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Genere e femminismi

Il governo italiano si impegni contro l’Apartheid di genere

Le notizie di guerra e le preoccupazioni che riempiono i media in questo periodo concorrono a far sembrare ancora più lontano l’Afghanistan e più invisibili le donne sottoposte all’apartheid di genere imposto dai talebani.

Ma le donne afghane non hanno mai smesso di resistere coraggiosamente contro le farneticanti imposizioni di quel governo fondamentalista, non perdendo la speranza nonostante la progressiva completa chiusura di ogni spazio di vita, inventando sempre nuovi modi di aggirare le leggi per sfamare le loro famiglie, studiando di nascosto e leggendo insieme nel chiuso delle loro case e online, continuando a farsi belle sotto il burqa e, più semplicemente, rimanendo in vita nonostante tutti i tentativi di annientarle.

Sebbene i diritti delle donne e delle ragazze afghane siano sempre più esclusi dai problemi che contano per i governi e le istituzioni internazionali – a maggior ragione in questo periodo che vede piccole e grandi potenze impegnate a far diventare normalità quel regime repressivo e violento – alcuni segnali positivi ci sono.

Infatti, oltre ai movimenti democratici e per i diritti umani, sono ormai moltissime le istituzioni internazionali che riconoscono che in Afghanistan è in atto un vero e proprio sistema di apartheid di genere, e alcuni Stati hanno intrapreso azioni per denunciare quel regime ai tribunali internazionali per il mancato rispetto dei trattati che regolano i diritti umani riconosciuti universalmente e dallo stesso Afghanistan.

Perciò crediamo sia doveroso pretendere che anche il nostro governo si impegni in questa direzione, perché lo Stato italiano ha sottoscritto insieme a  molti altri paesi diverse convenzioni internazionali a tutela dei diritti fondamentali e della libertà delle donne: la convenzione ONU del 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne ( CEDAW), il patto internazionale ONU relativo ai diritti civili e politici del 1966, la convenzione europea del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, atti internazionali che pongono a carico dello Stato italiano obblighi a cui non può sottrarsi di fronte alle gravissime violazioni subite dalle donne a livello internazionale.

Il CISDA sollecita quindi con urgenza il governo italiano a un impegno concreto su tutti i fronti istituzionali affinché tali principi siano rispettati, in particolare:

  • negando il riconoscimento di diritto e di fatto al governo fondamentalista dei talebani
  • riconoscendo e denunciando che in Afghanistan è in atto un vero e proprio regime di Apartheid di genere
  • sostenendo l’introduzione del crimine di apartheid di genere nella Convenzione per i crimini contro l’umanità in discussione all’ONU
  • associandosi agli Stati che hanno denunciato i talebani e il loro governo ai Tribunali internazionali
  • impedendo l’agibilità politica ai talebani nei consessi internazionali

Il giorno 8 aprile 2025 il Cisda presenterà una PETIZIONE rivolta al governo con queste richieste attraverso una conferenza stampa in Parlamento (h 13 – Sala Stampa della Camera dei Deputati – Via della Missione 4, Roma), a cui seguirà nei giorni seguenti la consegna delle firme raccolte. 

Interverranno Laura Guercio, giurista del Cisda, Belqis Roshan, senatrice afghana in esilio, Morena Terraschi dell’ANPI provinciale di Roma e le parlamentari rappresentanti di diversi partiti che si sono impegnate a sostenerla.

Nel pomeriggio, sempre a Roma, la petizione sarà presentata al mondo dell’attivismo e della solidarietà in un incontro aperto a tutti dove interverranno rappresentanti di associazioni e di ong con testimonianze e opinioni. Ecco gli estremi dell’appuntamento:

8 aprile ore 17:30

Polo Civico Esquilino in via Galilei 57 – Roma

Hanno confermato la loro partecipazione oltre che la dott.sa Laura Guercio e Belqis Roshan, anche l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, la pastora metodista Mirella Manocchio e Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.

Speriamo che questi incontri siano occasioni di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dell’apartheid di genere, che non riguarda solo l’Afghanistan ma invece, direttamente o in modo meno esplicito, anche le donne di molti altri Paesi, perché sempre più frequentemente i diritti delle donne sono calpestati da leggi fondamentaliste.

La consegna della petizione non sarà la conclusione della campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI.

Le nostre iniziative per i diritti delle donne afghane e contro l’apartheid di genere continueranno in diverse forme e con l’appoggio della rete di associazioni impegnate con noi a livello nazionale e internazionale.

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Il declino democratico in Europa si aggrava. I dati del Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties

Il Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties valuta quanto i governi abbiano rispettato lo stato di diritto, documentando i loro sforzi in sei aree tematiche e analizzando l’implementazione delle raccomandazioni della Commissione europea dell’anno precedente. Si tratta del più completo “rapporto ombra” di una rete indipendente per le libertà civili, compilato da 43 gruppi per i diritti di 21 paesi dell’UE, che certifica come la recessione democratica in Europa si sia aggravata nel 2024. I paesi considerati delle roccaforti democratiche stanno scivolando verso tendenze autoritarie, con “l’anello più debole” rappresentato dell’Ungheria, un paese con le peggiori performance da anni, ove è stata rilevata una significativa regressione a livello generale, tra cui nuove campagne del “regime ibrido” contro l’indipendenza della magistratura, le organizzazioni della società civile, la partecipazione pubblica e la libertà dei media. Il Governo italiano è nel gruppo che il Report classifica come “Smantellatori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Governi che minano sistematicamente e intenzionalmente lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti. “Slider” sono, invece, le democrazie modello come Belgio, Francia, Germania o Svezia che hanno mostrato un declino isolato ma comunque preoccupante in alcuni aspetti, creando il rischio che l’abbassamento degli standard diventi una tendenza.

