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Comunicati Stampa

Fine vita, Friuli Venezia Giulia, Cappato (ass. Luca Coscioni): “il consiglio approvi la legge regionale “Liberi subito”

L’Associazione Luca Coscioni farà un punto sulle leggi regionali sul fine vita giovedì 20 febbraio alle ore 14 a Roma presso l’Hotel Capranichetta. L’evento sarà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube dell’Associazione

Dichiarazione di Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente Tesoriere e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni:

La Regione Toscana dimostra che quando si vuole si può. La Regione Friuli Venezia Giulia ha invece finora deciso di nascondere la testa sotto la sabbia, nonostante le condanne già subite nei tribunali a causa dei ritardi del Servizio sanitario nel rispondere alle richieste di aiuto alla morte volontaria. Sarebbe il caso che il Presidente Fedriga seppellisca l’ascia delle guerre ideologiche e si confronti nel merito delle procedure più adeguate per tutelare le persone che soffrono e gli stessi medici. Come Associazione Luca Coscioni siamo disponibili a cercare insieme soluzioni pragmatiche per evitare che prosegua l’incertezza giuridica sulle modalità di accesso all’aiuto alla morte volontaria. Con “Liberi Subito”, vogliamo che il Servizio sanitario risponda alle persone che soffrono in tempi rapidi e certi e dia garanzie anche al personale sanitario su come deve comportarsi per rispettare la volontà dei malati. ll cosiddetto “suicidio assistito” è già legale in Italia in conseguenza di una sentenza della Corte costituzionale. La nostra legge regionale serve per dare tempi e regole certi affinché le persone non debbano aspettare mesi prima di avere una risposta. Per questo chiediamo al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia di tornare a discutere ed approvare la legge “Liberi Subito.


Stefania Cicco

Associazione Luca Coscioni
Via di San Basilio 64 – 00187 Roma, Italia
Tel. 06 640 10 848 Mob. +39 328 31 46 032

Associazione Luca Coscioni per la libertà scientifica.

Redazione Friuli Venezia Giulia

A Milano un dibattito pubblico su “Destra-sinistra: una dicotomia superata?”

Il gruppo milanese “Progetto Nonviolento” terrà un dibattito, aperto al pubblico, il prossimo 25 febbraio con il titolo: “Destra-sinistra: una dicotomia superata?” L’evento avrà luogo dalle 18:30 alle 20:30 presso lo Spazio Tadini in via Niccolò Jommelli 24, Milano, e solleverà le seguenti domande: quella tra “destra” e “sinistra” è una dicotomia completamente superata dai fatti oggi e sarebbe dunque meglio abbandonarla completamente?  Oppure la dicotomia è ancora in grado di indicare differenze storicamente fondate, tuttora esistenti sul piano ideale, ma che non esistono più sul piano fattuale, perché su questo piano è scomparso uno dei poli della dicotomia? 

Paleranno il prof. Vincenzo Costa, ordinario di filosofia all’università Vita e Salute San Raffaele di Milano, e Aligi Taschera, già docente di Filosofia e Storia presso diversi licei milanesi.   Dopo i loro interventi introduttivi, ampio spazio verrà lasciato ad un dibattito libero tra i presenti.

È gradita la prenotazione con una email indirizzata a: progettononviolentomilano@proton.me 

Il gruppo “Progetto Nonviolento” – la cui parola d’ordine è “Pace con mezzi pacifici” – si è creato durante il Covid per opporsi alla gestione autoritaria della pandemia da parte del governo italiano (e non solo).  Il suo primo dibattito pubblico, tenutasi a Milano il 23 ottobre 2020,  si è infatti intitolato “La nonviolenza nell’era dell’emergenza” e ha riunito personalità come Ugo Mattei, Franco Fracassi, Germana Leoni, Davide Tutino, Aligi Taschera e molte altre.  Ha un canale YouTube che raccoglie i video dei suoi eventi.  Giulia Abbate ne cura i rapporti con il pubblico.

 

Redazione Milano

Diamo voce alla Russia per la Pace. Incontro con Alisa Skopinsteva

I movimenti di opposizione e dissenso, per i diritti umani, sono l’espressione di quella società civile russa che ha sempre rifiutato la guerra. Ora che Putin e Trump vogliono spartirsi l’Ucraina, dopo un conflitti armato sanguinoso di tre anni, che ha fatto un milione di morti e incalcolabili danni materiali ed economici, è tempo che la parola torni a chi davvero costruisce la pace. Gli obiettori di coscienza russi e ucraini, i disertori delle due parti, che non hanno voluto partecipare alla guerra fratricida, devono sedere al tavolo del dialogo, per una conferenza internazionale di pace.

