Dopo 27 anni di carcere, nove date di esecuzione e tre ultime cene, il 25 febbraio Richard Glossip ha ottenuto ciò che chiedeva insistentemente e convintamente: la Corte suprema federale degli Usa ha annullato il verdetto di colpevolezza e la condanna a morte emessa da un tribunale dell’Oklahoma.
Sessantadue parlamentari si erano schierati dalla sua parte. Ma, soprattutto, dopo due indagini indipendenti a sostegno dell’innocenza di Glossip, il procuratore generale dello stato, Gentner F. Drummond si era deciso ad ammettere che c’era stato un errore e a sostenere l’annullamento della condanna.
La storia inizia nel 1987, quando un sicario di nome Justin Sneed uccide Barry van Treese, proprietario di un motel di Oklahoma City. Sneed viene arrestato ma, nel patteggiamento, per evitare la pena di morte incrimina Glossip, che all’epoca lavorava nel motel.
Al processo, un anno dopo, la tesi della procura che Sneed sia stato solo l’esecutore di un piano omicida organizzato da Glossip e che gli è valso 10.000 dollari, convince la giuria. Non ci si pone il problema della credibilità di Sneed, più volte in cura per problemi psichiatrici, semplicemente perché la pubblica accusa non ne fa menzione. Sulla sola base della sua testimonianza, Glossip viene condannato a morte.
La condanna viene annullata nel 2001 per la scarsa qualità della difesa di Glossip e perché si tratta di un “caso assai debole”, ma viene nuovamente emessa nel 2014. L’esecuzione è prevista nel 2015 ma poche ore prima che abbia luogo, ci si accorge che i medicinali ordinati per l’iniezione letale non sono quelli giusti: per un errore dello spedizioniere, Glossip è salvo.
Ricorsi dell’ultimo minuto fermeranno i successivi otto tentativi di metterlo a morte. Ora questo pericolo è scongiurato.