I “Paesi stagnanti” come Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna sono fermi o hanno fatto solo progressi minimi nei loro indicatori relativi allo stato di diritto. I “Lavoratori instancabili”, che sono Estonia e Repubblica Ceca mostrano invece segnali di sforzi genuini e sistemici di miglioramento, evidenziando il ruolo positivo della società civile nel raggiungimento di un cambiamento. Per quanto riguarda la Polonia, dove il nuovo governo ha tentato di ripristinare l’indipendenza della magistratura e il pluralismo dei media, il Report certifica che non vi sono stati grandi progressi, a dimostrazione che affrontare il problema dell’indipendenza compromessa delle istituzioni è un’impresa estremamente difficile e fragile. “Nel 2024, si legge nel Report, il ciclo di notizie ha rispecchiato il declino della democrazia e la crescente legittimità politica dei partiti e delle politiche di estrema destra. Per coloro che hanno assistito a questo sgretolamento, il nostro senso di impotenza è comprensibile. Invece di ascoltare il pubblico, chi è al potere agisce sempre di più nel proprio interesse e gioca secondo le proprie regole. Esistono strutture progettate per impedirlo, dai giornalisti che indagano sui politici che abusano del loro potere, ai tribunali indipendenti che sostengono le protezioni legali e alle ONG come Liberties, che monitorano se i politici rispettano i diritti fondamentali. Ma questi sistemi, che collettivamente creano un quadro di responsabilità democratica noto come “stato di diritto”, vengono indeboliti, trascurati o addirittura smantellati.”

Per quanto riguarda la giustizia, il Rapporto evidenzia come in molti paesi la manipolazione politica abbia ostacolato l’indipendenza della magistratura e, in tutti i paesi dell’Unione, i sistemi giudiziari sono poco efficienti a causa della mancanza di risorse. In ordine, invece, alla lotta alla corruzione, la fiducia nel governo è compromessa dalla scarsa azione giudiziaria nei casi di corruzione di alto profilo, dalle lacune nella protezione dei whistleblower e dall’inadeguata applicazione delle norme in materia di lobbying. L’area relativa alla libertà dei media è quella che ha mostrato la maggiore regressione: i media di servizio pubblico sono stati soggetti a continue interferenze con la loro indipendenza e performance, mentre la trasparenza nella proprietà dei media e il pluralismo di mercato rimangono bassi. Quanto ai controlli e agli equilibri, l’abuso della legislazione accelerata è continuato in quasi tutti i paesi, mentre le istituzioni nazionali per i diritti umani si stanno indebolendo a causa dell’interferenza politica e della mancanza di finanziamenti, oltre all’integrità delle elezioni che è compromessa a causa di gruppi emarginati e materiale politico manipolato. Anche lo spazio civico è sempre più compromesso: i governi hanno utilizzato campagne diffamatorie e attacchi verbali per delegittimare il lavoro delle ONG e giustificare restrizioni ai finanziamenti, e il diritto di protestare è stato limitato attraverso l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e misure per formalizzare le restrizioni attraverso modifiche alla legge. Infine, i diritti umani stanno subendo limitazioni consistenti: l’ascesa dell’ostilità alimentata dalla destra verso i migranti ha avuto ripercussioni in tutto lo spettro politico, con conseguenti politiche migratorie più severe che mettono a repentaglio i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sono aumentati anche i casi di discriminazione e incitamento all’odio nei confronti delle minoranze etniche e della comunità LGBTQIA+.

Dal Rapporto emerge come i “modelli” democratici del vecchio continente mostrino tendenze antidemocratiche e come sia sempre più necessaria una leadership coraggiosa dell’UE di fronte alla turbolenta situazione geopolitica. L’UE deve rafforzare la barriera critica contro l’autoritarismo, migliorando le sue attività di monitoraggio e applicazione dello stato di diritto e collegandole ad altri strumenti dello stato di diritto, in particolare ai procedimenti giudiziari e ai meccanismi di condizionalità dei finanziamenti dell’UE. E occorre ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni UE, promuovere una collaborazione efficace tra gli Stati membri e garantire il rispetto dei valori UE che si basano su un solido stato di diritto. Nonostante la traiettoria generale discendente, ci sono però germogli di speranza. Il Rapporto rivela che il cuscinetto fornito dalla società civile, dai media liberi, dagli organi giudiziari e dai tribunali indipendenti sta rallentando il ritmo dell’erosione.

Qui il Rapporto completo: https://www.liberties.eu/f/vdxw3e.

Giovanni Caprio

Il governo italiano si impegni contro l’Apartheid di genere

Le notizie di guerra e le preoccupazioni che riempiono i media in questo periodo concorrono a far sembrare ancora più lontano l’Afghanistan e più invisibili le donne sottoposte all’apartheid di genere imposto dai talebani.

Ma le donne afghane non hanno mai smesso di resistere coraggiosamente contro le farneticanti imposizioni di quel governo fondamentalista, non perdendo la speranza nonostante la progressiva completa chiusura di ogni spazio di vita, inventando sempre nuovi modi di aggirare le leggi per sfamare le loro famiglie, studiando di nascosto e leggendo insieme nel chiuso delle loro case e online, continuando a farsi belle sotto il burqa e, più semplicemente, rimanendo in vita nonostante tutti i tentativi di annientarle.

Sebbene i diritti delle donne e delle ragazze afghane siano sempre più esclusi dai problemi che contano per i governi e le istituzioni internazionali – a maggior ragione in questo periodo che vede piccole e grandi potenze impegnate a far diventare normalità quel regime repressivo e violento – alcuni segnali positivi ci sono.

Infatti, oltre ai movimenti democratici e per i diritti umani, sono ormai moltissime le istituzioni internazionali che riconoscono che in Afghanistan è in atto un vero e proprio sistema di apartheid di genere, e alcuni Stati hanno intrapreso azioni per denunciare quel regime ai tribunali internazionali per il mancato rispetto dei trattati che regolano i diritti umani riconosciuti universalmente e dallo stesso Afghanistan.

Perciò crediamo sia doveroso pretendere che anche il nostro governo si impegni in questa direzione, perché lo Stato italiano ha sottoscritto insieme a  molti altri paesi diverse convenzioni internazionali a tutela dei diritti fondamentali e della libertà delle donne: la convenzione ONU del 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne ( CEDAW), il patto internazionale ONU relativo ai diritti civili e politici del 1966, la convenzione europea del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, atti internazionali che pongono a carico dello Stato italiano obblighi a cui non può sottrarsi di fronte alle gravissime violazioni subite dalle donne a livello internazionale.

Il CISDA sollecita quindi con urgenza il governo italiano a un impegno concreto su tutti i fronti istituzionali affinché tali principi siano rispettati, in particolare:

  • negando il riconoscimento di diritto e di fatto al governo fondamentalista dei talebani
  • riconoscendo e denunciando che in Afghanistan è in atto un vero e proprio regime di Apartheid di genere
  • sostenendo l’introduzione del crimine di apartheid di genere nella Convenzione per i crimini contro l’umanità in discussione all’ONU
  • associandosi agli Stati che hanno denunciato i talebani e il loro governo ai Tribunali internazionali
  • impedendo l’agibilità politica ai talebani nei consessi internazionali

Il giorno 8 aprile 2025 il Cisda presenterà una PETIZIONE rivolta al governo con queste richieste attraverso una conferenza stampa in Parlamento (h 13 – Sala Stampa della Camera dei Deputati – Via della Missione 4, Roma), a cui seguirà nei giorni seguenti la consegna delle firme raccolte. 