Sabato 22 febbraio, ore 11 – Conferenza stampa aperta alla Casa per la Nonviolenza in via Spagna, 8 a Verona

Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento

Alisa Skopintseva

È una attivista russa specializzata in movimenti di dissenso e protesta pacifica nell’Europa orientale. Ha 25 anni. Laureata in Storia all’Università di Mosca, per sette anni ha lavorato al Memorial Internationale (organizzazione indipendente di denuncia dei crimini del regime sovietico), al Centro Sakharov (centro culturale di promozione dei diritti umani), e alla Duma di Stato (assemblea federale della Federazione Russa) per un deputato dell’opposizione. A causa delle sue attività politiche, per evitare una dura repressione, ha dovuto fuggire ed attualmente vive a Tbilisi, in esilio, in Georgia, e lavora per le organizzazioni StopArmy e EBCO/BEOC (Ufficio Europeo per l’Obiezione di coscienza) nella raccolta fondi per le organizzazioni per i diritti umani e della società civile russa, costruendo partenariati con istituzioni e associazioni europee a sostegno degli obiettori di coscienza, dei disertori e dei renitenti alla leva russi.

Il movimento StopArmy

Mentre prosegue da tre anni la guerra della Russia contro l’Ucraina, migliaia di ragazzi russi si rifiutano di prestare servizio, affrontando persecuzioni, prigionia o esilio. Il Movimento StopArmy fornisce assistenza legale e sostegno per proteggere i diritti umani, ma non possono farcela da soli. Sostenere gli obiettori di coscienza in Russia significa sfidare il militarismo e difendere il diritto di rifiutare la guerra in tutta Europa. Questa Campagna fa luce sulla lotta di chi rifiuta e obietta alla guerra, sui rischi che corrono e su come esattamente la solidarietà internazionale sta apportando un cambiamento. Chiedono sostegno internazionale e solidarietà con coloro che resistono e obiettano alla guerra.

Movimento Nonviolento

Prodotti fitosanitari: gli effetti sulla biodiversità sono più dannosi del previsto

I prodotti fitosanitari sono utilizzati principalmente in agricoltura per controllare la diffusione dei parassiti. Tuttavia, tali prodotti possono anche danneggiare molte specie di animali, piante e funghi non bersaglio utili. Quanto siano dannosi e finora sconosciuti gli effetti reali dei diversi pesticidi su una varietà di gruppi di organismi è stato dimostrato da un meta-studio internazionale realizzato con la partecipazione del Leibniz Institute for the Analysis of Biodiversity Change (LIB). La sintesi dei 1.705 lavori di ricerca sul tema è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.

Gli autori dello studio precisano che, con la crescente domanda di cibo e l’aumentare della resistenza dei parassiti ai prodotti fitosanitari, è necessaria una migliore valutazione del rischio. I prodotti fitosanitari possono ora essere rilevati in quasi tutti gli ecosistemi in varie miscele e concentrazioni. Tuttavia, le conoscenze degli effetti sugli organismi non bersaglio non erano ancora disponibili in modo completo.

Per la realizzazione di questo meta-studio, ricercatori proveninenti da tutto il mondo hanno raccolto per oltre dieci anni 1.705 lavori scientifici basati su standard di raccolta e analisi dei dati trasversali. Lo studio fornisce un quadro completo sull’argomento ed è stato creato sotto la guida di scienziati cinesi dello Shanghai Key Laboratory of Chemical Biology, School of Pharmacy, East China University of Science and Technology, Shanghai, Cina. Infatti, gli autori sottolineano che le conoscenze, ottenibili dalla sintesi quantitativa dei lavori, sono indispensabili per creare un quadro nazionale e internazionale per la gestione critica dei prodotti fitosanitari.

I nuovi pesticidi sono più dannosi del previsto per tutti gli organismi

I ricercatori presentano una sintesi degli effetti di 471 diversi agenti pesticidi su 830 specie di organismi non bersaglio (piante, animali e microrganismi) a diversi livelli della catena alimentare. Di conseguenza, tutti gli organismi, compresi gli impollinatori, i pesci e gli anfibi, mostrano reazioni negative nella loro crescita, riproduzione, comportamento e sopravvivenza. Anche i funghi e le piante ne risentono.

