggia, si è al solito empita di bandiere e striscioni. Sono arrivati in tanti anche gli studenti dell’OSA e Cambiare Rotta con le loro canzoni e i loro slogan contribuendo, inoltre, ad abbassare l’età media dei manifestanti.

Tanti gli slogan per richiedere la libertà per i tre giovani palestinesi per i quali il 2 aprile prossimo si apre il processo nelle aule del tribunale dell’Aquila. Processo che non dovrebbe nemmeno celebrarsi perché i tre non hanno commesso alcun reato ne in Italia ne in Europa. Cosa è se non un processo ‘politico’ alla resistenza palestinese? C’è un pezzo di ‘terra’ palestinese da liberare anche qui in Italia!

La manifestazione si è sciolta in via dei Fori imperiali con l’intervento riportato di seguito e dandosi appuntamento il 25 aprile a piazzale Ostiense simbolo della resistenza antifascista.

Il Giorno della Terra in Palestina

Dal 22 aprile del 1970 il giorno della terra è una ricorrenza annuale promossa dall’ONU con lo slogan our planet our power.

Il Giorno della terra per il Popolo Palestinese, invece, ha tutt’altro significato. Iniziato con la Nabka e mai terminato, il furto della terra in Palestina è un trauma collettivo permanente.

Il 30 marzo in Palestina si ricordano “gli eventi del Giorno della terra” del 1976 quando la confisca di terre palestinesi nel Nord e nella regione della Galilea, innescarono una seria di manifestazioni e rivolte represse con estrema violenza con decine di morti e feriti.

Così il Giorno della terra, ogni 30 marzo, è diventato il simbolo della lotta per i diritti dei/delle palestinesi, il simbolo della lotta per la propria identità collettiva perché la terra non è solo un entità geografica, è una storia, è una identità personale e collettiva.

Oggi più che mai, a Gaza, i Palestinesi soffrono “il dolore della terra” come lo chiama la psichiatra Samah Jabr che cito: <Il dolore della terra è l’angoscia causata dalla distruzione ambientale, dallo sfollamento forzato e ripetuto, la perdita della terra trasformata in macerie

macerie di case, chiese, moschee, asili e università sotto le quali sono sepolti e smembrati dalle ruspe sioniste i corpi di un numero non quantificabile di donne, uomini, bambine e bambini palestinesi…>.

Siamo di fronte alla normalizzazione di un genocidio e nell’impunità totale dello stato israeliano ! Cambia poco chi stia governando, cambia solo la forma perché ora con Trump stiamo alla caricatura dell’orrore, se è possibile! Ora non servono più i discorsi di facciata, ora si butta la maschera e si sdoganano tutti i discorsi razzisti, fascisti, negando qualsiasi scala di valore, negando lo stesso diritto internazionale; ora si ammette apertamente che l’unica legge è la legge mostruosa del più forte.

Si vuole svuotare Gaza, persino trasformarla in un paradiso per ricconi…e Netanhyau rompe la tregua, peraltro mai veramente attuata, sperando dare il colpo finale a una Gaza stremata.

Già più di 300 i bambini sono morti dalla rottura della tregua i medici a Gaza denunciano un numero incredibili di bambini trovati con ferite alla testa e al petto… questo non è un caso ma un progetto deliberato! Nessuno può più pretendere ignorare Gaza, la carestia provocata, il massacro deliberato di tutto un popolo.

Lo stesso dicasi per la Cisgiordania: assassini, arresti, sfollati che non hanno accesso a nessuna assistenza, come denuncia anche Msf.

La situazione sembra disperata e siamo forse vicini allo scoraggiamento anche noi? La perdita della speranza è un obiettivo della guerra. E’ una costante del capitalismo: perché fermare la violenza contro i popoli quando le guerre sono lo strumento più efficace per l’accumulazione accelerata di capitale?

Sappiamo bene che la difesa della Palestina non è mai stata prerogativa di stati, come sta avvenendo per l’Ucraina, ma da sempre è la solidarietà di movimenti popolari a sostenerla.

