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Umanesimo e Spiritualità

Concorso “Scuola di Pace, Scuola di Barbiana, Scuola che vorrei”

Ecco un concorso che ci piace, speriamo vi parteciperanno tante scuole. Indetto dal “Centro documentazione don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana” del Comune di Vicchio porta il titolo “Scuola di Pace, Scuola di Barbiana, Scuola che vorrei” e ha l’obiettivo di raccogliere e valorizzare esperienze scolastiche che costruiscano comunità educative fondate sul rispetto, sulla partecipazione e sul dialogo.
Gli elaborati delle scuole dovranno essere inviati entro e non oltre il 02 maggio. Manca solo un mese e, con questo articolo noi dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università desideriamo dare il nostro contributo alla massima diffusione dell’iniziativa. Il progetto è rivolto a tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado ed è un perfetto esempio di quali concorsi ci piacerebbe promuovere nelle scuole italiane, concorsi che recuperino il senso più alto e profondo dell’educazione, che è impegno e responsabilità verso gli altri.

Sono passati quasi due anni dal centenario della nascita di don Lorenzo Milani, uomo di estremo coraggio, prete misconosciuto dalle stesse cariche ecclesiastiche perché difendeva l’obiezione di coscienza al servizio militare e il dovere alla disobbedienza di ordini impartiti da superiori e avvertiti sbagliati per coscienza. Suggeriamo che le sue opere vengano lette e approfondite nelle scuole, dobbiamo studiarlo noi docenti e tutti gli adulti che rivestano ruoli di influenza sociale. I suoi insegnamenti sono ancora attualissimi, la guerra è di nuovo alle nostre porte e, nostro malgrado, possiamo ipotizzare torneremo presto alle vecchie discussioni sulla vigliaccheria di chi diserta o obietta.

La guerra è a tutti gli effetti un evento politico, in nessun modo può essere considerata una calamità naturale, una sciagura fatale e inesorabile.
Una politica che chiede il sacrificio di vittime, sia militari che civili, ha già fallito. La pace è un progetto politico, l’unica vera soluzione è la via dei negoziati e i negoziati possono realizzarsi con successo soltanto con un sincero e reciproco rispetto tra le parti. Prima iniziamo meglio sarà.

Alcune citazioni di don Lorenzo Milani riportate nella descrizione del concorso:

“Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia patria, gli altri i miei stranieri.” Da Lettera ai cappellani militari di Toscana

“Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali.” Da Lettera a una professoressa

Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati.” Da Lettera a una professoressa

Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha la libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al Vescovo che erra. Come ognuno
deve sentirsi responsabile di tutto
.” Da Lettera ai Giudici

Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è obbedirla. Posso dire loro che una legge è giusta quando è la forza del debole; quando invece non sanziona il sopruso del
forte, essi dovranno battersi perché sia cambiata
.” Da Lettera ai Giudici

Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”. Da Lettera a una professoressa

“Non c’è nulla che sia più ingiusto che far parti eguali tra diseguali.” Da Lettera a una professoressa

Anche amare il sapere può essere egoismo… occorre cercare il sapere per usarlo a servizio del prossimo.” Da Lettera ai ragazzi di Piadena

Per fare scuola (gli insegnanti) non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma di come bisogna essere per poter far scuola.” Da Esperienze Pastorali

Il buon cristiano non può limitarsi a fare l’elemosina, ma deve impegnarsi a rimuovere le cause che tengono il povero, povero e gli emarginati, sottomessi.” Da Lettera a Francuccio

Su una parete nella nostra scuola c’è scritto grande I CARE. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori: me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista Me ne frego.” Da Lettera ai cappellani militari di Toscana

Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

A Nîmes ha aperto una Università Popolare delle Religioni

Lanciata lo scorso dicembre ha iniziato la sua attività all’inizio di marzo. Aperta a tutti, mira a trasmettere conoscenze legate al contesto religioso e al sacro, per superare i pregiudizi

Dare a tutti, credenti o meno, la possibilità di esplorare uno spazio libero e aperto di condivisione e accoglienza sui temi della religione e della fede. Creata nel dicembre 2024, l’Università popolare delle religioni di Nîmes, cittadina occitana nel Sud della Francia si è data questa missione. Per riempirla di contenuti, il desiderio è evidenziare e stigmatizzare i pregiudizi e gli stereotipi grazie a una migliore conoscenza degli uni e degli altri. Aperta a tutti, intende favorire l’ascolto, la comprensione reciproca e la coesione sociale. «Ci chiedevamo cosa potevamo offrire alla città, ai nostri concittadini, e sapevamo che c’era un’attesa di incontro. Le sessioni dell’Università popolare delle religioni permettono di costruirsi un’opinione fondata», commenta Claire des Mesnard, pastora della Chiesa riformata locale e iniziatrice del progetto sul giornale Réforme. 

