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Comunicati Stampa

Registi di tutto il mondo rendono disponibili gratuitamente film sulla Palestina

Alla luce degli attuali eventi in Palestina, un gran numero di registi ha reso disponibili gratuitamente online i propri film sulla Palestina. In questo post, condividiamo i link ai film, che potete guardare e condividere per diffondere il loro messaggio al mondo.

– Una colección de documentales publicada por Al Jazeera Documentary:
– El documental “Guardián de la memoria”:
– El documental “Un asiento vacío”:
– El documental “El piloto de la resistencia”:
– El documental “Jenin”:
– El documental “El olivo”:
– El documental “Escenas de la ocupación en Gaza 1973”:
– El documental “Gaza lucha por la libertad”:
– El documental “Los hijos de Arna”:
– El cortometraje “Strawberry”:
– El cortometraje “The Place”:
– El documental “El alcalde”:
– El documental “La creación y la Nakba 1948”:
– El documental “Ocupación 101”:
– El documental “La sombra de la ausencia”:
– El documental “Los que no existen”:
– El documental “Como dijo el poeta”:
– El documental “Cinco cámaras rotas”:
– El largometraje “Paradise Now”:
– El cortometraje “Abnadam”:
– El largometraje “Bodas de Galilea”:
– El largometraje “Kofia”:
– El largometraje documental “Slingshot Hip Hop”:
– El largometraje documental “Tel Al-Zaatar”:
– El largometraje documental “Tal al-Zaatar – Detrás de la batalla”:
– El documental “In the Grip of the Resistance”:
– El documental “Swings”:
– El documental “Naji al-Ali es un artista visionario”:
– El documental “La puerta superior”:
– El largometraje documental “En busca de Palestina”:
– El largometraje “La sal de este mar”:
– El largometraje documental “Hakki Ya Bird”:
– La serie “Palestina Al-Taghriba”:
– La serie “Yo soy Jerusalén”:
Ricordiamo inoltre:
– “Palestina: capire il torto” di Paolo Barnard
– Conferenza di Marco Travaglio su storio di Palestina e Israele
– Le radici nazi-fasciste di Netanyahu e Israele (secondo Einstein e Hannah Arendt) di Piergiorgio Odifreddi

Redazione Italia

Camera dei Deputati/Carceri. Antigone: un documento con alcune proposte per superare l’emergenza

“Oggi alla Camera dei Deputati si terrà un dibattito straordinario sulla situazione del sistema penitenziario italiano. Erano ormai mesi che chiedevamo che il Parlamento rimettesse al centro del dibattito politico e pubblico il tema del carcere.

La condizione odierna è a dir poco drammatica. Con gli ultimi due suicidi delle scorse ore sono già 20 le persone che si sono tolte la vita in questa prima parte del 2025 in un istituto di pena. Il sovraffollamento è sempre più grave nelle carceri per adulti, con circa 16.000 persone che non hanno un posto regolamentare, ed è diventato ormai strutturale anche negli Istituti Penali per Minorenni dove non si era mai registrato.
Molte strutture versano in condizioni fatiscenti e non garantiscono la disponibilità di servizi minimi come acqua e riscaldamenti.

Una situazione che richiede provvedimenti immediati.

Per questo Antigone, in vista del dibattito odierno, ha inviato ai Deputati un documento che fotografa la situazione del sistema penitenziario e contiene una serie di proposte per affrontare l’emergenza”.

Queste le dichiarazioni di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.

A QUESTO LINK IL DOCUMENTO (file Pdf)

Associazione Antigone

Università: a Roma mobilitazioni contro tagli e precarietà

Oggi, 20 marzo, in tutta Italia le Assemblee Precarie Universitarie si mobilitano per denunciare le politiche di sotto finanziamento e precarizzazione del sistema accademico. A Roma, la giornata di protesta si è aperta con lezioni all’aperto nei diversi atenei che proseguiranno fino al pomeriggio. Alle 16:30 ci sarà un’assemblea pubblica in città universitaria alla Sapienza.

