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Giovani

“Comprendere i conflitti. Educare alla pace”

Pisa, lunedì 14 aprile alle 16:30, Aula magna dell’IIS E. Santoni in Largo Concetto Marchesi, 12

L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università invita a partecipare alla presentazione degli atti del I Convegno Nazionale ‘Comprendere i conflitti. Educare alla pace’, a Pisa lunedì 14 aprile alle 16:30 presso l’aula magna dell’IIS E. Santoni in Largo Concetto Marchesi, 12.

In un contesto politico, economico e sociale, in cui il riarmo dell’Europa e la riconversione dell’economia a fini di guerra sono al centro del dibattito diventa cruciale la necessità di costruire vasto consenso verso gli eserciti e le guerre globali, prova ne siano l’aumento della spesa militare e la militarizzazione dei territori, temi per altro di grandissima attualità.

Serena Tusini, docente di scuola superiore e una delle promotrici dell’Osservatorio, ha studiato le strategie di comunicazione del ministero della Difesa analizzando, nel dettaglio e nella sua capillarità, le strutturate azioni per raggiungere questo consenso a partire dalle quotidiane incursioni nei processi di formazione delle nuove generazioni.

Chiederemo al sociologo Charlie Barnao, che ha studiato i sistemi di addestramento delle forze militari e dell’ordine e come i processi di militarizzazione impattano sul patrimonio culturale dell’intera società, se esiste una correlazione tra gli atti di nonnismo che hanno frequentemente caratterizzato istituzioni chiuse come le caserme e le violenze di piazza ad opera della Forze dell’Ordine.

Infine con Annabella Coiro, esperta di comunicazione non violenta, esploreremo il ruolo che la Scuola può e deve avere nel difficile processo di costruzione di una cultura della pace, con particolare riguardo verso le esperienze delle scuole che praticano resistenza all’autoritarismo e strategie educative non violente.

Le relazioni che presenteremo sono solo un assaggio dei contributi che abbiamo raccolto per analizzare e studiare i processi di militarizzazione della società da diversi punti di vista.

Svelare i meccanismi che animano “la cultura della difesa” è un primo passo per contrastare una dilagante retorica ideologica che risulta funzionale a presentare il lato “buono” dell’opera delle forze militari, nascondendo sotto il tappeto una semplice verità: gli eserciti servono semplicemente per fare la guerra.

L’iniziativa, rivolta in particolare a docenti e componente studentesca delle scuole di ogni ordine e grado, è aperta a tutta la cittadinanza.

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Pisa

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Disabilità. 35% giovani subisce violenza in rete

Disabilità, Cyber Security Foundation: 35% giovani subisce violenza in rete
A Roma secondo incontro. Coinvolti oltre 210 ragazzi impresa Capodarco

“I dati sono allarmanti: oltre il 35% dei bambini e ragazzi con disabilità ha subito almeno un episodio di violenza (fisica, emotiva, sessuale, psicologica o verbale) legato all’uso di servizi di messaggistica, piattaforme social o di gaming online”.

I dati sono emersi oggi a Roma in occasione del secondo incontro formativo organizzato dalla Cyber Security Foundation nell’ambito del progetto dedicato alla sensibilizzazione sui rischi cibernetici e alla divulgazione della cultura della cyber security per le persone con disabilità.

L’evento, che si è svolto presso il Teatro Gianelli, ha coinvolto oltre 210 giovani con disabilità e i loro formatori, riunendo le tre scuole romane di Capodarco Formazione Impresa Sociale.

L’iniziativa è nata dal protocollo d’intesa tra le due organizzazioni e mira a fornire “strumenti concreti” per un utilizzo sicuro delle risorse informatiche e una “gestione consapevole” delle informazioni sui social network.

L’incontro ha visto la partecipazione di figure di primo piano nel panorama della sicurezza digitale, esponenti delle istituzioni ed esperti, tra cui gli operatori dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn), della Polizia Postale e dei Carabinieri del Comando Generale, dei partner che hanno sostenuto l’iniziativa, oltre ai membri della Cyber Security Foundation.

I lavori si sono aperti con il messaggio di saluto della ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, che ha ricordato come “affrontare il tema della cybersecurity per le persone con disabilità significa offrire strumenti concreti per una maggiore tutela e consapevolezza nell’utilizzo delle tecnologie digitali.

Questo progetto rappresenta un passo significativo in tale direzione, garantendo formazione e sensibilizzazione su un tema di grande attualità e rilevanza per tutti.

È fondamentale- ha proseguito il ministro- continuare a lavorare insieme e investire per assicurare un accesso sicuro alle risorse digitali e favorire l’inclusione, affinché nessuno venga lasciato indietro anche nel contesto digitale e soprattutto possa muoversi in totale sicurezza”.

In Italia, intanto, “oltre 10 milioni di persone hanno subito violazioni informatiche (il 32% appartiene alla ‘Generazione Z’)- hanno fatto sapere nel corso dell’incontro- e tra le fasce più deboli della popolazione la probabilità di cadere vittima di truffe, adescamento online e attacchi informatici è ancora più elevata”.