Dall’inizio di marzo, i primi “studenti” hanno preso posto alla Maison du protestantisme di Nîmes, per seguire i corsi e i laboratori di Céline Rohmer, docente all’Istituto protestante di teologia (IPT) di Montpellier. «Lei vive a Nîmes, precisa la pastora. Come Philippe Corcuff, sociologo e filosofo politico, che insegna all’Istituto di studi politici di Lione ed è a sua volta associato al progetto».

La ricetta sembra funzionare poiché, se gli ascoltatori non hanno bisogno di presentarsi, la pastora des Mesnard ha appreso che alcuni non esitano a fare il viaggio da Anduze. Ovvero un’ora di viaggio. «Venire all’Università popolare può essere interessante per le persone che già frequentano comunità religiose se desiderano avere una conoscenza più approfondita della loro religione o di un’altra». Anche gli atei hanno il loro posto. «Viviamo in una società in cui molte cose negative sono associate alle religioni. Ci sono molti luoghi comuni, ascoltare le prerogative delle religioni può essere utile a tutte e tutti», sottolinea ancora la pastora. 

Se le prime sessioni hanno permesso di confermare che c’era una vera aspettativa di dialogo sulle religioni e sul sacro, il team che guida il progetto intende preservare questa dinamica. Desiderosa di condividere conoscenze che permettano di riflettere in profondità, alla luce di conoscenze affidabili e rigorose, l’Università popolare delle religioni di Nîmes si appoggia a un comitato scientifico e deontologico. È composto da accademici, ricercatori e specialisti. «Questa esigenza di obiettività storica, filosofica e scientifica costituisce uno dei pilastri dell’associazione», spiega un comunicato. Per quanto riguarda la scelta di iniziare le attività alla Casa del protestantesimo di Nîmes, non è incompatibile con la neutralità voluta. «È ancorata alla laicità», ricorda Claire des Mesnard. Ospita infatti manifestazioni come la fiera del libro, ma anche mostre o conferenze. Fedele ai valori repubblicani transalpini, il progetto si basa anche su un’interconnessione delle discipline, stabilendo ponti tra le scienze sociali, la filosofia, l’arte e le tradizioni religiose.

Foto , l’anfiteatro di Nimes. Di NEOMAES – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=129511022

Redazione Italia

Il Forum Umanista Mondiale annuncia e invita alla prossima assemblea online

La prossima Assemblea aperta del Forum Umanista Mondiale si terrà sabato 5 Aprile in modalità virtuale.

Le deliberazioni inizieranno alle ore 10 (orario Argentina / Cile / Brasile), corrispondenti all’inizio delle sessioni, come riferimento orario, alle ore 15 in Europa centrale.

Tra i principali temi che saranno trattati ci sono lo sviluppo attuale e le prospettive future del lavoro dei tredici gruppi di lavoro tematici che hanno già avviato le loro attività, nonché la presentazione di nuovi gruppi di lavoro.

Questi gruppi aspirano a costituirsi progressivamente in modo interculturale, facilitando lo scambio e aiutando a connettere le questioni globali con le situazioni locali di ciascuna regione. Mettere in luce e approfondire la comprensione delle relazioni esistenti tra questioni apparentemente diverse è uno degli obiettivi principali che si intende perseguire.

Tra le questioni che sono già in fase di discussione ci sono la ricerca di nuove matrici educative di ispirazione umanista e le attuali prospettive e necessità nella prevenzione e cura sanitaria come diritto universale.

Di fronte alla persistenza di tendenze e pratiche colonialiste, il gruppo tematico sulla Decolonizzazione sta producendo studi e materiali di divulgazione sui movimenti di cambiamento in corso, insistendo al contempo sulla necessità di superare le radici della Discriminazione – un tema trattato in tutta la sua complessità da un altro dei gruppi – che persiste nella base del sistema di valori e nell’organizzazione sociale antiumanista.

Nel frattempo, il gruppo sui Diritti Umani sta avanzando nella valutazione delle proposte affinché i diritti umani non rimangano più solo parole vuote, discorsi senza sostanza o scuse per interventismi, ma diventino una luce che guidi le società verso un futuro diverso.