Nelle analisi basate su esperimenti condotti in laboratorio e sul campo, l’effetto dei pesticidi di nuova generazione (quelli attualmente autorizzati nell’UE) era simile a quello dei pesticidi più vecchi. Secondo gli autori, sarebbe difficile trovare prove del fatto che lo sviluppo e l’approvazione di nuovi principi attivi ridurrebbero i rischi.

«La procedura di autorizzazione dei pesticidi è complessa e laboriosa, quindi è ancora più sorprendente che il nostro studio riconosca che gli effetti dei prodotti fitosanitari sono molto più ampi e profondi di quanto si pensasse in precedenza», afferma Christoph Scherber, vicedirettore del LIB e direttore del Centro per il monitoraggio della biodiversità e la ricerca sulla preservazione della natura. «Ad esempio, gli erbicidi usati per combattere alcune piante hanno un effetto negativo sugli insetti e gli insetticidi hanno a loro volta effetti negativi sulla crescita delle piante».

L’agroecologia come soluzione alla crisi

«È doveroso mettere in discussione l’uso standard dei prodotti fitosanitari, visti i numerosi effetti collaterali. Ormai sappiamo da molti studi che la biodiversità in agricoltura può anche ridurre le infestazioni parassitarie senza dover accettare effetti collaterali indesiderati. La co-coltura di colture e animali domestici, ma anche la diversificazione dei sistemi di coltivazione agricola, come nella coltivazione mista, supportano la biodiversità. Le strisce fiorite, le aree incolte e le siepi offrono agli antagonisti naturali basi vitali e possono anche essere efficaci contro l’erosione del vento e dell’acqua», afferma Scherber.

«In questo modo, un’agricoltura diversificata può portare a un controllo più efficiente delle specie di parassiti erbivori e contribuire alla stabilità del raccolto», conclude Christoph Scherber.

In altre parole, i metodi agroecologici, come quelli utilizzati nell’agricoltura rigenerativa e nell’agricoltura biologica, offrono una via percorribile per uscire dalla crisi della biodiversità causata dalla monocoltura e dall’agroindustria.

Link allo studio “Pesticides have negative effects on non-target organisms” pubblicato su Nature Communications

Traduzione dal tedesco di Filomena Santoro. Revisione di Maria Sartori.

Pressenza Muenchen

“Riforma della Giustizia. Cosa prevede e con quali conseguenze?”

Il Movimento delle Agende Rosse, Gruppo Rita Atria di Reggio Emilia e Provincia invita la cittadinanza a questo incontro pubblico.

Il 24 febbraio prossimo alle 18.00, presso “L’altro Teatro” di Cadelbosco di Sopra (Galleria Giuseppe Carretti , n.2/a), si terrà un incontro pubblico dal titolo “Riforma della Giustizia. Cosa prevede e con quali conseguenze?”.

L’iniziativa è organizzata dal Movimento Agende Rosse Rita Atria Reggio Emilia in collaborazione col Comune di Cadelbosco di Sopra ed è patrocinata dalla Consulta Provinciale per la Legalità.

All’iniziativa interverranno esperti qualificati quali il magistrato Calogero Gaetano Paci, Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia e il magistrato Francesco Maria Caruso, già Presidente dei tribunali di Reggio Emilia e di Bologna nonché del collegio giudicante del processo Aemilia.

La conduzione del dibattito sarà a cura di Paolo Bonacini, giornalista e scrittore, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico della Consulta sopra citata.Con l’iniziativa del prossimo 24 febbraio,  intendiamo approfondire un tema di grande attualità, che può apparire ostico e distante dalle persone, ma che in realtà impatta fortemente su cittadini/e, sia a livello individuale che collettivo.

Gli autorevoli ospiti ci aiuteranno a capire i contenuti e gli obiettivi della Riforma del sistema Giustizia in atto e gli effetti che ne derivano nella lotta alla criminalità organizzata e comune e nella tutela dei cittadini.

Verranno illustrate in particolare due riforme di questo governo: la cosiddetta “Riforma Nordio”(Legge 9 agosto 2024), che è intervenuta sul codice penale e sulla procedura penale, e la Riforma Costituzionale, che mette al centro la separazione delle carriere e lo sdoppiamento del CSM.

