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UE

UE adotta nuove leggi per la sicurezza informatica, incluso Cyber Solidarity Act

Il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato due nuove leggi nell’ambito del “pacchetto” legislativo sulla cybersecurity per incrementare la resilienza e la capacità di risposta dell’UE contro le minacce e gli incidenti informatici. Le normative includono il “Cyber Solidarity Act” e una modifica del Cybersecurity Act (CSA) del 2019.

Cyber Solidarity Act: una rete europea per la sicurezza

La nuova legge stabilisce le capacità necessarie per rendere l’Europa più resiliente alle minacce informatiche, rafforzando al contempo i meccanismi di cooperazione tra gli Stati membri. Tra le misure principali, viene istituito un cyber security alert system, un’infrastruttura paneuropea costituita da hub informatici nazionali e transfrontalieri distribuiti in tutta l’UE. Questi hub, incaricati di rilevare, condividere informazioni e intervenire sulle minacce cyber, utilizzeranno tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale (IA) e la data analytics per fornire avvisi tempestivi su minacce e incidenti che attraversano i confini nazionali. Tale sistema non solo potenzierà il quadro europeo esistente, ma consentirà alle autorità e alle organizzazioni competenti di rispondere in modo più rapido, efficiente ed efficace agli attacchi informatici.

Il nuovo regolamento prevede anche un meccanismo di emergenza volto a rafforzare la preparazione e migliorare la capacità di risposta dell’UE agli incidenti informatici. Sosterrà:

  • azioni di preparazione, tra cui test delle entità in settori altamente critici (sanità, trasporti, energia, ecc.) per potenziali vulnerabilità, sulla base di scenari di rischio e metodologie comuni
  • una nuova cybersecurity reserve dell’UE composta da servizi di risposta agli incidenti del settore privato pronti a intervenire su richiesta di uno Stato membro o di istituzioni, organi e agenzie dell’UE, nonché di paesi terzi associati, in caso di un incidente di sicurezza informatica significativo o su larga scala
  • assistenza tecnica reciproca.

Infine, La nuova legge prevede anche l’introduzione di un meccanismo di revisione degli incidenti, concepito per valutare diversi aspetti, tra cui l’efficacia delle azioni intraprese attraverso il meccanismo di emergenza informatica e l’utilizzo della riserva di cybersecurity. Inoltre, il meccanismo analizzerà il contributo del regolamento nel rafforzare la competitività dei settori industriali e dei servizi.

Modifica mirata al Cybersecurity Act del 2019

Questo emendamento punta a migliorare la resilienza informatica dell’UE, consentendo la futura adozione di schemi di certificazione europei per i cosiddetti servizi di sicurezza gestiti. Questi servizi, essenziali per prevenire, individuare, rispondere e recuperare dagli incidenti informatici, includono attività come la gestione degli incidenti, penetration testing, consulenza e supporto tecnico.

In attesa dei risultati della valutazione del Cybersecurity Act, questo emendamento permetterà di istituire schemi di certificazioni europei per tali servizi, migliorandone la qualità e la comparabilità. L’obiettivo è promuovere fornitori affidabili di servizi di sicurezza informatica, evitando la frammentazione del mercato interno, dato che alcuni Stati membri hanno già avviato programmi nazionali di certificazione per i servizi gestiti.

Dopo la firma da parte dei presidenti del Consiglio e del Parlamento europeo, entrambi gli atti legislativi saranno pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE nelle prossime settimane ed entreranno in vigore 20 giorni dopo tale pubblicazione.

https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2024/12/02/cybersecurity-package-council-adopts-new-laws-to-strengthen-cybersecurity-capacities-in-the-eu/

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UE lancia piano di azione cybersecurity a difesa del settore sanitario

La Commissione Europea ha presentato un piano d’azione innovativo per rafforzare la sicurezza informatica nel settore sanitario. Il piano mira a proteggere ospedali e operatori sanitari UE dalle crescenti minacce informatiche, migliorando le capacità di rilevamento, preparazione e risposta alle minacce, e garantendo un ambiente più sicuro per pazienti e operatori sanitari.