Interverranno Laura Guercio, giurista del Cisda, Belqis Roshan, senatrice afghana in esilio, Morena Terraschi dell’ANPI provinciale di Roma e le parlamentari rappresentanti di diversi partiti che si sono impegnate a sostenerla.

Nel pomeriggio, sempre a Roma, la petizione sarà presentata al mondo dell’attivismo e della solidarietà in un incontro aperto a tutti dove interverranno rappresentanti di associazioni e di ong con testimonianze e opinioni. Ecco gli estremi dell’appuntamento:

8 aprile ore 17:30

Polo Civico Esquilino in via Galilei 57 – Roma

Hanno confermato la loro partecipazione oltre che la dott.sa Laura Guercio e Belqis Roshan, anche l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, la pastora metodista Mirella Manocchio e Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.

Speriamo che questi incontri siano occasioni di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dell’apartheid di genere, che non riguarda solo l’Afghanistan ma invece, direttamente o in modo meno esplicito, anche le donne di molti altri Paesi, perché sempre più frequentemente i diritti delle donne sono calpestati da leggi fondamentaliste.

La consegna della petizione non sarà la conclusione della campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI.

Le nostre iniziative per i diritti delle donne afghane e contro l’apartheid di genere continueranno in diverse forme e con l’appoggio della rete di associazioni impegnate con noi a livello nazionale e internazionale.

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Il declino democratico in Europa si aggrava. I dati del Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties

Il Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties valuta quanto i governi abbiano rispettato lo stato di diritto, documentando i loro sforzi in sei aree tematiche e analizzando l’implementazione delle raccomandazioni della Commissione europea dell’anno precedente. Si tratta del più completo “rapporto ombra” di una rete indipendente per le libertà civili, compilato da 43 gruppi per i diritti di 21 paesi dell’UE, che certifica come la recessione democratica in Europa si sia aggravata nel 2024. I paesi considerati delle roccaforti democratiche stanno scivolando verso tendenze autoritarie, con “l’anello più debole” rappresentato dell’Ungheria, un paese con le peggiori performance da anni, ove è stata rilevata una significativa regressione a livello generale, tra cui nuove campagne del “regime ibrido” contro l’indipendenza della magistratura, le organizzazioni della società civile, la partecipazione pubblica e la libertà dei media. Il Governo italiano è nel gruppo che il Report classifica come “Smantellatori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Governi che minano sistematicamente e intenzionalmente lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti. “Slider” sono, invece, le democrazie modello come Belgio, Francia, Germania o Svezia che hanno mostrato un declino isolato ma comunque preoccupante in alcuni aspetti, creando il rischio che l’abbassamento degli standard diventi una tendenza.

I “Paesi stagnanti” come Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna sono fermi o hanno fatto solo progressi minimi nei loro indicatori relativi allo stato di diritto. I “Lavoratori instancabili”, che sono Estonia e Repubblica Ceca mostrano invece segnali di sforzi genuini e sistemici di miglioramento, evidenziando il ruolo positivo della società civile nel raggiungimento di un cambiamento. Per quanto riguarda la Polonia, dove il nuovo governo ha tentato di ripristinare l’indipendenza della magistratura e il pluralismo dei media, il Report certifica che non vi sono stati grandi progressi, a dimostrazione che affrontare il problema dell’indipendenza compromessa delle istituzioni è un’impresa estremamente difficile e fragile. “Nel 2024, si legge nel Report, il ciclo di notizie ha rispecchiato il declino della democrazia e la crescente legittimità politica dei partiti e delle politiche di estrema destra. Per coloro che hanno assistito a questo sgretolamento, il nostro senso di impotenza è comprensibile. Invece di ascoltare il pubblico, chi è al potere agisce sempre di più nel proprio interesse e gioca secondo le proprie regole. Esistono strutture progettate per impedirlo, dai giornalisti che indagano sui politici che abusano del loro potere, ai tribunali indipendenti che sostengono le protezioni legali e alle ONG come Liberties, che monitorano se i politici rispettano i diritti fondamentali. Ma questi sistemi, che collettivamente creano un quadro di responsabilità democratica noto come “stato di diritto”, vengono indeboliti, trascurati o addirittura smantellati.”

Per quanto riguarda la giustizia, il Rapporto evidenzia come in molti paesi la manipolazione politica abbia ostacolato l’indipendenza della magistratura e, in tutti i paesi dell’Unione, i sistemi giudiziari sono poco efficienti a causa della mancanza di risorse. In ordine, invece, alla lotta alla corruzione, la fiducia nel governo è compromessa dalla scarsa azione giudiziaria nei casi di corruzione di alto profilo, dalle lacune nella protezione dei whistleblower e dall’inadeguata applicazione delle norme in materia di lobbying. L’area relativa alla libertà dei media è quella che ha mostrato la maggiore regressione: i media di servizio pubblico sono stati soggetti a continue interferenze con la loro indipendenza e performance, mentre la trasparenza nella proprietà dei media e il pluralismo di mercato rimangono bassi. Quanto ai controlli e agli equilibri, l’abuso della legislazione accelerata è continuato in quasi tutti i paesi, mentre le istituzioni nazionali per i diritti umani si stanno indebolendo a causa dell’interferenza politica e della mancanza di finanziamenti, oltre all’integrità delle elezioni che è compromessa a causa di gruppi emarginati e materiale politico manipolato. Anche lo spazio civico è sempre più compromesso: i governi hanno utilizzato campagne diffamatorie e attacchi verbali per delegittimare il lavoro delle ONG e giustificare restrizioni ai finanziamenti, e il diritto di protestare è stato limitato attraverso l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e misure per formalizzare le restrizioni attraverso modifiche alla legge. Infine, i diritti umani stanno subendo limitazioni consistenti: l’ascesa dell’ostilità alimentata dalla destra verso i migranti ha avuto ripercussioni in tutto lo spettro politico, con conseguenti politiche migratorie più severe che mettono a repentaglio i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sono aumentati anche i casi di discriminazione e incitamento all’odio nei confronti delle minoranze etniche e della comunità LGBTQIA+.

