Quando la comunità di Peace People fu fondata nell’Irlanda del Nord circa 50 anni fa, scrivemmo che ci saremmo “dedicati a lavorare con i nostri vicini, vicini e lontani, giorno dopo giorno, per costruire quella società pacifica in cui le tragedie che abbiamo conosciuto sono un brutto ricordo e un continuo avvertimento”. I nostri obiettivi erano abbastanza semplici: superare le divisioni personali e politiche che troppo spesso separano le persone progressiste per creare percorsi diretti alla costruzione della pace attraverso il dialogo.
Sebbene negli ultimi decenni siano cambiate così tante cose, gli operatori di pace di tutto il mondo sono stati incoraggiati nel sentire simili auspici di contatto tra le persone riecheggiati nelle parole di Terumi Tanaka, co-fondatore della Nihon Hidankyo giapponese, o Confederazione dei sofferenti della bomba atomica e H, alla cerimonia del Premio Nobel per la pace di quest’anno. “Nella nostra dichiarazione fondativa”, ha detto, “abbiamo espresso la nostra determinazione a ‘salvare l’umanità dalla sua crisi attraverso le lezioni apprese dalle nostre esperienze, salvando allo stesso tempo noi stessi’”.
Le conversazioni reciprocamente rispettose al di là delle differenze di lingua, cultura e religione che si trovano in Palestina tra i Combattenti per la Pace e altri gruppi seguono un percorso parallelo. “Non cerchiamo di negare il nostro passato violento, ma piuttosto di lavorarci, elaborarlo e trasformarlo da un luogo di conflitto in una base per un’azione congiunta e costruttiva”, hanno scritto i Combattenti per la Pace Palestinesi e Israeliani nel loro più recente Appello per la loro Cerimonia di Commemorazione Congiunta della Nakba. Cercando di definire la “liberazione” per il nostro tempo, hanno riflettuto su “come possiamo iniziare a guarire dal nostro trauma passato e presente? Come possiamo liberarci dall’occupazione, dall’oppressione e dalla violenza?”
Oggi, in un momento di grande crisi e cambiamento, scriviamo da Belfast e New York con un’urgenza continua e coerente per la pace con la giustizia, attraverso il dialogo e la costruzione diretta della pace. Come impegnati da una vita nella costruzione della pace non abbiamo mai smesso di cercare opportunità di scambio con le stesse persone con cui potremmo essere in conflitto, scoprendo il più delle volte che a livello locale e di base, tutte le persone vogliono le semplici verità dei diritti umani e la fine della violenza e del conflitto.
Siamo profondamente contrari alla guerra russa in Ucraina e sconvolti dalla massiccia distruzione in Ucraina e dalla perdita di vite umane in entrambi i paesi. Ma non siamo nemmeno a nostro agio con la russofobia o con l’espansione della NATO come risposta al conflitto. Ci sono impressionanti sforzi di base sia in Russia che in Ucraina per porre fine alla guerra e tornare a quella che alcuni hanno definito una “pace perpetua” che esiste tra entrambi i popoli da molti secoli. La coraggiosa resistenza civile in Ucraina contro l’occupazione e la crescente resistenza alla guerra in Russia meritano più attenzione e solidarietà internazionale. Nessuna pace formale può essere negoziata senza la piena partecipazione di entrambi gli stati al conflitto; nessun gruppo di militaristi può essere il salvatore del popolo o il leader di una pace duratura.
Siamo preoccupati e temiamo che un programma imperiale guidato da Trump possa solo portare a un conflitto continuo, forse soprattutto in altre parti del mondo. Le nostre storie sono incentrate sulla comprensione che il colonialismo, così come l’imperialismo e il neocolonialismo ad esso collegati, sia di per sé un atto di grande violenza, un crimine contro l’umanità.
Pertanto, ci opponiamo in particolar modo all’intensificazione del militarismo e alle incursioni dello stato di apartheid sionista coloniale di Israele, sostenuto da diversi approcci tattici ma con lo stesso fervore politico e militare da entrambi i principali partiti politici statunitensi. Sosteniamo la libertà per il popolo palestinese e osserviamo con orrore come le prime fasi di un accordo di cessate il fuoco siano seguite da discorsi miranti ad una presa di potere da parte degli Stati Uniti nella striscia di Gaza palestinese .
A differenza di alcuni negli Stati Uniti e altrove, non vediamo il mondo fondamentalmente diviso tra repubblicani e democratici, tra bene e male, o anche tra un totalmente giusto e un totalmente sbagliato. I vicini devono essere più indulgenti gli uni con gli altri, e gli scienziati sociali e gli attivisti, in particolare quelli che cercano la pace con la giustizia, devono comprendere le sfumature che sembrano separarci ma non devono tenerci divisi. La Community of Peace People of Northern Island è stata fondata sul dialogo tra cattolici e protestanti; i nostri amici in Palestina includono musulmani, ebrei e cristiani; in tutto il mondo ci uniamo a persone di tutte le fedi, ideologie e background.
Non possiamo non essere d’accordo sul fatto che nel mondo sia necessaria una “rivoluzione del buon senso”. Semplicemente non siamo disposti a dare a Donald Trump il beneficio del dubbio sul fatto che possa o voglia guidare una trasformazione così positiva, nonostante la sua retorica. Non possiamo contestare l’eccitazione che ha circondato l’elezione di Barak Obama nel 2008, ma non eravamo disposti a dargli il beneficio del dubbio sul fatto che meritasse il premio Nobel per la pace prima ancora di agire come presidente. Siamo francamente più allineati con le ricche storie ed esperienze dei premi Nobel per la pace, l’arcivescovo Desmond Tutu del Sud Africa e l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, entrambi i quali hanno lottato per tutta la vita per la giustizia, ed entrambi i quali erano chiari sul fatto che la politica israeliana nei confronti della Palestina era un atto di apartheid .
Per la Palestina e per tutte le persone ancora colonizzate che vivono sotto occupazione — per Porto Rico e il Kurdistan/Rojava, per il Sahara Occidentale e la Papua Occidentale, per tutte le persone oppresse del mondo e per tutti coloro che vivono in mezzo al genocidio, alla guerra e alle cause della guerra — chiediamo libertà con dignità, liberazione completa e immediata, una vera rivoluzione della gente comune. In questo periodo di grande crisi e cambiamento, lavoriamo e preghiamo affinché le tragedie della nostra era diventino brutti ricordi e continui avvertimenti. Il nostro lavoro è come sempre: fare una campagna non violenta per porre fine ai conflitti che abbiamo di fronte, essere solidali con i più bisognosi e dialogare con i nostri vicini — anche con quelli con cui sembriamo non essere d’accordo — per costruire un futuro migliore per i nostri figli.
Questa storia è una produzione IPRA (Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace)
Waging Nonviolence, 18 febbraio 2025
Traduzione di Angela Dogliotti per il Centro Studi Sereno Regis