La digitalizzazione ha trasformato il settore sanitario, offrendo innovazioni come le cartelle cliniche elettroniche, la telemedicina e la diagnostica basata sull’intelligenza artificiale. Tuttavia, nel 2023, il settore sanitario è stato il più colpito da incidenti di sicurezza nell’UE, con 309 casi segnalati. Attacchi informatici possono compromettere servizi vitali, con gravi conseguenze per la salute e la sicurezza dei cittadini.

L’iniziativa si basa sul più ampio quadro dell’UE per rafforzare la sicurezza in tutte le infrastrutture critiche e segna la prima iniziativa settoriale specifica per attuare l’intera gamma di misure dell’UE in materia di cybersecurity.

Il piano prevede che l’ENISA, l’agenzia dell’UE per la cybersecurity, istituisca un centro paneuropeo dedicato al supporto della sicurezza informatica degli ospedali. Inoltre, la Commissione avvierà una consultazione pubblica per raccogliere opinioni e perfezionare il piano.

Il piano di azione si concentra su quattro priorità:

  • Prevenzione rafforzata. Il piano contribuisce a sviluppare le capacità del settore sanitario di prevenire gli incidenti informatici attraverso misure di preparazione rafforzate, quali orientamenti sull’attuazione di pratiche critiche di cybersecurity. In secondo luogo, gli Stati membri possono anche introdurre buoni per la cybersecurity per fornire assistenza finanziaria agli ospedali e ai prestatori di assistenza sanitaria di micro, piccole e medie dimensioni. Infine, l’UE svilupperà anche risorse di apprendimento in materia di cybersecurity per gli operatori sanitari.
  • Migliorare l’individuazione e l’identificazione delle minacce. Il Cybersecurity Support Centre per gli ospedali e gli operatori di assistenza sanitaria svilupperà un servizio di allarme rapido a livello dell’UE, che fornirà avvisi quasi in tempo reale sulle potenziali minacce informatiche, entro il 2026.
  • Risposta agli attacchi informatici per ridurre al minimo l’impatto. Il piano propone un servizio di risposta rapida per il settore sanitario nell’ambito della EU Cybersecurity Reserve. Istituita nel regolamento sulla Cyber Solidarity, la Reserve fornisce servizi di risposta agli incidenti da fornitori privati di fiducia. Nell’ambito del piano, possono svolgersi esercitazioni nazionali di cybersecurity insieme allo sviluppo di manuali per guidare le organizzazioni sanitarie a rispondere a specifiche minacce, compreso il ransomware. Gli Stati membri sono incoraggiati a chiedere la segnalazione dei pagamenti di riscatto da parte delle entità, per poter fornire loro il sostegno di cui hanno bisogno e consentire il follow-up da parte delle autorità di contrasto.
  • Deterrenza: Proteggere i sistemi sanitari europei dissuadendo gli attori delle minacce informatiche dall’attaccarli. Ciò include l’uso del pacchetto di strumenti della diplomazia informatica, una risposta diplomatica congiunta dell’UE alle attività informatiche dolose.

Il piano d’azione sarà attuato in accordo con gli operatori di assistenza sanitaria, gli Stati membri e la comunità della cybersecurity. Per perfezionare ulteriormente le azioni più incisive in modo che i pazienti e gli operatori di assistenza sanitaria possano beneficiarne, la Commissione avvierà presto una consultazione pubblica su questo piano, aperta a tutti i cittadini e le parti interessate. L’attuazione del piano inizierà nel 2025, con azioni specifiche pianificate fino al 2026.

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_25_262

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ENISA sostiene il piano UE per la sicurezza informatica nel settore sanitario

L’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza informatica (ENISA) ha accolto con favore il piano d’azione dell’UE, presentato il 15 gennaio, volto a rafforzare la sicurezza informatica di ospedali e operatori sanitari. Il piano si colloca come una priorità strategica per garantire la resilienza del settore sanitario alle crescenti minacce informatiche.