Dal Rapporto emerge come i “modelli” democratici del vecchio continente mostrino tendenze antidemocratiche e come sia sempre più necessaria una leadership coraggiosa dell’UE di fronte alla turbolenta situazione geopolitica. L’UE deve rafforzare la barriera critica contro l’autoritarismo, migliorando le sue attività di monitoraggio e applicazione dello stato di diritto e collegandole ad altri strumenti dello stato di diritto, in particolare ai procedimenti giudiziari e ai meccanismi di condizionalità dei finanziamenti dell’UE. E occorre ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni UE, promuovere una collaborazione efficace tra gli Stati membri e garantire il rispetto dei valori UE che si basano su un solido stato di diritto. Nonostante la traiettoria generale discendente, ci sono però germogli di speranza. Il Rapporto rivela che il cuscinetto fornito dalla società civile, dai media liberi, dagli organi giudiziari e dai tribunali indipendenti sta rallentando il ritmo dell’erosione.

Qui il Rapporto completo: https://www.liberties.eu/f/vdxw3e.

Giovanni Caprio

Il governo italiano si impegni contro l’Apartheid di genere

Le notizie di guerra e le preoccupazioni che riempiono i media in questo periodo concorrono a far sembrare ancora più lontano l’Afghanistan e più invisibili le donne sottoposte all’apartheid di genere imposto dai talebani.

Ma le donne afghane non hanno mai smesso di resistere coraggiosamente contro le farneticanti imposizioni di quel governo fondamentalista, non perdendo la speranza nonostante la progressiva completa chiusura di ogni spazio di vita, inventando sempre nuovi modi di aggirare le leggi per sfamare le loro famiglie, studiando di nascosto e leggendo insieme nel chiuso delle loro case e online, continuando a farsi belle sotto il burqa e, più semplicemente, rimanendo in vita nonostante tutti i tentativi di annientarle.

Sebbene i diritti delle donne e delle ragazze afghane siano sempre più esclusi dai problemi che contano per i governi e le istituzioni internazionali – a maggior ragione in questo periodo che vede piccole e grandi potenze impegnate a far diventare normalità quel regime repressivo e violento – alcuni segnali positivi ci sono.

Infatti, oltre ai movimenti democratici e per i diritti umani, sono ormai moltissime le istituzioni internazionali che riconoscono che in Afghanistan è in atto un vero e proprio sistema di apartheid di genere, e alcuni Stati hanno intrapreso azioni per denunciare quel regime ai tribunali internazionali per il mancato rispetto dei trattati che regolano i diritti umani riconosciuti universalmente e dallo stesso Afghanistan.

Perciò crediamo sia doveroso pretendere che anche il nostro governo si impegni in questa direzione, perché lo Stato italiano ha sottoscritto insieme a  molti altri paesi diverse convenzioni internazionali a tutela dei diritti fondamentali e della libertà delle donne: la convenzione ONU del 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne ( CEDAW), il patto internazionale ONU relativo ai diritti civili e politici del 1966, la convenzione europea del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, atti internazionali che pongono a carico dello Stato italiano obblighi a cui non può sottrarsi di fronte alle gravissime violazioni subite dalle donne a livello internazionale.

Il CISDA sollecita quindi con urgenza il governo italiano a un impegno concreto su tutti i fronti istituzionali affinché tali principi siano rispettati, in particolare:

  • negando il riconoscimento di diritto e di fatto al governo fondamentalista dei talebani
  • riconoscendo e denunciando che in Afghanistan è in atto un vero e proprio regime di Apartheid di genere
  • sostenendo l’introduzione del crimine di apartheid di genere nella Convenzione per i crimini contro l’umanità in discussione all’ONU
  • associandosi agli Stati che hanno denunciato i talebani e il loro governo ai Tribunali internazionali
  • impedendo l’agibilità politica ai talebani nei consessi internazionali

Il giorno 8 aprile 2025 il Cisda presenterà una PETIZIONE rivolta al governo con queste richieste attraverso una conferenza stampa in Parlamento (h 13 – Sala Stampa della Camera dei Deputati – Via della Missione 4, Roma), a cui seguirà nei giorni seguenti la consegna delle firme raccolte. 

Interverranno Laura Guercio, giurista del Cisda, Belqis Roshan, senatrice afghana in esilio, Morena Terraschi dell’ANPI provinciale di Roma e le parlamentari rappresentanti di diversi partiti che si sono impegnate a sostenerla.

Nel pomeriggio, sempre a Roma, la petizione sarà presentata al mondo dell’attivismo e della solidarietà in un incontro aperto a tutti dove interverranno rappresentanti di associazioni e di ong con testimonianze e opinioni. Ecco gli estremi dell’appuntamento:

8 aprile ore 17:30

Polo Civico Esquilino in via Galilei 57 – Roma

Hanno confermato la loro partecipazione oltre che la dott.sa Laura Guercio e Belqis Roshan, anche l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, la pastora metodista Mirella Manocchio e Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.

Speriamo che questi incontri siano occasioni di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dell’apartheid di genere, che non riguarda solo l’Afghanistan ma invece, direttamente o in modo meno esplicito, anche le donne di molti altri Paesi, perché sempre più frequentemente i diritti delle donne sono calpestati da leggi fondamentaliste.

La consegna della petizione non sarà la conclusione della campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI.

Le nostre iniziative per i diritti delle donne afghane e contro l’apartheid di genere continueranno in diverse forme e con l’appoggio della rete di associazioni impegnate con noi a livello nazionale e internazionale.

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Il declino democratico in Europa si aggrava. I dati del Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties

Il Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties valuta quanto i governi abbiano rispettato lo stato di diritto, documentando i loro sforzi in sei aree tematiche e analizzando l’implementazione delle raccomandazioni della Commissione europea dell’anno precedente. Si tratta del più completo “rapporto ombra” di una rete indipendente per le libertà civili, compilato da 43 gruppi per i diritti di 21 paesi dell’UE, che certifica come la recessione democratica in Europa si sia aggravata nel 2024. I paesi considerati delle roccaforti democratiche stanno scivolando verso tendenze autoritarie, con “l’anello più debole” rappresentato dell’Ungheria, un paese con le peggiori performance da anni, ove è stata rilevata una significativa regressione a livello generale, tra cui nuove campagne del “regime ibrido” contro l’indipendenza della magistratura, le organizzazioni della società civile, la partecipazione pubblica e la libertà dei media. Il Governo italiano è nel gruppo che il Report classifica come “Smantellatori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Governi che minano sistematicamente e intenzionalmente lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti. “Slider” sono, invece, le democrazie modello come Belgio, Francia, Germania o Svezia che hanno mostrato un declino isolato ma comunque preoccupante in alcuni aspetti, creando il rischio che l’abbassamento degli standard diventi una tendenza.