Inoltre, studiosi e attivisti di una nuova economia al servizio dell’essere umano si stanno raccogliendo nel relativo gruppo tematico, alzando la bandiera del Reddito di Base Universale come un pilastro fondamentale del diritto incondizionato al benessere, alla parità di opportunità e al progresso per tutte e tutti.

Una vasta risonanza è stata ottenuta in diverse nazioni dell’Africa Orientale dalle azioni del gruppo tematico contro la Violenza di Genere, che in questa Assemblea invita le donne delle diverse culture a unirsi e agire insieme per superare questo flagello sociale.

Allo stesso modo, le possibili vie per estendere in questo momento critico l’appello alla Pace e al Disarmo, nonché per rivendicare la lotta per un’Ecologia Sociale, sollecitando ogni nazione a rivedere le proprie pratiche dannose e ad assumere impegni concreti per fermare il drammatico cambiamento climatico, costituiranno il nucleo dei dibattiti in altre due tavole del Forum.

Al fine di sottolineare i processi rivoluzionari di tendenza evolutiva che si moltiplicano nel mondo attuale e cercare segnali di un cambiamento profondo, il gruppo tematico dedicato alle Rivoluzioni e ai fenomeni psicosociali sta studiando i casi dell’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), l’Umanesimo messicano, i BRICS, la Rivoluzione Bolivariana e l’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli dell’America), oltre a cercare di sperimentare le Vie della Seta fisiche e mentali, investigando i luoghi di origine delle grandi religioni, le zone di confine di imperi e/o antichi imperi e l’impatto delle montagne che simboleggiano e accolgono l’ascesa spirituale.

L’Umanesimo nelle diverse culture e lo sviluppo dei momenti umanisti è il tema centrale del gruppo tematico omonimo, mentre “La Pace nella Storia e la Storia nella Pace” è il suggestivo titolo di un altro dei gruppi.

Infine, in questa Assemblea lavorerà un gruppo di recente formazione dedicato alle enormi difficoltà che affrontano le popolazioni sfollate a causa delle guerre e dei conflitti armati. In particolare, organizzazioni e volontari umanisti che operano sul campo presenteranno e discuteranno possibili azioni di solidarietà per i rifugiati dalla guerra nella Repubblica Democratica del Congo.

Si prevede una massiccia partecipazione dai 5 continenti, considerato l’alto interesse suscitato dalle Assemblee precedenti.

Chiunque, sia singolo che organizzazione, è invitato a partecipare attivamente al Forum Umanista Mondiale, uno spazio di convergenza permanente tra persone e istituzioni delle più diverse culture del mondo. La partecipazione è aperta a condizione che non si fomenti la discriminazione e l’intolleranza, né si promuova o utilizzi la violenza come metodo d’azione per imporre concetti o ideali.

Per partecipare alla prossima Assemblea del Forum Umanista Mondiale, iscriversi qui: https://worldhumanistforum.org/assembly-05-04/

Traduzione dallo spagnolo di Laura Proja. Revisione di Thomas Schmid.

Pressenza IPA

Lorenz e la differenza tra animale ed essere umano

L’anno scorso, nella loro interessante ricerca di testi inediti che affrontino la grandi problematiche del tempo presente le Edizioni Piano B hanno pubblicato sotto il titolo de L’uccisione dei propri simili estratti da un pubblicazione di Konrad Lorenz Der Wirkungsgefuge der Natur und das Shicksal des Menschen pubblicata a Berlino nel 1978 ma che forse riunisce testi più vicini alla Seconda Guerra Mondiale, dati alcuni riferimenti.

Il tentativo dell’Opera, probabilmente già nella sua versione originale sta nella comprensione del fenomeno della guerra e dell’uccisione dei propri simili.

Nella ricompilazione proposta Lorenz enuncia i numerosi casi di uccisione dei propri simili nel mondo animale; dalla solita e precisa enunciazione dei casi e delle fonti, sia dirette che indirette, l’inventore della etologia tira fuori tutto il suo sapere e lo fa nel suo stile tipico: preciso e divulgativo. In una estrema sintesi potremmo dire che i casi di uccisione dei propri simili sono frequenti in tutte le specie animali ma derivano, nella stragrande maggioranza di casi da comportamenti rituali, istintivi legati a aspetti cruciali della conservazione della specie così come la riproduzione. Cioè una correlazione chiara che l’autore stabilisce è che la soppressione di un proprio simile ha molto spesso relazione diretta con le possibilità di sopravvivenza della specie. Perché se due maschi combattono a morte per chi si accoppierà con la femmina è abbastanza probabile che il vincitore sarà colui che assicurerà una migliore genetica di sopravvivenza alla sua specie.