Rispetto ai provvedimenti della Legge Nordio quali l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e lo “svuotamento” di altri reati, ci chiediamo se possano potenziare il controllo di legalità da parte dei magistrati o se invece servano a “spuntare le armi” per combattere certe categorie di reato.

Per non parlare della stretta sulle intercettazioni e dei vincoli posti alla misura cautelare, misure anch’esse su cui nutriamo seri dubbi.

Riteniamo importante, anche alla luce della posizione di netto contrasto assunta dai magistrati rispetto alla riforma costituzionale, alimentare un dibattito pubblico sul merito di questi provvedimenti, che destano molti interrogativi, primo fra tutti: sono davvero utili ad “efficientare” il sistema della giustizia, con effettivi vantaggi per la collettività?

Con il contributo di esperti ci proponiamo di informare e sensibilizzare i cittadini e le cittadine su questi temi, approfondendo contenuti e conseguenze di ogni singolo provvedimento e l’idea di Giustizia che prefigurano nel loro complesso.

Invitiamo tutte e tutti a partecipare!


Movimento Agende Rosse, Gruppo Rita Atria di Reggio Emilia e Provincia

 

Redazione Italia

Europa, USA, Russia: ma quale Pace?

Ciò che sta avvenendo è la spartizione territoriale dell’Ucraina tra Russia e Stati Uniti, dopo tre anni di sanguinoso conflitto, un milione di morti, danni materiali ed economici incalcolabili, sofferenze ed impoverimento generale. La Russia otterrà l’espansione regionale in Crimea e Donbass, gli Stati Uniti metteranno le mani sulle “terre rare”, mentre l’Europa sta a guardare e l’Ucraina ne esce commissariata.

Questo è il risultato della scelta militare fatta, che ha trasformato l’intera Europa in una regione ad economia di guerra, a traino della Nato. La retorica del “prima la Vittoria, poi la Pace” si è rivelata per quello che era davvero “prima la Guerra, poi la Sconfitta”. E a perderci, prima di tutti, è il popolo ucraino, che vede svanire la propria sovranità, dopo aver sacrificato un’intera generazione di giovani sull’altare del nazionalismo. L’Europa a 27 velocità, che ha accettato il ruolo di comparsa nell’Alleanza Atlantica, è indebolita e afona. Per “salvare il salvabile” si vorrebbe ancora una volta puntare tutto sulla politica di riarmo, la stessa che ha distrutto il sistema sociale della sanità e dell’istruzione nei nostri paesi. Errore fatale. L’Europa, per affrontare la questione Ucraina, ha bisogno di una politica comune di sicurezza, pace e cooperazione, non di una politica di potenza e difesa militare, e deve avere una propria visione democratica alternativa a quella oligarchica di Stati Uniti e autoritaria della Federazione Russa.

Cinque possibili passi necessari di strategia nonviolenta, per prevenire un’ulteriore escalation e per costruire una vera pace:

– creazione di una “linea di pace” sui confini tra Europa e Russia (Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina) con l’istituzione di una zona smilitarizzata, un corridoio (500 chilometri di larghezza) per tutto il confine (3000 chilometri di lunghezza). Questo lungo fronte di terra smilitarizzata, da una parte e dall’altra, non potrebbe essere attraversato da truppe militari della Russia o della Nato, o di altri eserciti europei: così si favorirebbe la distensione. La definizione e poi il controllo di questa zona russo/europea smilitarizzata (dal Mar Bianco al Mar Nero) prevede il negoziato e lo sviluppo di meccanismi di verifica efficaci; anziché concentrarsi sulla militarizzazione nazionale, ci si concentra su una zona di demilitarizzazione internazionale, pan europea, affidata a tutti i paesi coinvolti;

– avviare immediatamente una “moratoria nucleare” che coinvolga i paesi detentori di armi nucleari presenti sul continente europeo (Francia, Regno Unito, Russia, e Stati Uniti con ordigni presenti anche in Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi): impegno al non utilizzo, e apertura di negoziati per l’adesione concordata e multilaterale al TPNW (Trattato per la messa al bando delle armi nucleari);

– avviare un progetto esecutivo per la costituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, per la gestione non militare della crisi. Tra non fare nulla e mandare truppe armate, c’è lo spazio per fare subito qualcosa di utile, nell’ambito della politica di sicurezza per intervenire a livello civile nei conflitti prima che questi sfocino in guerra vera e propria, come avvenuto il 24 febbraio 2022.