I “Paesi stagnanti” come Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna sono fermi o hanno fatto solo progressi minimi nei loro indicatori relativi allo stato di diritto. I “Lavoratori instancabili”, che sono Estonia e Repubblica Ceca mostrano invece segnali di sforzi genuini e sistemici di miglioramento, evidenziando il ruolo positivo della società civile nel raggiungimento di un cambiamento. Per quanto riguarda la Polonia, dove il nuovo governo ha tentato di ripristinare l’indipendenza della magistratura e il pluralismo dei media, il Report certifica che non vi sono stati grandi progressi, a dimostrazione che affrontare il problema dell’indipendenza compromessa delle istituzioni è un’impresa estremamente difficile e fragile. “Nel 2024, si legge nel Report, il ciclo di notizie ha rispecchiato il declino della democrazia e la crescente legittimità politica dei partiti e delle politiche di estrema destra. Per coloro che hanno assistito a questo sgretolamento, il nostro senso di impotenza è comprensibile. Invece di ascoltare il pubblico, chi è al potere agisce sempre di più nel proprio interesse e gioca secondo le proprie regole. Esistono strutture progettate per impedirlo, dai giornalisti che indagano sui politici che abusano del loro potere, ai tribunali indipendenti che sostengono le protezioni legali e alle ONG come Liberties, che monitorano se i politici rispettano i diritti fondamentali. Ma questi sistemi, che collettivamente creano un quadro di responsabilità democratica noto come “stato di diritto”, vengono indeboliti, trascurati o addirittura smantellati.”

Per quanto riguarda la giustizia, il Rapporto evidenzia come in molti paesi la manipolazione politica abbia ostacolato l’indipendenza della magistratura e, in tutti i paesi dell’Unione, i sistemi giudiziari sono poco efficienti a causa della mancanza di risorse. In ordine, invece, alla lotta alla corruzione, la fiducia nel governo è compromessa dalla scarsa azione giudiziaria nei casi di corruzione di alto profilo, dalle lacune nella protezione dei whistleblower e dall’inadeguata applicazione delle norme in materia di lobbying. L’area relativa alla libertà dei media è quella che ha mostrato la maggiore regressione: i media di servizio pubblico sono stati soggetti a continue interferenze con la loro indipendenza e performance, mentre la trasparenza nella proprietà dei media e il pluralismo di mercato rimangono bassi. Quanto ai controlli e agli equilibri, l’abuso della legislazione accelerata è continuato in quasi tutti i paesi, mentre le istituzioni nazionali per i diritti umani si stanno indebolendo a causa dell’interferenza politica e della mancanza di finanziamenti, oltre all’integrità delle elezioni che è compromessa a causa di gruppi emarginati e materiale politico manipolato. Anche lo spazio civico è sempre più compromesso: i governi hanno utilizzato campagne diffamatorie e attacchi verbali per delegittimare il lavoro delle ONG e giustificare restrizioni ai finanziamenti, e il diritto di protestare è stato limitato attraverso l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e misure per formalizzare le restrizioni attraverso modifiche alla legge. Infine, i diritti umani stanno subendo limitazioni consistenti: l’ascesa dell’ostilità alimentata dalla destra verso i migranti ha avuto ripercussioni in tutto lo spettro politico, con conseguenti politiche migratorie più severe che mettono a repentaglio i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sono aumentati anche i casi di discriminazione e incitamento all’odio nei confronti delle minoranze etniche e della comunità LGBTQIA+.

Dal Rapporto emerge come i “modelli” democratici del vecchio continente mostrino tendenze antidemocratiche e come sia sempre più necessaria una leadership coraggiosa dell’UE di fronte alla turbolenta situazione geopolitica. L’UE deve rafforzare la barriera critica contro l’autoritarismo, migliorando le sue attività di monitoraggio e applicazione dello stato di diritto e collegandole ad altri strumenti dello stato di diritto, in particolare ai procedimenti giudiziari e ai meccanismi di condizionalità dei finanziamenti dell’UE. E occorre ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni UE, promuovere una collaborazione efficace tra gli Stati membri e garantire il rispetto dei valori UE che si basano su un solido stato di diritto. Nonostante la traiettoria generale discendente, ci sono però germogli di speranza. Il Rapporto rivela che il cuscinetto fornito dalla società civile, dai media liberi, dagli organi giudiziari e dai tribunali indipendenti sta rallentando il ritmo dell’erosione.

Qui il Rapporto completo: https://www.liberties.eu/f/vdxw3e.

Giovanni Caprio

Il governo italiano si impegni contro l’Apartheid di genere

Le notizie di guerra e le preoccupazioni che riempiono i media in questo periodo concorrono a far sembrare ancora più lontano l’Afghanistan e più invisibili le donne sottoposte all’apartheid di genere imposto dai talebani.

Ma le donne afghane non hanno mai smesso di resistere coraggiosamente contro le farneticanti imposizioni di quel governo fondamentalista, non perdendo la speranza nonostante la progressiva completa chiusura di ogni spazio di vita, inventando sempre nuovi modi di aggirare le leggi per sfamare le loro famiglie, studiando di nascosto e leggendo insieme nel chiuso delle loro case e online, continuando a farsi belle sotto il burqa e, più semplicemente, rimanendo in vita nonostante tutti i tentativi di annientarle.

Sebbene i diritti delle donne e delle ragazze afghane siano sempre più esclusi dai problemi che contano per i governi e le istituzioni internazionali – a maggior ragione in questo periodo che vede piccole e grandi potenze impegnate a far diventare normalità quel regime repressivo e violento – alcuni segnali positivi ci sono.

Infatti, oltre ai movimenti democratici e per i diritti umani, sono ormai moltissime le istituzioni internazionali che riconoscono che in Afghanistan è in atto un vero e proprio sistema di apartheid di genere, e alcuni Stati hanno intrapreso azioni per denunciare quel regime ai tribunali internazionali per il mancato rispetto dei trattati che regolano i diritti umani riconosciuti universalmente e dallo stesso Afghanistan.

