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Ucraina

La ‘pace imperiale’ di Trump e Putin imposta all’Ucraina punta a sventrare l’Europa dall’interno

“Ci sono dei decenni in cui non accade nulla. E poi delle settimane in cui accadono decenni”. Una delle massime più celebri di Lenin, accusato il 22 febbraio 2022 dal presidente russo Vladimir Putin di essere il principale colpevole dell’esistenza dell’Ucraina, può essere facilmente traslata a ciò che è accaduto dallo scorso 12 febbraio, giorno della telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e Putin. 

Una settimana intensa e scioccante, sebbene prevedibile già durante la campagna elettorale trumpiana, che sta sconvolgendo la politica europea e globale alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina.

Cosa è successo dalla telefonata tra Putin e Trump in poi?

Monaco di Baviera, Riyad, Parigi, Ankara. Questi i centri gravitazionali delle evoluzioni che stanno portando a quella che Nathalie Tocci ha definito la ricerca di una ‘pace imperiale’ alle spalle di Kyiv e Bruxelles. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il vertice tra russi e americani in Arabia Saudita è stato “una sorpresa” appresa dai media, durante una visita al presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo a sua volta ha detto che la Turchia sarebbe un “posto ideale” per lo svolgimento di futuri negoziati per terminare la guerra in Ucraina, ribadendo l’inviolabilità dell’integrità territoriale di Kyiv. 

Trattative a cui gli Stati Uniti promettono di includere prima o poi anche europei e ucraini. Tuttavia, nella prima fase – un meeting di quattro ore e mezzo a Riyad – si sono tenute solamente tra russi e americani, alla presenza del ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, e del consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Musaad bin Mohammed Al Aiban, che avrebbero però lasciato l’incontro anticipatamente.

A rappresentare gli Stati Uniti c’erano il segretario di Stato, Marco Rubio, il consigliere per la sicurezza, Mike Waltz, e l’inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che ha recentemente avuto un importante ruolo nel forzare il presidente Benjamin Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco a Gaza. Spicca e pone delle domande l’assenza dell’inviato per Ucraina e Russia, Keith Kellogg, che nel frattempo incontrava la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.

Oltre al ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, e al consigliere per la politica estera, Yuri Ushakov, a guidare la delegazione russa era un personaggio poco noto al grande pubblico ma di fondamentale importanza. Kirill Dmitriev, noto nell’ambiente moscovita come Kiriusha e vicino alla figlia di Putin, è pure grande amico del principe saudita, Mohammad bin Salman Al Sa'ud, da cui ha ricevuto una medaglia al valore nel 2019, durante la presidenza Trump. Riyad è infatti un grande alleato sia per il tycoon che per Putin, e Dmitriev è soprattutto un uomo d’affari: è presidente del Russian Direct Investment Fund, fondo sovrano del Cremlino. 

E difatti, nonostante l’impegno per la creazione di gruppi di negoziazione, più che idee concrete per cercare quella pace “giusta e sostenibile [...] accettabile da tutte le parti in causa, incluse Ucraina, Europa e Russia,” come ha dichiarato Rubio, i partecipanti hanno discusso di uno dei temi preferiti dell’amministrazione Trump: le “opportunità economiche e di investimenti” possibili dopo la fine della guerra in Ucraina e una “normalizzazione” dei rapporti fra Washington e Mosca. E un primo affare, cruciale, per i russi potrebbe essere sbarazzarsi delle sanzioni imposte in questi tre (dieci) anni.

Nel frattempo, Zelensky che aveva annunciato proprio alla vigilia della caotica Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, tenutasi tra il 14 e il 16 febbraio, una coincidente missione questa settimana negli Emirati Arabi, Turchia e proprio Arabia Saudita, ha cancellato la visita presso quest’ultima. Ha per di più aggiunto che non avrebbe partecipato al meeting nemmeno in caso di invito, reiterando il messaggio per cui un capo di Stato dovrebbe incontrare suoi pari, non presenti a Riyad. 

Putin non ha ufficialmente commentato l’esito dei colloqui, ma la portavoce del ministero degli Esteri Marija Zacharova, mentre rivolgeva l’ennesima minaccia a Sergio Mattarella, chiariva come una priorità di Mosca rimanesse “la cancellazione della dichiarazione del summit NATO a Bucarest del 2008” in cui si invitavano Ucraina e Georgia a entrare, in un futuro indefinito, nell’alleanza. Lavrov, invece, ha definito “inaccettabile” l’eventuale invio di forze di peacekeeping internazionali in Ucraina come parte delle richieste di sicurezza di Zelensky, ad ora raccolte in maniera credibile solo dal primo ministro britannico Keir Starmer (mentre Macron ha fatto un dietrofront sul ruolo francese).

Più in generale, è chiaro come l’obiettivo di Mosca sia ridiscutere l’intera architettura di sicurezza europea, un tema centrale nella retorica dell’invasione russa del 2022. Ciò che è nuovo è che per la prima volta riesce a farlo con il benestare di Washington. Trump, da una parte bastonando l’Unione Europea e accusando Kyiv dello scoppio della guerra, dall’altra annunciando un incontro col presidente russo entro fine mese, concede a Putin una vittoria comunicativa e politica che l’autocrate russo cercava da 25 anni: poter vendere al proprio pubblico interno, ma ancora di più all’estero, le relazioni USA-Russia come fra pari.

Una possibile, probabile e tragica pace imperiale che profuma di anni ‘30, per l’esclusione di Kyiv, ma che sa anche di Guerra Fredda, sebbene i rapporti di potere siano in realtà incomparabili, al di là della propaganda del Cremlino e delle concessioni di Trump. Nonostante la retorica, e seppur trainata dall’economia di guerra, Mosca impero non lo è più da tempo: e davanti alla facciata di grandezza appare chiara l’ombra cinese, non pronta tuttavia a formalizzare un’alleanza a lungo termine con due partner che ritiene inaffidabili come Russia e Corea del Nord, e piuttosto incline a voler sfruttare un disimpegno statunitense dall’Europa ma pure dall’Ucraina stessa.

Nel tentativo di coordinare una risposta, il presidente francese Emmanuel Macron ha organizzato una riunione emergenziale con Von der Leyen e i principali capi di Stato europei. Il tema sullo sfondo dell’incontro parigino era delineare una strategia chiara e condivisa per difendersi, a lungo termine, dall’aggressività di Mosca alla luce del disimpegno americano. I principali giornali europei, tra cui quelli più vicini a Bruxelles come Politico Europe, hanno sottolineato come i leader europei non abbiano trovato una “risposta pronta” alla bomba di Trump. 

Un obiettivo difficile, considerando pure le imminenti elezioni in Germania dove l’amministrazione trumpiana sostiene l’estrema destra di AfD, chiarendo in modo emblematico il piano globale di Trump – che poi è quello del Cremlino da metà anni ‘10: sfaldare l’Europa dall’interno, rendendola irrilevante di fronte al nuovo ordine globale, che più che di multipolarismo pare ora assumere la forma dell’anarchia. Un avvertimento parzialmente raccolto anche dall’Alta Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Kaja Kallas. Una possibile alleanza tra Washington e Mosca, è un rischio esistenziale per l’Europa unita in quanto tale, avvertono i francesi.

In attesa di capire cosa sarà del piano da 700 miliardi euro per il sostegno all’Ucraina ipotizzato a Monaco, tra gli altri, dalla Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato), ci sono state decisioni minori, come l’approvazione di un pacchetto di aiuti militari da 6 miliardi di euro. 

Ci si aspetta, però, che ulteriori risposte sulla strategia europea possano arrivare dal secondo meeting emergenziale di oggi 19 febbraio, di nuovo a Parigi, esteso a un gruppo più ampio di paesi, tra cui alleati ferrei di Kyiv come i paesi baltici, Canada e Norvegia. Durante il quale, idealmente, dovrebbero fare da faro le indicazioni di Mario Draghi per cui “l'UE è il principale nemico di sé stessa”: di fronte alla prospettiva concreta di rimanere soli, bisogna superare il tempo dei veti incrociati e delle attese.

Cosa sta cambiando?

Di certo non per decenni, ma per circa un anno la narrazione è stata quella di uno stallo sul campo di battaglia in Ucraina, dopo l’eroica resistenza di Kyiv tra il 2022 e l’inizio del 2023 che aveva portato alla difesa della capitale ucraina e alla liberazione di Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Kherson. 

Dopo la caduta di Bakhmut nella primavera del 2023, la guerra è diventata un lento logoramento che ha leggermente avvantaggiato il Cremlino, per lo meno dal punto di vista quantitativo - quel che conta di più per Putin, d’altronde.

Poche centinaia di metri quadrati al giorno, in media, di avanzata, al costo di centinaia di migliaia di vite perse - da una parte, come dall’altra. Secondo la maggioranza degli analisti, molte più per i russi che hanno pure dovuto cercare alleanze inedite come quella con la Corea del Nord nella difesa dell’oblast’ di Kursk, o con l’Iran a metà 2022 sui droni Shaheed, per portare avanti la distruzione di quello che la propaganda russa ha sempre definito un ‘paese fratello’.

In tre settimane Trump ha spazzato via l’incertezza che aleggiava negli ultimi mesi dell’amministrazione Biden. Da diversi mesi si parlava di possibili quanto vaghi colloqui di pace riguardanti i territori occupati da Mosca, circa il 20% del territorio internazionalmente riconosciuto dell’Ucraina. Trump e Vance hanno trasformato questa incertezza in caos durante la Conferenza di Monaco, tenutasi nello scorso fine settimana.

La nuova amministrazione repubblicana ha gradualmente alzato l’asticella comunicativa: da una parte bistrattando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, chiarendo come un obiettivo secondario di Trump sia sentenziare la sua morte politica, dall’altra usando più la carota che il bastone con il Cremlino - quest’ultima una tattica priva di credibilità e sostegno, soprattutto all’interno dell’UE e soprattutto a Kyiv. Zelensky continua a ripetere come l’Ucraina non accetterà alcun ultimatum da parte russa.

Prima di essere esclusa dal tavolo di Riyad, Bruxelles ha ricordato a Trump di dover essere considerata parte di eventuali trattative. Lo stesso aveva dovuto fare Zelensky dopo la telefonata fra il presidente russo e quello americano: gli avvenimenti del 12 febbraio hanno definito un ordine di autorità, se non di preferenza, fra le due parti nell’astratto (ma sempre più concreto e cinico) piano di pace di Trump: Putin prima, Zelensky poi. Una rivoluzione rispetto all’approccio di Biden e dell’amministrazione democratica. 

Una rivoluzione in parte scontata, ma ugualmente una doccia fredda per uno Zelensky che era apparso, fino alla scorsa settimana, più concessivo nei confronti della retorica trumpiana, ma negli scorsi giorni sempre più veementemente ha cominciato a esprimere la propria rabbia e frustrazione per la tattica americana.

All’attesa Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, iniziata venerdì 14 febbraio, il vice-presidente JD Vance ha offerto un esempio di quella strategia comunicativa teorizzata da Steve Bannon che, in un’intervista di qualche anno fa, disse: “Il partito di opposizione sono i media. E i media, poiché stupidi e pigri, possono concentrarsi solo su una cosa alla volta. Tutto ciò che dobbiamo fare è inondarli. Ogni giorno li colpiamo con tre cose. Abboccheranno a una sola, e riusciremo a fare tutto ciò che vogliamo. [...] Ma dobbiamo iniziare alla velocità della luce”. 

Vance, che in campagna elettorale aveva detto che la guerra in Ucraina è un problema dell’Europa, ha aperto la Conferenza di Monaco ipotizzando l’invio di soldati statunitensi a supporto di Kyiv qualora Mosca sabotasse le trattative, smentendo peraltro le dichiarazioni di appena due giorni prima del suo segretario alla Difesa, Pete Hegseth. 

Poche ore dopo, Vance smentiva doppiamente sé stesso, dicendo come si potrebbe arrivare “a un accordo ragionevole” per entrambe le parti: è il gioco delle parti della diplomazia del nuovo ordine trumpiano, non solo tra diversi esponenti del cerchio ristretto del presidente (e autoevidente nel Grand Old Party nel suo complesso) ma anche fra le loro molteplici personalità, come dimostrato dallo show bavarese di Vance, che ne ha avuto per tutti, soprattutto l’Unione Europea intesa come coalizione di forze politiche diverse dall’estrema destra sostenuta oggi da Washington (e foraggiata nell’ultimo decennio dal Cremlino).

Se le prime due settimane di presidenza di Trump si sono concentrate a smantellare l’ordine interno e su Gaza per quanto riguarda la politica estera, febbraio segna il mese di Kyiv e Mosca. Nella strategia di Washington a breve termine, ciò implica l’esclusione della prima.

Cosa ci aspetta?

La nuova fase aperta ufficialmente il 12 febbraio, in qualche modo prevista dalle analisi delle settimane precedenti che ha confermato, seppur non ancora nei fatti quanto più sul piano simbolico, l’avvio di una nuova fase della guerra in Ucraina e più in generale dei mutevoli equilibri globali: la possibile, probabile e, per almeno una e mezza delle parti in causa, desiderabile spartizione di uno Stato sovrano, evento a cui assistiamo in diretta per la prima volta da 80 anni. 

Con conseguenze imprevedibili per l’ordine internazionale, e anche questo è stato ripetuto a lungo negli ultimi tre anni. Mentre, al contrario, viene spesso dimenticato il destino di quelle milioni di persone che a Mariupol’, Donec’k, Berdyans’k e Luhans’k ci abitano.