Secondo recenti studi, inoltre, il 30% delle persone con disabilità è a rischio di esclusione sociale, una condizione che le rende particolarmente vulnerabili alle minacce della rete: dall’uso improprio dei social network alla gestione non sicura delle credenziali di accesso ai servizi digitali, dal cyberbullismo fino alla manipolazione psicologica.

“I dati sulle violazioni digitali parlano chiaro: le persone con disabilità sono tra le più esposte ai pericoli del web, eppure sono spesso escluse dai percorsi di educazione alla sicurezza informatica.

È una lacuna che non possiamo permetterci- ha sottolineato Marco Gabriele Proietti, fondatore e presidente della Cyber Security Foundation-

In un’epoca in cui la digitalizzazione permea ogni aspetto della vita quotidiana le persone con disabilità si trovano spesso ad affrontare barriere invisibili ma insidiose, che ne limitano la sicurezza e l’autonomia online.

Per questo, il nostro impegno, in sinergia con istituzioni e imprese, è rivolto a fornire loro strumenti concreti e competenze adeguate per muoversi in rete con consapevolezza, proteggendo la loro identità digitale e riducendo i rischi legati all’utilizzo delle tecnologie”.

Questo progetto, dunque, non è solo “un’opportunità di formazione- ha proseguito Proietti- ma segna un passo decisivo verso la costruzione di un ecosistema digitale realmente inclusivo, dove la sicurezza non sia un privilegio, ma un diritto garantito a tutti, indipendentemente dalle capacità individuali. Informarsi e formarsi per proteggersi”.

All’intervento di Eleonora Borgiani, componente del Cda della Fondazione e ideatrice del progetto, che ha spiegato gli scopi dell’iniziativa, hanno fatto seguito le parole di Matteo Macina, vicepresidente operativo della Fondazione.

Il vicequestore della Polizia di Stato, Claudia Lofino, ha evidenziato il ruolo della Polizia Postale nella protezione degli utenti online e nella gestione delle denunce, mentre il Tenente Colonnello, Fabio Ibba, e il Sottotenente, Alessio Di Santo del Comando Generale dei Carabinieri, hanno illustrato la “crescente minaccia cyber” e gli strumenti per contrastarla.

Marco Centenaro, Officer ACN, ha chiarito invece le principali strategie di prevenzione dei crimini informatici.

Infine, Vittorio Baiocco, membro del Comitato Tecnico Scientifico della Cyber Security Foundation, ha affrontato il tema del corretto utilizzo dei social network e della protezione della privacy.

L’incontro si inserisce nel più ampio impegno della Cyber Security Foundation per diffondere la cultura della sicurezza digitale e prevenire le minacce informatiche, con un’attenzione particolare alle categorie più esposte ai rischi del web.

Attraverso iniziative formative dedicate, la Fondazione, infatti, coinvolge attivamente anche studenti e studentesse nelle scuole italiane, promuovendo un “uso cosciente e sicuro della rete”.

(riceviamo da Cyber Security Foundation e da Capodarco Formazione Impresa Sociale https://www.comunitadicapodarco.it/ )

Redazione Italia

Ostruzionismo e mobilitazione sociale fermano il ddl “sicurezza”: slitta la sua approvazione definitiva

Doveva essere un passaggio rapido, quasi scontato. Il Governo Meloni pensava di archiviare senza ostacoli l’ennesimo tassello del suo progetto autoritario, approvando entro dicembre 2024 il cosiddetto DDL Sicurezza. Ma la realtà ha dimostrato altro: quella parte viva e consapevole del Paese che non accetta silenziosamente la deriva repressiva ha alzato la testa, ha costruito un fronte ampio e determinato, e il conflitto ha prodotto i suoi effetti.

L’iter del provvedimento ora si complica e rallenta, anche a causa delle falle emerse sulle coperture economiche. In questo comunicato, la Rete Nazionale No DDL Sicurezza – A Pieno Regime analizza le ragioni di questo primo, importante risultato e rilancia la mobilitazione in vista della discussione in Aula.

Pensavano di fare i conti del piano autoritario senza il conflitto, senza l’ostruzionismo, al riparo dello sdegno e della denuncia pubblica. Il Governo Meloni pensava di chiudere la partita con il dissenso approvando il cosiddetto DDL Sicurezza entro il dicembre 2024.

Un errore clamoroso: per via di questa arroganza politica, il provvedimento dovrà tornare alla Camera, dopo che la Commissione Bilancio del Senato ha approvato il parere sul DDL Sicurezza, chiedendo modifiche alle coperture. Il governo, infatti, aveva fatto i conti basandosi esclusivamente sul bilancio 2024.

La mobilitazione degli scorsi mesi, il fronte aperto da decine e decine di mobilitazioni in tutta Italia, l’intervento dell’Europa, l’ostruzionismo, insomma la creazione del “caso Italia” in merito alla svolta autoritaria in corso nel nostro Paese ha aperto le contraddizioni che hanno portato a questo impasse.