Perciò crediamo sia doveroso pretendere che anche il nostro governo si impegni in questa direzione, perché lo Stato italiano ha sottoscritto insieme a  molti altri paesi diverse convenzioni internazionali a tutela dei diritti fondamentali e della libertà delle donne: la convenzione ONU del 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne ( CEDAW), il patto internazionale ONU relativo ai diritti civili e politici del 1966, la convenzione europea del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, atti internazionali che pongono a carico dello Stato italiano obblighi a cui non può sottrarsi di fronte alle gravissime violazioni subite dalle donne a livello internazionale.

Il CISDA sollecita quindi con urgenza il governo italiano a un impegno concreto su tutti i fronti istituzionali affinché tali principi siano rispettati, in particolare:

  • negando il riconoscimento di diritto e di fatto al governo fondamentalista dei talebani
  • riconoscendo e denunciando che in Afghanistan è in atto un vero e proprio regime di Apartheid di genere
  • sostenendo l’introduzione del crimine di apartheid di genere nella Convenzione per i crimini contro l’umanità in discussione all’ONU
  • associandosi agli Stati che hanno denunciato i talebani e il loro governo ai Tribunali internazionali
  • impedendo l’agibilità politica ai talebani nei consessi internazionali

Il giorno 8 aprile 2025 il Cisda presenterà una PETIZIONE rivolta al governo con queste richieste attraverso una conferenza stampa in Parlamento (h 13 – Sala Stampa della Camera dei Deputati – Via della Missione 4, Roma), a cui seguirà nei giorni seguenti la consegna delle firme raccolte. 

Interverranno Laura Guercio, giurista del Cisda, Belqis Roshan, senatrice afghana in esilio, Morena Terraschi dell’ANPI provinciale di Roma e le parlamentari rappresentanti di diversi partiti che si sono impegnate a sostenerla.

Nel pomeriggio, sempre a Roma, la petizione sarà presentata al mondo dell’attivismo e della solidarietà in un incontro aperto a tutti dove interverranno rappresentanti di associazioni e di ong con testimonianze e opinioni. Ecco gli estremi dell’appuntamento:

8 aprile ore 17:30

Polo Civico Esquilino in via Galilei 57 – Roma

Hanno confermato la loro partecipazione oltre che la dott.sa Laura Guercio e Belqis Roshan, anche l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, la pastora metodista Mirella Manocchio e Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.

Speriamo che questi incontri siano occasioni di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dell’apartheid di genere, che non riguarda solo l’Afghanistan ma invece, direttamente o in modo meno esplicito, anche le donne di molti altri Paesi, perché sempre più frequentemente i diritti delle donne sono calpestati da leggi fondamentaliste.

La consegna della petizione non sarà la conclusione della campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI.

Le nostre iniziative per i diritti delle donne afghane e contro l’apartheid di genere continueranno in diverse forme e con l’appoggio della rete di associazioni impegnate con noi a livello nazionale e internazionale.

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Il declino democratico in Europa si aggrava. I dati del Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties

Il Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties valuta quanto i governi abbiano rispettato lo stato di diritto, documentando i loro sforzi in sei aree tematiche e analizzando l’implementazione delle raccomandazioni della Commissione europea dell’anno precedente. Si tratta del più completo “rapporto ombra” di una rete indipendente per le libertà civili, compilato da 43 gruppi per i diritti di 21 paesi dell’UE, che certifica come la recessione democratica in Europa si sia aggravata nel 2024. I paesi considerati delle roccaforti democratiche stanno scivolando verso tendenze autoritarie, con “l’anello più debole” rappresentato dell’Ungheria, un paese con le peggiori performance da anni, ove è stata rilevata una significativa regressione a livello generale, tra cui nuove campagne del “regime ibrido” contro l’indipendenza della magistratura, le organizzazioni della società civile, la partecipazione pubblica e la libertà dei media. Il Governo italiano è nel gruppo che il Report classifica come “Smantellatori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Governi che minano sistematicamente e intenzionalmente lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti. “Slider” sono, invece, le democrazie modello come Belgio, Francia, Germania o Svezia che hanno mostrato un declino isolato ma comunque preoccupante in alcuni aspetti, creando il rischio che l’abbassamento degli standard diventi una tendenza.

I “Paesi stagnanti” come Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna sono fermi o hanno fatto solo progressi minimi nei loro indicatori relativi allo stato di diritto. I “Lavoratori instancabili”, che sono Estonia e Repubblica Ceca mostrano invece segnali di sforzi genuini e sistemici di miglioramento, evidenziando il ruolo positivo della società civile nel raggiungimento di un cambiamento. Per quanto riguarda la Polonia, dove il nuovo governo ha tentato di ripristinare l’indipendenza della magistratura e il pluralismo dei media, il Report certifica che non vi sono stati grandi progressi, a dimostrazione che affrontare il problema dell’indipendenza compromessa delle istituzioni è un’impresa estremamente difficile e fragile. “Nel 2024, si legge nel Report, il ciclo di notizie ha rispecchiato il declino della democrazia e la crescente legittimità politica dei partiti e delle politiche di estrema destra. Per coloro che hanno assistito a questo sgretolamento, il nostro senso di impotenza è comprensibile. Invece di ascoltare il pubblico, chi è al potere agisce sempre di più nel proprio interesse e gioca secondo le proprie regole. Esistono strutture progettate per impedirlo, dai giornalisti che indagano sui politici che abusano del loro potere, ai tribunali indipendenti che sostengono le protezioni legali e alle ONG come Liberties, che monitorano se i politici rispettano i diritti fondamentali. Ma questi sistemi, che collettivamente creano un quadro di responsabilità democratica noto come “stato di diritto”, vengono indeboliti, trascurati o addirittura smantellati.”