Prima le proposte, da parte di Trump, più strampalate, ad esempio il ricatto sulle terre rare, e la sua nemmeno troppo velata retorica neocoloniale, espressa nel piano segreto che puntava a ottenere un controllo economico quasi totale sull’Ucraina, chiedendo a Kyiv un “risarcimento” di 500 miliardi di dollari in merito agli aiuti americani degli ultimi tre anni. Una retorica che punta a colpevolizzare l’Ucraina, rinforzata dalle dichiarazioni di Trump per cui sarebbe il paese invaso e non il Cremlino ad aver provocato lo scoppio della guerra.

Tattiche comunicative e negoziali utili a confondere l’opinione pubblica e indebolire ulteriormente (nel tentativo ultimo di umiliare) la fragile posizione di Kyiv che si siederebbe al tavolo delle trattative in una posizione decisamente svantaggiata rispetto ad appena un anno fa. Nel farlo, il presidente americano ha persino dichiarato che “l’Ucraina potrebbe essere russa un giorno”, confermando paradossalmente i fondati timori sia ucraini che europei che le trattative annunciate saranno una tregua a orologeria, più che una pace duratura, nonostante le dichiarazioni dell’establishment americano puntino a narrare l’esatto opposto.

Il nuovo corso repubblicano getta benzina sul fuoco sulla difficile situazione interna di Kyiv, in cui il reclutamento è sempre più tortuoso (è d’altronde complicato trovare motivazioni, dopo tre anni di sofferenza, quando viene a mancare il senso complessivo della lotta di resistenza dopo il tradimento del principale alleato, che Zelensky ha paragonato a quello avvenuto in Afghanistan) e l’ordine politico sempre più caotico, come dimostrato dalle sanzioni ad personam verso l’ex presidente Petro Poroshenko, insieme ad altri oligarchi, approvate da Zelensky proprio il giorno successivo alla telefonata Putin-Trump.

Una parte consistente del piano di Trump, in evoluzione, è obbligare Zelensky a tenere elezioni quest’anno, nella speranza non sia l’attuale presidente ucraino a firmare l’effettivo accordo di pace col Cremlino, che persevera nella narrazione del ‘presidente illegittimo’.

Proprio il suo avversario Poroshenko, in un’intervista al media ucraino Censor.net dello scorso 16 febbraio, ha invitato “ad annotare questa data: 26 ottobre”. Poroshenko dichiara di avere le prove per cui le elezioni si terranno quel giorno: a quanto dice l’ex presidente ucraino la commissione elettorale centrale sta aggiornando i propri registri, mentre lo stabilimento tipografico 'Ucraina' “sta già elaborando quante schede elettorali saranno necessarie”.

Al di là della popolarità in discesa di Poroshenko, gli inside politici a Kyiv sono spesso manovrati dall’alto, e non sarebbe sorprendente se l’informazione sia arrivata all’ex presidente proprio da ambienti vicini all’attuale amministrazione per affossarne il futuro politico. In ogni caso, confermano come l’Ucraina stia entrando, probabilmente controvoglia, verso una nuova confrontazione politica interna. 

Mentre la guerra continua, e poche ore dopo Riyad alcuni droni russi dal Mar Nero attaccano quella che la propaganda del Cremlino definisce una delle città madri russe, Odessa, la stessa intelligence statunitense sottolinea come al momento non si scorgano reali volontà di Putin di fermare la guerra.

Le previsioni di Poroshenko d’altro canto affascinano gli amanti delle dietrologie e degli incastri celesti nella politica internazionale. Il 26 ottobre cade sei mesi dopo la data scelta da Trump, secondo Bloomberg, per il cessate il fuoco che aprirebbe a nuove elezioni. E dopo queste alla firma della pace da parte del nuovo governo ucraino, secondo fonti diplomatiche il più filorusso possibile nei desideri di Mosca e Washington, ispirate dallo ‘spirito di Riyad’.

La data è quella del 20 Aprile, celebrazione, quest’anno, della Pasqua sia di rito cattolico che ortodosso. Aspettando di comprendere fino in fondo quale mondo ci si troverà davanti fra due mesi: Trump si è insediato da meno della metà.

Immagine in anteprima: frame video FirstPost via YouTube

Tutte le bugie di Trump su Zelensky e l’Ucraina

In questi giorni in cui proseguono i colloqui con la Russia di Putin per la ‘pace imperiale’ imposta all’Ucraina, alle spalle di Kyiv e Bruxelles, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rilasciato una serie di dichiarazioni, nel migliore dei casi controverse e nel peggiore dei casi completamente false e fuorvianti, sull’Ucraina e su Zelensky. Diverse testate giornalistiche hanno verificato le affermazioni di Trump. Abbiamo raccolto le principali.

All'Ucraina: non avreste mai dovuto iniziare (la guerra)

Trump: “Ma oggi ho sentito: 'Oh, beh, non siamo stati invitati'. Beh, siete stati lì per tre anni. Avreste dovuto farla finita tre anni fa. Non avreste mai dovuto iniziare. Avreste potuto fare un accordo”.

I fatti: Le autorità ucraine hanno espresso insoddisfazione per non aver preso parte ai colloqui di Riad. Ma Trump ha respinto queste affermazioni, dicendo ai giornalisti che l'Ucraina aveva avuto tre anni per porre fine alla guerra, facendo intendere che è stata Kyiv a iniziare il conflitto. In buona sostanza Trump è parso riprendere le posizioni della Russia. Nel febbraio 2024 il presidente russo Putin ha detto al conduttore statunitense Tucker Carlson: “Sono stati loro ad iniziare la guerra nel 2014. Il nostro obiettivo è fermare questa guerra. E non abbiamo iniziato questa guerra nel 2022”.

L'invasione russa dell'Ucraina non è stata provocata ed è stata ampiamente condannata dalla comunità internazionale come un atto di aggressione. La Russia ha lanciato un'invasione su vasta scala dell'Ucraina nel febbraio 2022, dopo aver annesso la Crimea nel 2014. Come ricostruisce la storica statunitense Heather Cox Richardson nella newsletter Letter from America, l’annessione è avvenuta dopo che il presidente filorusso dell'Ucraina, Yanukovich, era stato spodestato dopo mesi di manifestazioni popolari. I cittadini ucraini protestavano per la decisione dell’allora presidente di interrompere la cooperazione con l’Unione Europea e accettare un prestito della Russia di tre miliardi di dollari, prima tranche di un piano complessivo di salvataggio da 15 miliardi di dollari, come aveva sostenuto all'epoca il ministro delle finanze russo Anton Siluanov.

La Russia ha anche sostenuto le forze che hanno occupato alcune zone dell'Ucraina orientale e ha accusato il nuovo governo di Kyiv di discriminazione e genocidio contro i russofoni. Accuse respinte dalla Corte internazionale di giustizia.

Dopo il fallimento degli accordi che miravano a porre fine al conflitto post-2014, la Russia ha iniziato un massiccio spiegamento di truppe al confine con l'Ucraina nella primavera del 2021. Putin ha lanciato l'invasione il 24 febbraio 2022, affermando che lo scopo dell'operazione era “demilitarizzare e denazificare” il governo filo-occidentale di Volodymyr Zelensky e impedire al paese di aderire alla NATO. Ma nelle elezioni del 2019, i partiti di estrema destra avevano preso appena il 2% e va sottolineato che Zelensky è ebreo e il suo partito è stato considerato centrista. Per quanto riguarda la NATO, non è stato avviato alcun processo formale di adesione dell’Ucraina, sebbene nel 2019 il governo di Poroshenko abbia deciso di inserire in Costituzione l’adesione alla NATO.

Nel periodo precedente all'invasione russa dell'Ucraina, Zelensky si è offerto ripetutamente di incontrare la sua controparte russa. Cinque giorni prima che le truppe russe entrassero in Ucraina, Zelensky ha dichiarato: “Siamo pronti a sederci e parlare. Scegliete la piattaforma che preferite”.

Per dissuadere Mosca dal lanciare l'invasione, gli Stati Uniti hanno declassificato e pubblicato rapporti dei servizi segreti che rivelavano i piani di attacco della Russia, avvertendo che sarebbero seguite dure sanzioni economiche se il Cremlino avesse proceduto.

Nei giorni e nelle settimane successive all'invasione, i negoziatori ucraini e russi hanno tenuto diversi cicli di colloqui in Bielorussia e Turchia. Tuttavia, le richieste della Russia erano massimaliste, inclusa la parziale smilitarizzazione dell'Ucraina che avrebbe di fatto paralizzato la capacità del paese di difendersi in futuro.

Anche Mike Pence, vicepresidente di Trump durante il suo primo mandato, ha voluto precisare in un post su X: “Signor Presidente, l'Ucraina non ha ‘iniziato’ questa guerra. La Russia ha lanciato un'invasione brutale e non provocata, che ha causato centinaia di migliaia di vittime”.

Zelensky è impopolare e impedisce le elezioni

Trump: “Abbiamo una situazione in cui non abbiamo avuto elezioni in Ucraina. Beh, abbiamo la legge marziale, essenzialmente la legge marziale in Ucraina, dove il leader in Ucraina, voglio dire, odio dirlo, ma ha un indice di gradimento del 4% e dove un paese è stato fatto a pezzi. La maggior parte delle città sono distrutte.”

I fatti: Le parole di Trump ricalcano quanto affermato a più riprese dal Cremlino. Il 28 gennaio il presidente russo Putin ha definito Zelensky “illegittimo”, in un’intervista ai media russi, proprio perché il suo mandato è terminato.

In effetti, il mandato quinquennale di Zelensky avrebbe dovuto concludersi nel maggio 2024. Tuttavia, l'Ucraina è sotto legge marziale dall'invasione russa del febbraio 2022, il che significa che le elezioni sono sospese. Ma c’è un però.

Le leggi marziali in Ucraina non nascono con Zelensky, sono state redatte nel 2015, poco dopo l'annessione della penisola di Crimea da parte della Russia e anni prima che Zelensky e il suo partito salissero al potere. 

Per quanto riguarda il consenso, Zelensky è diventato presidente dell’Ucraina nel 2019, ottenendo al ballottaggio il 73% dei voti in elezioni definite dall’OSCE “competitive e [dove] le libertà fondamentali sono state generalmente rispettate”.

Sebbene la popolarità del presidente ucraino sia diminuita dall'inizio dell'invasione russa, un sondaggio di febbraio condotto dall'Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev ha rilevato che il 57% degli ucraini si fida del presidente, in aumento rispetto al 52% di dicembre.

Altri sondaggi sembrano vedere in vantaggio il più diretto rivale di Zelensky, l'ex capo dell'esercito Valerii Zaluzhnyi, e in ogni caso prospettano un ballottaggio tra i due.

Zelensky ha promesso di indire nuove elezioni una volta terminato il conflitto e deve ancora confermare la sua intenzione di candidarsi. Alcuni esperti hanno osservato che sarebbe praticamente impossibile tenere elezioni in Ucraina prima della fine del conflitto, poiché persistono gli attacchi russi su molte città e milioni di cittadini sono sfollati all'estero o vivono sotto l'occupazione russa.

“La nostra posizione è che durante una guerra non c'è spazio per la politica, e soprattutto non per le elezioni”, ha dichiarato Valentyn Nalyvaichenko, un parlamentare del partito Patria dell'ex primo ministro Yulia Tymoshenko ed ex capo dell'agenzia di sicurezza SBU. “Sarebbe la fine per l'Ucraina. Iniziare un'attività politica o elettorale significherebbe la vittoria di Putin il giorno dopo”.

L'ex presidente Poroshenko ha dichiarato di avere le prove per cui le elezioni si terranno il 26 ottobre. Resta da capire quanto le sue affermazioni siano solide. Resta il fatto che una parte consistente del piano di Trump, in evoluzione, è obbligare Zelensky a tenere elezioni quest’anno, nella speranza che non sia l’attuale presidente ucraino a firmare l’effettivo accordo di pace col Cremlino.

Gli Stati Uniti danno più aiuti all'Ucraina rispetto all'Europa

Trump: “Credo che il presidente Zelensky abbia detto la scorsa settimana di non sapere dove sia finita metà dei soldi che gli abbiamo dato. Beh, credo che gli abbiamo dato 350 miliardi di dollari, ma diciamo che è qualcosa di meno. Ma è molto, e dobbiamo pareggiare con l'Europa perché l'Europa ha dato una percentuale molto più piccola di quella.

Penso che l'Europa abbia donato 100 miliardi di dollari e noi abbiamo donato, diciamo, più di 300 miliardi, ed è più importante per loro che per noi. Abbiamo un oceano in mezzo e loro no. Ma dove sono finiti tutti i soldi donati? Dove stanno andando? E non ho mai visto un resoconto. Noi doniamo centinaia di miliardi di dollari”.

I fatti: Ci sono molti numeri che girano, con diverse metodologie utilizzate per calcolare i singoli contributi. Secondo l’Ukraine Support Tracker dell'Istituto Kiel per l'economia mondiale, l'Europa, considerata come la somma dell'UE e dei singoli Stati membri, ha stanziato 132,3 miliardi di euro in aiuti all'Ucraina, contro i 114,2 miliardi di euro degli Stati Uniti. A questi, sempre secondo il tracker, si aggiungerebbero altri 115 miliardi di euro.

I maggiori contributi in percentuale del PIL sono stati effettuati da Estonia e Danimarca (2,5%), Lituania (2,1%), Lettonia (1,8%), Finlandia (1,3%), Svezia e Polonia (1,2%).

Martedì, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha fatto notare all'inviato USA in Ucraina, Keith Kellogg “il ruolo fondamentale dell'UE nel garantire la stabilità finanziaria e la difesa dell'Ucraina”, sottolineando “più di ogni altro alleato”.

