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Israele

“Ti senti come se fossi un subumano”

Firenze, 17 febbraio 2025
– Nel rapporto intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, Amnesty International documenta come, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele abbia scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità.

Di questo parleremo con Tina Marinari, coordinatrice campagne di Amnesty International Italia, che presenterà il rapporto giovedì 20 febbraio dalle 18.30 al circolo ARCI delle Vie Nuove (viale Giannotti, 13, Firenze) in un evento organizzato da Amnesty International Circoscrizione Toscana, Arci Firenze, COSPE, Belle Parole, Circolo delle vie nuove, Assopace Palestina, Gli amici di Roberto Morrione e Amicizia italo-palestinese Onlus.

Il rapporto di Amnesty International Italia ha esaminato in dettaglio le violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza lungo un arco temporale di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024.

L’organizzazione per i diritti umani ha intervistato 212 persone, tra le quali vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza e operatori sanitari; ha condotto ricerche sul campo e analisi di un’ampia serie di prove materiali e digitali, comprese immagini satellitari; ha analizzato dichiarazioni di alti funzionari del governo e dell’esercito di Israele e di altri organismi ufficiali israeliani, rinvenendo sufficienti elementi per arrivare alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.

“Il rapporto mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza.

Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica.

Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, che ha aggiunto: “Le nostre conclusioni devono servire a svegliare la comunità internazionale. Questo è un genocidio. Deve cessare ora”.

Dopo la presentazione del rapporto seguirà la proiezione di “Investigating War Crimes in Gaza”, il documentario di Al Jazeera sulle violazioni commesse dai soldati israeliani, curato da James Kleinfeld e introdotto da Richard Sanders, direttore dell’Unità investigativa di Al Jazeera.

Il reportage, realizzato dall’unità investigativa di Al Jazeera, denuncia i crimini di guerra israeliani nella Striscia di Gaza attraverso foto e video postati online dagli stessi soldati israeliani durante il conflitto durato un anno.

La I-Unit ha costruito un database di migliaia di video, foto e post sui social media e, dove possibile, ha identificato i post e le persone che vi compaiono.

Il materiale rivela una serie di attività illegali, dalle distruzioni, ai saccheggi, alla demolizione di interi quartieri e agli omicidi.

Il film racconta anche la storia della guerra attraverso gli occhi dei giornalisti palestinesi, degli operatori dei diritti umani e delle persone residenti della Striscia di Gaza.

Il documentario è in inglese con sottotitoli in italiano.

Sul sito di Amnesty una sintesi del Rapporto.

Amnesty International

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

https://www.facebook.com/c4peace
https://x.com/cfpeace
https://cfpeace.org/

Redazione Italia

Oltre 230 organizzazioni globali chiedono ai governi che producono i caccia F-35 di smettere di armare Israele

Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai governi che fanno parte del programma del cacciabombardiere Joint Strike Fighter di interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35. Organizzazioni della società civile di tutto il mondo hanno intrapreso azioni legali per mettere i propri governi di fronte alle proprie responsabilità sul programma F-35 e sulla complicità nei crimini di Israele a Gaza.

Negli ultimi mesi, le Forze Armate di Israele (IDF) hanno utilizzato caccia F-35 per effettuare bombardamenti sui civili palestinesi di Gaza. Tra i vari episodi, è stato accertato come nel luglio 2024 un F-35 sia stato utilizzato per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco alla cosiddetta “zona sicura” di Al-Mawasi a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi.

Nonostante tutti i Paesi partner del programma Joint Strike Fighter abbiano l’obbligo legale di fermare le esportazioni di armi verso Israele, i governi di tali Stati continuano a consentire il trasferimento di parti dei cacciabombardieri F-35. Gli esecutivi hanno assunto posizioni incoerenti, affermando ad esempio che le licenze di armamento verso Israele siano state sospese, ma consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti d’America o altri partner dell’F-35. Un movimento globale di cause legali intraprese dalla società civile è dunque cresciuto in tutti i Paesi che partecipano al programma F-35, per evidenziare le responsabilità dei decisori politici (e amministrativi) al riguardo del trasferimento di caccia e componenti F-35 a Israele.

Il programma dei caccia F-35 è emblematico della complicità dell’Occidente nei crimini di Israele contro i Palestinesi“, sottolinea Katie Fallon, responsabile advocacy della Campaign Against Arms Trade che ha coordinato il lavoro sulla lettera congiunta. “Questi jet sono stati determinanti nei 466 giorni di bombardamenti israeliani su Gaza e in violazioni che includono crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Dopo il cessate il fuoco limitato recentemente raggiunto il governo degli Stati Uniti d’America, partner principale del programma F-35, ha minacciato Gaza di una pulizia etnica di massa e di uno sfollamento forzato. Questo programma d’armamento fornisce il consenso materiale e politico di tutti i partner occidentali affinché questi crimini continuino”.

Le organizzazioni firmatarie della lettera congiunta, pur accogliendo con favore il limitato cessate il fuoco temporaneo, sottolineano come gli ultimi 15 mesi abbiano dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. È quindi imperdonabile che i nostri governi continuino a fornire trasferimenti di armi a Israele, implicandosi potenzialmente in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel dicembre 2024 un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, mentre Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

“Il ruolo dell’Italia come partner di secondo livello nel programma Joint Strike Fighter (e come unico Paese in Europa a ospitare sul proprio territorio un impianto di assemblaggio finale del caccia F-35) desta grande preoccupazione nella società civile italiana impegnata per la Pace. C’è infatti il fondato timore che la presenza della FACO (Final Assembly and Check Out) a Cameri (Nord Italia) possa configurare vari livelli di coinvolgimento nella fornitura di parti di ricambio e attività di manutenzione dell’F-35 a Israele” evidenzia Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace Disarmo. “C’è quindi il rischio che l’Italia svolga un ruolo di complicità o di facilitazione nei confronti di Israele e delle sue strutture militari rispetto alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario in atto a Gaza e in Cisgiordania. Inoltre, ciò smentirebbe e vanificherebbe la decisione presa dal Governo italiano nell’ottobre 2023 di interrompere le forniture militari a Israele.”

Di seguito il testo della lettera congiunta inviata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani e al Ministro della Difesa Guido Crosetto.

Lettera congiunta di organizzazioni della società civile internazionale sull’invio di armamenti ad Israele, in particolare per quanto riguarda il Programma JSF del Cacciabombardiere F-35

Vi scriviamo come gruppo di organizzazioni dei Paesi partner del programma globale del cacciabombardiere F-35 – insieme ad altre organizzazioni che sostengono questa nostra presa di posizione – per chiedere ai nostri governi di fermare immediatamente tutti i trasferimenti di armi, diretti e indiretti, a Israele compresi quelli relativi agli aerei da combattimento F-35, i loro componenti e le loro parti di ricambio.

Dopo 466 giorni di offensiva militare israeliana a Gaza, accogliamo con favore il cessate il fuoco limitato entrato in vigore il 19 gennaio e chiediamo ai nostri governi di sostenere ogni sforzo per porre fine in modo permanente alle atrocità in corso. Gli ultimi 15 mesi hanno dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. La fragilità del cessate il fuoco a Gaza evidenzia il rischio di ulteriori violazioni e dunque la necessità di interrompere le esportazioni di armi verso Israele, compresi gli F-35. Ciò è sottolineato anche dal continuo uso illegale da parte di Israele di aerei da combattimento militari nella Cisgiordania occupata, in particolare a Jenin.

I Paesi partner del programma F-35 non sono riusciti, individualmente e collettivamente, a impedire che questi aerei venissero utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, in particolare con evidente chiarezza nei Territori Palestinesi occupati, compresi crimini internazionali, nonostante le prove schiaccianti a riguardo. Gli Stati non sono stati disposti a rispettare i loro obblighi legali internazionali e/o hanno sostenuto che la struttura del programma F-35 implica l’impossibilità di applicare controlli nei confronti di qualsiasi utente finale, rendendo così l’intero programma incompatibile con il diritto internazionale.

Il bombardamento e la distruzione senza precedenti di Gaza da parte di Israele hanno portato a incommensurabili sofferenze umane, devastazioni ambientali e catastrofi umanitarie. La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele misure provvisorie per prevenire il genocidio contro il popolo palestinese a Gaza nel gennaio 2024. Nel dicembre 2024, un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza e Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

Un cessate il fuoco temporaneo non significa la fine delle violazioni del Diritto internazionale da parte di Israele né annulla il rischio consolidato che i trasferimenti di armi a Israele possano essere utilizzati per commettere o facilitare tali violazioni. Ciò include, ma non si limita a, l’occupazione e l’annessione in corso di Israele dei territori palestinesi, che la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha già concluso essere illegale.

Israele ha ucciso più di 46.707 persone a Gaza e si stima che i resti di altre 10.000 persone siano ancora sotto le macerie. Almeno il 90% dei palestinesi di Gaza è stato sfollato con la forza, in condizioni inadatte alla sopravvivenza umana. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato obiettivi civili, tra cui siti di distribuzione degli aiuti, tende, ospedali, scuole e mercati. Circa il 69% di tutte le strutture di Gaza sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti. Nonostante queste realtà devastanti e i crimini sul terreno, i nostri Governi hanno continuato a rifornire militarmente Israele attraverso il programma F-35.