Mentre il MUR e la CRUI promuovono la giornata “Università Svelate”, dipingendo un’università aperta e inclusiva, la realtà raccontata da ricercatrici e ricercatori, studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo è ben diversa: tagli per 1,2 miliardi di euro, aumento delle tasse, riduzione delle borse di studio e un crescente controllo dei privati e dell’industria bellica sulla ricerca.

Si chiedono il raddoppio del Fondo di Finanziamento Ordinario, la stabilizzazione dei precari, contratti dignitosi per tutte e tutti e la fine dell’ingerenza della guerra e degli interessi privati nell’università.

Assemblee Precarie Universitarie

Redazione Roma

la Comunità del Mondo Arabo in Italia protesta per i nuovi bombardamenti a Gaza

La guerra in Palestina ha ripreso la sua scia di morte e distruzione, con raid che non sembrano voler fermarsi. Il bilancio drammatico, che nelle ultime ore segna almeno 881 morti e più di 1000 feriti di cui il 70% bambini e donne, porta con sé un dolore che non può essere ignorato. L’orrore che ormai da anni martella la Striscia di Gaza non conosce tregua, e la sofferenza dei più vulnerabili, soprattutto dei bambini, si aggrava con ogni attacco. La violenza è ripresa nel mese sacro del Ramadan, il mese di riflessione, purificazione e solidarietà per la comunità musulmana, aggiungendo ulteriore angoscia al popolo palestinese.

Il popolo palestinese è chiamato a vivere il Ramadan con la paura e la sofferenza incolmabili causate dalla guerra. In questo contesto drammatico, la Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai), sempre in prima linea nella promozione della pace, della solidarietà e del dialogo, ha preso una decisione forte e significativa: rinunciare all’iftar, il tradizionale pasto che segna l’interruzione del digiuno durante il mese del Ramadan, in segno di rispetto per le vittime di questa violenza e per le sofferenze di chi vive ogni giorno nel conflitto.

Foad Aodi, Presidente Onorario e Fondatore della Co-mai sottolinea con fermezza:

“Nel mese di Ramadan, un mese sacro che ci invita a riflettere sulla pace e sulla solidarietà, non possiamo ignorare le difficoltà enormi che stanno affrontano i nostri medici palestinesi e gli ospedali che sono al collasso in Palestina. I professionisti sanitari ci chiedono tutti i giorni aiuti sanitari, il supporto di delegazioni di medici specialisti, sangue e farmaci salva vita. Non dimentichiamo che ci sono tanti feriti che muoiono per mancanza di cure e sotto le macerie . Inoltre, secondo i nostri medici UMEM in Palestina, il bilancio delle ultime ore delle vittime e dei feriti è davvero drammatico manca tutto di farmaci, elettricità, acqua e cibo puliti, area di emergenza, sangue, strumenti chirurgici e cure per i pazienti oncologici, cronici, cardiopatici e le donne in gravidanza. Sono al collasso le sale parto e di  rianimazione”. 

Co-mai Comunità del Mondo Arabo in Italia

Crollo palazzina a Bari: dubbi sull’amianto e rischi per la salute

Arpa Puglia ha confermato l’assenza di fibre di amianto sia nelle polveri aerodisperse sia nell’aria circostante la palazzina crollata il 5 marzo 2025. Lo ha dichiarato il Comune di Bari in una nota ufficiale. L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale ha inoltre certificato che il pericoloso materiale non è presente nemmeno nelle polveri depositate su un balcone di un’abitazione privata, sul piazzale e sul cornicione di una finestra della ex scuola Carlo Del Prete. L’edificio, oggi sede del Municipio II, sorge accanto all’area del crollo.