Il segretario generale della NATO, Mark Rutte, ha dichiarato la scorsa settimana che nel 2024: “Gli alleati della NATO hanno fornito oltre 50 miliardi di euro in assistenza alla sicurezza all'Ucraina, di cui quasi il 60% proveniente dall'Europa e dal Canada”.

Inoltre, quando Zelensky dice di non sapere dove siano finiti i soldi degli aiuti americani, sta in realtà mettendo in discussione le cifre fornite da Trump. Queste le parole del presidente ucraino all’Associated Press il 2 febbraio: “Come presidente di una nazione in guerra, posso dirvi che abbiamo ricevuto più di 75 miliardi di dollari. (...) Stiamo parlando di cose tangibili perché questo aiuto non è arrivato in contanti ma piuttosto sotto forma di armi, che ammontavano a circa 70 miliardi di dollari. Ma quando si dice che l'Ucraina ha ricevuto 200 miliardi di dollari per sostenere l'esercito durante la guerra, non è vero”, ha detto Zelensky. “Non so dove siano finiti tutti quei soldi. Forse è vero sulla carta con centinaia di programmi diversi, non lo metto in discussione, e siamo immensamente grati per tutto. Ma in realtà abbiamo ricevuto circa 76 miliardi di dollari. È un aiuto significativo, ma non sono 200 miliardi di dollari“. 

In sintesi, Zelensky non ha fatto altro che ribadire quanto diversi esperti negli Stati Uniti e altrove hanno ripetutamente sottolineato, e cioè che gran parte degli aiuti USA all’Ucraina non sono arrivati sotto forma di denaro consegnato al governo ucraino.

Come scriveva lo scorso maggio, ad esempio, il think tank Center for Strategic and International Studies: “Il concetto di ‘aiuto all'Ucraina’ è improprio. Nonostante le immagini di “pacchi di denaro” inviati all'Ucraina, circa il 72% di questo denaro in generale e l'86% degli aiuti militari saranno spesi negli Stati Uniti. La ragione di questa percentuale elevata è che le armi destinate all'Ucraina sono prodotte in fabbriche statunitensi, i pagamenti ai membri delle forze armate statunitensi sono per lo più spesi negli Stati Uniti e anche una parte degli aiuti umanitari viene spesa negli Stati Uniti”.

La Russia non sta schierando tutto il suo potenziale militare in Ucraina

Trump: “La Russia non intende distruggere Kiev, se avesse voluto, l'avrebbe già fatto. La Russia è in grado di spazzare via al 100% le città ucraine, compresa Kiev, ma al momento sta attaccando solo al 20%.”

I fatti: non ci sono indicazioni che la Russia abbia accumulato armi o trattenuto le sue capacità militari nella lotta. Anzi, in base alle informazioni a disposizione, la Russia ha scatenato tutta la sua forza militare, compresi missili e artiglieria a lungo raggio, sulle città ucraine, causando una distruzione diffusa, in particolare nella parte orientale.

Mentre le sue scorte diminuivano, Mosca ha fatto ricorso ai missili nordcoreani che continuano a colpire le città ucraine. 

La Russia vuole fermare la guerra

Trump: “Beh, molto più fiduciosi [sui colloqui]. Sono stati molto buoni. La Russia vuole fare qualcosa. Vogliono fermare la barbarie selvaggia”.

I fatti: i funzionari russi, compreso il presidente Vladimir Putin, hanno ripetutamente dichiarato che non fermeranno i combattimenti in Ucraina finché tutti gli obiettivi di Mosca non saranno raggiunti, sia attraverso la diplomazia che con la forza militare.

Putin ha già chiesto la “demilitarizzazione dell'Ucraina” e ha detto di volere il pieno controllo di quattro regioni dell'Ucraina orientale e meridionale – Donetsk, Kherson, Zaporizhzhia e Luhansk – che la Russia attualmente occupa in parte.

Secondo quattro funzionari dell'intelligence occidentale e due funzionari del Congresso degli Stati Uniti, le informazioni provenienti dagli Stati Uniti e dai paesi alleati, citate martedì dai media statunitensi, suggeriscono che Putin vuole ancora controllare tutta l'Ucraina.

Immagine in anteprima via Flickr.com

Dodici ore di idee e proposte per la Pace nel terzo anniversario della guerra di Putin in Ucraina

Insieme contro tutte le guerre, la pulizia etnica e la corsa al riarmo

Un appuntamento di mobilitazione “virtuale” (ma con temi e proposte reali e concerti) promosso da cinque Reti della società civile italiana da tempo attive congiuntamente sul tema della Pace.

Sarà questa la proposta di Europe For Peace, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Sbilanciamoci e Coalizione Assisi Pace Giusta in occasione del terzo anniversario dell’invasione russa in Ucraina.

“Tre anni dell’invasione della Russia in Ucraina.
Tre anni di guerra. Tre anni di escalation militare.
Tre anni in cui l’Europa è piombata in una economia di guerra.
Tre anni di morti, distruzioni, milioni di sfollati.

Tre anni di guerra alla natura e alle risorse del pianeta.
Tre anni di oblio della ragione e della politica, in balia della violenza delle armi, dell’arroganza e della prepotenza.
Tre anni di censura dell’informazione”, si legge nel testo di convocazione della “maratona” online di dibattiti, approfondimenti, informazioni, confronti che caratterizzerà il prossimo 24 febbraio del movimento pacifista italiano.

Con un obiettivo chiaro: “Cessate il fuoco è la priorità, oggi più di ieri.

Fermare la guerra in Europa per ristabilire giustizia e sicurezza condivisa con gli strumenti della politica e della diplomazia, nel quadro del diritto internazionale e non con nuovi ricatti, affari o accordi segreti”.

Tra i temi del ricco palinsesto che si va definendo in queste ore – oltre a interventi, testimonianze, tavole rotonde, collegamenti dalle città e dalle piazze di tutta Italia– sono previsti dibattiti e proposte sul perché di questa guerra in Europa (e sulle possibilità di evitarla), sui suoi costi umani, ambientali, ed economici.

Anche partendo dalla consapevolezza di trovarci tutti dentro un’economia di guerra, con un’Europa che corre verso un riarmo sempre già intenso.

E con la necessità di capire la direzione in cui stiamo andando (Sistema ONU o sistema Trump?) per poter individuare le modalità con cui costruire una Pace positiva e vera.

Il momento collettivo di confronto e approfondimento di lunedì 24 febbraio sarà il culmine di una serie di iniziative e eventi che i gruppi territoriali legati alle Reti promotrici organizzeranno anche nei giorni precedenti questa data simbolica.

L’auspicio, per le Reti promotrici, è che questi momenti possano diventare “occasione di mobilitazione e di riflessione per capire il perché e le responsabilità, per fare i conti con questa guerra europea, per ascoltare le voci della nonviolenza e per ribadire che esiste un’alternativa alla guerra: la politica di pace”.

L’iniziativa si svolgerà dalle ore 10:00 alle ore 22:00 di lunedì 24 febbraio, con diretta streaming sul canale YouTube di Rete Pace Disarmo, sulle pagine Facebook di Fondazione PerugiAssisi e Sbilanciamoci, e sulle piattaforme digitali delle organizzazioni facenti parte delle cinque Reti promotrici.

Rete Italiana Pace e Disarmo
Segreteria Nazionale c/o Casa per la Nonviolenza
via Spagna 8 – Verona

per contatti mail:
media@retepacedisarmo.org
328/3399267 (Francesco Vignarca – Coordinamento Campagne)

Rete Italiana Pace e Disarmo

Il Presidio di pace delle donne a Palermo compie tre anni

24 FEBBRAIO 2022 – 24 FEBBRAIO 2025: tre anni di guerra in Europa

Il Presidio di Pace delle donne inizia nel 2022 subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Noi, donne di diverse associazioni – progressiste, democratiche, antifasciste, femministe, nonviolente -abbiamo preso l’impegno da allora di testimoniare il nostro NO alla guerra e all’invio di armi con un presidio settimanale in piazza Vittorio Veneto a Palermo.

In questa piazza si trova il monumento dedicato ai martiri eroi della prima guerra mondiale. Abbiamo quindi scelto un luogo simbolico per significare che non vogliamo più né eroi né martiri. Prima di tutto la vita!

La scritta del nostro striscione, “Fuori la guerra dalla storia”, lanciata da Bertha von Suttner, pacifista austriaca, più di un secolo fa, rappresenta bene il nostro pensiero.

Siamo convinte che la guerra non sia necessaria e inevitabile, ma l’apice orrendo della logica della forza e del dominio del sistema patriarcale. Idealmente ci collochiamo in una tradizione di donne autorevoli che si sono spese per la pace e abbiamo portato in piazza le loro parole CONTRO TUTTE LE GUERRE e la militarizzazione della società e delle coscienze.

Da marzo 2023 il Presidio ha luogo ogni 24 del mese in piazza Vittorio Veneto, ma si sposta occasionalmente in altri luoghi o in altre date significative.
Il 24 novembre 2023, in rete e in piena condivisione con quello di Palermo, è nato un presidio anche a Caltanissetta.

I dati più recenti sono allarmanti: negli ultimi cinque anni il numero dei conflitti nel mondo è raddoppiato, nel solo 2024 gli episodi di violenza politica sono aumentati del 25% rispetto all’anno precedente e una persona su otto nel mondo è stata coinvolta in situazioni di conflitto. Sono dati che forniscono un quadro terribile di un mondo che diventa sempre più pericoloso, di un mondo dipendente dalla guerra.

Questo mese vogliamo ricordare, tra le decine di conflitti in corso, oltre a quelli a noi più vicini (Ucraina, Palestina), anche i più dimenticati (Kurdistan, Congo…) o ignorati (Sudan) dove le donne sono oggetto di violenze particolari, nonché i luoghi dove sono loro ferocemente negati i diritti primari (Iran, Afghanistan…).
Il presidio, nato dalle donne, è aperto a tutti/e coloro che condividano le nostre PAROLE di PACE.

Il 24 febbraio 2025 dalle ore 17.00 alle 19.00 siamo a piazza Ruggero Settimo (Politeama).

UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Emily – Governo di Lei – CIF – Le Onde – Arcilesbica – Donne della Comunità dell’Arca – Donne del Movimento nonviolento – Donne del Circolo Laudato si’

Redazione Palermo

Europa, USA, Russia: ma quale Pace?

Ciò che sta avvenendo è la spartizione territoriale dell’Ucraina tra Russia e Stati Uniti, dopo tre anni di sanguinoso conflitto, un milione di morti, danni materiali ed economici incalcolabili, sofferenze ed impoverimento generale. La Russia otterrà l’espansione regionale in Crimea e Donbass, gli Stati Uniti metteranno le mani sulle “terre rare”, mentre l’Europa sta a guardare e l’Ucraina ne esce commissariata.

Questo è il risultato della scelta militare fatta, che ha trasformato l’intera Europa in una regione ad economia di guerra, a traino della Nato. La retorica del “prima la Vittoria, poi la Pace” si è rivelata per quello che era davvero “prima la Guerra, poi la Sconfitta”. E a perderci, prima di tutti, è il popolo ucraino, che vede svanire la propria sovranità, dopo aver sacrificato un’intera generazione di giovani sull’altare del nazionalismo. L’Europa a 27 velocità, che ha accettato il ruolo di comparsa nell’Alleanza Atlantica, è indebolita e afona. Per “salvare il salvabile” si vorrebbe ancora una volta puntare tutto sulla politica di riarmo, la stessa che ha distrutto il sistema sociale della sanità e dell’istruzione nei nostri paesi. Errore fatale. L’Europa, per affrontare la questione Ucraina, ha bisogno di una politica comune di sicurezza, pace e cooperazione, non di una politica di potenza e difesa militare, e deve avere una propria visione democratica alternativa a quella oligarchica di Stati Uniti e autoritaria della Federazione Russa.

Cinque possibili passi necessari di strategia nonviolenta, per prevenire un’ulteriore escalation e per costruire una vera pace:

– creazione di una “linea di pace” sui confini tra Europa e Russia (Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina) con l’istituzione di una zona smilitarizzata, un corridoio (500 chilometri di larghezza) per tutto il confine (3000 chilometri di lunghezza). Questo lungo fronte di terra smilitarizzata, da una parte e dall’altra, non potrebbe essere attraversato da truppe militari della Russia o della Nato, o di altri eserciti europei: così si favorirebbe la distensione. La definizione e poi il controllo di questa zona russo/europea smilitarizzata (dal Mar Bianco al Mar Nero) prevede il negoziato e lo sviluppo di meccanismi di verifica efficaci; anziché concentrarsi sulla militarizzazione nazionale, ci si concentra su una zona di demilitarizzazione internazionale, pan europea, affidata a tutti i paesi coinvolti;

– avviare immediatamente una “moratoria nucleare” che coinvolga i paesi detentori di armi nucleari presenti sul continente europeo (Francia, Regno Unito, Russia, e Stati Uniti con ordigni presenti anche in Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi): impegno al non utilizzo, e apertura di negoziati per l’adesione concordata e multilaterale al TPNW (Trattato per la messa al bando delle armi nucleari);

– avviare un progetto esecutivo per la costituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, per la gestione non militare della crisi. Tra non fare nulla e mandare truppe armate, c’è lo spazio per fare subito qualcosa di utile, nell’ambito della politica di sicurezza per intervenire a livello civile nei conflitti prima che questi sfocino in guerra vera e propria, come avvenuto il 24 febbraio 2022.