In linea con le linee guida politiche della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per il mandato 2024-2029, il piano d’azione prevede l’implementazione progressiva di misure specifiche tra il 2025 e il 2026 in collaborazione con gli Stati membri, gli operatori sanitari e la comunità della sicurezza informatica.

Un centro di supporto paneuropeo

Tra i progetti chiave proposti, l’ENISA si occuperà di istituire un centro di supporto paneuropeo dedicato alla cybersecurity per il settore sanitario. Il centro fornirà strumenti, servizi e formazione mirati, nonché linee guida per le buone pratiche e gli appalti in materia di sicurezza informatica. Tra gli altri compiti previsti ci sono lo sviluppo di una guida per le buone pratiche e gli appalti in materia di sicurezza informatica, lo sviluppo di uno strumento per mappare e rispettare le normative, l’istituzione di sistemi avanzati dell’UE per il rilevamento delle minacce informatiche contro il settore sanitario, un servizio di allerta precoce per il settore e lo sviluppo di manuali di risposta agli incidenti informatici.

Basandosi su normative esistenti come la Direttiva NIS2, il Cybersecurity Act e il Cyber Resilience Act, le proposte dell’ENISA puntano a rafforzare la protezione delle infrastrutture critiche, tenendo conto delle diverse esigenze dei singoli Stati membri. L’Agenzia ha sottolineato che il successo di questo ambizioso piano dipenderà anche dalla disponibilità di risorse adeguate e dalla collaborazione di tutte le parti coinvolte.

https://www.enisa.europa.eu/news/proposed-enisa-role-to-safeguard-cybersecurity-of-health-sector

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Cybersecurity e PMI: UE finanzia il progetto SECURE guidato dall’Italia

La Commissione Europea ha approvato il progetto SECURE – Strengthening EU SMEs Cyber Resilience, destinato a rafforzare la resilienza cibernetica e l’innovazione nella cybersicurezza delle piccole e medie imprese (PMI) europee. Il progetto è coordinato dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) e coinvolge un consorzio di 14 partner di 7 Paesi europei, tra cui il Centro di competenza italiano Cyber 4.0, il Centro di competenza nazionale ad alta specializzazione sulla cybersecurity promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), come partner tecnico di riferimento.

Con un budget totale di 22 milioni di euro, di cui 16,5 milioni erogati tramite cascade funding e il sistema delle “open call”, il progetto offrirà supporto finanziario e competenze per l’adeguamento delle PMI al Cyber Resilience Act (CRA).

L’obiettivo principale di “SECURE” è fornire supporto sia di natura finanziaria che di competenze alle PMI europee, per sviluppare strumenti e risorse necessari a garantire la conformità del CRA, il regolamento dell’Unione Europea che stabilisce requisiti obbligatori di cybersecurity per i prodotti hardware e software con componenti digitali.

Tra gli obiettivi ci sono anche attività di sensibilizzazione, formazione e istruzione nell’ambito della sicurezza informatica; lo sviluppo di strumenti per facilitare l’implementazione del Cyber Resilience Act; lo svolgimento di test e valutazioni delle vulnerabilità dei prodotti con elementi digitali per verificare la conformità al CRA; eventi e iniziative per promuovere sinergie tra le Pmi europee.

Il consorzio, coordinato dall’ACN, include partner di Austria, Belgio, Lussemburgo, Polonia, Romania e Spagna, con il supporto ufficiale di altri 12 National Coordination Centers (NCC) europei. Questa sinergia internazionale rappresenta un passo fondamentale per rendere l’ecosistema digitale europeo più resiliente e sicuro.