Tuttavia, prosegue la nota, un frammento di piccole dimensioni di cemento-amianto è stato rinvenuto nel cortile della ex scuola. L’amministrazione comunale ha quindi affidato a una ditta specializzata l’incarico di eseguire le operazioni di bonifica, seguendo le direttive fornite da Arpa Puglia.

Risultati divergenti tra le analisi dell’ARPA e dell’Università

Un nuovo prelievo si è reso necessario dopo una perizia condotta nei giorni scorsi dal dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari. L’accertamento, richiesto dai residenti di un immobile nelle vicinanze, avrebbe rilevato la presenza di “numerose fibre di amianto, in particolare crisotilo”, oltre a “numerose fibre di vetro”. In risposta, Arpa Puglia ha precisato che “la relazione non proviene da un laboratorio inserito nell’elenco dei laboratori qualificati dal ministero della Salute”.

Il crollo è avvenuto il 5 marzo scorso. Secondo i primi accertamenti, l’edificio, già dichiarato inagibile per lesioni strutturali, era stato puntellato e sgomberato il 24 febbraio 2024 su ordinanza comunale. L’implosione sarebbe avvenuta a causa del cedimento di un pilastro centrale.

Nelle more, per garantire la tutela della salute pubblica, il sindaco Vito Leccese aveva già firmato un’ordinanza il 12 marzo. Il provvedimento imponeva il divieto di affacciarsi dalle finestre, l’obbligo di tenerle chiuse e l’uso di mascherine nelle aree esterne adiacenti all’edificio, fino a nuova comunicazione ufficiale.

Dubbi sulle conseguenze di una possibile ma non concreta esposizione all’amianto

Resta, però, un interrogativo: se il denso nuvolone di polvere sollevato dal crollo avesse disperso fibre di amianto, come potrebbe il vicinato avere la certezza di non essere esposto a rischi? Le patologie asbesto-correlate hanno tempi di latenza estremamente lunghi, variando dai trenta ai cinquanta anni.

Fonti qualificate affermano che, al di là dei risultati divergenti tra le analisi dell’ARPA e dell’Università, la procedura adottata risulta corretta. Inoltre, i responsabili della bonifica dell’area avrebbero rispettato il protocollo di legge.

La possibilità che qualcuno, entro un raggio di 500 metri dal crollo, abbia inalato qualche fibra di amianto non può essere esclusa del tutto. Tuttavia, si tratta di un’eventualità difficile da concretizzarsi. Quali misure si possono adottare? Al momento, nessuna, poiché non esiste un accertamento preventivo per l’esposizione all’amianto.

«Questa vicenda – afferma l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto – dimostra come sia fondamentale la prevenzione primaria. Quindi di prevedere e rimuovere qualsiasi rischio e dunque l’esposizione ad amianto per tutelare la salute. È per questo che l’ONA svolge un ruolo centrale, fondamentale, ora e per il futuro».

da ilgiornaledellambiente.it

Redazione Italia

Appello degli studenti congolesi per la pace

Sono Giovanni Piumatti, sacerdote missionario fidei donum. Ho vissuto 50 anni nel Nord Kivu. Attualmente mi trovo a Pinerolo; per brevi periodi torno a Butembo, Beni, Kimbulu, Lukanda. E Goma. Continuo a mantenere i contatti con le comunità, in particolare con gli studenti e gli insegnanti dell’università di Butembo (Ucg). 

I giovani congolesi sono più che coscienti della situazione. Trent’anni di guerra, aggravatasi nel 2025. Si sentono e sono impotenti. Vogliono lanciare un appello, un grido. Hanno scritto il testo che vi allego. Faccio da ponte, pregandovi di dare una mano a quelle ragazze e a quei ragazzi e al loro paese. 

Mando questa loro lettera-appello ai media e alle università. Starà a loro diffondere ulteriormente.