I Corpi di Pace vanno costituiti e finanziati come una brigata permanente dell’Unione Europea: la loro costituzione deve rientrare nelle competenze della Commissione Europea;

– dare la parola ai movimenti civili e democratici che in Russia, Ucraina e Bielorussia si sono opposti da subito alla guerra e hanno avanzato proposte di pace, a partire dal sostegno agli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva delle parti in conflitto. Convocare con loro, veri portatori di interessi comuni, un “tavolo delle trattative” in zona neutrale e simbolica (Città del Vaticano);

– convocare una Conferenza internazionale di pace (sotto egida ONU, con tutti gli attori internazionali coinvolti e disponibili) basata sul rispetto del Diritto internazionale vigente e sul concetto di sicurezza condivisa, che metta al sicuro la pace anche per il futuro.

La Campagna di Obiezione alla guerra offre uno  strumento concreto per attuare il diritto umano fondamentale alla pace, che sul piano politico significa per gli Stati: obbligo di disarmare, obbligo di riformare in senso democratico e far funzionare i legittimi organismi internazionali di sicurezza collettiva a cominciare dalle Nazioni Unite, obbligo di conferire parte delle forze armate all’ONU come previsto dall’articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite, obbligo di riconvertire e formare tali forze per l’esercizio di funzioni di polizia internazionale sotto comando sopranazionale, obbligo di sottoporsi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.

Aderendo concretamente alla Campagna ognuno ha la possibilità personale di dichiarare formalmente la propria obiezione di coscienza e nel contempo sostenere concretamente i nonviolenti russi e ucraini che sono le uniche voci delle due parti che stanno già dialogando realmente tra di loro, che creano un ponte su cui può transitare la pace, grazie al coraggio e all’impegno di chi a Kyiv e Mosca, rischiando di persona, lavora per la crescita della nonviolenza organizzata.

Movimento Nonviolento

Movimento Nonviolento

UNICEF/UCRAINA: un bambino su cinque ha perso un familiare o un amico dall’escalation della guerra tre anni fa.

  •  Il numero di vittime tra i bambini nel 2024 è aumentato di oltre il 50% rispetto al 2023.
  • Più di 2.520 bambini sono stati uccisi o feriti dal febbraio 2022.
  • Più di 1.600 strutture scolastiche e quasi 790 strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte negli ultimi tre anni.
  • I bambini di tre anni in Ucraina hanno conosciuto solo la guerra.
  • Quasi un terzo degli adolescenti ha dichiarato di sentirsi così triste o senza speranza da smettere di svolgere le proprie attività abituali.
  • Quasi il 40% dei bambini studia solo online o attraverso un mix di lezioni in presenza e onlineValutata una perdita media nell’apprendimento di due anni in lettura e di un anno in matematica.
  • La metà dei bambini in età scolare che si trovano nei Paesi che ospitano i rifugiati non è iscritta ai sistemi educativi nazionali.

21 febbraio 2025 – Secondo i dati di un sondaggio pubblicato oggi dall’UNICEF, un bambino su cinque in Ucraina ha perso un familiare stretto o un amico  dall’escalation della guerra di tre anni fa.“Per troppo tempo, morte e distruzione sono rimaste una costante nella vita dei bambini in Ucraina”, ha dichiarato Catherine Russell, Direttrice generale dell’UNICEF. “Questo livello di violenza causa immensa paura e sofferenza e sconvolge ogni aspetto della vita di un bambino”.Il terzo anno di guerra totale in Ucraina è stato ancora più letale per i bambini rispetto all’anno precedente.Il numero di vittime tra i bambini nel 2024 è aumentato di oltre il 50% rispetto al 2023. Più di 2.520 bambini sono stati uccisi o feriti dal febbraio 2022. Il numero reale è probabilmente molto più alto, poiché queste cifre tengono conto solo delle vittime tra i bambini verificate dalle Nazioni Unite. Più di 1.600 strutture scolastiche e quasi 790 strutture sanitarie sono state danneggiate o distrutte negli ultimi tre anni.
La guerra ha lasciato i bambini e gli adolescenti di fronte a profonde perdite e privazioni, che hanno influenzato il loro sviluppo e il loro benessere, in fasi critiche della loro vita.
Le esperienze vissute nei primi tre anni di vita influenzano la salute e l’apprendimento dei bambini per tutta la vita. Tuttavia, i bambini di tre anni in Ucraina hanno conosciuto solo la guerra.I genitori riferiscono di sentirsi fisicamente ed emotivamente esausti, con conseguenze sulla vita familiare. Anche i servizi essenziali su cui i bambini e i loro genitori fanno affidamento sono stati interrotti dalla guerra.
Anche l’adolescenza è un periodo particolarmente difficile per i bambini in Ucraina. Quasi un terzo degli adolescenti ha dichiarato di sentirsi così triste o senza speranza da smettere di svolgere le proprie attività abituali. Questi sentimenti sono più comuni tra le ragazze.
Le sfide per la salute mentale dei bambini e dei giovani in Ucraina stanno peggiorando a causa dell’isolamento. Molti bambini passano ore e ore rifugiati in cantine, perdendo così l’opportunità di socializzare e imparare. Quasi il 40% dei bambini studia solo online o attraverso un mix di lezioni  in presenza e a distanza. L’impatto sull’apprendimento è stato profondo, con una perdita media di due anni in lettura e di un anno in matematica.
L’UNICEF collabora con i suoi partner in tutta l’Ucraina per fornire ai bambini lungo le zone di frontiera un sostegno fondamentale che comprende l’accesso all’assistenza sanitaria, all’acqua potabile, all’assistenza in denaro, all’istruzione e ai servizi di protezione dell’infanzia. Insieme, ripariamo e riabilitiamo le reti idriche e igienico-sanitarie e garantiamo alle famiglie con bambini l’accesso al carburante e ai vestiti per tenerli al caldo durante i rigidi inverni.
Allo stesso tempo, l’UNICEF collabora con il Governo e i partner per sostenere la ripresa e lo sviluppo a lungo termine e promuovere la coesione sociale, rafforzando i sistemi al servizio dei bambini e delle loro famiglie. Ciò significa garantire che i sistemi di protezione sociale e dell’infanzia, la sanità e l’istruzione siano in grado di fornire assistenza, cure e opportunità tempestive e di qualità ai bambini.
Attualmente sono 6,86 milioni i rifugiati ucraini registrati nel mondo, di cui quasi un milione vive in Polonia.Per i bambini rifugiati, l’accesso alla scuola rimane una sfida:la metà dei bambini in età scolare nei Paesi che ospitano i rifugiati non è iscritta ai sistemi educativi nazionali, il che influisce sulla loro possibilità di imparare e interagire con i loro coetanei, nonché di sviluppare competenze essenziali che saranno fondamentali per la ripresa dell’Ucraina. L’UNICEF continua a collaborare con i Governi, le municipalità e i partner locali per rafforzare i sistemi che forniscono ai bambini rifugiati un’istruzione di qualità, assistenza sanitaria e servizi di protezione.
“I bambini devono essere sempre protetti dalle conseguenze della guerra, in conformità con il diritto internazionale umanitario e dei diritti umani”, ha dichiarato Russell. “Più di ogni altra cosa, i bambini in Ucraina hanno bisogno di una pace duratura e della possibilità di realizzare il loro pieno potenziale”.
VIDEO: 3 anni di guerra totale in UcrainaFOTO E VIDEO: https://weshare.unicef.org/Package/2AM408MSXRY0
Sull’emergenza in Ucraina è possibile intervistare il Portavoce dell’UNICEF Italia Andrea Iacomini, che ha recentemente effettuato una missione nel paese; contatti: 348/2375452.

UNICEF

UNICEF/UCRAINA: devastante impatto della guerra sui bambini ucraini

• A tre anni dall’inizio della guerra su larga scala, più di 2.520 bambini sono stati uccisi o feriti.
• Nessun luogo è sicuro. Scuole, reparti di maternità e ospedali pediatrici sono stati tutti colpiti da attacchi.
• Drammatici i risultati del sondaggio condotto dall’UNICEF su oltre 23.000 bambini.

Dichiarazione di Toby Fricker, Responsabile Advocacy e Comunicazione UNICEF Ucraina.

21 febbraio 2025 – “Un bambino su cinque in Ucraina ha dichiarato di aver perso un parente o un amico stretto dall’escalation della guerra di tre anni fa. Un bambino su tre ha riferito di sentirsi così disperato e triste da non poter svolgere le proprie attività abituali. Queste sono le risposte di oltre 23.000 bambini che hanno preso parte a un sondaggio condotto dall’UNICEF e pubblicato oggi, e ricordano senza mezzi termini la perdita e il dolore che pervadono l’infanzia in Ucraina.

A tre anni dall’inizio della guerra su larga scala, più di 2.520 bambini sono stati uccisi o feriti, secondo i dati verificati dalle Nazioni Unite – il numero reale è probabilmente molto più alto. La situazione sta peggiorando. Nel 2024 c’è stato un aumento del 50% delle vittime tra i bambini rispetto al 2023.
Nessun luogo è sicuro. Scuole, reparti di maternità e ospedali pediatrici sono stati tutti colpiti da attacchi. Complessivamente, secondo i dati verificati dalle Nazioni Unite, sono state danneggiate o distrutte circa 780 strutture sanitarie e più di 1.600 scuole.

A Odessa, questa settimana, una clinica che fornisce assistenza a 40.000 bambini e un asilo che serve 250 bambini sono stati gravemente danneggiati in un attacco.

Quando un ospedale pediatrico viene colpito, una scuola bombardata o una rete elettrica distrutta, i bambini soffrono anche quando sopravvivono. Il loro benessere e il loro sviluppo ne risentono ancora una volta. Le scuole sono luoghi di apprendimento per i bambini e sono un’ancora di salvezza che fornisce un senso di sicurezza, normalità e speranza per il futuro. Eppure, quasi il 40% dei bambini in Ucraina studia solo online o attraverso un misto di lezioni in presenza e a distanza.

L’impatto sull’istruzione è stato immenso: Le valutazioni registrano una perdita media di apprendimento di due anni in alcune materie.

L’UNICEF ha sostenuto la riabilitazione dei rifugi per renderli il più sicuri possibile. Abbiamo formato gli insegnanti e istituito classi di recupero per aiutare i bambini a recuperare le perdite di apprendimento il più rapidamente possibile.

L’impatto sullo sviluppo e sulla salute mentale dei bambini è altrettanto preoccupante. Non dimentichiamo che i bambini e i giovani di tutto l’Est (del paese) hanno vissuto quasi 11 anni di guerra.
E ci sono ancora 3,7 milioni di sfollati interni e più di 6,8 milioni di persone che vivono fuori dal Paese. Nei Paesi ospitanti vicini, la metà dei bambini ucraini in età scolare non è iscritta ai sistemi scolastici nazionali.

Mentre i bambini e i giovani di tutte le età sono a rischio, quelli nati quando è iniziata l’escalation della guerra hanno ormai compiuto tre anni. Hanno trascorso i loro primi anni – quando il cervello si sviluppa più rapidamente e si gettano le basi per la vita – in mezzo a stress e perdite estreme. Questo li espone a un rischio maggiore di disturbi psicologici e a una salute fisica più cagionevole per la vita.

Le conseguenze possono essere anche intergenerazionali. Ecco perché un intervento tempestivo è così fondamentale. Come ad esempio, le squadre mobili sostenute dall’UNICEF che includono operatori che rispondono immediatamente dopo gli attacchi, e le visite a domicilio da parte di infermieri in prima linea e in altre aree del Paese, che forniscono assistenza sanitaria e olistica di vitale importanza, compresa l’identificazione delle sfide dello sviluppo e indicazioni per i genitori.

Stiamo collaborando con loro non solo per la nostra risposta umanitaria, ma anche per gli sforzi di sviluppo.

Sappiamo che quando si investe nella salute e nello sviluppo della prima infanzia, il ritorno dell’investimento a lungo termine è di 9 a 1. Migliorare l’accesso e la qualità dei servizi per la prima infanzia è un’ottima cosa. Migliorare l’accesso e la qualità di questi servizi contribuirà a creare un ambiente in cui le persone vorranno tornare.

Abbiamo visto come, nonostante le sfide estreme, i bambini, i giovani e le famiglie dell’Ucraina, così come gli straordinari operatori sociali, gli insegnanti e i tecnici dell’acqua, abbiano dimostrato un’incredibile determinazione. Stiamo lavorando insieme a loro non solo per la nostra risposta umanitaria, ma anche attraverso gli sforzi di sviluppo.

Il programma di formazione ‘Better Care’ – per garantire che ogni bambino cresca in una famiglia e non in un istituto – non si sta realizzando solo nell’Ucraina occidentale, ma anche qui, nelle zone di prima linea.

Investire nei bambini e nei giovani in Ucraina non è negoziabile, non solo perché è la cosa giusta da fare per la loro protezione e il loro benessere, ma anche per il futuro dell’Ucraina. Ciò che serve, in ultima analisi, è una pace reale e duratura in cui ogni bambino possa realizzare i propri diritti.

FOTO E VIDEO: https://weshare.unicef.org/Package/2AM4080FDL1J

UNICEF

La svolta del 2024 e 2025 per l’Ucraina: la diserzione è diventata la tendenza dominante a livello nazionale

Il testo che segue è la traduzione di un reportage uscito a firma del Gruppo Assembly – Kharkiv, assembly.org.ua 

Il rapido collasso dell’esercito di Bashar al-Assad in Siria, che si è sgretolato tra il 27 novembre e l’8 dicembre, ha attirato molta attenzione in Ucraina. Per moltə nel Paese, è diventato l’evento principale della fine del 2024. Si è creata una situazione paradossale: la propaganda ufficiale ucraina elogia i successi delle forze filo-NATO e filo-turche contro Assad come una brillante vittoria sulla Russia, mentre allo stesso tempo lo stesso dittatore ucraino sostenuto dalla NATO rischia sempre più di seguire il destino di Assad.