IL PROGRAMMA F-35

I governi di alcuni Paesi partner del Programma F-35 – in particolare Canada, Danimarca, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito – hanno limitato alcune esportazioni di sistemi d’armamento verso Israele a causa del rischio che queste armi vengano utilizzate da Israele per commettere violazioni del diritto internazionale a Gaza. Nel settembre 2024, il governo britannico ha ritenuto di “non poter concludere altro che” per alcune esportazioni di armi del Regno Unito verso Israele, tra cui i caccia F-35, esiste un chiaro rischio che possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale a Gaza. È allarmante che, nonostante queste inconfutabili ammissioni, ci sia stato uno sforzo concertato per sostenere il trasferimento di componenti al programma F-35, consentendo un continuo trasferimento diretto e indiretto a Israele.

I Paesi partner dell’F-35 hanno presentato una serie di posizioni incoerenti che consentono di continuare a esportare parti e componenti dell’F-35 verso Israele, dichiarando tra l’altro che le licenze di esportazione di armi verso Israele sono state sospese e consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti o altri partner dell’F-35. Il Regno Unito ha sostenuto che, per ragioni di pace e sicurezza internazionale, ha disatteso i propri criteri di autorizzazione all’esportazione di armi e gli obblighi legali internazionali per continuare a esportare componenti per il programma F-35, consentendo il successivo trasferimento a Israele, sostenendo che si tratta di una “questione di tale gravità che avrebbe prevalso su qualsiasi […] ulteriore prova di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”. In effetti, a questo punto si può ritenere che non sussistano circostanze per cui questa fornitura di componenti per l’F-35 verrebbe sospesa.

Questi cacciabombardieri hanno operato a Gaza armati di munizioni tra cui bombe da 2.000 libbre (esplosivi con un raggio letale fino a 365 metri, un’area equivalente a 58 campi da calcio). Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato queste bombe come utilizzate in casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati a Gaza che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili”.

Il 2 settembre 2024, proprio il giorno in cui il governo britannico ha annunciato un’esenzione per i componenti dell’F-35, l’ONG danese Danwatch ha rivelato che un F-35 è stato utilizzato a luglio per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Questo bombardamento segue lo schema degli attacchi israeliani a Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale.

OBBLIGHI LEGALI E FUTURI SVILUPPI

Tutti i partner del programma F-35 sono Stati parte del Trattato sul commercio di armi (ATT), ad eccezione degli Stati Uniti, che ne sono solamente firmatari. Gli Stati firmatari dell’ATT sono tenuti a prevenire i trasferimenti diretti e indiretti di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, qualora vi sia il rischio assoluto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) o del diritto internazionale dei diritti umani.

Questi e altri obblighi vincolanti sono contenuti negli articoli 6 e 7 dell’ATT. Gli Stati sono inoltre vincolati dall’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario ai sensi dell’articolo comune 1 della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale umanitario consuetudinario, che impone agli Stati di “astenersi dal trasferire armi se si prevede, sulla base di fatti o della conoscenza di modelli passati, che tali armi saranno utilizzate per violare le Convenzioni”.

Tutti gli Stati partner del Programma F-35 hanno una legislazione aggiuntiva che rafforza questi obblighi internazionali a livello nazionale o europeo. I continui trasferimenti di armi al governo israeliano sono contrari alla legge statunitense, che ad esempio vieta il trasferimento di aiuti militari a governi che limitano la fornitura di assistenza umanitaria statunitense. Inoltre, tutti i partner dell’F-35 hanno ratificato o aderito alla Convenzione sul genocidio e si sono impegnati a “prevenire e punire” il crimine di genocidio.

Questi obblighi sono rafforzati dai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia, che nell’aprile 2024 ha ricordato agli Stati parte della Convenzione sul genocidio i loro obblighi internazionali in materia di trasferimento di armi alle parti di un conflitto armato, per evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare la Convenzione (paragrafo 24). Nel luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia ha chiarito che gli Stati non devono aiutare o assistere Israele nella sua occupazione illegale del territorio palestinese occupato, anche attraverso rapporti economici o commerciali. La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel novembre 2024.

RISPOSTE LEGALI E POLITICHE

In tutte le giurisdizioni dei Paesi partner del Programma F-35, interventi legali e politici hanno cercato di far rispettare gli obblighi legali nazionali e internazionali dei governi per fermare le esportazioni di armi verso Israele, comprese le parti per i caccia F-35. Sono state avviate cause legali in Australia, Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti.

Nel Regno Unito, Al-Haq e Global Legal Action Network stanno portando il governo britannico davanti alla Corte Suprema con un ricorso giudiziario che contesta la decisione di escludere i componenti per il programma globale F-35 dalla sospensione del settembre 2024 di circa 30 licenze di armi a Israele. Nel novembre 2024, la Corte Suprema dei Paesi Bassi è stata consigliata dal suo avvocato generale di confermare la sentenza della Corte d’Appello dell’Aia che ordinava al governo olandese di bloccare l’esportazione di parti dell’F-35 dai Paesi Bassi a Israele. La sentenza fa seguito a una causa intentata da Oxfam Novib, PAX e The Rights Forum.

In Australia, Al Haq, il Centro Al Mezan per i Diritti Umani e il Centro Palestinese per i Diritti Umani, rappresentati dal Centro Australiano per la Giustizia Internazionale, hanno presentato un esposto chiedendo al Ministro della Difesa di revocare tutti i permessi di esportazione in corso o in essere verso Israele, anche attraverso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il governo ha intrapreso una revisione che ha rivelato che l’Australia aveva fatto “decadere” o “modificare” 16 licenze di esportazione verso Israele. I gruppi continuano a essere preoccupati per l’assenza di trasparenza in relazione a questa revisione, compreso il fatto se le parti dell’F-35 siano state o meno prese in considerazione. Altri casi sono in corso nei Paesi partner dell’F-35 Canada e Danimarca, oltre che in Germania e Belgio.

CONCLUSIONI

L’incapacità di tutte le nazioni partner del programma di armamento JSF per il caccia F-35 di applicare i propri obblighi legali nazionali, regionali o internazionali interrompendo la fornitura di parti e componenti dell’F-35 a Israele ha portato a danni devastanti e irreparabili per i palestinesi di Gaza. Questo fallimento indica che le nazioni partner non sono effettivamente in grado o non sono disposte ad applicare i loro presunti regimi di controllo delle esportazioni di armi, oppure che hanno scelto di applicare la legge in modo selettivo, escludendo i palestinesi dalla propria  protezione.

Chiediamo a tutti gli Stati partner del programma F-35 di fare tutto ciò che è in loro potere per allineare il programma Joint Strike Fighter agli opportuno obblighi legali e di interrompere immediatamente il trasferimento diretto e indiretto di parti e componenti di F-35 a Israele.

LISTA COMPLETA DELLE ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE

Australia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Australia
  2. AusRelief
  3. Australian Centre for International Justice
  4. Australia Palestine Advocacy Network (APAN)
  5. Australian Social Workers for Palestine
  6. Canberra Palestine and Climate Justice
  7. Central West New South Wales for Palestine & We Vote for Palestine
  8. Coalition for Justice and Peace in Palestine
  9. Disrupt Wars
  10. Free Gaza Australia
  11. Free Palestine Melbourne
  12. Independent and Peaceful Australia Network (IPAN)
  13. Independent & Peaceful Australia Network (IPAN) Geelong & Vic Southwest
  14. Inner West for Palestine
  15. Institute of non-violence
  16. Jewish Council of Australia
  17. Jews Against the Occupation ’48
  18. Just Peace
  19. Knitting Nannas, Central Coast and Midcoast
  20. Medical Association for Prevention of War
  21. Mums for Palestine
  22. Neptune’s Pirates
  23. No Weapons for Genocide
  24. Northern Rivers Friends of Palestine
  25. Palestine Action Group Muloobinba
  26. Palestine Network Shining Waters Region (PalNet SW), The United Church of Canada
  27. People’s Climate Assembly
  28. Rising Tide
  29. Settlement Services Australia
  30. Social and Ecological Justice Commission (United Church of Canada)
  31. Sydney Peace Foundation
  32. Quakers Australia
  33. Wage Peace

Austria

  1. Yante – Youth, Art, and Levante

Belgio 

  1. Al-Haq Europe
  2. Vredesactie 

Canada (Partner del Programma F-35)

  1. Al Huda Institute Canada
  2. Amnesty International Canadian Section
  3. Arab Left Forum
  4. Bathurst Street United Church
  5. The Canadian BDS Coalition & International BDS Allies
  6. Canadian Foreign Policy Institute
  7. Canadian Lawyers for International Human Rights
  8. Canadian Muslim Healthcare Network
  9. Canadians for Justice and Peace in the Middle East
  10. Canadians for Justice and Peace in the Middle East Saskatoon Chapter (CJPME Sask chapter)
  11. Collectif de Québec pour la paix / Quebec City Collective for Peace
  12. Health Workers Alliance for Palestine
  13. Independent Jewish Voices Canada
  14. IslamicFamily
  15. Just Peace Advocates/Mouvement Pour Une Paix Juste
  16. Justice For All Canada
  17. Labour Against the Arms Trade
  18. Manitoba Healthcare Workers for Palestine
  19. Mennonite Church Manitoba Palestine Israel Network
  20. Ontario Palestinian Rights Association (OPRA)
  21. Oxfam-Québec
  22. Palestinian and Jewish Unity (PAJU)
  23. Project of Heart
  24. Project Ploughshares
  25. Solidarité Sherbrooke-Gaza
  26. RightonCanada
  27. United Network for Justice and Peace in Palestine and Israel (UNJPPI)

Danimarca (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid Denmark
  2. Amnesty International Danmark
  3. Oxfam Denmark

Francia

  1. Amnesty International France

Italia (Partner del Programma F-35)