Grazie per l’attenzione Giovanni Piumatti piumgio@gmail.com

Appello degli studenti congolesi per costruire insieme la pace nel mondo e nella Repubblica democratica del Congo

Noi, studenti universitari di Butembo-Beni, provincia del Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo – Rdc), lanciamo un grido d’allarme. Consapevoli delle sfide e dei problemi legati alla pace e ala sicurezza nel mondo, esprimiamo la grande stanchezza nostra e del popolo congolese. Da troppo tempo siamo aggrediti, massacrati, uccisi, privati delle libertà fondamentali, spogliati della dignità umana. Abbiamo bisogno di pace e sicurezza.

Nel nostro paese, la Repubblica Democratica del Congo, viviamo in guerra da più di 30 anni. Il conflitto mette in pericolo la sovranità del nostro paese e il nostro diritto alla vita. Bambini, donne e uomini sono esposti ad atrocità, violazioni dei diritti umani, violenze sessuali. Questa guerra è nata prima della nostra generazione. Ha prodotto miseria, milioni di sfollati interni, milioni di morti. La comunità internazionale ha avuto un atteggiamento passivo.

In questo 2025, come tutti sapete, le violenze si sono aggravate, accentuate dalla guerra di aggressione condotta dal Ruanda attraverso le milizie dell’M23/Afc che saccheggiano, uccidono, terrorizzano, organizzano il reclutamento forzato… Operano sul nostro territorio diverse centinaia di gruppi armati locali o stranieri e ribellioni. Eppure, noi abbiamo diritto alla vita, come tutti i cittadini del mondo. 

Non c’è più bisogno di provare che alla base di questa tragedia ci sono ragioni economiche ed espansionistiche. Gli interessi materiali fanno di noi delle prede: le nostre risorse minerarie, necessarie per la transizione tecnologica ed energetica, sono fra le più ambite dalle potenze mondiali. Ma per accedervi, è proprio necessario ucciderci, condannarci alla miseria, distruggere le nostre città, le nostre case, il nostro ambiente?

Vogliamo che queste nostre ricchezze vadano a vantaggio delle figlie e dei figli della Rdc. Vogliamo che le potenze negozino direttamente con la Repubblica democratica del Congo per partenariati condotti in equo e pacifico, nell’interesse di tutti i popoli. Le nostre risorse non devono essere estorte con lo sfruttamento illecito, al prezzo delle nostre vite. Insieme dobbiamo trovare il modo di condividerle nel rispetto dei diritti umani e del principio della sovranità degli Stati. 

In ogni caso, la pace è il prerequisito di tutto, per noi e per il nostro paese. Con la guerra, tutto è perduto. Permetteteci di vivere! Mangiare, studiare, lavorare, riflettere, produrre. Ridateci la pace. Occorre privilegiare il dialogo per arrivare alla pace; ricordiamo il dialogo intercongolese di Sun City nel 2002 e la Conferenza Amani di Goma nel 2008. Siamo stanchi di perdere ogni giorno vite umane, con una guerra ingiusta imposta al nostro paese.

Lanciamo dunque un appello pressante e urgente a tutti gli attori sulla scena internazionale, affinché svolgano correttamente il proprio ruolo. Devono operare per far sì il mondo ritrovi pace e sicurezza, per far sì che tutti i popoli del mondo abbiano finalmente una vita serena. 

Non abbiamo né industrie di produzione di armi, né laboratori di armi nucleari. Perché imporci la guerra? Vogliamo pace e sicurezza, senza condizioni.

Consiglio studentesco dell’università cattolica del Graben, Butembo-Beni, Nord Kivu (Repubblica democratica del Congo – Rdc)

Contatti: tel. 0024-3992941325; conseil.estudiantin@uceraben.ac.cd

Pressenza IPA

MIM zero in condotta! Il Ministero favorisce l’arruolamento militare nelle nostre scuole

Non è un romanzo distopico, sta accadendo davvero.

Sbalordisce l’oggetto di una circolare che il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha diramato ai dirigenti scolastici del territorio di AvellinoBenevento Salerno nella quale invita a coinvolgere gli studenti e le studentesse dell’istruzione secondaria di secondo grado nelle attività di promozione dell’aeronautica militare.

