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Netanyahu

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

[NEWSLETTER_HERE]

Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

[NEWSLETTER_HERE]

Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

[NEWSLETTER_HERE]

Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

[NEWSLETTER_HERE]

Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook 

A Gaza i palestinesi manifestano contro Hamas e la guerra

Migliaia di palestinesi stanno partecipando da due giorni a una serie di proteste nella Striscia di Gaza. Le proteste, concentrate principalmente nella parte settentrionale di Gaza, sembrano essere rivolte in generale contro la guerra, con i manifestanti che chiedevano la fine di 17 mesi di combattimenti mortali con Israele che hanno reso la vita a Gaza insopportabile. Ma i manifestanti hanno anche protestato contro Hamas che governa ancora il territorio a mesi di distanza dalla guerra con Israele.

Video e foto condivisi sui social media mostravano centinaia di persone che cantavano “Fuori Hamas” e “Terroristi di Hamas” a Beit Lahiya, dove la folla si era radunata una settimana dopo che l'esercito israeliano aveva ripreso i suoi intensi bombardamenti su Gaza dopo quasi due mesi di tregua. Alcuni manifestanti portavano striscioni con su scritto come “Stop alla guerra” e “Vogliamo vivere in pace”. Altre riprese mostravano decine di persone nei campi profughi di Jabaliya, nella parte occidentale di Gaza City, che bruciavano pneumatici e chiedevano la fine della guerra.

“Non so chi abbia organizzato la protesta”, ha detto un partecipante all'Agence France-Press. “Ho partecipato per inviare un messaggio a nome della gente: basta con la guerra”, ha detto, aggiungendo di aver visto “membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili disperdere la protesta”.

“I nostri figli sono stati uccisi. Le nostre case sono state distrutte”, racconta ad AP Abed Radwan che spiega di aver partecipato alla protesta a Beit Lahiya “contro la guerra, contro Hamas e le fazioni (politiche palestinesi), contro Israele e contro il silenzio del mondo”.

“La protesta non era politica. Riguardava la vita delle persone”, ha dichiarato Mohammed Abu Saker, padre di tre figli della vicina città di Beit Hanoun. “Vogliamo fermare le uccisioni e gli sfollamenti, a qualunque costo. Non possiamo impedire a Israele di ucciderci, ma possiamo fare pressione su Hamas affinché faccia delle concessioni”, ha detto.

“La gente è arrabbiata con il mondo intero”, compresi gli Stati Uniti, Israele e Hamas, ha detto un giovane palestinese di 19 anni che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di ritorsioni. “Vogliamo che Hamas risolva questa situazione, restituisca gli ostaggi e metta fine a tutta questa faccenda”.

Da quando Hamas ha lanciato i suoi attacchi contro il sud di Israele il 7 ottobre, a Gaza sono occasionalmente scoppiate proteste di modeste dimensioni, con i manifestanti che chiedevano la fine della guerra. Molti degli slogan scanditi nei giorni scorsi ricordavano il movimento Bidna N'eesh (“Vogliamo vivere”), emerso durante le proteste di Gaza del 2019. Quelle proteste furono represse violentemente da Hamas che affermò che erano state orchestrate da Fatah. Hamas ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle ultime elezioni palestinesi, tenutesi nel 2006. L'anno successivo, dopo mesi di disordini tra le fazioni e una settimana di pesanti scontri di piazza, ha preso il potere a Gaza dall'Autorità Palestinese, sostenuta dall'Occidente e dominata dal movimento laico Fatah. I gruppi per i diritti umani affermano che sia l'Autorità Palestinese che Hamas reprimono violentemente il dissenso, sopprimendo le proteste nelle aree da loro controllate e imprigionando e torturando i critici.

Questa volta le proteste non sono state represse. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, in un post su Facebook, ha scritto che le persone hanno il diritto di protestare, ma che la loro attenzione dovrebbe essere rivolta all'“aggressore criminale”, Israele.