Questo dimostra che possediamo la forza e la determinazione necessarie per contrastare l’oscenità politica e istituzionale di questo disegno di legge. È fondamentale mettere in campo tutte le nostre energie per proseguire la mobilitazione, confermando la manifestazione fin sotto il Senato nel giorno della sua discussione in Aula, anche qualora non coincida con l’approvazione definitiva.

Continuiamo inoltre il lavoro di assemblee e iniziative territoriali, che fin dall’inizio hanno avuto un ruolo decisivo in questo percorso.

Segnaliamo infine la partecipazione della Rete Nazionale No DDL Sicurezza – A Pieno Regime al Festival di Letteratura Working Class, che si terrà a Campi Bisenzio, davanti ai cancelli dell’ex Gkn, dal 4 al 6 aprile. La rete sarà ospite dell’assemblea conclusiva del festival.

vedi Globalproject

Redazione Italia

Orientamento alla guerra in un Liceo di Capo d’Orlando. Ma i genitori dicono No!

Ancora una scuola siciliana meta della sempre più invasiva campagna di orientamento all’arruolamento nelle forze armate, ma stavolta alcuni genitori dicono Signornò!_

 

È accaduto nella città di Capo d’Orlando (Messina) dopo che la dirigente del Polo Liceale Statale “Lucio Piccolo” ha indirizzato una circolare alle famiglie, ai/alle docenti, agli studenti e alle studentesse delle classi del biennio e del V anno di tutti gli indirizzi con oggetto l’organizzazione di un incontro di orientamento scolastico con gli ufficiali del 24° Reggimento “Peloritani” di Messina, reparto della Brigata meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano.

«Mercoledì 26 marzo 2025 il 24° Reggimento “Peloritani” incontrerà gli studenti del Liceo, in presenza e da remoto», riporta la circolare della dirigente, la professoressa Maria Larissa Bollaci«Gli alunni del biennio parteciperanno alla conferenza con le Forze Armate, durante la quale verranno presentate le scuole di alta formazione culturale e militare, la Nunziatella di Napoli e la Teulié di Milano». A seguire l’incontro con gli alunni delle classi V, «durante il quale saranno fornite informazioni riguardanti la storia e le attività delle Forze Armate, i possibili sbocchi occupazionali nonché tutte le indicazioni relative al concorso per l’accesso all’Accademia Militare di Modena».

Alla vigilia della visita del 24° “Peloritani” al liceo orlandino, alcuni genitori degli alunni e delle alunne partecipanti hanno inviato una bellissima lettera alla dirigente «nella speranza di stimolare, anche tra i docenti, una seria riflessione sull’urgenza della pace e sulla necessità di lasciare la guerra fuori dalla scuola».

Ecco qualche passaggio della lettera:

«Pensiamo che sia inopportuno che la scuola, che è il luogo in cui si formano le coscienze, si coltivano i valori e si costruisce il futuro, venga trasformata in terreno fertile per la diffusione di ideologie militariste e per l’orientamento dei giovani alla guerra”, scrivono i genitori. “Nell’attuale scenario sociale e politico stiamo assistendo alla normalizzazione dell’educazione alla guerra in un clima sempre più preoccupante. Il generale Masiello ha recentemente affermato che l’esercito è fatto per prepararsi alla guerra. Parole che risuonano come un monito inquietante. Se questa è la prospettiva delle istituzioni militari, quale messaggio viene trasmesso ai giovani attraverso progetti di orientamento scolastico a cura delle forze armate?»

«Ogni guerra è una sconfitta per l’umanità»si legge ancora nella lettera inviata alla dirigente del liceo “Piccolo”. «La guerra è morte, distruzione, sofferenza indicibile e non può mai essere presentata come una soluzione ai conflitti. La scuola ha il compito di insegnare ai giovani l’arte del confronto, del dialogo e della comprensione reciproca. Dovrebbe essere un ambiente in cui si promuove la cultura della pace, della diplomazia e del rispetto delle differenze. Ogni tentativo di introdurre attività dal sapore militarista rischia di minare questi obiettivi fondamentali».

«Non si può permettere che scuole e studenti diventino un bacino di reclutamento o un veicolo di consenso per attività militari. La Costituzione italiana all’art. 11 afferma chiaramente che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questa non è una frase vuota ma un principio fondamentale che deve guidare ogni scelta educativa. Ogni studente ha diritto ad un’educazione che lo formi come cittadino consapevole, critico e capace di contribuire ad un mondo migliore. Non come futuro soldato di conflitti che arricchiscono pochi e distruggono le vite di molti. La scuola è il cuore pulsante della società e deve restare uno spazio di pace».

Il liceo “Piccolo” di Capo d’Orlando aveva ospitato una conferenza degli ufficiali del 24° Reggimento “Peloritani” di Messina pure il 22 febbraio 2024. Anche in quell’occasione erano state presentate agli studenti le scuole militari “Nunziatella” e “Teulié” ed erano state fornite “informazioni” sulla storia dei reparti e sulle possibilità occupazionali nell’Esercito italiano.