Si legge che il personale militare della Scuola Specialisti di Caserta entrerà negli istituti scolastici con materiale informativo e promozionale dei concorsi 2025/26 per l’accesso nell’aeronautica. L’obiettivo viene dichiarato senza pudore: incrementare il numero di domande nell’aeronautica militare.

Da quando il servizio di leva è diventato volontario, i corpi d’arma incontrano criticità nel reclutamento di nuovi soldati e soldatesse. A questo aggiungiamo che il personale graduato sta mediamente invecchiando, quindi c’è bisogno di altri ufficiali per il ricambio generazionale.

Nella stessa circolare si fa accenno allo “sforzo comunicativo profuso in occasione del centenario”, e noi c’eravamo l’anno scorso a documentare le cerimonie ufficiali, le mostre documentarie e gli stand in piazza, a partire dall’ultimo reportage Diario di una guerra a bassa intensità pubblicato sul nostro sito.

Basterebbe anche solo leggere a pag. 17, 18 e 19 del nostro Secondo Dossier. Solo un occhio critico poteva scorgere il disegno ammaliatore sottostante. Perché celebrare gli anniversari delle forze armate? Sono apparati nati sotto il governo regio. Non dovrebbero essere già superati da un pezzo dall’arte diplomatica e attenti accordi economici?

I governi in Europa programmano maggiore spesa nel comparto militare, le linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito spingono a parlare di Patria Nazione. Quello che sta avvenendo nelle scuole è una cooptazione anticipata di risorse umane. Si tramutano le scuole pubbliche e paritarie in spazi di propaganda militare, le studentesse e gli studenti sono invitati a diventare reclute.

Per i più piccoli vengono costruite situazioni ludiche bene attrezzate: eventi sportivi, concorsi a premio, campi estivi.

Ci è arrivata segnalazione di un campo estivo presso l’Istituto Aeronautico di Gallarate, quest’anno alla sua nona edizione, dedicato a ragazzi e alle ragazze di scuola media. L’esperienza dura una settimana e fornisce i rudimenti di teoria e pratica di volo, visite museali, competizioni di volo virtuale tramite Cessna 182T. E a chi scrive torna in mente un articolo letto pochi giorni fa. Le tecnologie del settore “unmanned”, ossia aerei e droni senza pilota, rivestiranno un ruolo sempre più centrale nel futuro della Difesa.

Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

Nawroz   نەورۆز

E’  una festa  antica risalente al periodo pre – islamico, che trae origine  dall’antica religione  Zoroastriana;  infatti  è  citata anche nel libro sacro di quella religione.

Il 21 marzo, Nawroz viene festeggiato intensamente  nell’ Asia centrale e nel Medio Oriente, cioè in  Kurdistan, Iran, Afghanistan,  e in alcuni paesi europei, come Albania e Georgia.   Nawroz letteralmente significa nuovo giorno e da lì partono anche il calendario persiano, afghano  e kurdo: l’anno  2025 equivale  al 1404  del calendario persiano e afghano  e  al 2725 del calendario kurdo.

Il significato di Nawroz e del suo festeggiamento varia e perciò la festa viene celebrata in diversi modi, secondo la tradizione, la cultura  e la storia di un determinato territorio e della sua popolazione. Per esempio in Albania il 21 marzo si indossano dei braccialetti colorati che  proteggono dai raggi solari; quando si vede la prima rondine uno se lo deve togliere e appendere su un albero e diventa il segno della fortuna se la rondine porta via il braccialetto.