Eppure se la resistenza è una, non significa che ci sia una visione unica della Palestina. Ci sono tanti gruppi e partiti diversi, anche frammentati, in Palestina. Sarebbe più semplice per noi sostenitori di una Palestina libera e autodeterminata immaginare l’unità politica della resistenza.

Ma la realtà è sempre più complessa e spesso dolorosa: la colonizzazione divide la società e ancora di più il sionismo. Nella lotta per la sopravvivenza si cerca di mettere le persone le une contro le altre. E’ una strategia ben nota quella di creare frammentazioni e installare “collaborazioni” per indebolire la resistenza.

Il 15 marzo 2025, infatti, si è siglato un accordo tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), guidata da Majed Faraj che, ricordiamolo, a Jenin ha realizzato un vero fraticidio.

L’accordo afferma che le forze di sicurezza dell’ANP raccoglieranno informazioni su Hamas e organizzeranno accordi di sicurezza con Israele. Inoltre – gravissimo – l’ANP attiverà i suoi attivisti della diaspora palestinese in esilio (qui e altrove) per lanciare campagne di propaganda e attacchi contro Hamas e altre fazioni della Resistenza. In cambio l’ANP chiede a Israele benefici e interessi per i funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania.

Purtroppo oltre alle inquietanti collaborazioni c’è la propaganda! Secondo il Middle East Eye anche l’Assemblea nazionale dei clan e famiglie palestinesi dei vari governatorati della Striscia dice che stanno emergendo partiti sospetti che si allineano con il nemico sionista e i suoi collaboratori. L’assemblea invita il popolo a non parteciparvi. Anche i media più largamente diffusi in Italia e in Occidente sono accusati di distorcere la realtà di un venerdì di rabbia contro il loro massacro: fake news create da chi vuole l’annientamento e la deportazione dei palestinesi da Gaza.

Anche la Onlus “Osservatorio sulla legalità e sui diritti” rileva queste manipolazioni mediatiche:

Le proteste sono reali e comprensibili, date le condizioni umanitarie disastrose e senza precedenti che la popolazione gazawi sta affrontando e la portata delle proteste sembra molto meno rilevante di ciò che fa vedere la stampa… il reclutamento continuo di nuovi combattenti con Hamas non sarebbe possibile senza un forte consenso della popolazione locale. Dunque il consenso verso la resistenza rimane fortissimo, malgrado le privazioni e il blocco degli aiuti umanitari imposto da Israele.”

Israele inoltre usa anche le armi della guerra psicologica. L’osservatorio rileva che “migliaia di messaggi sono stati inviati dall’intelligence sionista ai cellulari dei cittadini nella Striscia di Gaza, invitandoli a ribellarsi al governo di Hamas. E nell’area di Beit Lahia, l’esercito ordina ai gazawi di schierarsi al suo fianco. Chi ha rifiutato è stato arrestato e probabilmente torturato.” (Leandro Leggeri)

Tra propaganda e collaborazionismo stiamo nuotando nei prodotti del colonialismo dei sionisti.

Difficile capire ma ciò che rimane chiaro è che i/le palestinesi non vogliono lasciare la loro terra e in tutti modi continuano a resistere in una lotta che sta attraversando già la quarta generazione!

Perciò oggi in piazza sono presenti tutte le realtà palestinesi, tutti i gruppi e le associazioni insieme pur nella loro diversa concezione della lotta.

Oggi, mentre il mondo è testimone di un genocidio in tempo reale, che i governi reprimono quelli che rifiutano di tacere e che i grandi media proseguono la loro propaganda deformando la realtà e disumanizzando i palestinesi, è proprio il momento nel quale la fermezza e la determinazione sono la cosa più importante. La liberazione e la giustizia non sono frutti del caso ma sono sempre frutti della volontà e delle lotte collettive.