Ci sono eccezioni a questa tendenza, comportamenti come quello della Mantide che sfuggono a una logica genetica e sfociano in una bizzarria etologica che però resta nel campo degli istinti e dei comportamenti geneticamente trasmessi.

Cioè nulla di intenzionale sembra arrivare dal mondo animale.

A questo punto, quasi scusandosi di smettere i panni dell’etologo per indossarne altri, affronta la questione umana: perché gli umani uccidono i propri simili?

La domanda doveva essere impellente all’epoca ed anche noi eravamo lì aspettando che Konrad ci illuminasse con la sua scienza.

Come premessa Lorenz dedica molto tempo a rimarcare la differenza tra l’animale e l’uomo, citando i famosi studi di Köhler sull’intelligenza pratica degli scimpanzé: dice che tra l’animale e l’uomo c’è la stessa differenza tra l’organico e l’inorganico e qui fa un’affermazione a mio avviso incauta e che, soprattutto, non mi aspettavo dall’etologo dato che, leggendo il libro, speravo che mi illuminasse sulle caratteristiche squisitamente animali della specie umana.

Invece Lorenz continua con la linea della differenziazione citando vari studi e mettendo in mezzo il concetto di civiltà e quello di malattie della civiltà, dimenticano però, come purtroppo molti studiosi di quell’epoca, di dare una definizione chiara di Essere Umano. Vede nello sviluppo della tecnologia uno dei fattori scatenanti dell’aggressività umana ma finisce per non spiegarlo in modo esauriente e, se lo pensiamo in prospettiva e accelerazione storica lo sviluppo della tecnologia attuale dovrebbe aver accentuato il fenomeno in maniera esponenziale.

In sintesi un interessante saggio sull’aggressività animale e un nobile tentativo, a mio avviso fallito, di comprendere la follia omicida che attraversa gli esseri umani in particolare in alcuni momenti e in certe condizioni.

Restiamo col dubbio e la curiosità, anche prima di una più interessante definizione dell’Essere Umano, di quali possano essere gli elementi animali, genetici ed istintuali che potrebbero facilitare l’insediamento della violenza nel comportamento umano, insediamento che alcuni studi recenti di neuroscienza hanno definito acquisito e non presente nel patrimonio genetico umano. Il dibattito e la ricerca sono aperti.

Olivier Turquet

Un albanese torna alla guida della Chiesa ortodossa albanese

Un albanese torna alla guida della Chiesa ortodossa albanese dopo decenni.
Il nuovo primate si dovrà destreggiare tra le correnti filo-russe e filo-ucraine che percorrono la piccola Chiesa locale, in un’elezione dalle forti valenze simboliche e politiche.

L’elezione del nuovo primate

Il metropolita di Korça Fatmir Pelushi – conosciuto col nome ecclesiastico di Joan – è il nuovo arcivescovo di Tirana e Durazzo, primate della Chiesa ortodossa autocefala di Albania.
Dopo oltre mezzo secolo, la Chiesa ortodossa albanese ha un leader albanese: il 16 marzo scorso Pelushi è stato eletto nuovo primate dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa.
Il 69enne Pelushi è diventato quindi il nuovo capo della Chiesa, guidata dal 1992 dall’arcivescovo greco Anastasios, morto lo scorso gennaio.

Nella cattedrale della Resurrezione di Cristo a Tirana i fedeli ortodossi hanno gridato per tre volte Axios (degno) in direzione del nuovo primate che ha accettato l’incarico, promettendo di adempiere fedelmente al suo dovere e di rispettare la santa tradizione “per difendere i diritti della Chiesa”.

L’elezione ha segnato un momento storico in quanto Pelushi è il primo chierico albanese alla guida della Chiesa in oltre tre decenni.

La cerimonia di insediamento è stata celebrata il 29 marzo presso la cattedrale ortodossa di Tirana, alla presenza dei rappresentanti di 13 Chiese ortodosse sorelle, un rappresentante del Vaticano, qualche ministro dalla Grecia e centinaia di fedeli.

Il vescovo Nikolla di Apollonia e Fieri, parlando a nome del Santo Sinodo, ha affermato che Joan continuerà a “preservare l’armonia religiosa e la coesistenza”, come il suo predecessore Anastasios, che ha resuscitato la chiesa del paese dopo la caduta del comunismo.