  1. Rete Italiana Pace e Disarmo
  2. Accademia Apuana della Pace
  3. Amnesty International Italia
  4. ARCI-Italy
  5. Ass. Adl Zavidovici
  6. Associazione Percorsi di pace
  7. Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani aps
  8. AssoPacePalestina
  9. Beati i costruttori di pace (Blessed Are the Peacemakers)
  10. Center for Research and Elaboration on Democracy (CRED)
  11. Centro Studi Sereno Regis
  12. CIPAX Centro interconfessionale per la pace
  13. Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA)
  14. COSPE NGO
  15. Diritto Diretto
  16. Emmaus Italia
  17. Fondazione Finanza Etica
  18. Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
  19. MIR (Movimento internazionale della Riconciliazione)
  20. Movimento Nonviolento
  21. Scuola di Pace del Comune di Senigallia
  22. Un Ponte Per

India

  1. Gig Worker Association

Iraq

  1. Al-Taqwa Association for Women and Children’s Rights

Irlanda

  1. Anti Racism World Cup

Jamaica

  1. Kingston and St Andrew Action Forum

Giordania 

  1. Campaign Against Gaza Genocide

Libano

  1. Al-Jana Center
  2. KAFA (enough) Violence & Exploitation
  3. Permanent Peace Movement
  4. WILPF Lebanon

Marocco

  1. Association Mains Libres

Messico

  1. Centro de Estudios Ecuménicos

Nepal 

  1. Path
  2. Women for Peace and Democracy Nepal (WPD Nepal)

Paesi Bassi (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Netherlands
  2. Feminists of Maastricht
  3. Oxfam Novib
  4. PAX
  5. The Rights Forum
  6. Stop Wapenhandel
  7. Transnational Institute

Norvegia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Norway
  2. The Association of Norwegian NGOs for Palestine
  3. Changemaker
  4. Fagforbundet – Norwegian Union of Municipal and General Employees
  5. Jødiske Stemmer for Rettferdig Fred  (Jewish Voices. – Norway)
  6. NTL OsloMet Metropolitan University (trade union)
  7. The Palestine Committee of Norway
  8. Palestinas Venner OsloMert
  9. Sosialistisk Venstreparti

Palestina

  1. Al-Haq
  2. Al Mezan Center for Human Rights
  3. International Committee to Support the Rights of the Palestinian People
  4. The Palestinian Initiative for the Promotion of Global Dialogue and Democracy-MIFTAH
  5. Palestinian Working Woman Society for Development PWWSD

Svizzera 

  1. Control Arms

Sri Lanka

  1. Forum on Disarmament and Development 

Turchia 

  1. Worldwide Lawyers Association

Regno Unito (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid UK
  2. Action For Humanity
  3. Action on Armed Violence
  4. Amnesty International UK
  5. Anglican Pacifist Fellowship
  6. Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD)
  7. Bank Better
  8. Boycott Bloody Insurance
  9. British Arab Nursing and Midwifery Association
  10. British Palestinian Committee
  11. Cambridge Branch – Communist Party of Britain
  12. Cambridge Stop the War Coalition
  13. Cambridgeshire Keep Our NHS Public
  14. Campaign Against Arms Trade
  15. Campaign against Misrepresentation in Public Affairs, Information and the News (CAMPAIN)
  16. Campaign for Nuclear Disarmament
  17. Coal Action Network
  18. Common Wealth
  19. Conflict and Environment Observatory
  20. Council for Arab-British Understanding
  21. Cuba Solidarity Campaign
  22. Embrace the Middle East
  23. FairSquare
  24. ForcesWatch
  25. Gaza Genocide Emergency Committee (Glasgow)
  26. Glasgow Palestine Human Rights Campaign
  27. Global Justice Now
  28. Global Legal Action Network
  29. Health Workers 4 Palestine
  30. Independent Catholic News
  31. International Centre for Justice for Palestinians
  32. International Solidarity Movement Scotland
  33. The Iona Community
  34. Jewish Network for Palestine
  35. Merseyside Pax Christi
  36. National Justice and Peace Network, England and Wales
  37. Omega Research Foundation
  38. Palestine Action
  39. Palestine House
  40. Palestine Solidarity Campaign
  41. Pax Christi England and Wales
  42. The Peace and Justice Project
  43. Richmond & Kingston Palestine Solidarity Campaign
  44. Sabeel-Kairos UK
  45. Saferworld
  46. Scientists for Global Responsibility (SGR)
  47. Scotland Against Criminalising Communities
  48. Shadow World Investigations
  49. Thanet 4 Palestine
  50. Tipping Point UK
  51. War on Want
  52. United Tech and Allied Workers
  53. Women in Black Edinburgh
  54. Women in Black London
  55. Workers for a Free Palestine

Stati Uniti d’America (Capofila del Programma F-35)

  1. Action Corps
  2. American Friends Service Committee
  3. Amnesty International USA
  4. Art Forces
  5. Association for Investment in Popular Action Committees
  6. Austin For Palestine Coalition
  7. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  8. Center for Constitutional Rights
  9. Doctors Against Genocide
  10. Episcopal Peace Fellowship Palestine Israel Network
  11. Fellowship of Reconciliation
  12. Friends of Sabeel North America (FOSNA)
  13. Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P)
  14. Global Ministries of the Christian Church (Disciples of Christ) and United Church of Christ
  15. Green Mountain Solidarity With Palestine
  16. Green Mountain Veterans For Peace
  17. Honor the Earth
  18. Indiana Center for Middle East Peace
  19. KinderUSA
  20. Madison-Rafah Sister City Project
  21. The Middle East Children’s Alliance for Peace
  22. National Lawyers Guild- Palestine Sub Committee
  23. New Mexico Jews for a Free Palestine
  24. A New Policy
  25. Nonviolence International
  26. Palestine Justice Network of the Presbyterian Church (U.S.A.)
  27. Palestinian Youth Movement
  28. Peace Action
  29. People’s Arms Embargo
  30. RepresentUS New Mexico
  31. Safe Skies Clean Water Wisconsin
  32. Santa Fe Democratic Socialists of America
  33. Security in Context
  34. Showing Up for Racial Justice (SURJ) Northern New Mexico chapter
  35. Tech Justice Law Project
  36. USA Palestine Mental Health Network
  37. Vermont and New Hampshire Chapter of the National Lawyers Guild
  38. Will Miller Social Justice Lecture Series
  39. WESPAC Foundation, Inc.

Organizzazioni Internazionali

  1. Al-Haq Europe
  2. Cairo Institute for Human Rights Studies
  3. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  4. Emergent Justice Collective
  5. Human Rights Watch
  6. International Coalition to Stop Genocide in Palestine
  7. Oxfam International
  8. Pax Christi International
  9. United Methodists for Kairos Response (UMKR)
  10. War Resisters’ International
  11. Women’s International League for Peace and Freedom
  12. World BEYOND War

 

 

Rete Italiana Pace e Disarmo

Contro il Pelecidio, Luca Sciacchitano: “Israele da decenni ingloba porzioni sempre più vaste di territorio”

Benvenuti alla quarta parte della rubrica “Contro il Pelecidio” che consiste nella pubblicazione, una volta a settimana, di una mini-intervista allo scrittore Luca Sciacchitano sui temi del suo ultimo interessantissimo saggio intitolato “Pelecidio, perchè è moralmente giusto criticare Israele”  – edito da Multimage La casa editrice dei diritti umani – che senza filtri, con cognizione di causa ed una certa parresia, mette sotto accusa quello che è il colonialismo israeliano, il sionismo, l’occupazione belligerante di Israele in terre palestinese, i crimini di guerra, il terrificante sistema d’apartheid razzista e il “genocidio incrementale” messo in atto da ormai più di 70 anni, svelando apertamente le strategie colpevolizzanti della hasbara israeliana e della strumentalizzazione sionista della Shoah.

Cosa è la Palestina oggi? Da cosa viene soffocata e come sopravvive?

La domanda può essere approcciata da diverse angolazioni.
Da un lato potremmo dire che la Palestina, o meglio, tutto il quadro degli eventi a cui stiamo assistendo oggi in Palestina, rappresenta il tragico paradigma della contemporaneità: l’avidità senza freno dei potenti da un lato, la nostra assuefazione all’ingiustizia, dall’altro.
Ogni giorno tutti noi siamo vittime di piccole e grandi arroganze da parte dei poteri. Talmente abituati a essere bombardati dalle prevaricazioni che spesso neanche più ci ribelliamo, accettando ogni volta la nuova asticella, il nuovo limite, la nuova legge, la nuova tassa, il nuovo divieto come parte integrante dell’essere ingranaggi di una società incentrata sul potere di pochi.

L’altra faccia della medaglia però è che, non ribellandoci, noi accettiamo (centimetro dopo centimetro) che i governi, le multinazionali, le lobby ci tolgano ancora maggiori fette di libertà, diritti, indipendenza, stritolandoci sempre più tra le spire della loro pantagruelica avidità. Le democrazie sono in crisi, le ideologie sono scomparse, il lavoro ha perso la sua componente nobilitativa. Tutta la società contemporanea risulta oggi impostata in funzione delle necessità dei potenti: farci produrre, farci consumare, arricchirsi sulle nostre fatiche.

Diventa dunque imperativo iniziare a domandarci quale limite noi, il popolo, siamo disposti a sopportare prima di ribellarci. All’interno di questo quesito rivoluzionario, si innesta ciò che vediamo succedere in Palestina: siamo noi disposti ad accettare che il potere arrivi perfino a genocidare un intero popolo per 365 miseri chilometri quadrati di terra?