Per quanto riguarda la giustizia, il Rapporto evidenzia come in molti paesi la manipolazione politica abbia ostacolato l’indipendenza della magistratura e, in tutti i paesi dell’Unione, i sistemi giudiziari sono poco efficienti a causa della mancanza di risorse. In ordine, invece, alla lotta alla corruzione, la fiducia nel governo è compromessa dalla scarsa azione giudiziaria nei casi di corruzione di alto profilo, dalle lacune nella protezione dei whistleblower e dall’inadeguata applicazione delle norme in materia di lobbying. L’area relativa alla libertà dei media è quella che ha mostrato la maggiore regressione: i media di servizio pubblico sono stati soggetti a continue interferenze con la loro indipendenza e performance, mentre la trasparenza nella proprietà dei media e il pluralismo di mercato rimangono bassi. Quanto ai controlli e agli equilibri, l’abuso della legislazione accelerata è continuato in quasi tutti i paesi, mentre le istituzioni nazionali per i diritti umani si stanno indebolendo a causa dell’interferenza politica e della mancanza di finanziamenti, oltre all’integrità delle elezioni che è compromessa a causa di gruppi emarginati e materiale politico manipolato. Anche lo spazio civico è sempre più compromesso: i governi hanno utilizzato campagne diffamatorie e attacchi verbali per delegittimare il lavoro delle ONG e giustificare restrizioni ai finanziamenti, e il diritto di protestare è stato limitato attraverso l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e misure per formalizzare le restrizioni attraverso modifiche alla legge. Infine, i diritti umani stanno subendo limitazioni consistenti: l’ascesa dell’ostilità alimentata dalla destra verso i migranti ha avuto ripercussioni in tutto lo spettro politico, con conseguenti politiche migratorie più severe che mettono a repentaglio i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sono aumentati anche i casi di discriminazione e incitamento all’odio nei confronti delle minoranze etniche e della comunità LGBTQIA+.

Dal Rapporto emerge come i “modelli” democratici del vecchio continente mostrino tendenze antidemocratiche e come sia sempre più necessaria una leadership coraggiosa dell’UE di fronte alla turbolenta situazione geopolitica. L’UE deve rafforzare la barriera critica contro l’autoritarismo, migliorando le sue attività di monitoraggio e applicazione dello stato di diritto e collegandole ad altri strumenti dello stato di diritto, in particolare ai procedimenti giudiziari e ai meccanismi di condizionalità dei finanziamenti dell’UE. E occorre ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni UE, promuovere una collaborazione efficace tra gli Stati membri e garantire il rispetto dei valori UE che si basano su un solido stato di diritto. Nonostante la traiettoria generale discendente, ci sono però germogli di speranza. Il Rapporto rivela che il cuscinetto fornito dalla società civile, dai media liberi, dagli organi giudiziari e dai tribunali indipendenti sta rallentando il ritmo dell’erosione.

Qui il Rapporto completo: https://www.liberties.eu/f/vdxw3e.

Giovanni Caprio

Il governo italiano si impegni contro l’Apartheid di genere

Le notizie di guerra e le preoccupazioni che riempiono i media in questo periodo concorrono a far sembrare ancora più lontano l’Afghanistan e più invisibili le donne sottoposte all’apartheid di genere imposto dai talebani.

Ma le donne afghane non hanno mai smesso di resistere coraggiosamente contro le farneticanti imposizioni di quel governo fondamentalista, non perdendo la speranza nonostante la progressiva completa chiusura di ogni spazio di vita, inventando sempre nuovi modi di aggirare le leggi per sfamare le loro famiglie, studiando di nascosto e leggendo insieme nel chiuso delle loro case e online, continuando a farsi belle sotto il burqa e, più semplicemente, rimanendo in vita nonostante tutti i tentativi di annientarle.

Sebbene i diritti delle donne e delle ragazze afghane siano sempre più esclusi dai problemi che contano per i governi e le istituzioni internazionali – a maggior ragione in questo periodo che vede piccole e grandi potenze impegnate a far diventare normalità quel regime repressivo e violento – alcuni segnali positivi ci sono.

Infatti, oltre ai movimenti democratici e per i diritti umani, sono ormai moltissime le istituzioni internazionali che riconoscono che in Afghanistan è in atto un vero e proprio sistema di apartheid di genere, e alcuni Stati hanno intrapreso azioni per denunciare quel regime ai tribunali internazionali per il mancato rispetto dei trattati che regolano i diritti umani riconosciuti universalmente e dallo stesso Afghanistan.

Perciò crediamo sia doveroso pretendere che anche il nostro governo si impegni in questa direzione, perché lo Stato italiano ha sottoscritto insieme a  molti altri paesi diverse convenzioni internazionali a tutela dei diritti fondamentali e della libertà delle donne: la convenzione ONU del 1979 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne ( CEDAW), il patto internazionale ONU relativo ai diritti civili e politici del 1966, la convenzione europea del 2011 sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, atti internazionali che pongono a carico dello Stato italiano obblighi a cui non può sottrarsi di fronte alle gravissime violazioni subite dalle donne a livello internazionale.

Il CISDA sollecita quindi con urgenza il governo italiano a un impegno concreto su tutti i fronti istituzionali affinché tali principi siano rispettati, in particolare:

  • negando il riconoscimento di diritto e di fatto al governo fondamentalista dei talebani
  • riconoscendo e denunciando che in Afghanistan è in atto un vero e proprio regime di Apartheid di genere
  • sostenendo l’introduzione del crimine di apartheid di genere nella Convenzione per i crimini contro l’umanità in discussione all’ONU
  • associandosi agli Stati che hanno denunciato i talebani e il loro governo ai Tribunali internazionali
  • impedendo l’agibilità politica ai talebani nei consessi internazionali

Il giorno 8 aprile 2025 il Cisda presenterà una PETIZIONE rivolta al governo con queste richieste attraverso una conferenza stampa in Parlamento (h 13 – Sala Stampa della Camera dei Deputati – Via della Missione 4, Roma), a cui seguirà nei giorni seguenti la consegna delle firme raccolte. 

Interverranno Laura Guercio, giurista del Cisda, Belqis Roshan, senatrice afghana in esilio, Morena Terraschi dell’ANPI provinciale di Roma e le parlamentari rappresentanti di diversi partiti che si sono impegnate a sostenerla.

Nel pomeriggio, sempre a Roma, la petizione sarà presentata al mondo dell’attivismo e della solidarietà in un incontro aperto a tutti dove interverranno rappresentanti di associazioni e di ong con testimonianze e opinioni. Ecco gli estremi dell’appuntamento:

8 aprile ore 17:30

Polo Civico Esquilino in via Galilei 57 – Roma

Hanno confermato la loro partecipazione oltre che la dott.sa Laura Guercio e Belqis Roshan, anche l’attivista curdo-iraniana Mayswon Majidi, la pastora metodista Mirella Manocchio e Lorena Di Lorenzo dell’associazione Binario 15.