Nonostante la continuità ideologica tra Pelushi e il suo predecessore, e il fatto che i cristiano ortodossi in Albania siano una risicata minoranza (circa il 7%) rispetto ai musulmani (e poco inferiori in numero ai cattolici, intorno all’8%) , l’elezione di Pelushi gioca un ruolo fondamentale per la Chiesa albanese: il cambio di leadership segna un momento simbolico nella storia di una Chiesa a lungo dominata dalle influenze greche e che ha sofferto pesantemente durante l’era comunista, quando l’Albania divenne il primo stato ateo del mondo.

Le origini della Chiesa ortodossa albanese

La Chiesa ortodossa albanese fu fondata nel 1922 e riconosciuta nel 1937 dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, il leader supremo della Chiesa ortodossa, suddivisa in numerose chiese autonome.

Durante il regime comunista, dal 1946 al 1991, le attività della Chiesa furono drasticamente ridotte, arrivando al divieto assoluto di praticare qualsiasi religione a partire dalla metà degli anni Sessanta.

Sotto il comunismo chiese e monasteri furono distrutti o convertiti in depositi, gli esponenti della chiesa perseguitati, costretti all’esilio o emigrati all’estero, come Pelushi.

Quando il comunismo collassò, la Chiesa ortodossa albanese non poteva contare su personalità locali di spicco in grado di riprenderne le redini, così il patriarcato ecumenico di Costantinopoli decise di rivolgersi alla Chiesa ortodossa greca e nominare nel 1992 Anastasios come nuovo primate e tre metropoliti greci come membri del Santo Sinodo, l’organo decisionale.

A loro fu affidato il compito di rifondare la Chiesa ortodossa in Albania, nonostante le profonde critiche da parte della società e della politica albanese, che vedeva in questa decisione il tentativo da parte della Grecia di influenzare l’Albania in un momento di massima criticità: il passaggio dal comunismo alla democrazia.

Per limitare ciò, nel 1998 fu deciso che il Santo Sinodo doveva obbligatoriamente essere composto per metà da membri albanesi, e nel 2006 la Chiesa adottò un nuovo statuto che vietava a chiunque non avesse la cittadinanza albanese di diventare primate (eccezion fatta per Anastasios, che era già primate, e che divenne cittadino albanese nel 2017).

La Chiesa ortodossa albanese oggi

Oggi la Chiesa ortodossa albanese deve gestire il problema dell’influenza della Chiesa ortodossa greca. Una questione che infiamma il dibattito albanese da anni, tanto più alla luce della presunte infiltrazioni che la Grecia avrebbe operato in Albania attraverso la chiesa ortodossa albanese per influenzare il paese.

La questione delle interferenze tra mondo religioso e mondo politico è stata sollevata anche in altri paesi della regione, Serbia e Macedonia del Nord in primis, dove la Chiesa ortodossa gioca un ruolo importante nella vita sociale e politica.

Basti pensare alle esternazioni degli esponenti religiosi serbi e macedoni in occasione della Pasqua ortodossa del 2023, quando condannarono l’uguaglianza di genere, il femminismo, le madri single e le donne divorziate.

Una delle principali e più recenti posizioni assunte dalla Chiesa ortodossa albanese – e che contrasta con quella greca – riguarda lo scisma avvenuto nell’ottobre 2018 a seguito della concessione di autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina da parte del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.

La Chiesa di Kiev è stata riconosciuta indipendente dal Patriarcato di Mosca, che a sua volta ha dichiarato conclusi i rapporti con il Patriarcato di Costantinopoli, accusato di essere “scismatico”.

In Ucraina nacquero così due chiese: la Chiesa ortodossa dell’Ucraina, indipendente e sostenuta, fra gli altri, dalla Chiesa ortodossa greca, e la Chiesa ortodossa ucraina, rimasta fedele a Mosca e sostenuta da quella albanese.

A tal proposito Pelushi dovrebbe ricalcare le posizioni assunte da Anastasios, di cui è stato uno stretto collaboratore per molti anni.

Oltre che dalla questione religiosa, il rapporto tra Grecia e Albania è teso anche dal punto di vista politico, dal momento che il governo greco ha spesso accusato quello albanese di non rispettare i diritti della minoranza greca in Albania.

Oltre a fronteggiare una situazione interna delicata, il nuovo primate si dovrà destreggiare tra le correnti filo-russe e filo-ucraine, in un’Albania che guarda sempre più all’Unione europea, anche grazie ai notevoli passi avanti compiuti nell’apertura dei negoziati di adesione negli ultimi mesi.

East Journal