Per questo il nostro sostegno alla resistenza palestinese è un sostegno a tutto il popolo palestinese, con le sue divisioni e contraddizioni interne che si ritrovano anche qui nei vari gruppi militanti… Ma oggi, siamo tutti insieme perché la causa è più grande delle divisioni.

Non sappiamo quando la Palestina sarà libera, ma conosciamo il cammino che conduce alla sua libertà. La storia ci insegna che nessun impero, nessun sistema di oppressione, nessun progetto coloniale è mai stato permanente .

Marlène Micheloni, Sociologa e traduttrice

Redazione Roma

Dal lutto alla lotta verso la gioia. La festa di fine Ramadan nella giornata della terra palestinese

Quest’anno la festa per la fine del Ramadan è caduta nella giornata internazionale della terra dedicata alla liberazione della Palestina.

Dopo giorni di temporale, stamane a Palermo l’alba era radiosa. Come sempre  la comunità musulmana cittadina si è riunita per la preghiera rituale al levar del sole davanti al mare, tra le palme della marina, con indosso gli abiti tradizionali.

E con le stesse tuniche ricamate i ragazzi, con i tatuaggi all’hennè sulle mani le donne, vestendo in aggiunta kefieh di vari colori, tutti e tutte si sono radunati più tardi davanti alla sede dell’università per stranieri nei pressi della stazione centrale, per dar vita ad un corteo colorato (circa trecento persone), insieme a studenti, attivisti nonviolenti, comunisti, anarchici, volontari di organizzazioni non governative, come Mediterranea e Moltivolti.

Il desiderio comune era di trasformare il dolore e la rabbia in speranza, il lutto in una lotta per riaffermare la gioia, difficile certo, ma necessaria per dare un senso alla continuità e alla sopravvivenza.

L’energia dei giovani dei collettivi e dei centri sociali, la vivacità allegra dei bambini, la tenerezza e la pazienza dei cani e – perché no? – anche la fiducia di noi anziani hanno dimostrato la possibilità di costruire un tessuto di speranza.

 

Daniela Musumeci

La seconda giornata del Convivio “La scuola è politica!” di Scuola Sconfinata

La seconda giornata del Convivio “La scuola è politica!”, organizzato da Scuola Sconfinata, ha proseguito il dibattito su scuola, partecipazione e trasformazione personale e sociale all’Istituto IC 69° Barbato Marino Santarosa di Napoli Ponticelli il 29 marzo. L’evento ha offerto uno spazio di confronto su esperienze innovative e progetti di cambiamento per chiunque fosse interessato a contribuire a una scuola viva attraversando i propri confini mentali e scoprendo nuovi modi di intendere e praticare l’educazione.

La giornata è stata caratterizzata da sessioni parallele, suddivise in sette aree tematiche e cinque aree trasversali, una serie di laboratori e una sessione poster ad integrazione delle presentazioni che ha consentito di interscambiare su esperienze specifiche o aspetti di esse.

Nell’AREA PARTECIPAZIONE Quando bambine, bambini, ragazzi e ragazze prendono parola”, facilitata da Sabina Langer, esperienze concrete hanno mostrato come la partecipazione attiva possa trasformare la scuola e il territorio. Tiziana Morgante ha raccontato il Parlamento delle ragazze e dei ragazzi dell’I.C. Piersanti Mattarella di Roma, un esempio di democrazia vissuta in aula in sperimentazione da 3 anni applicando l’approccio della maieutica reciproca di Danilo Dolci, di cui è stata allieva. Carlo Ridolfi (genitore, Padova), ha riflettuto su come creare le condizioni per una vera presa di parola delle nuove generazioni, superando la retorica del “mettere al centro” senza ascoltare davvero. La scuola come motore di cambiamento è stata al centro dell’intervento di Antonella Di Bartolo, dirigente dell’I.C. Sperone-Pertini di Palermo, che ha descritto la scuola come “piazza di quartiere”, luogo di partecipazione e crescita collettiva raccontando l’esperienza del labsperonechildren e più di 50 anni di lotte e rivendicazioni dal basso che non si sono ancora concretizzate in un asilo per il quartiere. A chiudere, Maurizio Murino (sociologo, Spaziopensiero Onlus, Milano) ha raccontato il progetto A Piccoli Patti, in cui bambini e ragazzi ridisegnano la città e la scuola, abbattendo confini tra istituzioni e comunità. I laboratori hanno permesso di esplorare la partecipazione giovanile (Global District, con Pietro Varriale e Roberta Fiore, WeWorld) e la costruzione di comunità educanti (Educhiamoci tra pari, con Simona Michelazzi e Francesca Tonelli, Zero5).