La Striscia di Gaza è stata devastata da oltre 17 mesi di guerra tra Israele e Hamas. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che aveva provocato la morte di 1.218 persone, gli attacchi incessanti di Israele sulla Striscia hanno portato alla morte di oltre 50mila gazawi, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute di Gaza. I bombardamenti e le operazioni di terra di Israele hanno causato vaste distruzioni e al loro culmine hanno causato lo sfollamento di circa il 90% della popolazione di Gaza. [Qui un bell'approfondimento di Haaretz con una cronologia che mostra come giorno dopo giorno si sia arrivati a varcare la soglia dei 50mila morti].

Le proteste sono scoppiate una settimana dopo che Israele ha posto fine al fragile cessate il fuoco lanciando un'ondata di attacchi a sorpresa che hanno ucciso quasi mille persone. All'inizio di marzo, Israele ha interrotto le consegne di cibo, carburante, medicine e aiuti umanitari ai circa 2 milioni di gazawi. 

Negli attacchi di questi giorni sono stati uccisi altri due operatori dei media: Mohammed Mansour, giornalista di Palestine Today, e Hossam Shabat, reporter di Al Jazeera Mubasher. In entrambi i casi si è trattato di attacchi avvenuti senza preavviso: Mansour è stato ucciso mentre era nella sua abitazione con la sua famiglia, Shabat è stato colpito mentre era alla guida della sua macchina. Dal 7 ottobre 2023, secondo le segnalazioni raccolte dal Committee to Protect Journalists (CPJ), sono più di 170 i giornalisti e gli operatori dei media uccisi a Gaza, in Cisgiordania, in Israele e in Libano. È il conflitto più letale per i giornalisti da quando il CPJ ha iniziato a raccogliere dati nel 1992. Ad oggi, il CPJ ha stabilito che almeno 11 giornalisti e due operatori dei media sono stati direttamente presi di mira dalle forze israeliane in uccisioni che il CPJ classifica come omicidi.

Anche in Cisgiordania proseguono gli attacchi dei coloni nei confronti dei palestinesi. A Hebron, la famiglia Abd al-Basit, uscita per una cena iftar, il pasto che interrompe il digiuno quotidiano durante il mese di Ramadan, ha scoperto al suo ritorno che la sua abitazione era stata occupata da un gruppo di coloni che sostenevano di aver acquistato legalmente la casa. Al loro arrivo, l'esercito israeliano ha impedito alla famiglia di entrare in casa mentre i coloni la svuotavano dei loro effetti personali. La famiglia ha chiamato la polizia, che li ha mandati da un ufficiale del coordinamento distrettuale e di collegamento delle IDF, responsabile della comunicazione con i palestinesi in Cisgiordania. L'esercito non ha risposto alle richieste di commento. I sette membri della famiglia Abd al-Basit, la cui casa si trova vicino alla zona ebraica di Hebron, si sono recati a casa di un parente per un pasto per il loro digiuno, che termina al tramonto.

Sempre a Hebron, le forze israeliane hanno negato ai palestinesi l'accesso completo alla Moschea di Abramo, simbolo della città, per il quarto venerdì consecutivo, ha dichiarato il ministro palestinese degli Affari religiosi, come riportato dall'agenzia di stampa Wafa. La moschea è venerata da ebrei e musulmani come luogo di sepoltura dei patriarchi religiosi. Gli ebrei venerano il sito come la Tomba dei Patriarchi, mentre i musulmani la chiamano Moschea di Abramo, dal nome del patriarca Abramo. Nel 1994, un colono israeliano, Baruch Goldstein, uccise a colpi di mitragliatrice 29 palestinesi e ne ferì più di 100 mentre pregavano nella moschea. Successivamente, durante e dopo i funerali delle vittime, ci furono violenti scontri tra manifestanti palestinesi e forze israeliane, e altri palestinesi furono uccisi, secondo l'Istituto per gli Studi Palestinesi. Dopo il massacro del 1994, Israele ha diviso la moschea, destinando il 63% al culto ebraico e il 37% a quello musulmano. La sala di preghiera per gli ebrei si trova nella sezione musulmana.

