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galere

Quando mai lo Stato condanna sé stesso?

Mai, appunto. Questo è innegabile. Quand’anche venga celebrato un processo penale contro agenti di polizia -che siano poliziotti, carabinieri o agenti penitenziari come in questo caso- e quand’anche vengano emesse delle condanne, queste sono sempre ridicole e sottodimensionate rispetto alla gravità dei fatti commessi.

Il brutale pestaggio di un carcerato inerme commesso da un gruppo di agenti nel carcere di Reggio e la falsificazione di prove per poter affermare che si stavano difendendo da un’aggressione (dieci contro uno!) hanno portato a condanne ridicole, senza nemmeno la menzione nella fedina penale. In due parole, nessuna conseguenza, torneranno in servizio. L’accusa era di tortura, se la sono cavata con un abuso di potere. Sui giornali si legge che l’accusa iniziale è stata “ristrutturata”. Dev’essere un termine in neolingua per dire “ridicolizzata”. Ma la tortura non ha solo a che fare con ferri e fili elettrici. La violenza sia fisica che psicologica, esercitata da gente in divisa, in branco, contro una persona che non si può difendere e che rimarrà terrorizzata ben oltre il fatto in sé, è tortura. E non ci vengano a dire che sono singoli agenti violenti: è sistema.

Un sistema che protegge i suoi componenti: non è certo la prima volta che in Italia le violenze poliziesche ricevono l’equivalente di un buffetto sulla guancia, ma oggi questo avviene mentre col ddl sicurezza l’estrema destra al governo prevede un aggravamento abnorme delle pene per qualsiasi forma di opposizione sociale. Chi si oppone alla guerra, allo sfruttamento, alla devastazione ambientale e a tante altre ingiustizie viene trattato come un criminale e rischia condanne pesantissime. Non solo. Nella nostra come in altre città si può essere cacciati dalle zone rosse ad arbitrio della polizia, specie se si appartiene a categorie “indesiderabili” per il potere e i benpensanti. Chi invece commette violenze reali, se fa parte delle forze dell’ordine raramente viene incriminato, e anche se viene condannato ne esce indenne.

Non stiamo invocando la galera per i poliziotti colpevoli. A noi, che ci riconosciamo negli ideali anarchici, le galere non sono mai piaciute, ma meno ancora ci piacciono le ingiustizie e i “due pesi e due misure”.

Oggi più che mai, opporsi alla guerra, allo sfruttamento e alle ingiustizie è necessario.

Opporsi alla repressione e alla violenza poliziesca è vitale.

FEDERAZIONE ANARCHICA REGGIANA – AREA LIBERTARIA REGGIO EMILIA

L'articolo Quando mai lo Stato condanna sé stesso? proviene da .

Quando mai lo Stato condanna sé stesso?

Mai, appunto. Questo è innegabile. Quand’anche venga celebrato un processo penale contro agenti di polizia -che siano poliziotti, carabinieri o agenti penitenziari come in questo caso- e quand’anche vengano emesse delle condanne, queste sono sempre ridicole e sottodimensionate rispetto alla gravità dei fatti commessi.

Il brutale pestaggio di un carcerato inerme commesso da un gruppo di agenti nel carcere di Reggio e la falsificazione di prove per poter affermare che si stavano difendendo da un’aggressione (dieci contro uno!) hanno portato a condanne ridicole, senza nemmeno la menzione nella fedina penale. In due parole, nessuna conseguenza, torneranno in servizio. L’accusa era di tortura, se la sono cavata con un abuso di potere. Sui giornali si legge che l’accusa iniziale è stata “ristrutturata”. Dev’essere un termine in neolingua per dire “ridicolizzata”. Ma la tortura non ha solo a che fare con ferri e fili elettrici. La violenza sia fisica che psicologica, esercitata da gente in divisa, in branco, contro una persona che non si può difendere e che rimarrà terrorizzata ben oltre il fatto in sé, è tortura. E non ci vengano a dire che sono singoli agenti violenti: è sistema.

Un sistema che protegge i suoi componenti: non è certo la prima volta che in Italia le violenze poliziesche ricevono l’equivalente di un buffetto sulla guancia, ma oggi questo avviene mentre col ddl sicurezza l’estrema destra al governo prevede un aggravamento abnorme delle pene per qualsiasi forma di opposizione sociale. Chi si oppone alla guerra, allo sfruttamento, alla devastazione ambientale e a tante altre ingiustizie viene trattato come un criminale e rischia condanne pesantissime. Non solo. Nella nostra come in altre città si può essere cacciati dalle zone rosse ad arbitrio della polizia, specie se si appartiene a categorie “indesiderabili” per il potere e i benpensanti. Chi invece commette violenze reali, se fa parte delle forze dell’ordine raramente viene incriminato, e anche se viene condannato ne esce indenne.

Non stiamo invocando la galera per i poliziotti colpevoli. A noi, che ci riconosciamo negli ideali anarchici, le galere non sono mai piaciute, ma meno ancora ci piacciono le ingiustizie e i “due pesi e due misure”.

Oggi più che mai, opporsi alla guerra, allo sfruttamento e alle ingiustizie è necessario.

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Non stiamo invocando la galera per i poliziotti colpevoli. A noi, che ci riconosciamo negli ideali anarchici, le galere non sono mai piaciute, ma meno ancora ci piacciono le ingiustizie e i “due pesi e due misure”.

Oggi più che mai, opporsi alla guerra, allo sfruttamento e alle ingiustizie è necessario.

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