Speriamo che questi incontri siano occasioni di sensibilizzazione e conoscenza sul tema dell’apartheid di genere, che non riguarda solo l’Afghanistan ma invece, direttamente o in modo meno esplicito, anche le donne di molti altri Paesi, perché sempre più frequentemente i diritti delle donne sono calpestati da leggi fondamentaliste.

La consegna della petizione non sarà la conclusione della campagna STOP APARTHEID DI GENERE – STOP FONDAMENTALISMI.

Le nostre iniziative per i diritti delle donne afghane e contro l’apartheid di genere continueranno in diverse forme e con l’appoggio della rete di associazioni impegnate con noi a livello nazionale e internazionale.

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

Il declino democratico in Europa si aggrava. I dati del Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties

Il Rapporto 2025 sullo stato di diritto di Liberties valuta quanto i governi abbiano rispettato lo stato di diritto, documentando i loro sforzi in sei aree tematiche e analizzando l’implementazione delle raccomandazioni della Commissione europea dell’anno precedente. Si tratta del più completo “rapporto ombra” di una rete indipendente per le libertà civili, compilato da 43 gruppi per i diritti di 21 paesi dell’UE, che certifica come la recessione democratica in Europa si sia aggravata nel 2024. I paesi considerati delle roccaforti democratiche stanno scivolando verso tendenze autoritarie, con “l’anello più debole” rappresentato dell’Ungheria, un paese con le peggiori performance da anni, ove è stata rilevata una significativa regressione a livello generale, tra cui nuove campagne del “regime ibrido” contro l’indipendenza della magistratura, le organizzazioni della società civile, la partecipazione pubblica e la libertà dei media. Il Governo italiano è nel gruppo che il Report classifica come “Smantellatori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia. Governi che minano sistematicamente e intenzionalmente lo stato di diritto in quasi tutti gli aspetti. “Slider” sono, invece, le democrazie modello come Belgio, Francia, Germania o Svezia che hanno mostrato un declino isolato ma comunque preoccupante in alcuni aspetti, creando il rischio che l’abbassamento degli standard diventi una tendenza.

I “Paesi stagnanti” come Grecia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi e Spagna sono fermi o hanno fatto solo progressi minimi nei loro indicatori relativi allo stato di diritto. I “Lavoratori instancabili”, che sono Estonia e Repubblica Ceca mostrano invece segnali di sforzi genuini e sistemici di miglioramento, evidenziando il ruolo positivo della società civile nel raggiungimento di un cambiamento. Per quanto riguarda la Polonia, dove il nuovo governo ha tentato di ripristinare l’indipendenza della magistratura e il pluralismo dei media, il Report certifica che non vi sono stati grandi progressi, a dimostrazione che affrontare il problema dell’indipendenza compromessa delle istituzioni è un’impresa estremamente difficile e fragile. “Nel 2024, si legge nel Report, il ciclo di notizie ha rispecchiato il declino della democrazia e la crescente legittimità politica dei partiti e delle politiche di estrema destra. Per coloro che hanno assistito a questo sgretolamento, il nostro senso di impotenza è comprensibile. Invece di ascoltare il pubblico, chi è al potere agisce sempre di più nel proprio interesse e gioca secondo le proprie regole. Esistono strutture progettate per impedirlo, dai giornalisti che indagano sui politici che abusano del loro potere, ai tribunali indipendenti che sostengono le protezioni legali e alle ONG come Liberties, che monitorano se i politici rispettano i diritti fondamentali. Ma questi sistemi, che collettivamente creano un quadro di responsabilità democratica noto come “stato di diritto”, vengono indeboliti, trascurati o addirittura smantellati.”

Per quanto riguarda la giustizia, il Rapporto evidenzia come in molti paesi la manipolazione politica abbia ostacolato l’indipendenza della magistratura e, in tutti i paesi dell’Unione, i sistemi giudiziari sono poco efficienti a causa della mancanza di risorse. In ordine, invece, alla lotta alla corruzione, la fiducia nel governo è compromessa dalla scarsa azione giudiziaria nei casi di corruzione di alto profilo, dalle lacune nella protezione dei whistleblower e dall’inadeguata applicazione delle norme in materia di lobbying. L’area relativa alla libertà dei media è quella che ha mostrato la maggiore regressione: i media di servizio pubblico sono stati soggetti a continue interferenze con la loro indipendenza e performance, mentre la trasparenza nella proprietà dei media e il pluralismo di mercato rimangono bassi. Quanto ai controlli e agli equilibri, l’abuso della legislazione accelerata è continuato in quasi tutti i paesi, mentre le istituzioni nazionali per i diritti umani si stanno indebolendo a causa dell’interferenza politica e della mancanza di finanziamenti, oltre all’integrità delle elezioni che è compromessa a causa di gruppi emarginati e materiale politico manipolato. Anche lo spazio civico è sempre più compromesso: i governi hanno utilizzato campagne diffamatorie e attacchi verbali per delegittimare il lavoro delle ONG e giustificare restrizioni ai finanziamenti, e il diritto di protestare è stato limitato attraverso l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e misure per formalizzare le restrizioni attraverso modifiche alla legge. Infine, i diritti umani stanno subendo limitazioni consistenti: l’ascesa dell’ostilità alimentata dalla destra verso i migranti ha avuto ripercussioni in tutto lo spettro politico, con conseguenti politiche migratorie più severe che mettono a repentaglio i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sono aumentati anche i casi di discriminazione e incitamento all’odio nei confronti delle minoranze etniche e della comunità LGBTQIA+.

Dal Rapporto emerge come i “modelli” democratici del vecchio continente mostrino tendenze antidemocratiche e come sia sempre più necessaria una leadership coraggiosa dell’UE di fronte alla turbolenta situazione geopolitica. L’UE deve rafforzare la barriera critica contro l’autoritarismo, migliorando le sue attività di monitoraggio e applicazione dello stato di diritto e collegandole ad altri strumenti dello stato di diritto, in particolare ai procedimenti giudiziari e ai meccanismi di condizionalità dei finanziamenti dell’UE. E occorre ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni UE, promuovere una collaborazione efficace tra gli Stati membri e garantire il rispetto dei valori UE che si basano su un solido stato di diritto. Nonostante la traiettoria generale discendente, ci sono però germogli di speranza. Il Rapporto rivela che il cuscinetto fornito dalla società civile, dai media liberi, dagli organi giudiziari e dai tribunali indipendenti sta rallentando il ritmo dell’erosione.

Qui il Rapporto completo: https://www.liberties.eu/f/vdxw3e.

Giovanni Caprio