Il passato del 24° Reggimento “Peloritani” di Messina è tutt’altro che glorioso. Dopo la sua costituzione, nel 1935 fu inviato dal governo fascista di Benito Mussolini in Africa Orientale per combattere sul fronte somalo a Neghelli e Ogaden e sferrare poi l’attacco da sud contro l’Etiopia. Durante la Seconda guerra mondiale, i reparti del 24° furono trasferiti sul fronte greco-albanese per poi “presidiare” la sanguinosa occupazione nazifascista della Grecia. Dopo l’8 settembre 1943 il Reggimento fu sciolto nel Peloponneso. Ricostituito nell’Italia Repubblicana, il 24° è stato impegnato nelle controverse missioni delle forze armate italiane in Libano e Kosovo e, negli ultimi due anni, in due campagne militari in Ungheria. Queste ultime sono state effettuate nell’ambito dell’Operazione Forward Land Forces promossa dalla NATO in funzione anti-russa: i militari del Reggimento peloritano hanno operato – e operano attualmente – in territorio ungherese in uno dei quattro nuovi Gruppi di Battaglia multinazionali che l’Alleanza Atlantica ha costituito in Europa orientale dopo lo scoppio del conflitto russo-ucraino, insieme alle forze armate di Croazia, Ungheria e Stati Uniti d’America.

Le preoccupazioni espresse dai genitori degli studenti del Liceo “Piccolo” appaiono più che legittime e giustificate anche alla luce delle dichiarazioni espresse dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, il generale Carmine Masiello, nelle stesse ore in cui gli ufficiali del 24° Reggimento promuovevano la carriera militare tra i giovani di Capo d’Orlando.

Intervenendo alla conferenza “Uno sguardo verso l’alto. Nel campo di battaglia del Futuro”, promossa dall’Esercito a Roma con lo scopo di «approfondire le esigenze trasformative del settore militare-industriale, alla luce delle lezioni apprese dai conflitti russo-ucraino e mediorientale», il generale Masiello ha lanciato un “accorato appello” sottolineando «l’urgente necessità di un programma di riarmo consistente per colmare le lacune delle forze armate italiane».

Il Capo di Stato Maggiore ha lanciato un monito sulla gravità dell’odierna situazione internazionale: «Non possono rischiare solo soldati, piloti e marinai. Perché semmai si andasse in guerra, non solo le forze armate vanno in guerra, ma l’Italia intera (…) Dobbiamo modernizzare le forze armate, dotandole di tecnologie all’avanguardia per affrontare le sfide del futuro. In quest’ottica invito l’industria e il mondo accademico a collaborare strettamente con l’Esercito, promuovendo una rivoluzione culturale che favorisca l’innovazione e l’efficienza».

L’Italia va alla guerra, dunque, e servono urgentemente armi, mezzi e carne da cannone. Scuole e università vanno convertite – rapidamente – in centri di formazione e consenso della “cultura della guerra” tra le nuove generazioni…

Antonio Mazzeo, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle univeristà (osservatorionomilscuola)

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Afragola, l’Unione degli Studenti contesta il Ministro dell’Istruzione Valditara

Questa mattina il Ministro Valditara si trovava ad Afragola, in provincia di Napoli, per una visita all’istituto comprensivo Europa Unita.

Gli studenti dell’Unione Degli Studenti e dei collettivi dell’istituto Brunelleschi e Dalla Chiesa, chiuso da ieri per la caduta di una parte del tetto, hanno organizzato una contestazione con l’obiettivo di parlare con il ministro che non convoca il FAST, Forum delle Associazioni Studentesche più rappresentative, da più di un anno, quando sarebbe previsto per legge ogni 4 mesi e non si interessa realmente delle problematiche evidenziate dalla componente studentesca tanto sul territorio quanto a livello nazionale.

Grazie alla contestazione gli studenti sono riusciti a parlare con il portavoce del Ministro, Francesco Albertario, che però non ha dato risposte reali agli studenti che protestavano sotto la scuola dove si stava svolgendo la visita di Valditara.

“Oggi ci siamo mobilitati ad Afragola in provincia di Napoli perché le condizioni in cui verte la scuola non sono più accettabili e il Ministro Valditara non incontra le associazioni studentesche da più di un anno – dichiara Anita Maglio, coordinatrice regionale dell’Unione Degli Studenti Campania, appena uscita dall’incontro con il portavoce.” Abbiamo chiesto ad Albertario spiegazioni sulle motivazioni per cui il ministero non convoca il FAST e si presenta nella provincia napoletana senza informarsi sulle condizioni degli studenti sul territorio. Solo ieri nell’istituto Della Chiesa della stessa Afragola è crollato un pezzo del soffitto, rendendo inagibile un intero piano della scuola. Il 17 marzo moriva Emanuele Durante, 20 anni, ucciso da un sistema che non affronta i problemi strutturali, che abbandona gli studenti, una scuola sempre più escludente e che porta solo a stragi; sono già 3 gli studenti uccisi da questo sistema colpevole solo nell’ultimo anno.”