Dunque, una prima risposta alla tua domanda potrebbe essere che la Palestina è un simbolo: il paradigma della ferocia di un potere avido, inumano e violento che pensa di possedere tutto, finanche le anime delle persone. Ma è anche una sollecitazione alla nostra capacità di fissarci dei limiti oltre i quali la nostra umanità deve gridare “BASTA”.

Un’altra prospettiva su cui riflettere, nel rispondere alla tua domanda, è quella di inquadrare la Palestina come una creatura in via di estinzione. E come tutto ciò che rischia di evaporare nell’oblio, provare a tutelarla. Mi spiego meglio: la voracità dello Stato di Israele da decenni ingloba porzioni sempre più vaste di territorio. Colonia dopo colonia, l’estensione di ciò che oggi si può chiamare “Palestina” sulla mappa geografica si è tragicamente assottigliata.

La cosa risulta ancora più inquietante se si pensa che una manciata di decadi fa, il giorno prima del 14 maggio 1948, quando Ben Gurion autoproclamò la nascita dello stato di Israele, tutta la regione geografica compresa tra il Mediterraneo e il fiume Giordano era marcata nelle mappe geografiche come “Palestina”; non un nome coniato dai nemici del sionismo, ma risalente addirittura al XII secolo a. C. su volontà degli antichi egiziani (da Peleset, il nome dato ai Filistei), oppure quel Palaistine (Παλαιστινοί) utilizzato nel V secolo a.C. da Erodoto o, ancora, “Syria Palestina” secondo Adriano (135 d.C.).

E fa impressione, in questo grottesco teatro dell’assurdo in cui il sionismo pelecida fa a gara a spararla sempre più grossa, leggere frasi negazioniste come: “«Non si può parlare di ‘palestinesi’ perché non esiste un ‘popolo palestinese’ […] è una finzione» elaborata un secolo fa per lottare contro il movimento sionista” (B. Smotrich)

In questa sorta di “terrapiattismo” in chiave geopolitica, i sostenitori di questa sgangherata tesi ignorano perfino i contenuti dei documenti redatti dai sionisti per gli stessi sionisti.
La Dichiarazione Balfour, ad esempio, ovvero la lettera che l’omonimo ministro inviò a Lord Rothschild nel 1917 per auspicare “la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”.
O, ancora lo stesso Theodor Herzl, padre fondatore del sionismo, che nel suo “A Jewish State” chiedeva espressamente al suo lettore “shall we choose Palestine or Argentine?”.

Di quel vasto territorio chiamato Palestina, ed evocato come terra promessa perfino dai sionisti nel secolo scorso, cosa rimane oggi? A ovest, una striscia di terra ormai ridotta a fossa comune difficilmente abitabile. A est, una Cisgiordania ormai maculata dalla colonizzazione illegale, squassata dalla violenza, simile a una carcassa su cui si avventa ogni avvoltoio con doppio passaporto e la voglia di rubarsi un pezzo di terra a condizioni fiscali agevolate. Dunque, sì: una Palestina a rischio di estinzione.
Vengono quasi in mente gli antichi romani quando, negli spazi bianchi delle mappe, scrivevano “hic sunt leones”. I pelecidi di oggi ci scriveranno “hic non sunt amplius Palæstini”.

Sulla tua seconda domanda, ovvero da cosa viene soffocata la Palestina, la risposta sarebbe articolata ma la condenserei sul simbolo per eccellenza dell’oppressione: le mura perimetrali realizzate da Israele a partire dagli anni 2000 attorno alla Striscia di Gaza e alla Cisgiordania.
A mio avviso, quelle recinzioni sono le fondamenta pragmatiche sopra cui è edificata tutta l’ideologia sionista dell’apartheid.

Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia ne fornì un giudizio inequivocabile: “l’edificazione del Muro che Israele, potenza occupante, è in procinto di costruire nel territorio palestinese occupato, ivi compreso l’interno e intorno a Gerusalemme Est, e il regime che gli è associato, sono contrari al diritto internazionale”. Ma Israele aveva una strategia e, nonostante la sollecitazione della Corte a smantellarlo, lo mantenne in piedi.

Per capire il principio soggiacente quella strategia vanno qui riportate le parole di Michael Fakhri, relatore speciale del Consiglio per i diritti umani (ONU) quando a ottobre 2024 spiegava il report sulla denutrizione a Gaza, puntando l’indice accusatore proprio sul muro: “affamarli (i palestinesi n.d.r.) è il risultato di scelte compiute da decadi. […] bisogna andare indietro al 2000, quando Israele ha iniziato il suo blocco contro Gaza. […] Come un rubinetto che (Israele n.d.r.) può aprire o chiudere […] Contando le calorie e misurando cosa era permesso far entrare a Gaza ed essere sicuri che ciascuno rimanesse affamato, ma non così tanto da sollevare campanelli di allarme nel mondo. Così, il 6 di ottobre (il giorno prima degli attentati n.d.r.) metà della popolazione di Gaza presentava criticità alimentari e l’80% dipendeva dagli aiuti umanitari”.

Tutto quindi passa attraverso il muro: ciò che entra e ciò che esce; cose e persone.
Ad esempio, le imposte e i dazi doganali sui prodotti che varcano le mura e su cui solo Israele si arroga il diritto di commercio. Questi soldi servono, tra le altre cose, a pagare gli stipendi degli impiegati pubblici che, secondo i dati 2018 del Palestinian Central Bureau of Statistics, rappresentano un terzo dei lavoratori palestinesi. A cadenza periodica Israele decide di trattenerli: migliaia di famiglie palestinesi rimangono senza stipendio.

Oppure gli assalti ai pescherecci palestinesi per limitarne il territorio di pesca del 40% rispetto agli accordi di Oslo (fonte Euro-Med Human Rights Monitor) così da far calare il numero di pescatori registrati a Gaza da 10.000 a 4.000 unità in soli 20 anni.

Non va meglio sul fronte dell’agricoltura dove “durante tutto l’anno, gli aerei israeliani spruzzano ripetutamente erbicidi sulle terre palestinesi lungo i confini, causando danni alle colture agricole” (fonte EMHRM). A questo si aggiunga il divieto per i contadini ad avvicinarsi alla recinzione entro i 1.000 – 1.500 metri per aggiungere un’ulteriore deprivazione del 35% di territorio coltivabile.

E potremmo parlare del giacimento di Meged, il cui petrolio scorre anche sotto la Cisgiordania ma che Israele rifiuta di condividere o il Gaza Marine, un giacimento di gas a 20 miglia dalla costa di Gaza il quale, “se sfruttato adeguatamente, […] potrebbe coprire l’intero fabbisogno palestinese di gas e consentirebbe anche di effettuare esportazioni.” (fonte Geopop).

I palestinesi dunque sopravvivono in larga parte grazie agli aiuti umanitari distribuiti dall’UNRWA. Una distribuzione che non sottostando al controllo israeliano diventa disfunzionale alla politica pelecida. E così, con la scusa della manciata di lavoratori favorevoli a Hamas, su 30.000 impiegati, ecco spiegato il principale motivo della messa al bando e del susseguente tentativo di Israele di sostituirla con un’altra istituzione “rubinetto”, da poter chiudere su necessità politica.

Ma forse, alla tua domanda “cosa soffoca oggi il popolo palestinese”, la risposta più atavica e ciclica alla base dei genocidi è sempre la stessa: l’indifferenza del mondo.
L’indifferenza, complicità, propaganda, interessi economici dei potenti.
Quella stessa indifferenza che permise lo sterminio degli ebrei, nell’Europa nazista, oggi si ripresenta. E fra qualche decennio si ripresenteranno anche i ciclici memoriali, le cicliche giornate della memoria, le cicliche lacrime postume.

Chissà, forse fra venti anni ci sarà una bella stele in marmo a Gaza Riviere, luongo un Palestine Boulevard (magnanimamente concesso in terra d’Israele).
Di fronte al grattacielo edificato sopra una delle tante fosse comuni e, al largo, lo yacht dell’oligarca stipato di modelle e champagne. Nulla che la storia non abbia già visto.

Link alle prime 50 pagine in pdf del libro “Pelecidio, perchè è moralmente giusto criticare Israele”: https://www.first-web.it/pelecidio1-50.pdf

Lorenzo Poli

“Ti senti come se fossi un subumano”

Firenze, 17 febbraio 2025
– Nel rapporto intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, Amnesty International documenta come, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele abbia scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità.

Di questo parleremo con Tina Marinari, coordinatrice campagne di Amnesty International Italia, che presenterà il rapporto giovedì 20 febbraio dalle 18.30 al circolo ARCI delle Vie Nuove (viale Giannotti, 13, Firenze) in un evento organizzato da Amnesty International Circoscrizione Toscana, Arci Firenze, COSPE, Belle Parole, Circolo delle vie nuove, Assopace Palestina, Gli amici di Roberto Morrione e Amicizia italo-palestinese Onlus.

Il rapporto di Amnesty International Italia ha esaminato in dettaglio le violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza lungo un arco temporale di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024.

L’organizzazione per i diritti umani ha intervistato 212 persone, tra le quali vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza e operatori sanitari; ha condotto ricerche sul campo e analisi di un’ampia serie di prove materiali e digitali, comprese immagini satellitari; ha analizzato dichiarazioni di alti funzionari del governo e dell’esercito di Israele e di altri organismi ufficiali israeliani, rinvenendo sufficienti elementi per arrivare alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.

“Il rapporto mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza.

Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica.

Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, che ha aggiunto: “Le nostre conclusioni devono servire a svegliare la comunità internazionale. Questo è un genocidio. Deve cessare ora”.

Dopo la presentazione del rapporto seguirà la proiezione di “Investigating War Crimes in Gaza”, il documentario di Al Jazeera sulle violazioni commesse dai soldati israeliani, curato da James Kleinfeld e introdotto da Richard Sanders, direttore dell’Unità investigativa di Al Jazeera.

Il reportage, realizzato dall’unità investigativa di Al Jazeera, denuncia i crimini di guerra israeliani nella Striscia di Gaza attraverso foto e video postati online dagli stessi soldati israeliani durante il conflitto durato un anno.

La I-Unit ha costruito un database di migliaia di video, foto e post sui social media e, dove possibile, ha identificato i post e le persone che vi compaiono.

Il materiale rivela una serie di attività illegali, dalle distruzioni, ai saccheggi, alla demolizione di interi quartieri e agli omicidi.

Il film racconta anche la storia della guerra attraverso gli occhi dei giornalisti palestinesi, degli operatori dei diritti umani e delle persone residenti della Striscia di Gaza.

Il documentario è in inglese con sottotitoli in italiano.

Sul sito di Amnesty una sintesi del Rapporto.

Amnesty International

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

https://www.facebook.com/c4peace
https://x.com/cfpeace
https://cfpeace.org/

Redazione Italia

Oltre 230 organizzazioni globali chiedono ai governi che producono i caccia F-35 di smettere di armare Israele

Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai governi che fanno parte del programma del cacciabombardiere Joint Strike Fighter di interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35. Organizzazioni della società civile di tutto il mondo hanno intrapreso azioni legali per mettere i propri governi di fronte alle proprie responsabilità sul programma F-35 e sulla complicità nei crimini di Israele a Gaza.

Negli ultimi mesi, le Forze Armate di Israele (IDF) hanno utilizzato caccia F-35 per effettuare bombardamenti sui civili palestinesi di Gaza. Tra i vari episodi, è stato accertato come nel luglio 2024 un F-35 sia stato utilizzato per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco alla cosiddetta “zona sicura” di Al-Mawasi a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi.

Nonostante tutti i Paesi partner del programma Joint Strike Fighter abbiano l’obbligo legale di fermare le esportazioni di armi verso Israele, i governi di tali Stati continuano a consentire il trasferimento di parti dei cacciabombardieri F-35. Gli esecutivi hanno assunto posizioni incoerenti, affermando ad esempio che le licenze di armamento verso Israele siano state sospese, ma consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti d’America o altri partner dell’F-35. Un movimento globale di cause legali intraprese dalla società civile è dunque cresciuto in tutti i Paesi che partecipano al programma F-35, per evidenziare le responsabilità dei decisori politici (e amministrativi) al riguardo del trasferimento di caccia e componenti F-35 a Israele.

Il programma dei caccia F-35 è emblematico della complicità dell’Occidente nei crimini di Israele contro i Palestinesi“, sottolinea Katie Fallon, responsabile advocacy della Campaign Against Arms Trade che ha coordinato il lavoro sulla lettera congiunta. “Questi jet sono stati determinanti nei 466 giorni di bombardamenti israeliani su Gaza e in violazioni che includono crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Dopo il cessate il fuoco limitato recentemente raggiunto il governo degli Stati Uniti d’America, partner principale del programma F-35, ha minacciato Gaza di una pulizia etnica di massa e di uno sfollamento forzato. Questo programma d’armamento fornisce il consenso materiale e politico di tutti i partner occidentali affinché questi crimini continuino”.

Le organizzazioni firmatarie della lettera congiunta, pur accogliendo con favore il limitato cessate il fuoco temporaneo, sottolineano come gli ultimi 15 mesi abbiano dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. È quindi imperdonabile che i nostri governi continuino a fornire trasferimenti di armi a Israele, implicandosi potenzialmente in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel dicembre 2024 un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, mentre Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

“Il ruolo dell’Italia come partner di secondo livello nel programma Joint Strike Fighter (e come unico Paese in Europa a ospitare sul proprio territorio un impianto di assemblaggio finale del caccia F-35) desta grande preoccupazione nella società civile italiana impegnata per la Pace. C’è infatti il fondato timore che la presenza della FACO (Final Assembly and Check Out) a Cameri (Nord Italia) possa configurare vari livelli di coinvolgimento nella fornitura di parti di ricambio e attività di manutenzione dell’F-35 a Israele” evidenzia Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace Disarmo. “C’è quindi il rischio che l’Italia svolga un ruolo di complicità o di facilitazione nei confronti di Israele e delle sue strutture militari rispetto alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario in atto a Gaza e in Cisgiordania. Inoltre, ciò smentirebbe e vanificherebbe la decisione presa dal Governo italiano nell’ottobre 2023 di interrompere le forniture militari a Israele.”

Di seguito il testo della lettera congiunta inviata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani e al Ministro della Difesa Guido Crosetto.

Lettera congiunta di organizzazioni della società civile internazionale sull’invio di armamenti ad Israele, in particolare per quanto riguarda il Programma JSF del Cacciabombardiere F-35

Vi scriviamo come gruppo di organizzazioni dei Paesi partner del programma globale del cacciabombardiere F-35 – insieme ad altre organizzazioni che sostengono questa nostra presa di posizione – per chiedere ai nostri governi di fermare immediatamente tutti i trasferimenti di armi, diretti e indiretti, a Israele compresi quelli relativi agli aerei da combattimento F-35, i loro componenti e le loro parti di ricambio.

Dopo 466 giorni di offensiva militare israeliana a Gaza, accogliamo con favore il cessate il fuoco limitato entrato in vigore il 19 gennaio e chiediamo ai nostri governi di sostenere ogni sforzo per porre fine in modo permanente alle atrocità in corso. Gli ultimi 15 mesi hanno dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. La fragilità del cessate il fuoco a Gaza evidenzia il rischio di ulteriori violazioni e dunque la necessità di interrompere le esportazioni di armi verso Israele, compresi gli F-35. Ciò è sottolineato anche dal continuo uso illegale da parte di Israele di aerei da combattimento militari nella Cisgiordania occupata, in particolare a Jenin.

I Paesi partner del programma F-35 non sono riusciti, individualmente e collettivamente, a impedire che questi aerei venissero utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, in particolare con evidente chiarezza nei Territori Palestinesi occupati, compresi crimini internazionali, nonostante le prove schiaccianti a riguardo. Gli Stati non sono stati disposti a rispettare i loro obblighi legali internazionali e/o hanno sostenuto che la struttura del programma F-35 implica l’impossibilità di applicare controlli nei confronti di qualsiasi utente finale, rendendo così l’intero programma incompatibile con il diritto internazionale.

Il bombardamento e la distruzione senza precedenti di Gaza da parte di Israele hanno portato a incommensurabili sofferenze umane, devastazioni ambientali e catastrofi umanitarie. La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele misure provvisorie per prevenire il genocidio contro il popolo palestinese a Gaza nel gennaio 2024. Nel dicembre 2024, un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza e Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

Un cessate il fuoco temporaneo non significa la fine delle violazioni del Diritto internazionale da parte di Israele né annulla il rischio consolidato che i trasferimenti di armi a Israele possano essere utilizzati per commettere o facilitare tali violazioni. Ciò include, ma non si limita a, l’occupazione e l’annessione in corso di Israele dei territori palestinesi, che la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha già concluso essere illegale.

Israele ha ucciso più di 46.707 persone a Gaza e si stima che i resti di altre 10.000 persone siano ancora sotto le macerie. Almeno il 90% dei palestinesi di Gaza è stato sfollato con la forza, in condizioni inadatte alla sopravvivenza umana. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato obiettivi civili, tra cui siti di distribuzione degli aiuti, tende, ospedali, scuole e mercati. Circa il 69% di tutte le strutture di Gaza sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti. Nonostante queste realtà devastanti e i crimini sul terreno, i nostri Governi hanno continuato a rifornire militarmente Israele attraverso il programma F-35.

IL PROGRAMMA F-35

I governi di alcuni Paesi partner del Programma F-35 – in particolare Canada, Danimarca, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito – hanno limitato alcune esportazioni di sistemi d’armamento verso Israele a causa del rischio che queste armi vengano utilizzate da Israele per commettere violazioni del diritto internazionale a Gaza. Nel settembre 2024, il governo britannico ha ritenuto di “non poter concludere altro che” per alcune esportazioni di armi del Regno Unito verso Israele, tra cui i caccia F-35, esiste un chiaro rischio che possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale a Gaza. È allarmante che, nonostante queste inconfutabili ammissioni, ci sia stato uno sforzo concertato per sostenere il trasferimento di componenti al programma F-35, consentendo un continuo trasferimento diretto e indiretto a Israele.

I Paesi partner dell’F-35 hanno presentato una serie di posizioni incoerenti che consentono di continuare a esportare parti e componenti dell’F-35 verso Israele, dichiarando tra l’altro che le licenze di esportazione di armi verso Israele sono state sospese e consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti o altri partner dell’F-35. Il Regno Unito ha sostenuto che, per ragioni di pace e sicurezza internazionale, ha disatteso i propri criteri di autorizzazione all’esportazione di armi e gli obblighi legali internazionali per continuare a esportare componenti per il programma F-35, consentendo il successivo trasferimento a Israele, sostenendo che si tratta di una “questione di tale gravità che avrebbe prevalso su qualsiasi […] ulteriore prova di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”. In effetti, a questo punto si può ritenere che non sussistano circostanze per cui questa fornitura di componenti per l’F-35 verrebbe sospesa.