Oltre al significato di essere il primo giorno di primavera, il giorno della luce,  della rinascita, che  ridà vita alla natura, il 21 marzo ha un altro significato per il popolo kurdo, cioè di pace, libertà e democrazia,  valori  fondamentali  di ogni società, che attualmente, purtroppo, sono a rischio. Nawroz è la festa più importante per i kurdi ed è diventato il simbolo della loro causa; per questo i kurdi festeggiano Nawroz anche nel  contesto pesante di persecuzione sotto i regimi che occupano il Kurdistan. La modalità più significativa di festeggiarlo per i kurdi è  quello  di accendere falò  la sera nelle piazze e sulle colline, che sono il simbolo della stagione della luce, della primavera, della fine della dittatura  e della vittoria. Ogni 21 marzo le famiglie si riuniscono, vanno in campagna a festeggiare con abiti e cibi  tradizionali, ballando e cantando la canzone più famosa di Nawroz.

Il popolo kurdo si rifà alla leggenda, secondo la quale il fabbro Kawa sconfisse il tiranno Dehaq, ponendo così fine a secoli di oppressione.

 

Di seguito una fiaba tradizionale Kurda e una poesia pubblicate nella  prima pubblicazione bilingue “Il Kurdistan con gli occhi dei bambini” con la collaborazione del Comune di Venezia nel 2023

-Leggenda: KAWA IL FABBRO

TANTO TEMPO FA, un terribile re si ammalò gravemente, di un tumore alla spalla.

Chiamò a se tutti i medici di corte che, dopo essersi riuniti in consiglio, gli dissero che per curarsi avrebbe dovuto mettere ogni giorno il cervello di due giovani sulla parte malata.

Il re comandò allora di sacrificare ogni giorno due giovani kurdi per usare il loro cervello per la cura.

La popolazione visse con paura i terribili anni del regno di questo tiranno. I giovani abitanti del regno erano quasi in via di estinzione quando un padre d nome Kawa, che di mestiere faceva il fabbro e che aveva già sacrificato sei de sette figli, organizzò una rivolta contro il re tiranno chiamando in suo aiuto tutta la popolazione della zona.

Tutti gli abitanti kurdi del regno occuparono allora il palazzo ed uccisero il Re, così tutta la popolazione si salvò.

Kawa andò sulla montagna e accese il fuoco per avvisare tutte le campagne e i villaggi vicini della vittoria.

Kawa usò il fuoco come simbolo della vittoria.

Da questo giorno la popolazione kurda festeggia il NAWROZ, il capodanno kurdo.

-NAWROZ

Oggi è il primo giorno del nuovo anno Che torna,

E un’antica festa kurda Che ritorna con gioia.

Ecco il sole che sorge Dalle vette dei monti della patria.

E’ il sangue dei martiri che Si riflette nell’aurora.

Non vale la pena piangere i martiri,

Perché quelli che vivono nel cuore del popolo non muoiono mai.

Il giorno nuovo mise il rogo nel cuore ed incoraggiò i giovani ad andare verso la morte.

Il vento di primavera risvegliò la terra  e gli occhi innamorati del narciso si aprirono.

Del Poeta Piramerd

 

Gulala Salih, UDIK

Unione Donne Italiane e Kurde (UDIK)

Siena solidale, incontro sui richiedenti asilo

Domenica 16 marzo alle ore 17, nell’aula 101 del Palazzo di San Niccolò dell’Università di Siena, si è tenuto l’incontro “Luoghi negati lontani, luoghi negati vicini”, sulla situazione attuale dei richiedenti asilo che non riescono ad accedere alle misure di accoglienza previste dalla legge e che rimangono dunque forzatamente senza fissa dimora a Siena. Il dibattito è stato moderato dalla Dott.ssa Nevia Dattilo e ha visto gli interventi del Dott. Gianfranco Schiavone e del Dott. Tommaso Sbriccoli.