I Corpi di Pace vanno costituiti e finanziati come una brigata permanente dell’Unione Europea: la loro costituzione deve rientrare nelle competenze della Commissione Europea;

– dare la parola ai movimenti civili e democratici che in Russia, Ucraina e Bielorussia si sono opposti da subito alla guerra e hanno avanzato proposte di pace, a partire dal sostegno agli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva delle parti in conflitto. Convocare con loro, veri portatori di interessi comuni, un “tavolo delle trattative” in zona neutrale e simbolica (Città del Vaticano);

– convocare una Conferenza internazionale di pace (sotto egida ONU, con tutti gli attori internazionali coinvolti e disponibili) basata sul rispetto del Diritto internazionale vigente e sul concetto di sicurezza condivisa, che metta al sicuro la pace anche per il futuro.

La Campagna di Obiezione alla guerra offre uno  strumento concreto per attuare il diritto umano fondamentale alla pace, che sul piano politico significa per gli Stati: obbligo di disarmare, obbligo di riformare in senso democratico e far funzionare i legittimi organismi internazionali di sicurezza collettiva a cominciare dalle Nazioni Unite, obbligo di conferire parte delle forze armate all’ONU come previsto dall’articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite, obbligo di riconvertire e formare tali forze per l’esercizio di funzioni di polizia internazionale sotto comando sopranazionale, obbligo di sottoporsi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.

Aderendo concretamente alla Campagna ognuno ha la possibilità personale di dichiarare formalmente la propria obiezione di coscienza e nel contempo sostenere concretamente i nonviolenti russi e ucraini che sono le uniche voci delle due parti che stanno già dialogando realmente tra di loro, che creano un ponte su cui può transitare la pace, grazie al coraggio e all’impegno di chi a Kyiv e Mosca, rischiando di persona, lavora per la crescita della nonviolenza organizzata.

Movimento Nonviolento

Movimento Nonviolento

Il Congo è ricco da morire

Solidarietà alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo
Corteo a Palermo Sabato 22 febbraio con appuntamento alle ore 15.30 a piazza Crispi

15 febbraio 2024
La Repubblica Democratica del Congo è il secondo paese per estensione dell’Africa dopo l’Algeria, con una superficie di 2.345.410 kmq, circa otto volte l’Italia, con una popolazione di 91.994.000 abitanti all’incirca, secondo una stima del 2017.

La Repubblica Democratica del Congo sta attraversando una fase critica, caratterizzata da intensi conflitti armati, crisi umanitarie e instabilità politica, con l’occupazione della città di Goma e delle altre città da parte del Movimento 23 Marzo (M23), apertamente sostenuto dal Ruanda come si evidenzia da diversi rapporti delle Nazioni Unite.

In questo momento buio sorgono varie domande e perplessità, soprattutto, riguardo al mutismo elettivo dell’Occidente, particolarmente, dell’Unione Europea, la quale un anno fa, firmò un accordo con il regime di Kagame, detto “Memorandum of Understading”, volto a garantire la fornitura di minerali in grado di assicurare la doppia transizione verde e digitale, inoltre, essenziale per settori strategici come quello della difesa e l’aerospaziale.

Secondo la ONG Global Witness, il 90% del tantalio esportato dal Ruanda proviene in realtà dalla RDC. Non solo l’UE, quasi tutte le organizzazioni sia pubbliche che private sono consapevoli che, spesso, questi minerali provengono dall’estrazione illegale, dal commercio illecito, dal trasporto al di fuori dei canali ufficiali e dalla tassazione dei minerali prodotti.

Ultimamente il gruppo ribelle dell’M23, sostenuto dal Ruanda, ha intensificato le sue operazioni militari nell’est del Congo, causando oltre tremila vittime e migliaia di feriti solo nella città di Goma. Gli ospedali sono affollati e anche i campi profughi sono stati attaccati. L’incursione dei ribelli dell’M23 nel paese si è concentrata proprio su aree dense di miniere per l’estrazione di oro, coltan, stagno, tantalio e altri minerali e terre rare.

Ma i ribelli proseguono la loro offensiva verso la provincia del Sud Kivu ed attualmente hanno occupato alcuni dei suoi territori: l’aeroporto di Kavumo, il lago Kivu e la città di Bukavu, capoluogo della provincia. Ciò costituisce una totale violazione del Diritto Internazionale, dei Diritti Umani e del Diritto Internazionale umanitario.