“Tutto ciò è inaccettabile – continua Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’Unione Degli Studenti. “Il ministro continua a evitare il confronto con gli studenti e le organizzazioni studentesche che li rappresentano. Anche in questo caso il Ministro non ha voluto confrontarsi direttamente con gli studenti che la scuola la vivono ogni giorno e il suo portavoce non è stato in grado di rispondere nient’altro se non di mandare per l’ennesima volta la richiesta di convocazione di un organo come il FAST, la cui convocazione è obbligatoria per legge almeno una volta ogni 4 mesi da parte del ministero e non sotto richiesta delle organizzazioni.

Il Ministro nello scorso anno ha preso importanti decisioni in termini di istruzione: dall’ultima questione relativa alle linee guida sui programmi didattici, alla modifica dello statuto delle studentesse e degli studenti, la riforma degli ITS, la maturità 2025, la mai realmente pratica “educazione sessuale”, ma per nessuna di queste il ministro Valditara ha voluto avere un confronto con gli studenti di questo Paese. Se il Ministro non vuole lasciarci lo spazio di intervenire sulle questioni che ci riguardano direttamente noi ce lo stiamo prendendo con la partecipazione e con le proteste in tutto il Paese.”

La nostra lotta non finisce qua

“Continueremo ad attivarci fino a quando il ministro non ci ascolterà e ci darà risposte reali – concludono gli studenti in piazza. “Siamo stanchi di false promesse, mentre il ministro muove la scuola in una direzione opposta a quella che chiedono gli studenti noi costruiamo presidi di resistenza in tutte le scuole, presidi che vanno a mettere in discussione un modello autoritario piuttosto che collaborativo nel quale non ci riconosciamo. In questi giorni più scuole in tutto il Paese sono occupate perché si sente la forte necessità di costruire spazi alternativi al modello repressivo proposto dal Ministero e dal governo con il nuovo “ddl sicurezza”. Quest’anno ricorrono gli 80 anni dalla liberazione del Paese dal nazifascismo e abbiamo intenzione di dimostrare al ministro e al governo che il modello di scuola e di società che ci propongono non ci rappresenta e che continueremo a lottare contro l’autoritarismo, contro un sistema scolastico che mette sempre più al centro lo studio della cultura occidentale, colonialista ed imperialista e che giustifica il genocidio in Palestina e le guerre imperialiste in tutto il mondo. Intanto l’Europa investe 800 miliardi nell’industria bellica, ma i fondi per la cultura e per l’istruzione non ci sono mai. Gli studenti davanti a tutto questo non possono più stare in silenzio ed è per questo che nelle prossime settimane ci mobiliteremo contro il ddl sicurezza e contro le spinte repressive del dissenso, verso un 25 aprile di lotta e di resistenza in un Paese che sempre più mina i diritti dei cittadini e di chi dissente.”

Redazione Italia

USA, revocati i visti a 300 studenti che avevano manifestato per Gaza

Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha annunciato giovedì che il suo dipartimento ha revocato i visti per studio di oltre 300 persone che, a suo dire, hanno manifestato e vandalizzato i campus universitari.

Il Segretario di Stato americano ha sottolineato che lo scopo del visto per studio è studiare, non impegnarsi in attività sociali o interrompere i campus, come ha affermato lui stesso. Rubio ha anche osservato che il dipartimento ha revocato il visto di una studentessa turca detenuta a Boston perché Washington non avrebbe concesso visti a coloro che erano coinvolti in movimenti impegnati in “vandalismi contro università, molestie agli studenti e sequestri di edifici”.

Secondo Al Jazeera Net, il ministro non ha fornito prove della partecipazione della dottoranda Rumeysa Ozturk a queste attività. In precedenza, la senatrice democratica degli Stati Uniti Elizabeth Warren aveva dichiarato in una nota sui social media che l’arresto di Ozturk era “l’ultimo esempio di un inquietante schema volto a limitare le libertà civili”. Warren ha criticato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo team per i recenti arresti di manifestanti filo-palestinesi nei campus universitari. “L’amministrazione Trump sta prendendo di mira gli studenti con status legale, allontanandoli dalle loro comunità senza un giusto processo”, ha spiegato, definendolo “un attacco alle libertà fondamentali sancite dalla Costituzione degli Stati Uniti”.

L’arresto di Ozturk avviene mentre l’amministrazione Trump intensifica la repressione degli studenti e degli accademici filo-palestinesi. In precedenza, era stato arrestato l’attivista palestinese Mahmoud Khalil, laureato alla Columbia University. Anche Badr Khan Suri, studioso indiano della Georgetown University, era ricercato per l’espulsione con l’accusa di aver diffuso “propaganda di Hamas e antisemitismo”, ma il giudice distrettuale statunitense Patricia Tolliver Giles ha bloccato la decisione. Le proteste a sostegno della Palestina, iniziate alla Columbia University, si sono estese ad altre 50 università in tutto il Paese e la polizia ha arrestato più di 3.100 persone, per lo più studenti e docenti.