Bruno Frattasi, Direttore Generale di ACN, ha sottolineato l’importanza del progetto: “L’avvio del progetto Secure rappresenta un altro importante esempio della capacità di intercettare risorse europee a beneficio dello sviluppo tecnologico del Paese e della sicurezza informatica allo scopo di garantire, al massimo delle nostre potenzialità, l’ecosistema digitale nazionale. Il progetto rappresenta inoltre un virtuoso modello di coordinamento tra attori diversi, pubblici e privati, finalizzato a dare un concreto e tangibile supporto al tessuto imprenditoriale italiano nel momento in cui sarà chiamato a raggiungere i livelli di compliance richiesti dal Cyber Resilience Act. La piattaforma, che verrà erogata a beneficio delle nostre PMI e di omologhe realtà europee che vorranno avvalersene, si inscrive in quello stesso filone di supporto e sostegno al mondo imprenditoriale italiano che ha trovato in ACN un sicuro punto di riferimento. Le PMI per altro, usufruendo di strumenti e risorse per investire e crescere in sicurezza informatica, potranno divenire più competitive nell’area degli scambi globali”.

Leonardo Querzoni, Presidente di Cyber 4.0, ha evidenziato il riconoscimento del ruolo del Competence Center: “La decisione del partenariato SECURE di affidare la gestione della piattaforma per l’erogazione degli FSTP al Centro di Competenza rappresenta un importante riconoscimento per Cyber 4.0, avvalorandone l’operato degli ultimi anni nella gestione e distribuzione di fondi PNRR, mediante strumenti e processi sviluppati e consolidati autonomamente. Questa collaborazione tra Cyber 4.0 e ACN permette di estendere il ruolo di supporto al tessuto imprenditoriale del nostro Competence Center a livello europeo, con particolare riferimento al contesto delle PMI, particolarmente impattato dall’adeguamento al CRA. Al tempo stesso, SECURE si configura come un modello pilota che potrà essere applicato anche ad altri settori e ad altre normative, offrendo alla Commissione Europea una piattaforma per la gestione del meccanismo FSTP. Non a caso, il budget di SECURE è uno dei più alti mai assegnati per progetti di cybersecurity e al tempo stesso porta l’Italia al primo posto nella gestione dei finanziamenti ricevuti dai paesi UE su questo tema”.

https://www.acn.gov.it/portale/en/w/acn-intercetta-nuovi-investimenti-in-cybersecurity-a-favore-dell-ecosistema-cibernetico-nazionale

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UE: AI, quantum computing, droni e cyberwarfare per la difesa europea

La Commissione Europea ha presentato il White Paper for European Defence – Readiness 2030, un documento strategico volto a rafforzare le capacità di difesa dell’UE attraverso investimenti mirati e innovazioni tecnologiche. La Commissione ha inoltre presentato, nell’ambito del piano ReArm Europe Plan/Readiness 2030, un pacchetto che mira a stimolare gli investimenti nella difesa, rispondendo sia all’esigenza immediata di supportare l’Ucraina, sia alla necessità di rafforzare la sicurezza e la difesa dell’Europa nel lungo periodo.

Tecnologie chiave per la difesa europea

Uno degli aspetti centrali del White Paper è l’integrazione delle tecnologie emergenti per modernizzare la difesa dell’UE. Tra le aree prioritarie individuate figurano:

  • Intelligenza artificiale (IA): sistemi avanzati di analisi predittiva, automazione e supporto decisionale per migliorare la prontezza operativa e la risposta alle minacce.
  • Quantum computing: sviluppo di nuove infrastrutture crittografiche per garantire comunicazioni sicure e una maggiore capacità di elaborazione dati in tempo reale.
  • Cyber warfare e guerra elettronica: potenziamento delle difese contro attacchi informatici e minacce ibride, con particolare attenzione alla sicurezza delle reti critiche e alle operazioni di cyber intelligence.
  • Sistemi di droni e anti-droni: rafforzamento delle capacità di sorveglianza e difesa attraverso tecnologie autonome e soluzioni anti-UAV per contrastare minacce aeree non convenzionali.

