Turchia. L’arresto di Imamoglu
“Miei cari cittadini,oggi la Turchia si è svegliata e ha scoperto un grande tradimento.
Il procedimento giudiziario in corso non è un procedimento giudiziario. Si tratta di un’esecuzione extragiudiziale completa.
Invito la nostra nazione a lottare per i diritti con senso di responsabilità. Questa lotta per i diritti è una questione che riguarda il futuro della nostra nazione e dei nostri figli.
Assicuratevi di votare oggi per il futuro della Turchia. Poi, radunatevi nelle piazze della democrazia a Istanbul, Saraçhane e in altre province e fate sentire la vostra voce.
È il giorno in cui assumersi le proprie responsabilità e unirsi alla lotta per i diritti contro coloro che hanno rubato la volontà della nazione.
Tutti insieme, senza lasciare indietro nessuno.”
Con questo messaggio, rilasciato tramite i suoi avvocati, il sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu si è rivolto alla cittadinanza turca domenica 23 marzo 2025.
Lo stesso giorno, il tribunale ha confermato il suo arresto e migliaia di cittadini si sono diretti alle urne per votare lo stesso İmamoğlu alle primarie del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) per le presidenziali del 2028.
La battaglia appena intrapresa dal sindaco di Istanbul non è solamente una battaglia giudiziaria, ma riguarda il futuro della democrazia in Turchia. Una democrazia che negli ultimi ventitré anni è finita per essere ostaggio di un sistema sempre più autoritario, che mira all’accentramento del potere e all’esclusione di ogni possibile rivale politico.
Il fragile sistema democratico turco
Il politologo Robert Alan Dahl, all’interno della sua più famosa opera “On Democracy”, affermava che un Paese, per potersi definire democratico, necessiti di sei prerequisiti fondamentali: amministratori eletti, libere, eque e frequenti elezioni, libertà di espressione, accesso a fonti alternative d’informazione, autonomia associativa e cittadinanza allargata.
Qualche decennio dopo Georg Sørensen, professore di politica internazionale ed economia presso il Dipartimento di scienze politiche e governo dell’Università di Aarhus in Danimarca, ha raggruppato questi sei prerequisiti in tre grandi elementi fondamentali in un sistema democratico: concorrenza, partecipazione e libertà politiche e civili.
Se analizziamo il caso della Turchia possiamo affermare che da diversi anni questi elementi siano sotto attacco da parte del Governo.
L’eliminazione politica di figure di spicco di partiti opposti all’AKP di Erdoğan mette in evidenza come l’elemento della concorrenza politica sia un costante bersaglio delle autorità turche.
Basti pensare a Yüksekdağ e Demirtaş, entrambi leader del Partito Democratico dei Popoli (HDP), prima forza politica curda, condannati rispettivamente a 30 e 42 anni di prigione nel maggio 2024.
Le accuse? Incitamento alla rivolta e attentato all’unità del Paese per aver invitato la popolazione a scendere in piazza contro le scelte di Erdoğan sul contrasto a Daesh in Siria nelle zone a maggioranza curda.
L’attacco del presidente turco Erdoğan nei confronti di İmamoğlu non ha avuto inizio con la sua presa in custodia il 19 marzo 2025, ma è cominciato nel 2019, con la prima vittoria di quest’ultimo alle municipali di Istanbul.
In quell’occasione, dopo il suo trionfo, la Commissione elettorale suprema della Turchia (YSK) aveva annunciato la ripetizione delle elezioni per presunte irregolarità: una ripetizione inutile per i fini di Erdoğan, visto il nuovo trionfo di İmamoğlu.
Fin da allora, il primo cittadino di Istanbul è diventato l’uomo più temuto dal Rais turco, che ha sempre affermato “Chi perde Istanbul perde la Turchia”.
Oltre alla condanna per oltraggio a pubblico ufficiale, per cui İmamoğlu ha presentato ricorso, e all’accusa per dei presunti brogli su delle gare d’appalto avvenuti nel periodo in cui era a capo del distretto di Beylikdüzü, nelle scorse settimane İmamoğlu si è visto annullare la propria laurea da parte del rettore dell’Università di Istanbul, senza la quale gli sarebbe impossibile partecipare alle elezioni del 2028.
Indovinate da chi viene nominato il rettore? Esatto, direttamente dal governo: una situazione al limite del grottesco.
Perché la battaglia di İmamoğlu è così importante?
Al momento della stesura di questo articolo, le notizie che giungono parlano del trasferimento del sindaco di Istanbul nel carcere di massima sicurezza di Marmara.
Non sappiamo quale sarà l’evolversi degli eventi e se İmamoğlu nel 2028 riuscirà a candidarsi per le elezioni presidenziali, ma una cosa è certa: non deve essere lasciato solo nella sua battaglia.
Secondo il rapporto 2025 di Freedom House, la Turchia con un punteggio di 33/100 per quanto riguarda le libertà generali e di 31/100 per la libertà su internet non è assolutamente classificabile come un Paese libero.
Ovviamente questa situazione non è da ricondurre esclusivamente al recente arresto del sindaco di Istanbul, ma è una conseguenza di un processo che ha preso il via nel 2002, con l’ascesa al potere di Erdoğan. Gli arresti arbitrari, le condanne monstre per gli avversari politici e altri elementi di tal genere negli ultimi anni hanno reso la democrazia turca sempre più debole e fragile.
In un mondo che nell’ultimo periodo ha preso una deriva sempre più autoritaria, anche con il trionfo di personaggi loschi e ambigui che minacciano la deportazione di milioni di persone per la costruzione di resort per miliardari, è importante che figure come İmamoğlu restino salde al loro posto, pronte a vigilare e battagliare contro i sistemi più repressivi e autoritari.
Lo si deve al nostro futuro e a quello di tutti i turchi scesi nelle piazze per difendere quel che resta della loro democrazia.