Negli ultimi giorni di novembre, i media mondiali in lingua inglese hanno confermato ciò che Assembly aveva denunciato durante tutto l’autunno. ABC News, citando “un legislatore esperto di questioni militari”, ha scritto che in Ucraina potrebbero esserci addirittura 200.000 disertori e che “si tratta di un numero sconcertante da qualsiasi punto di vista, visto che si stima che ci fossero 300.000 soldati ucraini impegnati in combattimento prima dell’inizio della mobilitazione“. Ha anche riconosciuto che la diserzione è stata una delle ragioni principali della caduta di Ugledar [Vuhledar]. Il Financial Times ha aggiunto che alcuni di coloro che hanno abbandonato la 123ª Brigata di Difesa Territoriale a causa della loro riluttanza a difendere Ugledar sono già tornati al fronte, mentre altri si nascondono e altri ancora sono stati arrestati. Lo stesso articolo riporta anche, citando un esponente del servizio di sicurezza polacco che vuole restare anonimo, che ogni mese una media di 12 soldati ucraini disertano dai campi di addestramento in Polonia. Cosa di cui avevamo relazionato già da tempo.

Secondo l’Ufficio del Procuratore generale dell’Ucraina, nel mese di novembre del 2024 sono stati registrati 18.984 nuovi procedimenti penali ai sensi degli articoli 407 e 408 del Codice penale ucraino (abbandono non autorizzato di un’unità e diserzione). Si tratta di un numero quasi doppio rispetto a ottobre 2024, quando sono stati registrati 9.487 casi in base a questi stessi articoli. Nel dicembre 2024 sono stati registrati 17.593. Nel gennaio sempre dello scorso anno, i procedimenti erano solo 3.448. In totale, dal febbraio 2022 al 1° dicembre di quest’anno, sono già stati registrati 114.280 procedimenti penali per casi di diserzione e assenza dal servizio. Il giornalista pro-Trump di stanza a Kiev Volodymyr Boiko, anch’egli combattente nella 241ª Brigata di Difesa Territoriale, ha pubblicato un post al riguardo il 7 dicembre:

L’esercito ucraino può essere già considerato defunto. Inoltre, anche se sono state registrate nel mese di novembre 2024 19.000 segnalazioni [di fughe], ciò non significa affatto che questo sia il numero reale di militari che hanno disertato. 19.000 è, infatti, il numero più alto possibile che può essere registrato in questa categoria di reati. Perché in ogni caso, il comandante dell’unità militare deve prima istruire un’indagine ufficiale, esaminare e approvare i risultati dell’indagine ufficiale, inviare un rapporto sul reato commesso all’Ufficio investigativo dello Stato o a un ufficio dedicato della procura, e lì il rapporto deve essere esaminato e infine registrato. Le unità militari non dispongono di un numero di specialisti tale da poter condurre indagini ufficiali di tale entità, né l’ufficio del procuratore e l’ufficio investigativo dello Stato hanno dipendenti sufficienti per inserire nel registro decine di migliaia di rapporti sulla diserzione”.

In questo contesto, il 21 novembre è stata approvata la legge 4087-IX ed è entrata in vigore il 29. Secondo questa nuova legge, coloro che si rendono colpevoli di abbandono non autorizzato della propria unità (SZCh in ucraino, SOCh in russo) o di diserzione non solo possono tornare volontariamente a prestare servizio senza essere puniti penalmente, ma anche possono continuare il servizio militare obbligatorio o a contratto. L’unico obbligo era quello di rientrare in forza entro il 1° gennaio 2025. Poi il Parlamento ha prorogato il termine per il ritorno senza responsabilità penale fino al 1° marzo 2025 – a quanto pare, non sono in molti a volerlo fare.

Il mese scorso, una conduttrice del canale YouTube delle donne militari ucraine ha raccontato che nei pressi di Kupyansk, nella regione di Kharkov, quasi tutta la seconda compagnia del 152° Battaglione della 117° Brigata di Difesa Territoriale ha disertato a causa del loro “comandante macellaio”. Il corrispondente di guerra ucraino Yury Butusov ha raccontato lo scandalo della 155ª Brigata meccanizzata “Anna di Kiev”, addestrata in Francia e inviata a Pokrovsk. Sono state reclutate diverse migliaia di persone che erano state costrette a salire sugli autobus per la leva, e più di mille di loro “sono tornati a casa immediatamente dopo l’arrivo”. Nel post del 31 dicembre, spiega che ancor prima che la brigata avesse sparato il primo colpo, 1.700 militari se ne sono andati senza permesso. In seguito, l’Ufficio di Stato per le indagini ha iniziato ad esaminare quanto accaduto. Secondo Butusov, la 155ª Brigata si è addestrata in Francia a ottobre. Già allora 935 uomini aveva abbandonato l’unità senza permesso. In seguito, più di 50 soldati si sono dileguati. Per questa scandalosa formazione sono stati spesi più di 900 milioni di euro. Meno noto è che l’8 gennaio l’Ufficio di Stato per le indagini ha arrestato un tenente superiore di questa brigata, per aver abbandonato l’unità e ha incitato i suoi sottoposti a fare altrettanto. È stato portato dalla regione di Rivne a Kiev e messo in custodia senza cauzione.  “Si è presentato un suo collega di lavoro, è stato costretto a salire su un autobus. [È stato] mobilitato in primavera, ed è scappato dal fronte di Zaporozhye. Ha detto che, quando hanno cominciato a essere fatti a pezzi con tutto quello che avevano, hanno deciso di tornare a casa. L’intera compagnia è entrata in SZCh insieme al loro comandante. Che senso ha se vengono catturati? Non importa. Ora è a casa. Vivo”, ha scritto qualcuno il 18 dicembre nella chat locale di Saltovka [Saltivka è una vasta area residenziale situata nella regione nord-orientale di Kharkiv].

Il 25 novembre, alcuni dei meccanismi utilizzati per combattere la fuga delle reclute sono stati descritti nel gruppo pubblico UFM di Telegram, nato per l’aiuto reciproco per attraversare il confine evitando i posti di blocco.

Il problema principale dei campi di addestramento è che lì tutti si controllano l’un l’altro, perché nelle formazioni ti dicono subito che lo SZCh è riprovevole e che per uno SZCh non riuscito ti picchieranno duramente. E parlano subito di responsabilità collettiva: se qualcuno lascia la tua tenda, allora ricorreranno brutalmente tutti quelli che sono nella tenda.
Il plotone vicino è stato inseguito tutta la notte quando uno di loro è scappato. Sono stati inseguiti nelle trincee per tutta la notte, come un grido d’allarme, svegliati con granate da addestramento, flessioni con l’intera compagnia in tenuta completa, in breve, scherniranno tutti fino in fondo, in modo che tutti sappiano che, se il tuo compagno d’armi scappa, per te ci sarà l’inferno. […].

Tuttavia, un disertore della regione di Kiev, che ha voluto rimanere anonimo, ha un’esperienza leggermente diversa:

“Certo, c’è un fondo di verità in tutto questo. Ma non tutto è così nero. Ora i campi di addestramento sono composti quasi al 100% da persone che sono state mobilitate con la forza. Le compagnie di addestramento sono leggermente diluite con idioti ideologici e zelanti ed anche con donne. Il restante 99% è costituito da potenziali SZCh. E questo lo sanno tutti molto bene. E questa è già una base di solidarietà. Nella mia compagnia al campo di addestramento di Yavoriv, quando un altro soldato scompariva, molti gli auguravano buona fortuna ad alta voce. E questo accadeva quasi ogni giorno. Naturalmente, venivamo tormentati quando dovevamo correre nelle trincee, quando ci portavano via le razioni e tutto il resto. Ma dato che ogni giorno qualcuno fuggiva, non so proprio cosa sarebbe successo se nessuno fosse fuggito.
Sono stato preso il 17 giugno. Sono fuggito il 30 giugno. Sono partito per la Romania il 25 settembre. […]”.

Coloro che vengono arrestati a Kharkov vengono solitamente inviati per l’addestramento non nella parte occidentale del Paese, ma nella regione di Dnepropetrovsk, a est. Questa testimonianza del 29 novembre racconta cosa li aspetta:

L’altro ieri un compagno è stato impacchettato [dalla strada], ieri era già in addestramento, a Dnipro, a 120 km dal fronte. Il convoglio è stato notevolmente rinforzato, è impossibile fuggire, come in un campo di concentramento. Il giovane pastore è stato picchiato, perché si era rifiutato di arruolarsi… La mobilitazione dei sacerdoti, come vediamo, è più importante della mobilitazione della polizia.
È quello che sta succedendo ora… E coloro che si rifiutano di agire vengono mandati a zero [all’avanguardia in prima linea]. Una compagnia di avatar [soldati che bevono]. Sono scomparsi senza lasciare traccia… Senza documenti, senza carta di circolazione. Sono stati semplicemente rapiti e fatti a pezzi. Brutalmente. Ti tolgono i telefoni, i documenti, non gliene frega niente di dove vuoi andare. Se non sei un vice, non gliene frega niente. C’era un tizio, un pastore, l’hanno buttato a terra, picchiato… L’hanno portato a zero da qualche parte… È pieno di sorveglianza, e posti di blocco in città, e sparsi ovunque. [Si poteva andare in bagno solo con un anziano. Si può andare in negozio – con uno scontrino e solo con un anziano, al massimo di 5 persone alla volta
…”.

Se tutto questo è vero, significa che il metodo di “portare a distanza zero” è utilizzato nelle truppe ucraine per sbarazzarsi degli indesiderabili, come avviene nelle unità russe sul fronte orientale. […]

Anche le ribellioni individuali contro lo Stato e la guerra sono diventate più frequenti dopo il calo iniziale dell’autunno. A novembre abbiamo registrato almeno quattro casi nella sola Kharkiv. In particolare, un uomo di 39 anni, dopo essere fuggito dall’esercito un anno e mezzo fa, ha affrontato con le armi i poliziotti giunti nel suo appartamento in risposta alla sua minaccia di uccidere un poliziotto di pattuglia. Aveva un fucile automatico, una pistola e delle granate. Tuttavia, è stato preso in custodia senza sparare un colpo. Il 27 novembre, nel villaggio di Trostyanets, nella regione di Vinnytsia, un uomo di 57 anni si è presentato al centro di arruolamento in risposta a una convocazione e ha accoltellato alla clavicola destra un sergente di 53 anni della struttura, mandandolo in terapia intensiva con ferite alle arterie. “Perché voleva mandarmi in guerra”, ha spiegato l’uomo. La notte del 28 dicembre, tre veicoli della guardia di frontiera sono stati incendiati nella città di Chop al confine della Transcarpazia: Mazda, Peugeot e KIA. Un residente locale di 22 anni, dopo essere stato fermato dalla polizia, ha spiegato il suo gesto durante l’interrogatorio indicando le sue “rapporti ostili” con i proprietari dei mezzi.

Alle 20 circa del 13 gennaio, in una delle strade principali di Kharkiv, le persone hanno bloccato la strada a un “autobus dell’invincibilità” del centro di arruolamento distrettuale. Due uomini e una donna sono scesi da auto civili, uno di loro aveva una pistola da starter (quella delle competizioni). Dopo aver rotto il finestrino del furgone con la pistola, hanno ingaggiato una lotta con i pixel [I soldati ucraini, carichi di equipaggiamento all’avanguardia, sono soprannominati «cyborg», le loro divise «pixel» per la texture]. I poliziotti hanno arrestato il proprietario della pistola e sequestrato la sua auto. Si tratterebbe di un imprenditore di 49 anni, venuto a salvare il nipote. […].

Il 25 novembre, una guardia di frontiera della regione di Khmelnytsky è stata condannata a 12 anni di carcere per l’omicidio premeditato del suo diretto superiore (il capo del gruppo di comunicazione). Il sergente junior di 36 anni, che prestava servizio come tecnico-autista ed era stato mobilitato per il Servizio di frontiera dello Stato nell’agosto 2023, si è recato in servizio con un’arma il 6 febbraio dello scorso anno e durante il servizio ha incontrato il comandante, con il quale aveva un rapporto non amichevole. Dopo di che, è andato con lui verso la mensa e gli ha sparato allo stomaco con un AK-74. Il colonnello è morto sul posto […].

Naturalmente, ci sono diverse notizie simili dall’altro lato del fronte. Infatti, il 29 ottobre, alcuni criminali reclutati per il fronte da un centro di detenzione preventiva e fuggiti dalle loro unità hanno quasi ucciso un rappresentante delle autorità della regione di Leningrado. Come ha scritto il sito locale 47news, il giorno dopo, si trattava del trentenne Aleksandr Igumenov, del trentenne Mark Frolov e del trentasettenne Vladimir Nikin. “Il comandante del gruppo investigativo del Ministero della Difesa ha già delineato le circostanze in un rapporto: si sono mossi verso la casa nel villaggio di Yanino, nel distretto di Vsevolozhsk. Gli ufficiali hanno controllato attentamente il pianerottolo e hanno iniziato ad aspettarlo vicino alla casa. Quando è apparso, l’ufficiale e i suoi subordinati sono saltati in piedi, ma si è scoperto che Igumenov non era solo. C’erano altre due persone con lui. Igumenov ha preso una pistola, ha praticamente puntato la canna sulla fronte dell’ufficiale e ha delineato in modo specifico le prospettive possibili: o se ne vanno e li lasciano andare, o il Ministero della Difesa perderà diversi graduati e un ufficiale. Come si legge nei documenti, “per evitare perdite tra i civili” il gruppo accettò la richiesta e si ritirò. O meglio, ha fatto finta di ritirarsi, chiamando i rinforzi. Gli stessi dipendenti del Ministero della Difesa si sono appostati intorno alla casa nel caso in cui il trio fosse saltato fuori, ad esempio, dalle finestre. L’irruzione delle forze speciali è stata di routine. Hanno sfondato la porta, picchiandoli violentemente. Tutti e tre erano sotto l’effetto di droghe. Oggi sono iniziati gli interrogatori nel Comitato Investigativo Militare esclusivamente nell’ambito dell’articolo 338 del Codice penale – “Diserzione”.” Ognuno di loro ha diverse condanne, soprattutto per furto”.