Piano di finanziamento e cooperazione industriale

Per sostenere questa trasformazione, il piano ReArm Europe prevede oltre 800 miliardi di euro in nuovi investimenti per i prossimi anni, suddivisi in tre principali direttrici:

  1. Sblocco dei finanziamenti pubblici nazionali, consentendo agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa attraverso una clausola di salvaguardia nel Patto di Stabilità e Crescita.
  2. SAFE (Strumento per la Sicurezza dell’Europa), un fondo da 150 miliardi di euro destinato a supportare investimenti immediati nelle capacità di difesa dell’UE.
  3. Coinvolgimento del settore privato, con l’ampliamento dei finanziamenti della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e incentivi per la partecipazione di capitali privati nei settori strategici della difesa.

Verso un mercato unico della difesa

Il White Paper sottolinea anche la necessità di superare la frammentazione attuale, promuovendo una maggiore cooperazione tra gli Stati membri. La creazione di un mercato unico della difesa permetterebbe di ottimizzare gli investimenti, ridurre i costi e garantire una maggiore interoperabilità tra le forze armate europee.

L’iniziativa rappresenta un passo significativo verso un’Unione Europea più autonoma e resiliente nel settore della difesa, con l’obiettivo di garantire stabilità e sicurezza per i cittadini europei in un contesto geopolitico sempre più complesso.

Leggi il White Paper for European Defence – Readiness 2030

https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_25_793

https://www.key4biz.it/ai-quantum-computing-droni-e-cyberswarfare-ecco-le-tecnologie-del-libro-bianco-per-la-difesa-ue-scarica-il-documento/524917/

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Polonia e Paesi Baltici lasciano la Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo in nome della “deterrenza”

Da giorni si rincorrevano voci sull’uscita di Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania dalla Convenzione di Ottawa, firmata nel 1997 per sancire la messa al bando delle mine antiuomo. In una dichiarazione congiunta del 18 marzo 2025 è stata espressa l’ufficialità della scelta:

“La situazione della sicurezza nella nostra regione si è fondamentalmente deteriorata. Le minacce militari agli stati membri della Nato confinanti con Russia e Bielorussia sono aumentate in modo significativo. Alla luce di questo instabile ambiente di sicurezza segnato dall’aggressione della Russia e dalla sua continua minaccia alla comunità euro-atlantica, è essenziale valutare tutte le misure per rafforzare le nostre capacità di deterrenza e difesa”.

La giustificazione per questa scelta è il senso di paura che vive la prima linea del fronte europeo, al confine con la Federazione Russa e con l’alleata Bielorussia; o addirittura “la minaccia russa” che, esaurita l’offensiva contro l’Ucraina, possa raggiungere “l’est dell’Europa”, che diventerebbe a quel punto il prossimo obiettivo di Vladimir Putin. Secondo Polonia e Paesi Baltici questa operazione potrebbe non arrivare subito e nemmeno nel futuro più prossimo, ma il fatto che “Mosca voglia ricostruire l’assetto sovietico” per loro è “più di un sospetto”, alimentato dai continui sabotaggi e dagli attacchi ibridi da parte dei russi.

Dagli anni Novanta sappiamo benissimo che questi sospetti sono infondati e che ciò che si è avverato è stato ben altro: l’espansione della NATO nei Paesi dell’Est, violando gli accordi con Gorbaciov nel 1990; la violazione degli Accordi di Minsk tra Russia ed Ucraina (leggasi Stati Uniti); l’entrata recente dei Paesi Baltici e della Finlandia nella NATO. L’espansione ad Est della NATO è continuata con il cosiddetto scudo stellare, con l’addestramento di truppe ucraine fin dal 2009, con l’installazione di basi militari in Polonia e Romania. L’avanzata degli USA è continuata nel 2014 con la “rivoluzione colorata” di Maidan in Ucraina, che ha portato ad un golpe di stampo neonazista con regia occidentale ed un governo di oligarchi vicini a Washington. Successivamente, nel 2015, il Dragoon Ride ha portato truppe statunitensi in tutto l’Est europeo fino ai confini con la Russia, accompagnando le manovre militari con una campagna di incitamento all’odio nei confronti dei russi ed in particolare contro Putin. Inoltre, dall’indipendenza post-sovietica, i Paesi Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) hanno sviluppato una politica interna improntata sull’etnonazionalismo, sulla xenofobia, sul mito della sicurezza, sulla Russia come nemico numero uno e sull’istituzionalizzazione di forme di nostalgia fascista e neonazista; mentre in politica estera hanno seguito e continuano a seguire in modo decisivo il militarismo e le agende di riarmo della NATO e degli USA.