Questi cacciabombardieri hanno operato a Gaza armati di munizioni tra cui bombe da 2.000 libbre (esplosivi con un raggio letale fino a 365 metri, un’area equivalente a 58 campi da calcio). Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato queste bombe come utilizzate in casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati a Gaza che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili”.

Il 2 settembre 2024, proprio il giorno in cui il governo britannico ha annunciato un’esenzione per i componenti dell’F-35, l’ONG danese Danwatch ha rivelato che un F-35 è stato utilizzato a luglio per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Questo bombardamento segue lo schema degli attacchi israeliani a Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale.

OBBLIGHI LEGALI E FUTURI SVILUPPI

Tutti i partner del programma F-35 sono Stati parte del Trattato sul commercio di armi (ATT), ad eccezione degli Stati Uniti, che ne sono solamente firmatari. Gli Stati firmatari dell’ATT sono tenuti a prevenire i trasferimenti diretti e indiretti di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, qualora vi sia il rischio assoluto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) o del diritto internazionale dei diritti umani.

Questi e altri obblighi vincolanti sono contenuti negli articoli 6 e 7 dell’ATT. Gli Stati sono inoltre vincolati dall’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario ai sensi dell’articolo comune 1 della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale umanitario consuetudinario, che impone agli Stati di “astenersi dal trasferire armi se si prevede, sulla base di fatti o della conoscenza di modelli passati, che tali armi saranno utilizzate per violare le Convenzioni”.

Tutti gli Stati partner del Programma F-35 hanno una legislazione aggiuntiva che rafforza questi obblighi internazionali a livello nazionale o europeo. I continui trasferimenti di armi al governo israeliano sono contrari alla legge statunitense, che ad esempio vieta il trasferimento di aiuti militari a governi che limitano la fornitura di assistenza umanitaria statunitense. Inoltre, tutti i partner dell’F-35 hanno ratificato o aderito alla Convenzione sul genocidio e si sono impegnati a “prevenire e punire” il crimine di genocidio.

Questi obblighi sono rafforzati dai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia, che nell’aprile 2024 ha ricordato agli Stati parte della Convenzione sul genocidio i loro obblighi internazionali in materia di trasferimento di armi alle parti di un conflitto armato, per evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare la Convenzione (paragrafo 24). Nel luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia ha chiarito che gli Stati non devono aiutare o assistere Israele nella sua occupazione illegale del territorio palestinese occupato, anche attraverso rapporti economici o commerciali. La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel novembre 2024.

RISPOSTE LEGALI E POLITICHE

In tutte le giurisdizioni dei Paesi partner del Programma F-35, interventi legali e politici hanno cercato di far rispettare gli obblighi legali nazionali e internazionali dei governi per fermare le esportazioni di armi verso Israele, comprese le parti per i caccia F-35. Sono state avviate cause legali in Australia, Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti.

Nel Regno Unito, Al-Haq e Global Legal Action Network stanno portando il governo britannico davanti alla Corte Suprema con un ricorso giudiziario che contesta la decisione di escludere i componenti per il programma globale F-35 dalla sospensione del settembre 2024 di circa 30 licenze di armi a Israele. Nel novembre 2024, la Corte Suprema dei Paesi Bassi è stata consigliata dal suo avvocato generale di confermare la sentenza della Corte d’Appello dell’Aia che ordinava al governo olandese di bloccare l’esportazione di parti dell’F-35 dai Paesi Bassi a Israele. La sentenza fa seguito a una causa intentata da Oxfam Novib, PAX e The Rights Forum.

In Australia, Al Haq, il Centro Al Mezan per i Diritti Umani e il Centro Palestinese per i Diritti Umani, rappresentati dal Centro Australiano per la Giustizia Internazionale, hanno presentato un esposto chiedendo al Ministro della Difesa di revocare tutti i permessi di esportazione in corso o in essere verso Israele, anche attraverso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il governo ha intrapreso una revisione che ha rivelato che l’Australia aveva fatto “decadere” o “modificare” 16 licenze di esportazione verso Israele. I gruppi continuano a essere preoccupati per l’assenza di trasparenza in relazione a questa revisione, compreso il fatto se le parti dell’F-35 siano state o meno prese in considerazione. Altri casi sono in corso nei Paesi partner dell’F-35 Canada e Danimarca, oltre che in Germania e Belgio.

CONCLUSIONI

L’incapacità di tutte le nazioni partner del programma di armamento JSF per il caccia F-35 di applicare i propri obblighi legali nazionali, regionali o internazionali interrompendo la fornitura di parti e componenti dell’F-35 a Israele ha portato a danni devastanti e irreparabili per i palestinesi di Gaza. Questo fallimento indica che le nazioni partner non sono effettivamente in grado o non sono disposte ad applicare i loro presunti regimi di controllo delle esportazioni di armi, oppure che hanno scelto di applicare la legge in modo selettivo, escludendo i palestinesi dalla propria  protezione.

Chiediamo a tutti gli Stati partner del programma F-35 di fare tutto ciò che è in loro potere per allineare il programma Joint Strike Fighter agli opportuno obblighi legali e di interrompere immediatamente il trasferimento diretto e indiretto di parti e componenti di F-35 a Israele.

LISTA COMPLETA DELLE ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE

Australia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Australia
  2. AusRelief
  3. Australian Centre for International Justice
  4. Australia Palestine Advocacy Network (APAN)
  5. Australian Social Workers for Palestine
  6. Canberra Palestine and Climate Justice
  7. Central West New South Wales for Palestine & We Vote for Palestine
  8. Coalition for Justice and Peace in Palestine
  9. Disrupt Wars
  10. Free Gaza Australia
  11. Free Palestine Melbourne
  12. Independent and Peaceful Australia Network (IPAN)
  13. Independent & Peaceful Australia Network (IPAN) Geelong & Vic Southwest
  14. Inner West for Palestine
  15. Institute of non-violence
  16. Jewish Council of Australia
  17. Jews Against the Occupation ’48
  18. Just Peace
  19. Knitting Nannas, Central Coast and Midcoast
  20. Medical Association for Prevention of War
  21. Mums for Palestine
  22. Neptune’s Pirates
  23. No Weapons for Genocide
  24. Northern Rivers Friends of Palestine
  25. Palestine Action Group Muloobinba
  26. Palestine Network Shining Waters Region (PalNet SW), The United Church of Canada
  27. People’s Climate Assembly
  28. Rising Tide
  29. Settlement Services Australia
  30. Social and Ecological Justice Commission (United Church of Canada)
  31. Sydney Peace Foundation
  32. Quakers Australia
  33. Wage Peace

Austria

  1. Yante – Youth, Art, and Levante

Belgio 

  1. Al-Haq Europe
  2. Vredesactie 

Canada (Partner del Programma F-35)

  1. Al Huda Institute Canada
  2. Amnesty International Canadian Section
  3. Arab Left Forum
  4. Bathurst Street United Church
  5. The Canadian BDS Coalition & International BDS Allies
  6. Canadian Foreign Policy Institute
  7. Canadian Lawyers for International Human Rights
  8. Canadian Muslim Healthcare Network
  9. Canadians for Justice and Peace in the Middle East
  10. Canadians for Justice and Peace in the Middle East Saskatoon Chapter (CJPME Sask chapter)
  11. Collectif de Québec pour la paix / Quebec City Collective for Peace
  12. Health Workers Alliance for Palestine
  13. Independent Jewish Voices Canada
  14. IslamicFamily
  15. Just Peace Advocates/Mouvement Pour Une Paix Juste
  16. Justice For All Canada
  17. Labour Against the Arms Trade
  18. Manitoba Healthcare Workers for Palestine
  19. Mennonite Church Manitoba Palestine Israel Network
  20. Ontario Palestinian Rights Association (OPRA)
  21. Oxfam-Québec
  22. Palestinian and Jewish Unity (PAJU)
  23. Project of Heart
  24. Project Ploughshares
  25. Solidarité Sherbrooke-Gaza
  26. RightonCanada
  27. United Network for Justice and Peace in Palestine and Israel (UNJPPI)

Danimarca (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid Denmark
  2. Amnesty International Danmark
  3. Oxfam Denmark

Francia

  1. Amnesty International France

Italia (Partner del Programma F-35)

  1. Rete Italiana Pace e Disarmo
  2. Accademia Apuana della Pace
  3. Amnesty International Italia
  4. ARCI-Italy
  5. Ass. Adl Zavidovici
  6. Associazione Percorsi di pace
  7. Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani aps
  8. AssoPacePalestina
  9. Beati i costruttori di pace (Blessed Are the Peacemakers)
  10. Center for Research and Elaboration on Democracy (CRED)
  11. Centro Studi Sereno Regis
  12. CIPAX Centro interconfessionale per la pace
  13. Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA)
  14. COSPE NGO
  15. Diritto Diretto
  16. Emmaus Italia
  17. Fondazione Finanza Etica
  18. Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
  19. MIR (Movimento internazionale della Riconciliazione)
  20. Movimento Nonviolento
  21. Scuola di Pace del Comune di Senigallia
  22. Un Ponte Per