Il 25 ottobre, nei pressi del villaggio di Kremyanoye nella regione di Kursk, Dmitry Slepnyov, vicecomandante del 2° battaglione motorizzato di fucilieri della 810ª brigata di marina (unità militare 13140 di Sebastopoli), sarebbe stato ucciso da un suo soldato. Durante una riunione di servizio in un posto di osservazione, il capitano ha avuto un conflitto verbale con il soldato Alexander Ryabov. Quest’ultimo ha sparato all’ufficiale tre colpi alla testa con un AK-74. La notizia è stata pubblicata da fonti ucraine, senza alcuna conferma da parte russa.

La sera del 12 novembre, dieci contractors sono fuggiti senza armi dall’unità militare 57849 di stanza nell’insediamento lavorativo di Kochenyovo, vicino a Novosibirsk. Secondo il sito web locale NGS, “vi erano state assegnate circa 30 persone provenienti da tutto il Distretto militare centrale, che in precedenza avevano lasciato arbitrariamente e senza permesso le loro unità militari”. La maggior parte proveniva dal Territorio di Krasnodar. I soldati hanno distrutto la sede dell’unità con la scritta “Guardate, qui c’è una rivolta” e l’hanno filmata, hanno lasciato il villaggio in taxi e sono stati poi tutti arrestati. Prima di questo fatto, alcuni dei fuggiaschi avrebbero chiesto assistenza medica, e il motivo della rivolta era che non volevano essere rimandati al fronte. Secondo le informazioni dei canali Telegram, al 15 novembre più di un centinaio di titolari dello status di SOCh di questa unità sono stati comunque trasportati a Rostov-sul-Don.

La notte del 20 dicembre, cinque militari sono morti e sette sono stati ricoverati in ospedale per inalazione di fumo a causa di un incendio nel centro di detenzione di Vilyuisk Lane a Yakutsk. In questa struttura, i soldati detenuti perché si erano assentati senza permesso (AWOL) erano imprigionati e torturati. Secondo i servizi di emergenza e le autorità russe, i prigionieri hanno appiccato il fuoco all’edificio mentre cercavano di fuggire. In totale, c’erano diverse decine di detenuti. Nella primavera del 2024 ci sono state lamentele sulle condizioni di detenzione. Durante l’ispezione della Procura militare della Guarnigione di Yakutsk, sono state rilevate numerose violazioni della legislazione federale e sono stati emessi degli ordini di servizio per eliminare tali violazioni […].

In un modo o nell’altro, nel novembre 2024 le truppe russe hanno conquistato un territorio 4,7 volte superiore a quello dell’intero 2023. Nei primi quattro giorni del 2025, hanno già conquistato otto villaggi a sud di Pokrovsk e mancano solo alcuni chilometri al confine con la regione di Dnepropetrovsk, dove non ci sono ancora state ostilità e le fortificazioni sono minime. Nonostante la situazione sia così critica, la popolazione ucraina non ha manifestato alcuna impennata patriottica. Troppi lavoratori non vedono più alcuna particolare differenza su chi li deruberà.

17 gennaio 2025

Da libcom: https://libcom.org/article/turn-2024-and-2025-ukraine-desertion-has-become-nationwide-mainstream

 

Trad. per conto di CRINT-FAI

 

Immagine: Un momento delle manifestazioni congiunte di tutti gli oppositori alla guerra ucraini, russi e locali tenutesi il 21 dicembre a Berlino, Colonia e Parigi. Da: https://nowar.solidarite.online/blog/de-paris-%C3%A0-cologne-en-passant-par-berlin-d%C3%A9serteurs-de-tous-les-pays-unissez-vous

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La svolta del 2024 e 2025 per l’Ucraina: la diserzione è diventata la tendenza dominante a livello nazionale

Il testo che segue è la traduzione di un reportage uscito a firma del Gruppo Assembly – Kharkiv, assembly.org.ua 

Il rapido collasso dell’esercito di Bashar al-Assad in Siria, che si è sgretolato tra il 27 novembre e l’8 dicembre, ha attirato molta attenzione in Ucraina. Per moltə nel Paese, è diventato l’evento principale della fine del 2024. Si è creata una situazione paradossale: la propaganda ufficiale ucraina elogia i successi delle forze filo-NATO e filo-turche contro Assad come una brillante vittoria sulla Russia, mentre allo stesso tempo lo stesso dittatore ucraino sostenuto dalla NATO rischia sempre più di seguire il destino di Assad.

Negli ultimi giorni di novembre, i media mondiali in lingua inglese hanno confermato ciò che Assembly aveva denunciato durante tutto l’autunno. ABC News, citando “un legislatore esperto di questioni militari”, ha scritto che in Ucraina potrebbero esserci addirittura 200.000 disertori e che “si tratta di un numero sconcertante da qualsiasi punto di vista, visto che si stima che ci fossero 300.000 soldati ucraini impegnati in combattimento prima dell’inizio della mobilitazione“. Ha anche riconosciuto che la diserzione è stata una delle ragioni principali della caduta di Ugledar [Vuhledar]. Il Financial Times ha aggiunto che alcuni di coloro che hanno abbandonato la 123ª Brigata di Difesa Territoriale a causa della loro riluttanza a difendere Ugledar sono già tornati al fronte, mentre altri si nascondono e altri ancora sono stati arrestati. Lo stesso articolo riporta anche, citando un esponente del servizio di sicurezza polacco che vuole restare anonimo, che ogni mese una media di 12 soldati ucraini disertano dai campi di addestramento in Polonia. Cosa di cui avevamo relazionato già da tempo.

Secondo l’Ufficio del Procuratore generale dell’Ucraina, nel mese di novembre del 2024 sono stati registrati 18.984 nuovi procedimenti penali ai sensi degli articoli 407 e 408 del Codice penale ucraino (abbandono non autorizzato di un’unità e diserzione). Si tratta di un numero quasi doppio rispetto a ottobre 2024, quando sono stati registrati 9.487 casi in base a questi stessi articoli. Nel dicembre 2024 sono stati registrati 17.593. Nel gennaio sempre dello scorso anno, i procedimenti erano solo 3.448. In totale, dal febbraio 2022 al 1° dicembre di quest’anno, sono già stati registrati 114.280 procedimenti penali per casi di diserzione e assenza dal servizio. Il giornalista pro-Trump di stanza a Kiev Volodymyr Boiko, anch’egli combattente nella 241ª Brigata di Difesa Territoriale, ha pubblicato un post al riguardo il 7 dicembre:

L’esercito ucraino può essere già considerato defunto. Inoltre, anche se sono state registrate nel mese di novembre 2024 19.000 segnalazioni [di fughe], ciò non significa affatto che questo sia il numero reale di militari che hanno disertato. 19.000 è, infatti, il numero più alto possibile che può essere registrato in questa categoria di reati. Perché in ogni caso, il comandante dell’unità militare deve prima istruire un’indagine ufficiale, esaminare e approvare i risultati dell’indagine ufficiale, inviare un rapporto sul reato commesso all’Ufficio investigativo dello Stato o a un ufficio dedicato della procura, e lì il rapporto deve essere esaminato e infine registrato. Le unità militari non dispongono di un numero di specialisti tale da poter condurre indagini ufficiali di tale entità, né l’ufficio del procuratore e l’ufficio investigativo dello Stato hanno dipendenti sufficienti per inserire nel registro decine di migliaia di rapporti sulla diserzione”.

In questo contesto, il 21 novembre è stata approvata la legge 4087-IX ed è entrata in vigore il 29. Secondo questa nuova legge, coloro che si rendono colpevoli di abbandono non autorizzato della propria unità (SZCh in ucraino, SOCh in russo) o di diserzione non solo possono tornare volontariamente a prestare servizio senza essere puniti penalmente, ma anche possono continuare il servizio militare obbligatorio o a contratto. L’unico obbligo era quello di rientrare in forza entro il 1° gennaio 2025. Poi il Parlamento ha prorogato il termine per il ritorno senza responsabilità penale fino al 1° marzo 2025 – a quanto pare, non sono in molti a volerlo fare.

Il mese scorso, una conduttrice del canale YouTube delle donne militari ucraine ha raccontato che nei pressi di Kupyansk, nella regione di Kharkov, quasi tutta la seconda compagnia del 152° Battaglione della 117° Brigata di Difesa Territoriale ha disertato a causa del loro “comandante macellaio”. Il corrispondente di guerra ucraino Yury Butusov ha raccontato lo scandalo della 155ª Brigata meccanizzata “Anna di Kiev”, addestrata in Francia e inviata a Pokrovsk. Sono state reclutate diverse migliaia di persone che erano state costrette a salire sugli autobus per la leva, e più di mille di loro “sono tornati a casa immediatamente dopo l’arrivo”. Nel post del 31 dicembre, spiega che ancor prima che la brigata avesse sparato il primo colpo, 1.700 militari se ne sono andati senza permesso. In seguito, l’Ufficio di Stato per le indagini ha iniziato ad esaminare quanto accaduto. Secondo Butusov, la 155ª Brigata si è addestrata in Francia a ottobre. Già allora 935 uomini aveva abbandonato l’unità senza permesso. In seguito, più di 50 soldati si sono dileguati. Per questa scandalosa formazione sono stati spesi più di 900 milioni di euro. Meno noto è che l’8 gennaio l’Ufficio di Stato per le indagini ha arrestato un tenente superiore di questa brigata, per aver abbandonato l’unità e ha incitato i suoi sottoposti a fare altrettanto. È stato portato dalla regione di Rivne a Kiev e messo in custodia senza cauzione.  “Si è presentato un suo collega di lavoro, è stato costretto a salire su un autobus. [È stato] mobilitato in primavera, ed è scappato dal fronte di Zaporozhye. Ha detto che, quando hanno cominciato a essere fatti a pezzi con tutto quello che avevano, hanno deciso di tornare a casa. L’intera compagnia è entrata in SZCh insieme al loro comandante. Che senso ha se vengono catturati? Non importa. Ora è a casa. Vivo”, ha scritto qualcuno il 18 dicembre nella chat locale di Saltovka [Saltivka è una vasta area residenziale situata nella regione nord-orientale di Kharkiv].

Il 25 novembre, alcuni dei meccanismi utilizzati per combattere la fuga delle reclute sono stati descritti nel gruppo pubblico UFM di Telegram, nato per l’aiuto reciproco per attraversare il confine evitando i posti di blocco.

Il problema principale dei campi di addestramento è che lì tutti si controllano l’un l’altro, perché nelle formazioni ti dicono subito che lo SZCh è riprovevole e che per uno SZCh non riuscito ti picchieranno duramente. E parlano subito di responsabilità collettiva: se qualcuno lascia la tua tenda, allora ricorreranno brutalmente tutti quelli che sono nella tenda.
Il plotone vicino è stato inseguito tutta la notte quando uno di loro è scappato. Sono stati inseguiti nelle trincee per tutta la notte, come un grido d’allarme, svegliati con granate da addestramento, flessioni con l’intera compagnia in tenuta completa, in breve, scherniranno tutti fino in fondo, in modo che tutti sappiano che, se il tuo compagno d’armi scappa, per te ci sarà l’inferno. […].

Tuttavia, un disertore della regione di Kiev, che ha voluto rimanere anonimo, ha un’esperienza leggermente diversa:

“Certo, c’è un fondo di verità in tutto questo. Ma non tutto è così nero. Ora i campi di addestramento sono composti quasi al 100% da persone che sono state mobilitate con la forza. Le compagnie di addestramento sono leggermente diluite con idioti ideologici e zelanti ed anche con donne. Il restante 99% è costituito da potenziali SZCh. E questo lo sanno tutti molto bene. E questa è già una base di solidarietà. Nella mia compagnia al campo di addestramento di Yavoriv, quando un altro soldato scompariva, molti gli auguravano buona fortuna ad alta voce. E questo accadeva quasi ogni giorno. Naturalmente, venivamo tormentati quando dovevamo correre nelle trincee, quando ci portavano via le razioni e tutto il resto. Ma dato che ogni giorno qualcuno fuggiva, non so proprio cosa sarebbe successo se nessuno fosse fuggito.
Sono stato preso il 17 giugno. Sono fuggito il 30 giugno. Sono partito per la Romania il 25 settembre. […]”.