Palestina free news

Redazione Italia

Intelligenza Artificiale tra benefici e rischi

L’intelligenza artificiale affascina tanto quanto terrorizza.

È certamente vero che un uso consapevole e responsabile delle tecnologie possa portare grandi utilità.

Si pensi anche soltanto a quelle attività nelle quali occorre acquisire ed elaborare un quantitativo immenso di dati o ai progressi possibili in ambito medico.

Pure fuori discussione sono, per converso, i rischi collegati a un uso irresponsabile o poco consapevole dell’intelligenza arti-ficiale, che vanno dagli problemi per la sicurezza dei dati personali agli attacchi informatici, alla crescente disuguaglianza economica e alla perdita di lavoro.

Certamente un passo in avanti è stato compiuto a livello normativo europeo.

Nell’agosto dello scorso anno è entrato in vigore il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.

Proposta dalla Commissione nell’aprile 2021 e approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel dicembre 2023, la legge sull’IA affronta i potenziali rischi per la salute, la sicurezza e i diritti fondamentali dei cittadini.

Definisce requisiti e obblighi chiari a sviluppatori e operatori per quanto riguarda gli usi specifici dell’IA, riducendo nel contempo gli oneri amministrativi e finanziari per le imprese.

Il regolamento mira a promuovere lo sviluppo e la diffusione responsabili dell’intelligenza artificiale e prevede un meccanismo di entrata in vigore delle diverse misure in date differenti.

A decorrere dal 2 febbraio, per esempio, sono entrati in vigore alcuni divieti quali:

– riconoscimento facciale: è vietato l’uso di IA per creare database basati su immagini acquisite in modo massivo da internet o con sistemi di videosorveglianza senza consenso. Eccezioni sono previste per scopi di sicurezza, con opportuna supervisione legale;

– manipolazione del comportamento: sono vietati i sistemi che influenzano in modo subliminale o manipolativo le persone, specialmente se mirati a soggetti vulnerabili;

– categorizzazione biometrica: non è consentito l’uso dell’intelligenza artificiale per classificare individui in base a caratteristiche sensibili come razza, orientamento politico o religioso;

– polizia predittiva: è proibito l’uso di intelligenza artificiale per prevedere crimini basandosi esclusivamente su profili personali;

– riconoscimento delle emozioni: non è consentito attuarlo nei luoghi di lavoro o nelle scuole (con alcune eccezioni mediche).

Le prossime tappe sono già definite.
Il 2 agosto 2025 entreranno in vigore le regole di governance e gli obblighi per i modelli di IA generici, e dal 2 agosto 2026 si applicheranno le norme sui sistemi IA ad alto rischio.

Meritocrazia Italia invoca una riflessione etica e culturale in materia di IA e ritiene che la tecnologia non vada demonizzata, per le innegabili utilità portate al progresso e per le opportunità che offre in ogni campo e ritiene che possa rappresentare una svolta epocale, ma soltanto se ancorata a scelte e comportamenti eticamente responsabili.

Su questa convinzione, avanza da tempo proposte volte al contenimento dei rischi connessi all’uso della tecnologia. Ha già sottoposto all’attenzione delle Istituzioni una proposta di T.U. sulla gestione delle piattaforme social, per la maggiore re-sponsabilizzazione dei proprietari delle piattaforme e per la promozione di un’educazione all’uso consapevole della Rete,fra giovani e meno giovani.

Insiste sulla necessità di promuovere nuovi percorsi formativi, per l’acquisizione delle competenze necessarie a un mercato del lavoro in progressiva evoluzione, perché il cambiamento è utile se si è davvero pronti ad affrontarlo.

A tal proposito, Meritocrazia reitera l’invito già formulato da tempo alle Istituzioni, di convocare con urgenza un tavolo mi-nisteriale, che coinvolga tutti i ministeri, per approntare uno schema di fattibilità e definire ambiti di intervento di queste nuove forme di gestione del bene umano.

Stop war.

(riceviamo e pubblichiamo da Walter Mauriello, Presidente Meritocrazia Italia)

Redazione Italia

“Comprendere i conflitti. Educare alla pace”

Pisa, lunedì 14 aprile alle 16:30, Aula magna dell’IIS E. Santoni in Largo Concetto Marchesi, 12

L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università invita a partecipare alla presentazione degli atti del I Convegno Nazionale ‘Comprendere i conflitti. Educare alla pace’, a Pisa lunedì 14 aprile alle 16:30 presso l’aula magna dell’IIS E. Santoni in Largo Concetto Marchesi, 12.

In un contesto politico, economico e sociale, in cui il riarmo dell’Europa e la riconversione dell’economia a fini di guerra sono al centro del dibattito diventa cruciale la necessità di costruire vasto consenso verso gli eserciti e le guerre globali, prova ne siano l’aumento della spesa militare e la militarizzazione dei territori, temi per altro di grandissima attualità.