India

  1. Gig Worker Association

Iraq

  1. Al-Taqwa Association for Women and Children’s Rights

Irlanda

  1. Anti Racism World Cup

Jamaica

  1. Kingston and St Andrew Action Forum

Giordania 

  1. Campaign Against Gaza Genocide

Libano

  1. Al-Jana Center
  2. KAFA (enough) Violence & Exploitation
  3. Permanent Peace Movement
  4. WILPF Lebanon

Marocco

  1. Association Mains Libres

Messico

  1. Centro de Estudios Ecuménicos

Nepal 

  1. Path
  2. Women for Peace and Democracy Nepal (WPD Nepal)

Paesi Bassi (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Netherlands
  2. Feminists of Maastricht
  3. Oxfam Novib
  4. PAX
  5. The Rights Forum
  6. Stop Wapenhandel
  7. Transnational Institute

Norvegia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Norway
  2. The Association of Norwegian NGOs for Palestine
  3. Changemaker
  4. Fagforbundet – Norwegian Union of Municipal and General Employees
  5. Jødiske Stemmer for Rettferdig Fred  (Jewish Voices. – Norway)
  6. NTL OsloMet Metropolitan University (trade union)
  7. The Palestine Committee of Norway
  8. Palestinas Venner OsloMert
  9. Sosialistisk Venstreparti

Palestina

  1. Al-Haq
  2. Al Mezan Center for Human Rights
  3. International Committee to Support the Rights of the Palestinian People
  4. The Palestinian Initiative for the Promotion of Global Dialogue and Democracy-MIFTAH
  5. Palestinian Working Woman Society for Development PWWSD

Svizzera 

  1. Control Arms

Sri Lanka

  1. Forum on Disarmament and Development 

Turchia 

  1. Worldwide Lawyers Association

Regno Unito (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid UK
  2. Action For Humanity
  3. Action on Armed Violence
  4. Amnesty International UK
  5. Anglican Pacifist Fellowship
  6. Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD)
  7. Bank Better
  8. Boycott Bloody Insurance
  9. British Arab Nursing and Midwifery Association
  10. British Palestinian Committee
  11. Cambridge Branch – Communist Party of Britain
  12. Cambridge Stop the War Coalition
  13. Cambridgeshire Keep Our NHS Public
  14. Campaign Against Arms Trade
  15. Campaign against Misrepresentation in Public Affairs, Information and the News (CAMPAIN)
  16. Campaign for Nuclear Disarmament
  17. Coal Action Network
  18. Common Wealth
  19. Conflict and Environment Observatory
  20. Council for Arab-British Understanding
  21. Cuba Solidarity Campaign
  22. Embrace the Middle East
  23. FairSquare
  24. ForcesWatch
  25. Gaza Genocide Emergency Committee (Glasgow)
  26. Glasgow Palestine Human Rights Campaign
  27. Global Justice Now
  28. Global Legal Action Network
  29. Health Workers 4 Palestine
  30. Independent Catholic News
  31. International Centre for Justice for Palestinians
  32. International Solidarity Movement Scotland
  33. The Iona Community
  34. Jewish Network for Palestine
  35. Merseyside Pax Christi
  36. National Justice and Peace Network, England and Wales
  37. Omega Research Foundation
  38. Palestine Action
  39. Palestine House
  40. Palestine Solidarity Campaign
  41. Pax Christi England and Wales
  42. The Peace and Justice Project
  43. Richmond & Kingston Palestine Solidarity Campaign
  44. Sabeel-Kairos UK
  45. Saferworld
  46. Scientists for Global Responsibility (SGR)
  47. Scotland Against Criminalising Communities
  48. Shadow World Investigations
  49. Thanet 4 Palestine
  50. Tipping Point UK
  51. War on Want
  52. United Tech and Allied Workers
  53. Women in Black Edinburgh
  54. Women in Black London
  55. Workers for a Free Palestine

Stati Uniti d’America (Capofila del Programma F-35)

  1. Action Corps
  2. American Friends Service Committee
  3. Amnesty International USA
  4. Art Forces
  5. Association for Investment in Popular Action Committees
  6. Austin For Palestine Coalition
  7. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  8. Center for Constitutional Rights
  9. Doctors Against Genocide
  10. Episcopal Peace Fellowship Palestine Israel Network
  11. Fellowship of Reconciliation
  12. Friends of Sabeel North America (FOSNA)
  13. Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P)
  14. Global Ministries of the Christian Church (Disciples of Christ) and United Church of Christ
  15. Green Mountain Solidarity With Palestine
  16. Green Mountain Veterans For Peace
  17. Honor the Earth
  18. Indiana Center for Middle East Peace
  19. KinderUSA
  20. Madison-Rafah Sister City Project
  21. The Middle East Children’s Alliance for Peace
  22. National Lawyers Guild- Palestine Sub Committee
  23. New Mexico Jews for a Free Palestine
  24. A New Policy
  25. Nonviolence International
  26. Palestine Justice Network of the Presbyterian Church (U.S.A.)
  27. Palestinian Youth Movement
  28. Peace Action
  29. People’s Arms Embargo
  30. RepresentUS New Mexico
  31. Safe Skies Clean Water Wisconsin
  32. Santa Fe Democratic Socialists of America
  33. Security in Context
  34. Showing Up for Racial Justice (SURJ) Northern New Mexico chapter
  35. Tech Justice Law Project
  36. USA Palestine Mental Health Network
  37. Vermont and New Hampshire Chapter of the National Lawyers Guild
  38. Will Miller Social Justice Lecture Series
  39. WESPAC Foundation, Inc.

Organizzazioni Internazionali

  1. Al-Haq Europe
  2. Cairo Institute for Human Rights Studies
  3. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  4. Emergent Justice Collective
  5. Human Rights Watch
  6. International Coalition to Stop Genocide in Palestine
  7. Oxfam International
  8. Pax Christi International
  9. United Methodists for Kairos Response (UMKR)
  10. War Resisters’ International
  11. Women’s International League for Peace and Freedom
  12. World BEYOND War

 

 

Rete Italiana Pace e Disarmo

Contro il Pelecidio, Luca Sciacchitano: “Israele da decenni ingloba porzioni sempre più vaste di territorio”

Benvenuti alla quarta parte della rubrica “Contro il Pelecidio” che consiste nella pubblicazione, una volta a settimana, di una mini-intervista allo scrittore Luca Sciacchitano sui temi del suo ultimo interessantissimo saggio intitolato “Pelecidio, perchè è moralmente giusto criticare Israele”  – edito da Multimage La casa editrice dei diritti umani – che senza filtri, con cognizione di causa ed una certa parresia, mette sotto accusa quello che è il colonialismo israeliano, il sionismo, l’occupazione belligerante di Israele in terre palestinese, i crimini di guerra, il terrificante sistema d’apartheid razzista e il “genocidio incrementale” messo in atto da ormai più di 70 anni, svelando apertamente le strategie colpevolizzanti della hasbara israeliana e della strumentalizzazione sionista della Shoah.

Cosa è la Palestina oggi? Da cosa viene soffocata e come sopravvive?

La domanda può essere approcciata da diverse angolazioni.
Da un lato potremmo dire che la Palestina, o meglio, tutto il quadro degli eventi a cui stiamo assistendo oggi in Palestina, rappresenta il tragico paradigma della contemporaneità: l’avidità senza freno dei potenti da un lato, la nostra assuefazione all’ingiustizia, dall’altro.
Ogni giorno tutti noi siamo vittime di piccole e grandi arroganze da parte dei poteri. Talmente abituati a essere bombardati dalle prevaricazioni che spesso neanche più ci ribelliamo, accettando ogni volta la nuova asticella, il nuovo limite, la nuova legge, la nuova tassa, il nuovo divieto come parte integrante dell’essere ingranaggi di una società incentrata sul potere di pochi.

L’altra faccia della medaglia però è che, non ribellandoci, noi accettiamo (centimetro dopo centimetro) che i governi, le multinazionali, le lobby ci tolgano ancora maggiori fette di libertà, diritti, indipendenza, stritolandoci sempre più tra le spire della loro pantagruelica avidità. Le democrazie sono in crisi, le ideologie sono scomparse, il lavoro ha perso la sua componente nobilitativa. Tutta la società contemporanea risulta oggi impostata in funzione delle necessità dei potenti: farci produrre, farci consumare, arricchirsi sulle nostre fatiche.

Diventa dunque imperativo iniziare a domandarci quale limite noi, il popolo, siamo disposti a sopportare prima di ribellarci. All’interno di questo quesito rivoluzionario, si innesta ciò che vediamo succedere in Palestina: siamo noi disposti ad accettare che il potere arrivi perfino a genocidare un intero popolo per 365 miseri chilometri quadrati di terra?

Dunque, una prima risposta alla tua domanda potrebbe essere che la Palestina è un simbolo: il paradigma della ferocia di un potere avido, inumano e violento che pensa di possedere tutto, finanche le anime delle persone. Ma è anche una sollecitazione alla nostra capacità di fissarci dei limiti oltre i quali la nostra umanità deve gridare “BASTA”.

Un’altra prospettiva su cui riflettere, nel rispondere alla tua domanda, è quella di inquadrare la Palestina come una creatura in via di estinzione. E come tutto ciò che rischia di evaporare nell’oblio, provare a tutelarla. Mi spiego meglio: la voracità dello Stato di Israele da decenni ingloba porzioni sempre più vaste di territorio. Colonia dopo colonia, l’estensione di ciò che oggi si può chiamare “Palestina” sulla mappa geografica si è tragicamente assottigliata.

La cosa risulta ancora più inquietante se si pensa che una manciata di decadi fa, il giorno prima del 14 maggio 1948, quando Ben Gurion autoproclamò la nascita dello stato di Israele, tutta la regione geografica compresa tra il Mediterraneo e il fiume Giordano era marcata nelle mappe geografiche come “Palestina”; non un nome coniato dai nemici del sionismo, ma risalente addirittura al XII secolo a. C. su volontà degli antichi egiziani (da Peleset, il nome dato ai Filistei), oppure quel Palaistine (Παλαιστινοί) utilizzato nel V secolo a.C. da Erodoto o, ancora, “Syria Palestina” secondo Adriano (135 d.C.).