Coloro che vengono arrestati a Kharkov vengono solitamente inviati per l’addestramento non nella parte occidentale del Paese, ma nella regione di Dnepropetrovsk, a est. Questa testimonianza del 29 novembre racconta cosa li aspetta:

L’altro ieri un compagno è stato impacchettato [dalla strada], ieri era già in addestramento, a Dnipro, a 120 km dal fronte. Il convoglio è stato notevolmente rinforzato, è impossibile fuggire, come in un campo di concentramento. Il giovane pastore è stato picchiato, perché si era rifiutato di arruolarsi… La mobilitazione dei sacerdoti, come vediamo, è più importante della mobilitazione della polizia.
È quello che sta succedendo ora… E coloro che si rifiutano di agire vengono mandati a zero [all’avanguardia in prima linea]. Una compagnia di avatar [soldati che bevono]. Sono scomparsi senza lasciare traccia… Senza documenti, senza carta di circolazione. Sono stati semplicemente rapiti e fatti a pezzi. Brutalmente. Ti tolgono i telefoni, i documenti, non gliene frega niente di dove vuoi andare. Se non sei un vice, non gliene frega niente. C’era un tizio, un pastore, l’hanno buttato a terra, picchiato… L’hanno portato a zero da qualche parte… È pieno di sorveglianza, e posti di blocco in città, e sparsi ovunque. [Si poteva andare in bagno solo con un anziano. Si può andare in negozio – con uno scontrino e solo con un anziano, al massimo di 5 persone alla volta
…”.

Se tutto questo è vero, significa che il metodo di “portare a distanza zero” è utilizzato nelle truppe ucraine per sbarazzarsi degli indesiderabili, come avviene nelle unità russe sul fronte orientale. […]

Anche le ribellioni individuali contro lo Stato e la guerra sono diventate più frequenti dopo il calo iniziale dell’autunno. A novembre abbiamo registrato almeno quattro casi nella sola Kharkiv. In particolare, un uomo di 39 anni, dopo essere fuggito dall’esercito un anno e mezzo fa, ha affrontato con le armi i poliziotti giunti nel suo appartamento in risposta alla sua minaccia di uccidere un poliziotto di pattuglia. Aveva un fucile automatico, una pistola e delle granate. Tuttavia, è stato preso in custodia senza sparare un colpo. Il 27 novembre, nel villaggio di Trostyanets, nella regione di Vinnytsia, un uomo di 57 anni si è presentato al centro di arruolamento in risposta a una convocazione e ha accoltellato alla clavicola destra un sergente di 53 anni della struttura, mandandolo in terapia intensiva con ferite alle arterie. “Perché voleva mandarmi in guerra”, ha spiegato l’uomo. La notte del 28 dicembre, tre veicoli della guardia di frontiera sono stati incendiati nella città di Chop al confine della Transcarpazia: Mazda, Peugeot e KIA. Un residente locale di 22 anni, dopo essere stato fermato dalla polizia, ha spiegato il suo gesto durante l’interrogatorio indicando le sue “rapporti ostili” con i proprietari dei mezzi.

Alle 20 circa del 13 gennaio, in una delle strade principali di Kharkiv, le persone hanno bloccato la strada a un “autobus dell’invincibilità” del centro di arruolamento distrettuale. Due uomini e una donna sono scesi da auto civili, uno di loro aveva una pistola da starter (quella delle competizioni). Dopo aver rotto il finestrino del furgone con la pistola, hanno ingaggiato una lotta con i pixel [I soldati ucraini, carichi di equipaggiamento all’avanguardia, sono soprannominati «cyborg», le loro divise «pixel» per la texture]. I poliziotti hanno arrestato il proprietario della pistola e sequestrato la sua auto. Si tratterebbe di un imprenditore di 49 anni, venuto a salvare il nipote. […].

Il 25 novembre, una guardia di frontiera della regione di Khmelnytsky è stata condannata a 12 anni di carcere per l’omicidio premeditato del suo diretto superiore (il capo del gruppo di comunicazione). Il sergente junior di 36 anni, che prestava servizio come tecnico-autista ed era stato mobilitato per il Servizio di frontiera dello Stato nell’agosto 2023, si è recato in servizio con un’arma il 6 febbraio dello scorso anno e durante il servizio ha incontrato il comandante, con il quale aveva un rapporto non amichevole. Dopo di che, è andato con lui verso la mensa e gli ha sparato allo stomaco con un AK-74. Il colonnello è morto sul posto […].

Naturalmente, ci sono diverse notizie simili dall’altro lato del fronte. Infatti, il 29 ottobre, alcuni criminali reclutati per il fronte da un centro di detenzione preventiva e fuggiti dalle loro unità hanno quasi ucciso un rappresentante delle autorità della regione di Leningrado. Come ha scritto il sito locale 47news, il giorno dopo, si trattava del trentenne Aleksandr Igumenov, del trentenne Mark Frolov e del trentasettenne Vladimir Nikin. “Il comandante del gruppo investigativo del Ministero della Difesa ha già delineato le circostanze in un rapporto: si sono mossi verso la casa nel villaggio di Yanino, nel distretto di Vsevolozhsk. Gli ufficiali hanno controllato attentamente il pianerottolo e hanno iniziato ad aspettarlo vicino alla casa. Quando è apparso, l’ufficiale e i suoi subordinati sono saltati in piedi, ma si è scoperto che Igumenov non era solo. C’erano altre due persone con lui. Igumenov ha preso una pistola, ha praticamente puntato la canna sulla fronte dell’ufficiale e ha delineato in modo specifico le prospettive possibili: o se ne vanno e li lasciano andare, o il Ministero della Difesa perderà diversi graduati e un ufficiale. Come si legge nei documenti, “per evitare perdite tra i civili” il gruppo accettò la richiesta e si ritirò. O meglio, ha fatto finta di ritirarsi, chiamando i rinforzi. Gli stessi dipendenti del Ministero della Difesa si sono appostati intorno alla casa nel caso in cui il trio fosse saltato fuori, ad esempio, dalle finestre. L’irruzione delle forze speciali è stata di routine. Hanno sfondato la porta, picchiandoli violentemente. Tutti e tre erano sotto l’effetto di droghe. Oggi sono iniziati gli interrogatori nel Comitato Investigativo Militare esclusivamente nell’ambito dell’articolo 338 del Codice penale – “Diserzione”.” Ognuno di loro ha diverse condanne, soprattutto per furto”.

Il 25 ottobre, nei pressi del villaggio di Kremyanoye nella regione di Kursk, Dmitry Slepnyov, vicecomandante del 2° battaglione motorizzato di fucilieri della 810ª brigata di marina (unità militare 13140 di Sebastopoli), sarebbe stato ucciso da un suo soldato. Durante una riunione di servizio in un posto di osservazione, il capitano ha avuto un conflitto verbale con il soldato Alexander Ryabov. Quest’ultimo ha sparato all’ufficiale tre colpi alla testa con un AK-74. La notizia è stata pubblicata da fonti ucraine, senza alcuna conferma da parte russa.

La sera del 12 novembre, dieci contractors sono fuggiti senza armi dall’unità militare 57849 di stanza nell’insediamento lavorativo di Kochenyovo, vicino a Novosibirsk. Secondo il sito web locale NGS, “vi erano state assegnate circa 30 persone provenienti da tutto il Distretto militare centrale, che in precedenza avevano lasciato arbitrariamente e senza permesso le loro unità militari”. La maggior parte proveniva dal Territorio di Krasnodar. I soldati hanno distrutto la sede dell’unità con la scritta “Guardate, qui c’è una rivolta” e l’hanno filmata, hanno lasciato il villaggio in taxi e sono stati poi tutti arrestati. Prima di questo fatto, alcuni dei fuggiaschi avrebbero chiesto assistenza medica, e il motivo della rivolta era che non volevano essere rimandati al fronte. Secondo le informazioni dei canali Telegram, al 15 novembre più di un centinaio di titolari dello status di SOCh di questa unità sono stati comunque trasportati a Rostov-sul-Don.

La notte del 20 dicembre, cinque militari sono morti e sette sono stati ricoverati in ospedale per inalazione di fumo a causa di un incendio nel centro di detenzione di Vilyuisk Lane a Yakutsk. In questa struttura, i soldati detenuti perché si erano assentati senza permesso (AWOL) erano imprigionati e torturati. Secondo i servizi di emergenza e le autorità russe, i prigionieri hanno appiccato il fuoco all’edificio mentre cercavano di fuggire. In totale, c’erano diverse decine di detenuti. Nella primavera del 2024 ci sono state lamentele sulle condizioni di detenzione. Durante l’ispezione della Procura militare della Guarnigione di Yakutsk, sono state rilevate numerose violazioni della legislazione federale e sono stati emessi degli ordini di servizio per eliminare tali violazioni […].

In un modo o nell’altro, nel novembre 2024 le truppe russe hanno conquistato un territorio 4,7 volte superiore a quello dell’intero 2023. Nei primi quattro giorni del 2025, hanno già conquistato otto villaggi a sud di Pokrovsk e mancano solo alcuni chilometri al confine con la regione di Dnepropetrovsk, dove non ci sono ancora state ostilità e le fortificazioni sono minime. Nonostante la situazione sia così critica, la popolazione ucraina non ha manifestato alcuna impennata patriottica. Troppi lavoratori non vedono più alcuna particolare differenza su chi li deruberà.

17 gennaio 2025

Da libcom: https://libcom.org/article/turn-2024-and-2025-ukraine-desertion-has-become-nationwide-mainstream

 

Trad. per conto di CRINT-FAI

 

Immagine: Un momento delle manifestazioni congiunte di tutti gli oppositori alla guerra ucraini, russi e locali tenutesi il 21 dicembre a Berlino, Colonia e Parigi. Da: https://nowar.solidarite.online/blog/de-paris-%C3%A0-cologne-en-passant-par-berlin-d%C3%A9serteurs-de-tous-les-pays-unissez-vous

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La ‘pace imperiale’ di Trump e Putin imposta all’Ucraina punta a sventrare l’Europa dall’interno

“Ci sono dei decenni in cui non accade nulla. E poi delle settimane in cui accadono decenni”. Una delle massime più celebri di Lenin, accusato il 22 febbraio 2022 dal presidente russo Vladimir Putin di essere il principale colpevole dell’esistenza dell’Ucraina, può essere facilmente traslata a ciò che è accaduto dallo scorso 12 febbraio, giorno della telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e Putin. 

Una settimana intensa e scioccante, sebbene prevedibile già durante la campagna elettorale trumpiana, che sta sconvolgendo la politica europea e globale alla vigilia del terzo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina.

Cosa è successo dalla telefonata tra Putin e Trump in poi?

Monaco di Baviera, Riyad, Parigi, Ankara. Questi i centri gravitazionali delle evoluzioni che stanno portando a quella che Nathalie Tocci ha definito la ricerca di una ‘pace imperiale’ alle spalle di Kyiv e Bruxelles. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il vertice tra russi e americani in Arabia Saudita è stato “una sorpresa” appresa dai media, durante una visita al presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Quest’ultimo a sua volta ha detto che la Turchia sarebbe un “posto ideale” per lo svolgimento di futuri negoziati per terminare la guerra in Ucraina, ribadendo l’inviolabilità dell’integrità territoriale di Kyiv. 

Trattative a cui gli Stati Uniti promettono di includere prima o poi anche europei e ucraini. Tuttavia, nella prima fase – un meeting di quattro ore e mezzo a Riyad – si sono tenute solamente tra russi e americani, alla presenza del ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud, e del consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Musaad bin Mohammed Al Aiban, che avrebbero però lasciato l’incontro anticipatamente.

A rappresentare gli Stati Uniti c’erano il segretario di Stato, Marco Rubio, il consigliere per la sicurezza, Mike Waltz, e l’inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che ha recentemente avuto un importante ruolo nel forzare il presidente Benjamin Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco a Gaza. Spicca e pone delle domande l’assenza dell’inviato per Ucraina e Russia, Keith Kellogg, che nel frattempo incontrava la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.

Oltre al ministro degli Esteri, Sergey Lavrov, e al consigliere per la politica estera, Yuri Ushakov, a guidare la delegazione russa era un personaggio poco noto al grande pubblico ma di fondamentale importanza. Kirill Dmitriev, noto nell’ambiente moscovita come Kiriusha e vicino alla figlia di Putin, è pure grande amico del principe saudita, Mohammad bin Salman Al Sa'ud, da cui ha ricevuto una medaglia al valore nel 2019, durante la presidenza Trump. Riyad è infatti un grande alleato sia per il tycoon che per Putin, e Dmitriev è soprattutto un uomo d’affari: è presidente del Russian Direct Investment Fund, fondo sovrano del Cremlino. 

E difatti, nonostante l’impegno per la creazione di gruppi di negoziazione, più che idee concrete per cercare quella pace “giusta e sostenibile [...] accettabile da tutte le parti in causa, incluse Ucraina, Europa e Russia,” come ha dichiarato Rubio, i partecipanti hanno discusso di uno dei temi preferiti dell’amministrazione Trump: le “opportunità economiche e di investimenti” possibili dopo la fine della guerra in Ucraina e una “normalizzazione” dei rapporti fra Washington e Mosca. E un primo affare, cruciale, per i russi potrebbe essere sbarazzarsi delle sanzioni imposte in questi tre (dieci) anni.

Nel frattempo, Zelensky che aveva annunciato proprio alla vigilia della caotica Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, tenutasi tra il 14 e il 16 febbraio, una coincidente missione questa settimana negli Emirati Arabi, Turchia e proprio Arabia Saudita, ha cancellato la visita presso quest’ultima. Ha per di più aggiunto che non avrebbe partecipato al meeting nemmeno in caso di invito, reiterando il messaggio per cui un capo di Stato dovrebbe incontrare suoi pari, non presenti a Riyad. 