Serena Tusini, docente di scuola superiore e una delle promotrici dell’Osservatorio, ha studiato le strategie di comunicazione del ministero della Difesa analizzando, nel dettaglio e nella sua capillarità, le strutturate azioni per raggiungere questo consenso a partire dalle quotidiane incursioni nei processi di formazione delle nuove generazioni.

Chiederemo al sociologo Charlie Barnao, che ha studiato i sistemi di addestramento delle forze militari e dell’ordine e come i processi di militarizzazione impattano sul patrimonio culturale dell’intera società, se esiste una correlazione tra gli atti di nonnismo che hanno frequentemente caratterizzato istituzioni chiuse come le caserme e le violenze di piazza ad opera della Forze dell’Ordine.

Infine con Annabella Coiro, esperta di comunicazione non violenta, esploreremo il ruolo che la Scuola può e deve avere nel difficile processo di costruzione di una cultura della pace, con particolare riguardo verso le esperienze delle scuole che praticano resistenza all’autoritarismo e strategie educative non violente.

Le relazioni che presenteremo sono solo un assaggio dei contributi che abbiamo raccolto per analizzare e studiare i processi di militarizzazione della società da diversi punti di vista.

Svelare i meccanismi che animano “la cultura della difesa” è un primo passo per contrastare una dilagante retorica ideologica che risulta funzionale a presentare il lato “buono” dell’opera delle forze militari, nascondendo sotto il tappeto una semplice verità: gli eserciti servono semplicemente per fare la guerra.

L’iniziativa, rivolta in particolare a docenti e componente studentesca delle scuole di ogni ordine e grado, è aperta a tutta la cittadinanza.

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Pisa

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Disabilità. 35% giovani subisce violenza in rete

Disabilità, Cyber Security Foundation: 35% giovani subisce violenza in rete
A Roma secondo incontro. Coinvolti oltre 210 ragazzi impresa Capodarco

“I dati sono allarmanti: oltre il 35% dei bambini e ragazzi con disabilità ha subito almeno un episodio di violenza (fisica, emotiva, sessuale, psicologica o verbale) legato all’uso di servizi di messaggistica, piattaforme social o di gaming online”.

I dati sono emersi oggi a Roma in occasione del secondo incontro formativo organizzato dalla Cyber Security Foundation nell’ambito del progetto dedicato alla sensibilizzazione sui rischi cibernetici e alla divulgazione della cultura della cyber security per le persone con disabilità.

L’evento, che si è svolto presso il Teatro Gianelli, ha coinvolto oltre 210 giovani con disabilità e i loro formatori, riunendo le tre scuole romane di Capodarco Formazione Impresa Sociale.

L’iniziativa è nata dal protocollo d’intesa tra le due organizzazioni e mira a fornire “strumenti concreti” per un utilizzo sicuro delle risorse informatiche e una “gestione consapevole” delle informazioni sui social network.

L’incontro ha visto la partecipazione di figure di primo piano nel panorama della sicurezza digitale, esponenti delle istituzioni ed esperti, tra cui gli operatori dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (Acn), della Polizia Postale e dei Carabinieri del Comando Generale, dei partner che hanno sostenuto l’iniziativa, oltre ai membri della Cyber Security Foundation.

I lavori si sono aperti con il messaggio di saluto della ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, che ha ricordato come “affrontare il tema della cybersecurity per le persone con disabilità significa offrire strumenti concreti per una maggiore tutela e consapevolezza nell’utilizzo delle tecnologie digitali.

Questo progetto rappresenta un passo significativo in tale direzione, garantendo formazione e sensibilizzazione su un tema di grande attualità e rilevanza per tutti.

È fondamentale- ha proseguito il ministro- continuare a lavorare insieme e investire per assicurare un accesso sicuro alle risorse digitali e favorire l’inclusione, affinché nessuno venga lasciato indietro anche nel contesto digitale e soprattutto possa muoversi in totale sicurezza”.

In Italia, intanto, “oltre 10 milioni di persone hanno subito violazioni informatiche (il 32% appartiene alla ‘Generazione Z’)- hanno fatto sapere nel corso dell’incontro- e tra le fasce più deboli della popolazione la probabilità di cadere vittima di truffe, adescamento online e attacchi informatici è ancora più elevata”.

Secondo recenti studi, inoltre, il 30% delle persone con disabilità è a rischio di esclusione sociale, una condizione che le rende particolarmente vulnerabili alle minacce della rete: dall’uso improprio dei social network alla gestione non sicura delle credenziali di accesso ai servizi digitali, dal cyberbullismo fino alla manipolazione psicologica.

“I dati sulle violazioni digitali parlano chiaro: le persone con disabilità sono tra le più esposte ai pericoli del web, eppure sono spesso escluse dai percorsi di educazione alla sicurezza informatica.

È una lacuna che non possiamo permetterci- ha sottolineato Marco Gabriele Proietti, fondatore e presidente della Cyber Security Foundation-

In un’epoca in cui la digitalizzazione permea ogni aspetto della vita quotidiana le persone con disabilità si trovano spesso ad affrontare barriere invisibili ma insidiose, che ne limitano la sicurezza e l’autonomia online.