E fa impressione, in questo grottesco teatro dell’assurdo in cui il sionismo pelecida fa a gara a spararla sempre più grossa, leggere frasi negazioniste come: “«Non si può parlare di ‘palestinesi’ perché non esiste un ‘popolo palestinese’ […] è una finzione» elaborata un secolo fa per lottare contro il movimento sionista” (B. Smotrich)

In questa sorta di “terrapiattismo” in chiave geopolitica, i sostenitori di questa sgangherata tesi ignorano perfino i contenuti dei documenti redatti dai sionisti per gli stessi sionisti.
La Dichiarazione Balfour, ad esempio, ovvero la lettera che l’omonimo ministro inviò a Lord Rothschild nel 1917 per auspicare “la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”.
O, ancora lo stesso Theodor Herzl, padre fondatore del sionismo, che nel suo “A Jewish State” chiedeva espressamente al suo lettore “shall we choose Palestine or Argentine?”.

Di quel vasto territorio chiamato Palestina, ed evocato come terra promessa perfino dai sionisti nel secolo scorso, cosa rimane oggi? A ovest, una striscia di terra ormai ridotta a fossa comune difficilmente abitabile. A est, una Cisgiordania ormai maculata dalla colonizzazione illegale, squassata dalla violenza, simile a una carcassa su cui si avventa ogni avvoltoio con doppio passaporto e la voglia di rubarsi un pezzo di terra a condizioni fiscali agevolate. Dunque, sì: una Palestina a rischio di estinzione.
Vengono quasi in mente gli antichi romani quando, negli spazi bianchi delle mappe, scrivevano “hic sunt leones”. I pelecidi di oggi ci scriveranno “hic non sunt amplius Palæstini”.

Sulla tua seconda domanda, ovvero da cosa viene soffocata la Palestina, la risposta sarebbe articolata ma la condenserei sul simbolo per eccellenza dell’oppressione: le mura perimetrali realizzate da Israele a partire dagli anni 2000 attorno alla Striscia di Gaza e alla Cisgiordania.
A mio avviso, quelle recinzioni sono le fondamenta pragmatiche sopra cui è edificata tutta l’ideologia sionista dell’apartheid.

Nel 2004, la Corte Internazionale di Giustizia ne fornì un giudizio inequivocabile: “l’edificazione del Muro che Israele, potenza occupante, è in procinto di costruire nel territorio palestinese occupato, ivi compreso l’interno e intorno a Gerusalemme Est, e il regime che gli è associato, sono contrari al diritto internazionale”. Ma Israele aveva una strategia e, nonostante la sollecitazione della Corte a smantellarlo, lo mantenne in piedi.

Per capire il principio soggiacente quella strategia vanno qui riportate le parole di Michael Fakhri, relatore speciale del Consiglio per i diritti umani (ONU) quando a ottobre 2024 spiegava il report sulla denutrizione a Gaza, puntando l’indice accusatore proprio sul muro: “affamarli (i palestinesi n.d.r.) è il risultato di scelte compiute da decadi. […] bisogna andare indietro al 2000, quando Israele ha iniziato il suo blocco contro Gaza. […] Come un rubinetto che (Israele n.d.r.) può aprire o chiudere […] Contando le calorie e misurando cosa era permesso far entrare a Gaza ed essere sicuri che ciascuno rimanesse affamato, ma non così tanto da sollevare campanelli di allarme nel mondo. Così, il 6 di ottobre (il giorno prima degli attentati n.d.r.) metà della popolazione di Gaza presentava criticità alimentari e l’80% dipendeva dagli aiuti umanitari”.

Tutto quindi passa attraverso il muro: ciò che entra e ciò che esce; cose e persone.
Ad esempio, le imposte e i dazi doganali sui prodotti che varcano le mura e su cui solo Israele si arroga il diritto di commercio. Questi soldi servono, tra le altre cose, a pagare gli stipendi degli impiegati pubblici che, secondo i dati 2018 del Palestinian Central Bureau of Statistics, rappresentano un terzo dei lavoratori palestinesi. A cadenza periodica Israele decide di trattenerli: migliaia di famiglie palestinesi rimangono senza stipendio.

Oppure gli assalti ai pescherecci palestinesi per limitarne il territorio di pesca del 40% rispetto agli accordi di Oslo (fonte Euro-Med Human Rights Monitor) così da far calare il numero di pescatori registrati a Gaza da 10.000 a 4.000 unità in soli 20 anni.

Non va meglio sul fronte dell’agricoltura dove “durante tutto l’anno, gli aerei israeliani spruzzano ripetutamente erbicidi sulle terre palestinesi lungo i confini, causando danni alle colture agricole” (fonte EMHRM). A questo si aggiunga il divieto per i contadini ad avvicinarsi alla recinzione entro i 1.000 – 1.500 metri per aggiungere un’ulteriore deprivazione del 35% di territorio coltivabile.

E potremmo parlare del giacimento di Meged, il cui petrolio scorre anche sotto la Cisgiordania ma che Israele rifiuta di condividere o il Gaza Marine, un giacimento di gas a 20 miglia dalla costa di Gaza il quale, “se sfruttato adeguatamente, […] potrebbe coprire l’intero fabbisogno palestinese di gas e consentirebbe anche di effettuare esportazioni.” (fonte Geopop).

I palestinesi dunque sopravvivono in larga parte grazie agli aiuti umanitari distribuiti dall’UNRWA. Una distribuzione che non sottostando al controllo israeliano diventa disfunzionale alla politica pelecida. E così, con la scusa della manciata di lavoratori favorevoli a Hamas, su 30.000 impiegati, ecco spiegato il principale motivo della messa al bando e del susseguente tentativo di Israele di sostituirla con un’altra istituzione “rubinetto”, da poter chiudere su necessità politica.

Ma forse, alla tua domanda “cosa soffoca oggi il popolo palestinese”, la risposta più atavica e ciclica alla base dei genocidi è sempre la stessa: l’indifferenza del mondo.
L’indifferenza, complicità, propaganda, interessi economici dei potenti.
Quella stessa indifferenza che permise lo sterminio degli ebrei, nell’Europa nazista, oggi si ripresenta. E fra qualche decennio si ripresenteranno anche i ciclici memoriali, le cicliche giornate della memoria, le cicliche lacrime postume.

Chissà, forse fra venti anni ci sarà una bella stele in marmo a Gaza Riviere, luongo un Palestine Boulevard (magnanimamente concesso in terra d’Israele).
Di fronte al grattacielo edificato sopra una delle tante fosse comuni e, al largo, lo yacht dell’oligarca stipato di modelle e champagne. Nulla che la storia non abbia già visto.

Link alle prime 50 pagine in pdf del libro “Pelecidio, perchè è moralmente giusto criticare Israele”: https://www.first-web.it/pelecidio1-50.pdf

Lorenzo Poli

“Ti senti come se fossi un subumano”

Firenze, 17 febbraio 2025
– Nel rapporto intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, Amnesty International documenta come, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele abbia scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità.

Di questo parleremo con Tina Marinari, coordinatrice campagne di Amnesty International Italia, che presenterà il rapporto giovedì 20 febbraio dalle 18.30 al circolo ARCI delle Vie Nuove (viale Giannotti, 13, Firenze) in un evento organizzato da Amnesty International Circoscrizione Toscana, Arci Firenze, COSPE, Belle Parole, Circolo delle vie nuove, Assopace Palestina, Gli amici di Roberto Morrione e Amicizia italo-palestinese Onlus.

Il rapporto di Amnesty International Italia ha esaminato in dettaglio le violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza lungo un arco temporale di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024.

L’organizzazione per i diritti umani ha intervistato 212 persone, tra le quali vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza e operatori sanitari; ha condotto ricerche sul campo e analisi di un’ampia serie di prove materiali e digitali, comprese immagini satellitari; ha analizzato dichiarazioni di alti funzionari del governo e dell’esercito di Israele e di altri organismi ufficiali israeliani, rinvenendo sufficienti elementi per arrivare alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.

“Il rapporto mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza.

Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica.

Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, che ha aggiunto: “Le nostre conclusioni devono servire a svegliare la comunità internazionale. Questo è un genocidio. Deve cessare ora”.

Dopo la presentazione del rapporto seguirà la proiezione di “Investigating War Crimes in Gaza”, il documentario di Al Jazeera sulle violazioni commesse dai soldati israeliani, curato da James Kleinfeld e introdotto da Richard Sanders, direttore dell’Unità investigativa di Al Jazeera.

Il reportage, realizzato dall’unità investigativa di Al Jazeera, denuncia i crimini di guerra israeliani nella Striscia di Gaza attraverso foto e video postati online dagli stessi soldati israeliani durante il conflitto durato un anno.

La I-Unit ha costruito un database di migliaia di video, foto e post sui social media e, dove possibile, ha identificato i post e le persone che vi compaiono.

Il materiale rivela una serie di attività illegali, dalle distruzioni, ai saccheggi, alla demolizione di interi quartieri e agli omicidi.

Il film racconta anche la storia della guerra attraverso gli occhi dei giornalisti palestinesi, degli operatori dei diritti umani e delle persone residenti della Striscia di Gaza.

Il documentario è in inglese con sottotitoli in italiano.

Sul sito di Amnesty una sintesi del Rapporto.

Amnesty International

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

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Redazione Italia