Accompagnati da Annabella Coiro (referente percorsi educativi e formazione – Rete  EDUMANA), le relatrici e i relatori dell’AREA RELAZIONI NONVIOLENTE hanno interscambiato inizialmente sul ruolo degli adulti nella costruzione di comunità scolastiche democratiche, eque e nonviolente per tutte e tutti, soprattutto le persone giovani. Dario Spagnuolo (dirigente scolastico IC Roberto Bracco, Napoli) ha sottolineato che la pace inizia dagli educatori, mentre Michele Lucivero (docente, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università) ha affrontato il tema del conflitto come opportunità di crescita e la necessità di educare alla pace non solo disarmando gli Stati, ma anche le relazioni e il linguaggio. Olimpia Barba (docente – Liceo Nobel Torre del Greco) si è interrogata sull’anima della scuola e Antonella Musella (psicologa, psicoterapeuta, esperta in clinica dell’adolescenza) ha parlato delle sfide dell’adolescenza tra confini e libertà.

Nel dialogo successivo, Annabella Coiro ha proposto l’Ubuntu, che nelle lingue nguni-bantu significa “umanità verso gli altri”, come via per trasformare la scuola da luogo di competizione, intriso di individualismo e prevaricazione, a spazio di comunità, in cui ciascuna e ciascuno di noi esiste in relazione alle altre persone. A rafforzare questa visione, l’intervento di Fernando Battista (Ph.D. Università di RomaTre, docente ITT Livia Bottardi) e Anita Monti (dirigente scolastica IC Evan Gorga – Broccostella- FR) su “Sconfinamenti”, un progetto che usa arti e danzamovimentoterapia per superare pregiudizi e favorire il dialogo interculturale. Attraverso il linguaggio del corpo, studenti e studentesse si confrontano con persone migranti, costruendo ponti di comprensione e superando stereotipi. “Il confine non è una barriera, ma una terra di nessuno che andiamo a creolizzare”, ha spiegato Battista, evidenziando come l’arte possa essere un potente strumento pedagogico.

L’AREA SALUTOGENESI, facilitata da Nicola Iannaccone (nonno, psicologo e psicoterapeuta), ha esplorato il benessere a scuola come leva educativa, mettendo al centro chi educa. Dal sostegno alla salute mentale delle e dei docenti alla co-progettazione tra insegnanti e psicologi, gli interventi di ricercatrici, pedagogiste, formatrici e educatori dell’Associazione Maestri di Strada ONLUS, che ospita il Convivio, hanno evidenziato la necessità di “curare chi cura”. La narrazione, il gioco e le pratiche autobiografiche sono stati all’unisono riconosciuti come strumenti concreti per costruire una comunità educante più consapevole e resiliente.

Nell’AREA CITTADINANZA DIGITALE, coordinata da Nazario Zambaldi, si è discusso del digitale tra libertà e controllo, con interventi su temi come fake news (Monica Lazzaretto), il progetto FUSS per la democrazia digitale a scuola (Paolo Dongilli) e l’importanza delle piattaforme digitali come strumenti educativi e civici.