Quello delle risorse minerarie e naturali è un punto dolente nell’attuale crisi sociopolitica della Repubblica Democratica del Congo. In effetti, non si può comprendere a pieno la storia della repubblica democratica del Congo e la situazione sociopolitica in cui si trova oggi, senza prestare attenzione all’esistenza di una grande diversità di ricche risorse minerarie e naturali che questo paese detiene.

La parte orientale del Congo – che è al centro dei conflitti armati – presenta una fascia ricca di risorse, mentre il Katanga (al sud) e il Kasai (in centro) contengono in particolare rame, diamanti, cobalto, uranio. Nel Kivu ed in Ituri si ricavano, soprattutto l’oro e il coltan, oltre al legname pregiato e al gas e petrolio che si trovano nei grandi laghi.

Da tempo, il Governo congolese e i funzionari degli organismi internazionali e delle Nazioni Unite puntano il dito contro il Ruanda, accusandolo di sostenere e supportare i ribelli dell’M23 per impadronirsi delle miniere e contrabbandare poi le materie prime. Per molti anni il Ruanda si è nascosto dietro le smentite. Nessuno osava mettere in dubbio la versione ruandese. Ma ormai una serie di rapporti degli esperti delle Nazioni Unite puntano il dito senza esitazioni contro il Ruanda.

L’amara costatazione è che la pace, nella RD del Congo, è costantemente confrontata alle minacce da parte di questi ribelli, apertamente sostenuti da Kigali, che li fornisce ogni tipo di supporto, affiancandoli, persino, con un nutrito numero di militari Ruandesi.

La sfida della pace richiede coraggio, impegno costante e una visione condivisa. Ma notiamo che nonostante il coinvolgimento diretto del Ruanda nelle atrocità commesse in Congo, l’Unione Europea continua a finanziare Kigali, rendendosi così complice di tali crimini, ovvero, della carneficina che si sta perpetrando nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

È il tempo del coraggio; è tempo di difendere i diritti dei bambini e delle donne Congolesi; è tempo di agire a favore della giustizia e della pace. Anche i Congolesi hanno diritto ad autodeterminarsi. La Repubblica Democratica del Congo, infatti, conformemente alle norme di Diritto Internazionale, chiede il rispetto della propria sovranità e della sua integrità territoriale.

Chiediamo che tacciano le armi e che la Comunità Internazionale abbia il coraggio di emanare delle risoluzioni contro il Ruanda, il quale deliberatamente miete morte e sparge sangue in Congo.

Chiediamo, inoltre, che il Ruanda sia espulso tra gli Stati contribuenti dei peacekeepers, perché è inconcepibile che uno Stato impegnato in missioni di peacekeeping violi consapevolmente i Diritti umani, il Diritto Internazionale umanitario e il Diritto Internazionale che esso stesso è chiamato a difendere.

I promotori: CGIL Palermo, Donne di Benin City, Movimento Right 2B Sicilia, Altrico Ody, Mondo Africa, Associazione Africa Solidale Oltre il Mediterraneo, Diaspore per la Pace, Injs, Arci Palermo

Redazione Palermo

Amnesty International all’Unione Europea: “Rispetti il diritto internazionale. Basta sostenere il genocidio”

Lunedì 24 febbraio i ministri degli Esteri dell’Unione Europea accoglieranno a Bruxelles l’omologo israeliano Gideon Sa’ar in occasione del Consiglio di associazione Unione europea-Israele. È la prima volta nella storia dell’Unione europea che i suoi leader ricevono il rappresentante di uno stato il cui primo ministro e l’ex ministro della difesa sono destinatari di mandati di arresto della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità e il cui esercito sta attivamente commettendo crimini di diritto internazionale, tra cui il genocidio.

“È inconcepibile che l’Unione europea stenda il tappeto rosso al ministro degli Esteri Sa’ar, il cui superiore, il primo ministro Netanyahu, è ricercato dalla Corte penale internazionale. Le discussioni sul futuro delle relazioni con Israele dovrebbero basarsi anzitutto sull’insistenza affinché Netanyahu e Gallant affrontino la giustizia per i crimini di cui sono accusati, oltre che sul rispetto del diritto internazionale da parte di Israele e sulla fine dell’apartheid. I leader dell’Unione europea devono dare priorità al loro impegno verso il diritto internazionale, i diritti umani e la Corte penale internazionale rispetto agli incontri diplomatici attentamente orchestrati con Israele”, ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio Istituzioni europee di Amnesty International.