Nel corso dell’incontro – a cui hanno partecipato più di cento persone – è emersa con chiarezza la gravità della situazione attuale. Ancora oggi circa 120 richiedenti asilo, provenienti principalmente da Pakistan ed Afghanistan, trascorrono la notte nei dormitori messi a disposizione dalla Caritas, nella sede di Rifondazione Comunista o nei parcheggi della città, in attesa che la Prefettura fornisca loro un posto nel sistema di accoglienza, come garantito dalla normativa europea e da quella italiana. Nonostante da anni la rete SiSolidal denunci la violazione dei diritti di queste persone – comprovata recentemente anche da alcune pronunce del TAR – è apparso chiaro come vengano quotidianamente ignorate le leggi che regolano le procedure di richiesta asilo e l’accesso alle misure di accoglienza che devono essere garantite da parte del Ministero dell’Interno e dalla Prefettura quale ufficio periferico del ministero sul territorio in attesa dell’analisi delle loro domande di asilo.

Il Dott. Schiavone ha illustrato la normativa europea che regola l’accoglienza dei richiedenti asilo, come l’obbligo della tempestività nel fornire un alloggio ai richiedenti asilo privi di mezzi indipendentemente dalle modalità di ingresso nel territorio nazionale, l’illegittimità nell’introdurre categorie differenti di richiedenti asilo attribuendo a ciascuna di esse differenti gradi di riconoscimento del proprio diritto ad essere accolte, e l’obbligo di applicare ai richiedenti asilo sotto procedura Dublino le medesime misure di accoglienza. Appare chiaro come il Decreto Prefettizio del 14 gennaio 2025, che fissa i nuovi criteri seguiti dalla Prefettura nell’accoglienza di richiedenti asilo, presenti gravi profili di contrasto con la normativa vigente.

I tempi medi per avere accesso ad un posto in un CAS della Provincia di Siena, tra i 5 e i 7 mesi, mostrano ad esempio una sostanziale inerzia nel provvedere a mettere a disposizione nuovi posti nel sistema di accoglienza.

Il Dott. Sbriccoli ha invece raccontato il percorso della rete SiSolidal – formata da varie associazioni locali e da privati cittadini – che dalla primavera del 2022 ha preso in carico a tutti i livelli (sanitario, legale, amministrativo, etc.) i bisogni di queste persone, sostituendosi in molti casi a quello che dovrebbe essere il compito delle istituzioni.

Durante il dibattito è intervenuto anche un rifugiato proveniente dal Pakistan, che ha raccontato la sua esperienza a Siena come richiedente asilo, dal primo periodo in cui per mesi ha dormito per strada e nei parcheggi – un momento durissimo della sua vita, che è riuscito ad affrontare anche grazie all’aiuto delle associazioni e dei cittadini che lo hanno sostenuto – fino all’attuale condizione di autonomia, con un lavoro e una casa, dopo anni di sofferenze e difficoltà.

La grande partecipazione cittadina all’evento mostra quanto la grave situazione di violazione sistematica dei diritti di queste persone – che hanno lasciato i loro Paesi per fuggire da situazioni di conflitto, di forte sofferenza e di rischio generalizzato – stia a cuore a sempre più persone e che è davvero giunto il momento di porre rimedio alle illegittime prassi esistenti a Siena.

La Rete SiSolidal

 

Redazione Toscana

Sbarcati ieri sera a La Spezia i 35 naufraghi soccorsi dalla Life Support

Ieri sera, alle ore 23, le 35 persone soccorse dalla nave Life Support di EMERGENCY sono sbarcate nel porto di La Spezia. I naufraghi viaggiavano su un gommone sovraffollato che già stava imbarcando acqua e sono stati portati in salvo lunedì 17 marzo con un intervento nelle acque internazionali della zona Sar libica.

“Siamo arrivati a La Spezia dopo oltre tre giorni di navigazione in cui le condizioni meteo non sono state sempre favorevoli, con onde alte e venti forti – commenta Domenico Pugliese, comandante della Life Support di EMERGENCY-. Lo sbarco si è concluso senza difficoltà grazie alla collaborazione con le autorità e finalmente ora i naufraghi sono al sicuro a terra. Mentre ci prepariamo per la prossima missione non possiamo che augurare a tutti il meglio per la loro vita futura.”