È stato rilasciato, intanto, in regista palestinese Hamdan Ballal, tra gli autori del film ‘No Other Land’, recente vincitore del premio Oscar. Come raccontato da Yuval Abraham, co-regista del film, Ballal è stato picchiato dai coloni, che avevano circondato la sua abitazione, e poi portato via dai soldati mentre era in ambulanza. Circostanza negata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che hanno dichiarato di aver arrestato tre palestinesi e un israeliano perché sospettati di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

I cinque attivisti del gruppo Center for Jewish Nonviolence (CJNV) hanno dichiarato di essere andati nel villaggio per documentare l'incidente e di essere stati attaccati a loro volta, con i coloni che hanno rotto i finestrini della loro auto e li hanno presi a pugni e colpiti con bastoni.

In questi giorni ci sono state proteste anche in Israele contro Netanyahu e il governo, accusati di minare la democrazia dopo la decisione di rimuovere Ronen Bar, il capo dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, e di riprendere gli attacchi a Gaza senza alcun riguardo per gli ostaggi detenuti nella Striscia. 

Le manifestazioni sono state organizzate da un'ampia coalizione di gruppi anti-Netanyahu che affermano che il leader israeliano sta cercando di rimanere al potere a tutti i costi. La Corte Suprema ha congelato il licenziamento di Bar dopo che sono stati presentati diversi ricorsi, tra cui quello del leader dell'opposizione Yair Lapid che ritiene Netanyahu responsabile della facilità con cui è avvenuto l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 a Israele, e sospettato di corruzione.

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Netanyahu ha accusato l'opposizione di alimentare “l'anarchia” in Israele, Lapid ha chiesto una “rivolta” se il governo respingerà la decisione della Corte Suprema di congelare il licenziamento di Bar.

Rivolgendosi all'opposizione durante un discorso in Parlamento Netanyahu ha detto che “la democrazia non è in pericolo, è il potere dei burocrati che è in pericolo”, con velato riferimento al licenziamento di Ronen Bar. “Perché non la smettete di mettere i bastoni tra le ruote al governo nel bel mezzo di una guerra? Perché non la smettete di alimentare la sedizione, l'odio e l'anarchia nelle strade?”, ha aggiunto, riecheggiando retoriche che stanno guidando gli ordini esecutivi di Trump negli Stati Uniti, riflette un articolo di Haaretz:

“Netanyahu ha adottato pienamente la retorica incendiaria e il linguaggio politico accattivante di Trump: lo “stato profondo” è contro di me, tutto ciò che viene scritto o trasmesso su di me è fake news, le élite liberali mi stanno perseguitando, la burocrazia mi sta illegalmente impedendo di governare, la magistratura è truccata contro di me, io rappresento la gente comune ma le élite stanno cercando di privare il popolo del suo libero arbitrio.”

L’Israele è nel pieno di una crisi costituzionale di proporzioni monumentali, prosegue l’articolo. “La Knesset è inefficace e debole e la struttura della democrazia parlamentare israeliana, in cui molti legislatori fanno parte del governo, nega il concetto di separazione dei poteri; l'opposizione è disfunzionale, priva di idee e paralizzata dall'inazione a causa della perenne debolezza della Knesset; i ministeri della Difesa e delle Finanze sono sotto il totale controllo di Netanyahu; la polizia ha quasi cessato di esistere come agenzia investigativa e di applicazione della legge indipendente ed è diventata il feudo dell'estrema destra, in pratica una milizia politica; la maggior parte dei media è stata volontariamente sottomessa, è diventata pienamente complice del governo o viene regolarmente intimidita da esso. Cosa resta quindi di un sistema di controlli ed equilibri un tempo efficace?”.

Immagine in anteprima via Facebook