Putin non ha ufficialmente commentato l’esito dei colloqui, ma la portavoce del ministero degli Esteri Marija Zacharova, mentre rivolgeva l’ennesima minaccia a Sergio Mattarella, chiariva come una priorità di Mosca rimanesse “la cancellazione della dichiarazione del summit NATO a Bucarest del 2008” in cui si invitavano Ucraina e Georgia a entrare, in un futuro indefinito, nell’alleanza. Lavrov, invece, ha definito “inaccettabile” l’eventuale invio di forze di peacekeeping internazionali in Ucraina come parte delle richieste di sicurezza di Zelensky, ad ora raccolte in maniera credibile solo dal primo ministro britannico Keir Starmer (mentre Macron ha fatto un dietrofront sul ruolo francese).

Più in generale, è chiaro come l’obiettivo di Mosca sia ridiscutere l’intera architettura di sicurezza europea, un tema centrale nella retorica dell’invasione russa del 2022. Ciò che è nuovo è che per la prima volta riesce a farlo con il benestare di Washington. Trump, da una parte bastonando l’Unione Europea e accusando Kyiv dello scoppio della guerra, dall’altra annunciando un incontro col presidente russo entro fine mese, concede a Putin una vittoria comunicativa e politica che l’autocrate russo cercava da 25 anni: poter vendere al proprio pubblico interno, ma ancora di più all’estero, le relazioni USA-Russia come fra pari.

Una possibile, probabile e tragica pace imperiale che profuma di anni ‘30, per l’esclusione di Kyiv, ma che sa anche di Guerra Fredda, sebbene i rapporti di potere siano in realtà incomparabili, al di là della propaganda del Cremlino e delle concessioni di Trump. Nonostante la retorica, e seppur trainata dall’economia di guerra, Mosca impero non lo è più da tempo: e davanti alla facciata di grandezza appare chiara l’ombra cinese, non pronta tuttavia a formalizzare un’alleanza a lungo termine con due partner che ritiene inaffidabili come Russia e Corea del Nord, e piuttosto incline a voler sfruttare un disimpegno statunitense dall’Europa ma pure dall’Ucraina stessa.

Nel tentativo di coordinare una risposta, il presidente francese Emmanuel Macron ha organizzato una riunione emergenziale con Von der Leyen e i principali capi di Stato europei. Il tema sullo sfondo dell’incontro parigino era delineare una strategia chiara e condivisa per difendersi, a lungo termine, dall’aggressività di Mosca alla luce del disimpegno americano. I principali giornali europei, tra cui quelli più vicini a Bruxelles come Politico Europe, hanno sottolineato come i leader europei non abbiano trovato una “risposta pronta” alla bomba di Trump. 

Un obiettivo difficile, considerando pure le imminenti elezioni in Germania dove l’amministrazione trumpiana sostiene l’estrema destra di AfD, chiarendo in modo emblematico il piano globale di Trump – che poi è quello del Cremlino da metà anni ‘10: sfaldare l’Europa dall’interno, rendendola irrilevante di fronte al nuovo ordine globale, che più che di multipolarismo pare ora assumere la forma dell’anarchia. Un avvertimento parzialmente raccolto anche dall’Alta Rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Kaja Kallas. Una possibile alleanza tra Washington e Mosca, è un rischio esistenziale per l’Europa unita in quanto tale, avvertono i francesi.

In attesa di capire cosa sarà del piano da 700 miliardi euro per il sostegno all’Ucraina ipotizzato a Monaco, tra gli altri, dalla Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato), ci sono state decisioni minori, come l’approvazione di un pacchetto di aiuti militari da 6 miliardi di euro. 

Ci si aspetta, però, che ulteriori risposte sulla strategia europea possano arrivare dal secondo meeting emergenziale di oggi 19 febbraio, di nuovo a Parigi, esteso a un gruppo più ampio di paesi, tra cui alleati ferrei di Kyiv come i paesi baltici, Canada e Norvegia. Durante il quale, idealmente, dovrebbero fare da faro le indicazioni di Mario Draghi per cui “l'UE è il principale nemico di sé stessa”: di fronte alla prospettiva concreta di rimanere soli, bisogna superare il tempo dei veti incrociati e delle attese.

Cosa sta cambiando?

Di certo non per decenni, ma per circa un anno la narrazione è stata quella di uno stallo sul campo di battaglia in Ucraina, dopo l’eroica resistenza di Kyiv tra il 2022 e l’inizio del 2023 che aveva portato alla difesa della capitale ucraina e alla liberazione di Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Kherson. 

Dopo la caduta di Bakhmut nella primavera del 2023, la guerra è diventata un lento logoramento che ha leggermente avvantaggiato il Cremlino, per lo meno dal punto di vista quantitativo - quel che conta di più per Putin, d’altronde.

Poche centinaia di metri quadrati al giorno, in media, di avanzata, al costo di centinaia di migliaia di vite perse - da una parte, come dall’altra. Secondo la maggioranza degli analisti, molte più per i russi che hanno pure dovuto cercare alleanze inedite come quella con la Corea del Nord nella difesa dell’oblast’ di Kursk, o con l’Iran a metà 2022 sui droni Shaheed, per portare avanti la distruzione di quello che la propaganda russa ha sempre definito un ‘paese fratello’.

In tre settimane Trump ha spazzato via l’incertezza che aleggiava negli ultimi mesi dell’amministrazione Biden. Da diversi mesi si parlava di possibili quanto vaghi colloqui di pace riguardanti i territori occupati da Mosca, circa il 20% del territorio internazionalmente riconosciuto dell’Ucraina. Trump e Vance hanno trasformato questa incertezza in caos durante la Conferenza di Monaco, tenutasi nello scorso fine settimana.

La nuova amministrazione repubblicana ha gradualmente alzato l’asticella comunicativa: da una parte bistrattando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, chiarendo come un obiettivo secondario di Trump sia sentenziare la sua morte politica, dall’altra usando più la carota che il bastone con il Cremlino - quest’ultima una tattica priva di credibilità e sostegno, soprattutto all’interno dell’UE e soprattutto a Kyiv. Zelensky continua a ripetere come l’Ucraina non accetterà alcun ultimatum da parte russa.

Prima di essere esclusa dal tavolo di Riyad, Bruxelles ha ricordato a Trump di dover essere considerata parte di eventuali trattative. Lo stesso aveva dovuto fare Zelensky dopo la telefonata fra il presidente russo e quello americano: gli avvenimenti del 12 febbraio hanno definito un ordine di autorità, se non di preferenza, fra le due parti nell’astratto (ma sempre più concreto e cinico) piano di pace di Trump: Putin prima, Zelensky poi. Una rivoluzione rispetto all’approccio di Biden e dell’amministrazione democratica. 

Una rivoluzione in parte scontata, ma ugualmente una doccia fredda per uno Zelensky che era apparso, fino alla scorsa settimana, più concessivo nei confronti della retorica trumpiana, ma negli scorsi giorni sempre più veementemente ha cominciato a esprimere la propria rabbia e frustrazione per la tattica americana.

All’attesa Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, iniziata venerdì 14 febbraio, il vice-presidente JD Vance ha offerto un esempio di quella strategia comunicativa teorizzata da Steve Bannon che, in un’intervista di qualche anno fa, disse: “Il partito di opposizione sono i media. E i media, poiché stupidi e pigri, possono concentrarsi solo su una cosa alla volta. Tutto ciò che dobbiamo fare è inondarli. Ogni giorno li colpiamo con tre cose. Abboccheranno a una sola, e riusciremo a fare tutto ciò che vogliamo. [...] Ma dobbiamo iniziare alla velocità della luce”. 

Vance, che in campagna elettorale aveva detto che la guerra in Ucraina è un problema dell’Europa, ha aperto la Conferenza di Monaco ipotizzando l’invio di soldati statunitensi a supporto di Kyiv qualora Mosca sabotasse le trattative, smentendo peraltro le dichiarazioni di appena due giorni prima del suo segretario alla Difesa, Pete Hegseth. 

Poche ore dopo, Vance smentiva doppiamente sé stesso, dicendo come si potrebbe arrivare “a un accordo ragionevole” per entrambe le parti: è il gioco delle parti della diplomazia del nuovo ordine trumpiano, non solo tra diversi esponenti del cerchio ristretto del presidente (e autoevidente nel Grand Old Party nel suo complesso) ma anche fra le loro molteplici personalità, come dimostrato dallo show bavarese di Vance, che ne ha avuto per tutti, soprattutto l’Unione Europea intesa come coalizione di forze politiche diverse dall’estrema destra sostenuta oggi da Washington (e foraggiata nell’ultimo decennio dal Cremlino).

Se le prime due settimane di presidenza di Trump si sono concentrate a smantellare l’ordine interno e su Gaza per quanto riguarda la politica estera, febbraio segna il mese di Kyiv e Mosca. Nella strategia di Washington a breve termine, ciò implica l’esclusione della prima.

Cosa ci aspetta?

La nuova fase aperta ufficialmente il 12 febbraio, in qualche modo prevista dalle analisi delle settimane precedenti che ha confermato, seppur non ancora nei fatti quanto più sul piano simbolico, l’avvio di una nuova fase della guerra in Ucraina e più in generale dei mutevoli equilibri globali: la possibile, probabile e, per almeno una e mezza delle parti in causa, desiderabile spartizione di uno Stato sovrano, evento a cui assistiamo in diretta per la prima volta da 80 anni. 

Con conseguenze imprevedibili per l’ordine internazionale, e anche questo è stato ripetuto a lungo negli ultimi tre anni. Mentre, al contrario, viene spesso dimenticato il destino di quelle milioni di persone che a Mariupol’, Donec’k, Berdyans’k e Luhans’k ci abitano.

Prima le proposte, da parte di Trump, più strampalate, ad esempio il ricatto sulle terre rare, e la sua nemmeno troppo velata retorica neocoloniale, espressa nel piano segreto che puntava a ottenere un controllo economico quasi totale sull’Ucraina, chiedendo a Kyiv un “risarcimento” di 500 miliardi di dollari in merito agli aiuti americani degli ultimi tre anni. Una retorica che punta a colpevolizzare l’Ucraina, rinforzata dalle dichiarazioni di Trump per cui sarebbe il paese invaso e non il Cremlino ad aver provocato lo scoppio della guerra.

Tattiche comunicative e negoziali utili a confondere l’opinione pubblica e indebolire ulteriormente (nel tentativo ultimo di umiliare) la fragile posizione di Kyiv che si siederebbe al tavolo delle trattative in una posizione decisamente svantaggiata rispetto ad appena un anno fa. Nel farlo, il presidente americano ha persino dichiarato che “l’Ucraina potrebbe essere russa un giorno”, confermando paradossalmente i fondati timori sia ucraini che europei che le trattative annunciate saranno una tregua a orologeria, più che una pace duratura, nonostante le dichiarazioni dell’establishment americano puntino a narrare l’esatto opposto.

Il nuovo corso repubblicano getta benzina sul fuoco sulla difficile situazione interna di Kyiv, in cui il reclutamento è sempre più tortuoso (è d’altronde complicato trovare motivazioni, dopo tre anni di sofferenza, quando viene a mancare il senso complessivo della lotta di resistenza dopo il tradimento del principale alleato, che Zelensky ha paragonato a quello avvenuto in Afghanistan) e l’ordine politico sempre più caotico, come dimostrato dalle sanzioni ad personam verso l’ex presidente Petro Poroshenko, insieme ad altri oligarchi, approvate da Zelensky proprio il giorno successivo alla telefonata Putin-Trump.

Una parte consistente del piano di Trump, in evoluzione, è obbligare Zelensky a tenere elezioni quest’anno, nella speranza non sia l’attuale presidente ucraino a firmare l’effettivo accordo di pace col Cremlino, che persevera nella narrazione del ‘presidente illegittimo’.

Proprio il suo avversario Poroshenko, in un’intervista al media ucraino Censor.net dello scorso 16 febbraio, ha invitato “ad annotare questa data: 26 ottobre”. Poroshenko dichiara di avere le prove per cui le elezioni si terranno quel giorno: a quanto dice l’ex presidente ucraino la commissione elettorale centrale sta aggiornando i propri registri, mentre lo stabilimento tipografico 'Ucraina' “sta già elaborando quante schede elettorali saranno necessarie”.

Al di là della popolarità in discesa di Poroshenko, gli inside politici a Kyiv sono spesso manovrati dall’alto, e non sarebbe sorprendente se l’informazione sia arrivata all’ex presidente proprio da ambienti vicini all’attuale amministrazione per affossarne il futuro politico. In ogni caso, confermano come l’Ucraina stia entrando, probabilmente controvoglia, verso una nuova confrontazione politica interna. 

Mentre la guerra continua, e poche ore dopo Riyad alcuni droni russi dal Mar Nero attaccano quella che la propaganda del Cremlino definisce una delle città madri russe, Odessa, la stessa intelligence statunitense sottolinea come al momento non si scorgano reali volontà di Putin di fermare la guerra.

Le previsioni di Poroshenko d’altro canto affascinano gli amanti delle dietrologie e degli incastri celesti nella politica internazionale. Il 26 ottobre cade sei mesi dopo la data scelta da Trump, secondo Bloomberg, per il cessate il fuoco che aprirebbe a nuove elezioni. E dopo queste alla firma della pace da parte del nuovo governo ucraino, secondo fonti diplomatiche il più filorusso possibile nei desideri di Mosca e Washington, ispirate dallo ‘spirito di Riyad’.

La data è quella del 20 Aprile, celebrazione, quest’anno, della Pasqua sia di rito cattolico che ortodosso. Aspettando di comprendere fino in fondo quale mondo ci si troverà davanti fra due mesi: Trump si è insediato da meno della metà.

Immagine in anteprima: frame video FirstPost via YouTube