Skip to main content

Donne in rete contro la violenza

Riceviamo e pubblichiamo da ‘Donne in rete contro la violenza’, Rete nazionale antiviolenza e che si compone di 89 organizzazioni dislocate sul territorio nazionale, che gestiscono Centri antiviolenza e Case rifugio, affiancando oltre 20.000 donne ogni anno.

D.i.Re e le organizzazioni socie sono attive politicamente per determinare il cambiamento culturale necessario per l’eliminazione della violenza maschile alle donne.

“D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza prende atto dell’ennesima condanna per l’Italia in un
caso di violenza domestica da parte della CEDU (Convenzione per i diritti dell’uomo).

Questa volta, a essere violato è l’articolo 3 della Convenzione per i diritti dell’uomo: “Nessuno può essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti”.

“È sconfortante constatare che le mancanze del sistema continuino a provocare danni” –
dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza.

Questa recente condanna è stata emessa per inerzia: nel riconoscere la violenza, sanzionarla e
fermarla.

Qualcuno si scuserà con questa donna?
Che cosa pensano di fare i rappresentanti delle istituzioni che non l’hanno in alcun modo protetta?

I centri antiviolenza della Rete D.i.Re accolgono migliaia di donne ogni anno e, quando leggiamo
che il rischio è la connivenza dello Stato con il maltrattante, sappiamo bene di cosa parla la
CEDU.

Il ricorso è stato presentato dalla donna che aveva subito la violenza, Patrizia Pagliarone.

Il caso oggetto della sentenza ebbe una discreta eco, dato che coinvolse Andrea Buscemi, candidato con la Lega e nominato assessore nel Comune di Pisa proprio mentre era a processo per stalking.

Le attiviste della Casa delle Donne di Pisa organizzarono manifestazioni, sit-in,lanciando anche una petizione per la revoca dell’incarico all’assessore (poi dimesso dal sindaco).

Queste proteste portarono alla querela della presidente della Casa delle Donne, in un goffo tentativo di silenziare chi evidenzia la violenza, anziché fermare chi la agisce.

“O le cose cambiano radicalmente, con un’azione sistemi di formazione di operatori e operatrici della giustizia per il riconoscimento della violenza alle donne e del rischio ad essa correlato, o ci dovremo abituare a essere tra i paesi che collezionano condanne CEDU per l’incapacità di vedere la violenza alle donne nei percorsi giudiziari che la trattano” conclude Veltri.

Redazione Italia