I naufraghi, tutti uomini ad eccezione di una donna, una bambina e cinque minori non accompagnati, erano partiti dalle coste libiche e provengono prevalentemente dal Sudanun Paese in cui imperversa una guerra cruenta di cui EMERGENCY stessa è testimoneProprio in Sudan, infatti, EMERGENCY è tuttora presente con il Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum dove ha operato gratuitamente più di 10mila pazienti provenienti da 33 Paesi diversi. Offre inoltre assistenza pediatrica nei suoi centri di Khartoum, Nyala, Port Sudan e visite cardiologiche nelle cliniche di Atbara, Kassala e Geddaref.

Nei giorni di navigazione che sono stati necessari per raggiungere il porto di sbarco abbiamo avuto modo di ascoltare le testimonianze di tante persone soccorse che scappavano dalla guerra – afferma Chiara Picciocchi, mediatrice culturale a bordo della Life SupportUn ragazzo del Sudan ci ha raccontato di aver lasciato il proprio villaggio per raggiungere Khartoum, dove ha iniziato anche l’università. Ma poi gli scontri e le violenze della guerra tuttora in corso sono diventati sempre più diffusi, il padre è stato torturato e lui per non rischiare la vita ha deciso di andarsene. Così dalla capitale ha raggiunto l’Egitto a piedi, per poi continuare fino in Libia, sognando l’Europa. Ha tentato tre volte la traversata del Mediterraneo: la prima volta il mezzo su cui viaggiava è stato intercettato dalla cosiddetta Guardia Costiera libica ed è finito in carcere, la seconda per il meteo cattivo sono dovuti tornare indietro, la terza è stato un viaggio spaventoso, ma è stato soccorso dalla Life Support. Ci ha confermato che, nonostante i pericoli, il rischio di un viaggio in mare è preferibile rispetto alle difficoltà e alle esperienze vissute nelle carceri libiche.”

Un altro naufrago sudanese a bordo racconta la sua esperienza: “Ho lasciato il mio Paese quando la guerra è arrivata nella mia città natale, nel Sudan centrale. Non c’era futuro per me lì, né sicurezza, non avevo altra scelta che andarmene. Come tanti altri, sono fuggito in Libia attraverso un viaggio lungo e brutale, poi sono riuscito a trovare lavoro in un’azienda elettrica dove sono rimasto per tre mesi. Ma la Libia non era meglio del Sudan: per un immigrato, camminare per la città significa rischiare la vita. La gente aggredisce gli immigrati per strada, li deruba, li tratta come nullità. Poi le cose sono peggiorate ulteriormente. Pochi giorni prima della mia partenza, ci sono state proteste contro gli immigrati. La gente gridava che gli stavamo togliendo il lavoro, che gli stavamo togliendo il futuro. Il razzismo era insopportabile, sapevo di non poter restare.”

Il viaggio attraverso il mare è stato terrificante – prosegue il ragazzo sudanese -. Non riesco a trovare le parole per descrivere come mi sentivo su quella minuscola barca di soli sei metri, con più di trenta persone. Tutti intorno a me avevano perso la speranza. Il rischio era enorme, ma per me la vita in Sudan non era migliore dei pericoli del mare aperto. Non avevo paura. Avevo ancora speranza. Quando abbiamo visto una barca avvicinarsi, si è diffuso il panico: pensavamo fosse la cosiddetta Guardia Costiera libica, pronta a catturarci e a rispedirci all’inferno. Ma poi abbiamo sentito una voce, l’accento arabo non era libico. In quel momento abbiamo capito che ci stavano salvando”.

Con lo sbarco di ieri sera la Life Support ha concluso la sua 29/a missione nel Mediterraneo centrale. La nave Sar di EMERGENCY opera in questa regione dal dicembre 2022 e in questo periodo ha soccorso un totale di 2.486 persone.

 

Emergency