Per questo, il nostro impegno, in sinergia con istituzioni e imprese, è rivolto a fornire loro strumenti concreti e competenze adeguate per muoversi in rete con consapevolezza, proteggendo la loro identità digitale e riducendo i rischi legati all’utilizzo delle tecnologie”.

Questo progetto, dunque, non è solo “un’opportunità di formazione- ha proseguito Proietti- ma segna un passo decisivo verso la costruzione di un ecosistema digitale realmente inclusivo, dove la sicurezza non sia un privilegio, ma un diritto garantito a tutti, indipendentemente dalle capacità individuali. Informarsi e formarsi per proteggersi”.

All’intervento di Eleonora Borgiani, componente del Cda della Fondazione e ideatrice del progetto, che ha spiegato gli scopi dell’iniziativa, hanno fatto seguito le parole di Matteo Macina, vicepresidente operativo della Fondazione.

Il vicequestore della Polizia di Stato, Claudia Lofino, ha evidenziato il ruolo della Polizia Postale nella protezione degli utenti online e nella gestione delle denunce, mentre il Tenente Colonnello, Fabio Ibba, e il Sottotenente, Alessio Di Santo del Comando Generale dei Carabinieri, hanno illustrato la “crescente minaccia cyber” e gli strumenti per contrastarla.

Marco Centenaro, Officer ACN, ha chiarito invece le principali strategie di prevenzione dei crimini informatici.

Infine, Vittorio Baiocco, membro del Comitato Tecnico Scientifico della Cyber Security Foundation, ha affrontato il tema del corretto utilizzo dei social network e della protezione della privacy.

L’incontro si inserisce nel più ampio impegno della Cyber Security Foundation per diffondere la cultura della sicurezza digitale e prevenire le minacce informatiche, con un’attenzione particolare alle categorie più esposte ai rischi del web.

Attraverso iniziative formative dedicate, la Fondazione, infatti, coinvolge attivamente anche studenti e studentesse nelle scuole italiane, promuovendo un “uso cosciente e sicuro della rete”.

(riceviamo da Cyber Security Foundation e da Capodarco Formazione Impresa Sociale https://www.comunitadicapodarco.it/ )

Redazione Italia

Ostruzionismo e mobilitazione sociale fermano il ddl “sicurezza”: slitta la sua approvazione definitiva

Doveva essere un passaggio rapido, quasi scontato. Il Governo Meloni pensava di archiviare senza ostacoli l’ennesimo tassello del suo progetto autoritario, approvando entro dicembre 2024 il cosiddetto DDL Sicurezza. Ma la realtà ha dimostrato altro: quella parte viva e consapevole del Paese che non accetta silenziosamente la deriva repressiva ha alzato la testa, ha costruito un fronte ampio e determinato, e il conflitto ha prodotto i suoi effetti.

L’iter del provvedimento ora si complica e rallenta, anche a causa delle falle emerse sulle coperture economiche. In questo comunicato, la Rete Nazionale No DDL Sicurezza – A Pieno Regime analizza le ragioni di questo primo, importante risultato e rilancia la mobilitazione in vista della discussione in Aula.

Pensavano di fare i conti del piano autoritario senza il conflitto, senza l’ostruzionismo, al riparo dello sdegno e della denuncia pubblica. Il Governo Meloni pensava di chiudere la partita con il dissenso approvando il cosiddetto DDL Sicurezza entro il dicembre 2024.

Un errore clamoroso: per via di questa arroganza politica, il provvedimento dovrà tornare alla Camera, dopo che la Commissione Bilancio del Senato ha approvato il parere sul DDL Sicurezza, chiedendo modifiche alle coperture. Il governo, infatti, aveva fatto i conti basandosi esclusivamente sul bilancio 2024.

La mobilitazione degli scorsi mesi, il fronte aperto da decine e decine di mobilitazioni in tutta Italia, l’intervento dell’Europa, l’ostruzionismo, insomma la creazione del “caso Italia” in merito alla svolta autoritaria in corso nel nostro Paese ha aperto le contraddizioni che hanno portato a questo impasse.

Questo dimostra che possediamo la forza e la determinazione necessarie per contrastare l’oscenità politica e istituzionale di questo disegno di legge. È fondamentale mettere in campo tutte le nostre energie per proseguire la mobilitazione, confermando la manifestazione fin sotto il Senato nel giorno della sua discussione in Aula, anche qualora non coincida con l’approvazione definitiva.

Continuiamo inoltre il lavoro di assemblee e iniziative territoriali, che fin dall’inizio hanno avuto un ruolo decisivo in questo percorso.

Segnaliamo infine la partecipazione della Rete Nazionale No DDL Sicurezza – A Pieno Regime al Festival di Letteratura Working Class, che si terrà a Campi Bisenzio, davanti ai cancelli dell’ex Gkn, dal 4 al 6 aprile. La rete sarà ospite dell’assemblea conclusiva del festival.

vedi Globalproject

Redazione Italia