Nell’AREA DIDATTICA ATTIVA, facilitata da Maestri di strada, docenti ed esperte/i hanno esplorato nuove modalità di apprendimento, tra arte, narrazione e cittadinanza attiva. Annamaria Improta e il suo team dell’IC Don Bosco Melloni di Portici hanno presentato il Modello Educreando© Binazionale, mentre Maria La Bianca (docente, IC plesso Nicolò Turrisi IC Luigi Capuana, Palermo) ha raccontato come la Marcia per la Pace e la Nonviolenza possa trasformare la scuola in un laboratorio di convivenza nonviolenta. Clelia Bartoli (Università di Palermo) ha approfondito il “Metodo dell’altrimenti”, per ripensare l’insegnamento attraverso esperienze immersive e inclusive.

Nell’AREA SPAZI DI APPRENDIMENTO, i laboratori hanno esplorato tematiche vitali come l’educazione alla pace (Gianmarco Pisa), il contributo delle scuole al benessere dei quartieri (Kitti Baracsi), e l’importanza di spazi educativi all’aperto, come giardini scolastici e cortili, per promuovere la cittadinanza attiva e il diritto al gioco (Raffaella Mulato, Iolanda Contin). I momenti di dialogo favoriti da Micaela Bordin (architetta) e Paola Meardi (architetta e facilitatrice) si

sono concentrati, più in generale, sul rapporto della scuola con il territorio oltre che sul valore dell’educazione all’aperto.

Nell’AREA PATTI EDUCATIVI, coordinata da Cesare Moreno (Maestri di Strada), si è esplorato come scuole e territorio possano collaborare, con interventi su progetti come MySpot for Learning (Danilo Casertano) e FLOWERS (Coop. Adelante), e temi come la scuola aperta e le relazioni educative.

Anche le aree trasversali hanno offerto spunti stimolanti e creativi per ripensare e sconfinare la scuola. Si è parlato di teatro e musica come potenti strumenti educativi per conoscere, conoscersi, costruire significati assieme (AREE TRASVERSALI TEATROEDUCAZIONE e MUSICAEDUCAZIONE, facilitate rispettivamente da Nicola Laieta e da Irvin Luca Vairetti, Maria dell’Aversano, Adriana Verchiani). L’ AREA TRASVERSALE PENSIERO ECOLOGICO ha animato riflessioni sul ruolo della scuola nella rigenerazione urbana e nella costruzione di una cittadinanza attiva, mentre quella su RIFLESSIONI SULLA SCUOLA OGGI ha mappato nuovi scenari educativi, unendo esperti e praticanti in un confronto vitale.

L’AREA TRANSVERSALE QUESTIONI DI GENERE ha affrontato tematiche cruciali per l’educazione contemporanea, andando a toccare la madre di tutte le discriminazioni. Il “Gruppo informale per l’educazione alle differenze” ha esplorato come creare una rete di supporto a Napoli per contrastare le disuguaglianze di genere a scuola, in collaborazione con la “Rete nazionale di Educare alle Differenze”. Giovanna Castiello (Educatrice – Maestri di Strada) ha discusso la relazione tra genere e dispersione scolastica, approfondendo i fattori di rischio che colpiscono in particolare le giovani, mentre Ilenia Picardi (Docente-ricercatrice – Osservatorio di genere sull’università e ricerca, Università di Napoli Federico II) ha analizzato come le differenze di genere influenzano i percorsi scientifici, proponendo soluzioni per promuovere l’equità. Nicola Iannaccone, dal punto di vista della salutogenesi, ha evidenziato l’importanza di una scuola che affronti le questioni di genere attraverso un approccio basato sul benessere e sulla resilienza. Infine, il workshop “Piacere, che libro sei?! ha esplorato come la lettura di testi dinamici, dal leporello al romanzo, dall’albo illustrato alla graphic novel, possa stimolare riflessioni su violenza, stereotipi e identità di genere nelle classi di ogni ordine e grado.

Nella sessione plenaria dell’ultimo giorno di Convivio, sono stati condivisi i risultati delle diverse aree, lasciando molti più interrogativi di quanti ce ne fossero all’inizio ma avendo accumulato una forte energia per restare connessi e di spingere la scuola sempre più oltre i suoi confini!

Per maggiori dettagli: https://www.scuolasconfinata.org/programma-convivio

 

Francesca De Vito

Redazione Napoli