I Paesi dislocati lungo il fianco orientale hanno alzato il budget per le spese militari. Lituania, Estonia e Polonia hanno alzato la spesa per la difesa al 5% del Pil, mentre la Lettonia lo ha portato quest’anno al 3,45%. Se paragonato al resto della Nato, in cui molti paesi – Italia in primis – faticano ad arrivare alla soglia minima richiesta del 2%, è un gap notevole. Lo scorso anno inoltre i quattro paesi hanno inoltre richiesto finanziamenti europei per costruire le loro linee di difesa e puntellare il confine con bunker e denti di drago. La promessa era che, in un periodo di pace, non avrebbero installato mine, fili spinati, armi anti tank e altri ordigni simili. Con il ritorno di Trump la situazione della sicurezza europea è cambiata – in peggio – e si è passati al piano B.

Polonia e Paesi Baltici sono in prima linea nel riarmo: hanno aumentato sensibilmente i budget per la difesa e spingono perché tutti nell’Ue e nella Nato facciano altrettanto. E’ anche merito loro e dell’Alta Rappresentante per la politica estera dell’UE e vicepresidente della Commissione UE, la estone Kaja Kallas, se la Commissione Europea di Ursula Von Der Leyen ha pensato ad un riarmo europeo da 800 miliardi di euro.

Il passo indietro sulle mine antiuomo è stato vergognosamente motivato con la necessità di prevedere tutti gli strumenti di “deterrenza necessari alla difesa del territorio”. “Al momento non abbiamo piani per sviluppare, immagazzinare o utilizzare mine antiuomo precedentemente vietate”, ha voluto rassicurare il ministro della Difesa estone, Hanno Pevkur, garantendo che il suo Paese e gli altri alleati della regione “rimangono impegnati a sostenere il diritto umanitario e la protezione dei civili”.

Non c’è giustificazione che tenga sull’abbandono della Convenzione di Ottawa del 1997, se non la volontà di perpetuare militarismo, guerra e la disumanità. Anche solo pensare all’utilizzo di armamenti come le mine antiuomo o le bombe a grappolo, è un tabù che travalica un limite pericolosissimo. Le mine antiuomo hanno conseguenze di lungo periodo, rimanendo per anni inesplose sul terreno continuando a mietere vittime, soprattutto fra i civili. Oltre che dall’Ucraina, tra i paesi più minati al mondo, un altro esempio arriva dalla Siria.

Nonostante ciò i governi dei Paesi Baltici sembrano più convinti che mai della decisione presa, in nome del mito della sicurezza e del militarismo: “Questa decisione darà un messaggio chiaro: siamo pronti a usare tutto quel che serve per garantire la nostra sicurezza”, avvertiva cinque giorni fa la ministra della Difesa lituana, Dovile Sakaliene. Una dichiarazione rilasciata a margine del bilaterale di Varsavia con l’omologo polacco, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, una delle tante riunioni che Polonia e Baltici hanno tenuto negli ultimi mesi per coordinare le proprie iniziative di difesa.

Già a inizio mese a rompere il tabù sulle mine antiuomo era stato il primo ministro polacco, Donald Tusk, in un discorso pronunciato in Parlamento. “Ammettiamolo: non è una bella cosa, niente di piacevole. Lo sappiamo molto bene. Il problema è che nel nostro ambiente, quelli di cui potremmo avere paura o quelli che sono in guerra ce le hanno tutti”. Nonostante le parole giustificatrice, la consapevolezza di quello che stanno facendo è molto bassa.

