Salta al contenuto principale

La Sentenza della CEDU sulla Strage di Odessa

Il 2 maggio 2014, la città ucraina di Odessa fu teatro di uno degli episodi più drammatici e controversi della recente storia del paese: un incendio nella Casa dei Sindacati causò la morte di almeno 42 persone, molte delle quali erano manifestanti filorussi che si erano rifugiati nell’edificio. Questa tragedia, nota come la “Strage di Odessa”, è stata recentemente oggetto di una sentenza da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che ha condannato l’Ucraina per gravi negligenze da parte delle autorità nell’affrontare la violenza e nel non prevenire la morte delle vittime.

Il contesto geopolitico e sociale

Il contesto degli eventi che hanno portato alla strage si inserisce in una fase di forte instabilità politica in Ucraina. Dopo le proteste di Euromaidan e la destituzione del presidente filo-russo Viktor Yanukovych, il paese si è trovato diviso tra forze pro-europee, sostenitrici di un orientamento filo-occidentale, e fazioni pro-russe che si opponevano a questa direzione. Odessa, città portuale strategica sul Mar Nero, divenne un epicentro di scontri violenti tra queste due fazioni, con il governo ucraino che, pur cercando di mantenere il controllo, non riuscì ad arginare la violenza.

Gli scontri culminarono il 2 maggio 2014, quando un gruppo di attivisti pro-Maidan, tra cui membri del gruppo ultranazionalista Pravyj Sektor e ultras delle squadre calcistiche ucraine, assaltarono la Casa dei Sindacati, dove si erano rifugiati numerosi manifestanti contrari al nuovo governo. Durante l’assalto, l’edificio venne incendiato, causando la morte di molte persone, alcune delle quali per asfissia, altre bruciate vive o morte nel tentativo disperato di fuggire gettandosi dalle finestre.

La condanna della CEDU: un’analisi delle omissioni e delle negligenze

La sentenza della CEDU ha puntato il dito contro le autorità ucraine, accusandole di aver violato il diritto alla vita delle vittime, come stabilito dall’Articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Tra le principali criticità riscontrate dalla Corte, emerge innanzitutto la mancanza di prevenzione degli scontri. Nonostante il clima di forte tensione che preludeva agli eventi del 2 maggio, le forze dell’ordine ucraine non avevano preso misure adeguate per evitare l’escalation della violenza.

Inoltre, la CEDU ha sottolineato l’inazione della polizia durante gli scontri e la totale assenza di interventi per fermare la violenza o per assistere le persone intrappolate nell’edificio in fiamme. Anche i soccorsi sono stati gravemente ritardati, con i vigili del fuoco che sono arrivati sul luogo dell’incendio con oltre 40 minuti di ritardo, contribuendo alla morte di numerose persone che avrebbero potuto essere salvate.

La Corte ha anche criticato la gestione delle indagini. Le autorità ucraine non solo non hanno condotto un’inchiesta adeguata, ma hanno sostanzialmente insabbiato le indagini, impedendo di fatto che i responsabili della strage venissero identificati e puniti. Questo ha lasciato le vittime e i loro familiari senza giustizia, alimentando ulteriormente il risentimento e la sfiducia nei confronti del governo ucraino.

Il ruolo della disinformazione e la visione della CEDU sugli eventi

Un aspetto interessante della sentenza riguarda la ricostruzione della CEDU del contesto che ha portato agli scontri. La Corte ha sottolineato il ruolo della disinformazione e della propaganda, menzionando il contributo che la Russia ha avuto nel rafforzare la polarizzazione del paese e alimentare le tensioni tra le diverse fazioni. Sebbene la CEDU non abbia esplicitamente citato il gruppo Pravyj Sektor, un movimento di estrema destra che ha giocato un ruolo cruciale nei fatti di Odessa, la Corte ha delineato la responsabilità delle autorità ucraine nel non aver saputo gestire la situazione e nel non aver prevenuto l’escalation di violenza tra le due fazioni contrapposte.

Inoltre, la sentenza della Corte ha trattato anche la difficoltà di stabilire una responsabilità chiara, attribuendo la colpa in modo piuttosto ambiguo all’intensificarsi dei disordini tra i manifestanti “anti-Maidan” e i sostenitori del nuovo governo, senza entrare nel merito delle specifiche azioni delle diverse fazioni coinvolte.

Le implicazioni geopolitiche e i risarcimenti

Oltre alla condanna per le violazioni dei diritti umani, la sentenza ha comportato un risarcimento alle vittime: 15.000 euro a ciascuna delle famiglie delle vittime e 12.000 euro ai sopravvissuti. Tuttavia, la condanna pone anche interrogativi più ampi sulla gestione della crisi in Ucraina, un paese che, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e l’inizio del conflitto nel Donbass, ha visto il deteriorarsi della sua situazione interna e delle sue relazioni internazionali.

Dal punto di vista geopolitico, questa sentenza potrebbe alimentare ulteriori critiche al governo ucraino, sia a livello interno che internazionale. Le violazioni dei diritti umani in Ucraina sono state un tema di discussione nella comunità internazionale sin dall’inizio del conflitto, e la condanna della CEDU rischia di minare ulteriormente la legittimità del governo di Kiev, che si trova ad affrontare non solo la minaccia russa, ma anche le crescenti preoccupazioni riguardo alla protezione dei diritti fondamentali dei suoi cittadini.

Una lezione sulla protezione dei diritti umani

La sentenza della CEDU sulla Strage di Odessa è un campanello d’allarme per l’Ucraina, ma anche per la comunità internazionale. Essa sottolinea l’importanza di garantire che le forze dell’ordine e le istituzioni statali siano in grado di prevenire e gestire situazioni di violenza, ma anche che le indagini siano trasparenti e imparziali, affinché i diritti umani siano sempre rispettati. In un periodo di forte instabilità geopolitica, in cui la Russia gioca un ruolo significativo nel destabilizzare l’Ucraina, è fondamentale che il paese non solo difenda la sua sovranità, ma rispetti anche i principi fondamentali della giustizia e dei diritti umani.

Riccardo Renzi
Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo, membro dei comitati scientifici e di redazione delle riviste Menabò, Scholia, Notizie Geopolitiche e Il Polo – Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”, e Socio Corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.

Redazione Italia