“Il vergognoso silenzio seguito alle minacce alla Corte penale internazionale e l’assenza di misure concrete e urgenti che avrebbe già dovuto adottare dopo le oltraggiose sanzioni imposte dall’amministrazione Trump, danno l’impressione che l’Unione europea abbia dato priorità alle relazioni con un governo implicato nel commettere genocidio e crimini di guerra, piuttosto che al sostegno di un’istituzione che persegue l’accertamento delle responsabilità individuali per questi crimini. I leader dell’Unione europea dovrebbero decidere quali misure adottare per evitare di contribuire al genocidio, all’apartheid e all’occupazione illegale israeliani, invece di nascondere tutto sotto il tappeto per una stretta di mano diplomatica a Bruxelles”, ha concluso Geddie.

Ulteriori informazioni

Nonostante la Corte internazionale di giustizia abbia chiaramente delineato la responsabilità degli stati terzi di prevenire scambi commerciali e investimenti che contribuiscano al mantenimento dell’occupazione illegale, l’Unione europea continua a commerciare e investire negli insediamenti israeliani nel Territorio palestinese occupato.

Per maggiori informazioni, si vedano l’appello di Amnesty International all’Unione europea, firmato da oltre 160 organizzazioni della società civile, e la lettera del 10 febbraio, in cui si esorta i leader dell’Unione europea a utilizzare questo incontro per presentare a Israele richieste chiare affinché ponga fine alle gravi violazioni del diritto internazionale e garantisca giustizia e riparazione per i crimini commessi, evidenziando al contempo le conseguenze nelle relazioni tra Unione europea e Israele in caso di mancanza d’azione dell’organismo europeo.

Amnesty International

Cosa ci dicono i fatti di Gradisca, tra violenza e rimozione politica

Il grave episodio di violenza avvenuto nel centro storico di Gradisca d’Isonzo domenica 16 febbraio, che ha visto coinvolti tre giovani italiani, impone una riflessione, soprattutto alla politica locale, troppo spesso incline a semplificazioni pericolose e strumentali.

C’è da chiedersi se tra i soliti agitatori d’odio qualcuno non resti deluso dal fatto che, questa volta, sia l’aggressore che le vittime siano italiane e non straniere. Nessuno parlerà di “cultura del coltello”, né verrà chiesta l’istituzione di zone rosse per proteggere il centro storico. La vicenda, priva di un capro espiatorio comodo, rischia di essere rapidamente rimossa.

Eppure, questo episodio porta alla luce problemi che la politica continua a ignorare: il crescente disagio giovanile, senza alcun piano di intervento né per italiani né per stranieri; la diffusione di messaggi culturali violenti, alimentati dal razzismo e dalla discriminazione; l’assenza di strategie per contrastare una cultura del possesso e della sopraffazione, che soffoca i valori dell’accoglienza e della solidarietà.

Sono queste le vere emergenze, sistematicamente escluse dall’agenda politica, che invece dovrebbero essere al centro dell’azione di governo dei territori.

Redazione Friuli Venezia Giulia

Migrazione Rospi 2025, come ogni anno parte l’iniziativa di volontariato

Come ogni anno , tra metà febbraio e fine aprile, tra Clusane d’Iseo e Paratico (sul Lago d’Iseo) avviene la migrazione del Rospo Comune (Bufo Bufo), che rientra fra le specie protette dalla Convenzione di Berna del 1979 e dalla Legge Regionale n. 10 del 31 marzo 2008.

A causa della strada che separa il bosco dal canneto a lago e che impedisce ai rospi di poter migrare tranquillamente senza rischiare la propria vita, da quattordici anni un nutrito gruppo di volontari del WWF guidati da Alberto Gatti si ritrova all’imbrunire ogni sera con torcia, secchio, guanti in nitrile e giubbino catarifrangente per “raccogliere” letteralmente i rospi e per portarli dall’altro lato della strada.

Nulla li può fermare, nemmeno la pioggia!

Per chi volesse aiutare, il punto di ritrovo è vicino al distributore tra Clusane D’Iseo e Paratico (vicino al distributore).

Per ulteriori informazioni contattare Alberto Gatti dell’Associazione Monte Alto di Corte Franca e Francesco Econimo, coordinatore del progetto per le Guardie Ecologiche Volontarie (GEV) della Comunità Montana del Sebino

Redazione Sebino Franciacorta