Ad avallare la posizione della fuoriuscita di Polonia e Paesi Baltici dalla Convenzione di Ottawa del 1997 è stato anche il think tank brussellese Brussels European and Global Economic Laboratory (1), uno dei più importanti centri europei e mondiali del capitalismo finanziario: “Le norme dell’Ue in materia di finanza sostenibile non impongono restrizioni generali agli investimenti nella difesa, ma esistono restrizioni al finanziamento di società coinvolte nella produzione di armi controverse” scrivono in un report parlando di bombe a grappolo, armi chimiche e biologiche, fosforo bianco, uranio impoverito, laser accecanti, frammenti non rilevabili e, appunto, mine antiuomo. Vista la situazione, la Commissione “potrebbe allentare temporaneamente la posizione” su tali armamenti o “esortare le banche europee a rimuovere le esclusioni autoimposte per il finanziamento delle armi nucleari”. Secondo Bruegel, ciò che è importante è che l’UE parli chiaro, per fare chiarezza ed evitare “zone grigie su come si aspetta che il settore finanziato venga coinvolto”.

A quello di Ottawa, aveva aggiunto Tusk, potrebbe seguire un altro ritiro, stavolta dalla Convenzione di Dublino sulle munizioni a grappolo.

La prossima a uscire dalla Convenzione di Ottawa potrebbe essere la Finlandia, che da quando è diventata membro dell’Ue si è impegnata a distruggere oltre un milione di mine, ma adesso sarebbe pronta a fare marcia indietro, anche perché ha “una frontiera di 1.340 km con la Federazione russa da difendere”: “Ho commissionato una valutazione per stabilire se il loro utilizzo sia un fattore di rafforzamento per la Finlandia e se dovremmo avere la possibilità di usarle. E questo parte da una visione difensiva” – spiegava a dicembre il ministro della Difesa, Antti Hakkanen.

A opporsi allo sdoganamento di armi ritenute proibite sono state le organizzazioni per i diritti umani, preoccupate per la deriva che potrebbe generare questa decisione.

 

(1) Brussels European and Global Economic Laboratory (Bruegel) è considerato fra i più importanti think tank europei e mondiali. Nato nel 2005, a seguito degli accordi di collaborazione bilaterali franco-tedeschi che sfociarono nella dichiarazione comune di intenti fra il presidente francese Jacques Chirac e il cancelliere tedesco Gerhard Schröder, Bruegel è una delle più importanti lobby del capitalismo finanziario al mondo che novembre 2010 ha pubblicato una proposta su come affrontare la crisi del debito sovrano dei Paesi dell’Eurozona, basata su un meccanismo di “default controllato”: A European Mechanism for Sovereign Debt Crisis Resolution: A proposal. Al 2012 è presieduto da Jean Claude Trichet (che è anche il presidente del gruppo europeo della Commissione Trilaterale ed ex-governatore della Banca Centrale Europea). Ne sono presidenti onorari Mario Monti (primo presidente, dal 2005 al 2008, dell’organizzazione)e Leszek Balcerowicz (anch’egli ex presidente dell’organizzazione). Le aziende private, tutte a dimensione di multinazionale che contribuiscono come membri sono: Deutsche Telekom, Électricité de France (EDF), Ernst & Young, Erste Bank Group, General Electric, Goldman Sachs, Google, LVMH Louis Vuitton Moët Hennessy S.A., Microsoft, MasterCard, MECM Ltd., Novartis, NYSE Euronext, Pfizer, Qualcomm, Renault, Samsung Electronics, Schroeders Solvay, Syngenta, Toyota, UBS e UniCredit. Sono inoltre membri istituzionali: Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Banca di Francia, Banca Nazionale di Danimarca, Banca Nazionale di Polonia, Caisse des Dépôts, European Investment Bank.

https://www.huffingtonpost.it/esteri/2025/03/18/news/estonia_lettonia_lituania_e_polonia_si_ritirano_sulla_convenzione_di_ottawa_sulle_mine_antiuomo-18706160/

Lorenzo Poli