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stupro

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

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Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca

Bentornata, Dacia!

Ritorna a Palermo, Dacia Maraini, dopo poco più di un anno, per presentare il suo ultimo libro, Diario degli anni difficili edito da Solferino. Ritorna al cinema De Seta ospite della libreria Modusvivendi che ne ha promosso e curato l’evento.

Mentre il pubblico si appresta a riempire la sala, lei è già lì, in attesa di salire sul palco insieme alla stessa squadra di allora. Con lei ci saranno come un anno fa, infatti, Felice Cavallaro, editorialista del Corriere della Sera e l’attrice Valentina Todaro.

Basta leggere il sottotitolo, Con le donne ieri, oggi e domani, per sapere che anche stavolta sarà una lettura interessante della storia attraverso gli occhi e le parole di una donna che parla di donne e attraverso loro e la violenza subita dal sistema patriarcale, affronta non solo i fatti ma anche le contraddizioni e i misfatti di quelli che lei riconosce come anni difficili non solo del nostro recente passato ma, ahimè, soprattutto del nostro presente e, come si chiede e ci chiede Felice Cavallaro, probabilmente anche del nostro futuro.

Con la puntuale attenzione che gli è propria il giornalista avvia quella che sarà una conversazione impreziosita dalla lettura di alcuni brani dalla raccolta di articoli, con diversa datazione, in cui l’autrice dà voce alle donne e ai deboli, riscatto del silenzio della sua Marianna Ucria, in un mondo in cui il linguaggio si fa sempre più povero e stereotipizzato soprattutto nel definire il bene e il male, e così facendo semplifica la complessità del reale.

È così per la democrazia e il suo contrario, dove per la prima il bene non corrisponde alla sua definizione e l’esito di una votazione può essere un inganno e il male di una dittatura è il prodotto di un amore tossico, quando un popolo intero “sbaglia innamorato”, dando il proprio consenso a chi si presenta come un salvatore e invece è un criminale. E qui il riferimento passa dalla Germania di Hitler all’America di Trump e al voto dei latinos che hanno contribuito a decretarne la vittoria.
E, nella conversazione, i temi si rincorrono e si intrecciano, proprio come le singole storie delle donne nel farsi Storia.

Aborto e stupro.
Inevitabile il primo, come esito dello storico controllo del patriarcato sul corpo delle donne e delle loro scelte, unico modo di riappropriarsene in un mondo in cui solo da pochissimo e troppo spesso in modo conflittuale le donne hanno avuto accesso a quella che per Maraini è l’unica vera alternativa, la maternità responsabile attraverso la contraccezione.

E dalla storia si parte anche per affrontare il tema dello stupro, “lecita” azione di guerra in cui chi stupra agisce simbolicamente per assicurarsi futuro mettendo il proprio seme nel ventre del nemico. E nel riferirsi ai più recenti fatti di cronaca, dalle violenze del branco alla giovanissima uccisa e bruciata dal fidanzato, ci ricorda che la virilità identificata ancora col possesso fa “impazzire” soprattutto gli uomini più fragili, che non accettano i cambiamenti teorizzati dall’autonomia femminile.

Lo sguardo si allarga così al mondo laddove la violenza si abbatte sulle donne coraggiose in modo sistematico nel togliere loro la parola attraverso il carcere e la tortura quotidiana e delle quali non bisogna smettere di parlare, di scrivere, per evitare la rassegnazione anche della parola.
Parlare soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, entrare nelle scuole, affrontare il loro scoraggiamento di cui la stessa Maraini è stata ed è testimone, reduce nella mattina da un incontro con studenti e studentesse di un liceo, e tante tappe ha ancora in programma anche nelle province.
Parlare e invitarli ad andare a votare. Questo è il compito degli intellettuali, dei giornalisti, degli insegnanti in questo tempo di crisi della democrazia: agire sul piano culturale.

E sullo stesso piano bisogna confrontarsi con le donne che arrivano velate, e il riferimento è ad una serie di articoli sul velo, sul linguaggio degli abiti e sulla moda. Moda anche intellettuale basata su idee che la gente assorbe inconsapevolmente come il ricorso al pensiero irrazionale e il rifiuto della scienza in un proliferare di santoni, indovini, veggenti. No vax e terrapiattismo. Può essere questo un modo perverso di reagire al consumismo?

E poi l’immancabile domanda sulla vita privata, presente negli articoli dedicati ad Alberto Moravia ed Elsa Morante e la sua risposta, che parla di amicizia e libertà a partire dallo sguardo di una donna che nel raccontare sembra rivivere con leggerezza e serenità i momenti più belli della sua vita e, passando dal racconto delle vite delle altre donne, Frida Kahlo e il suo amore per Rivera, continua a raccontare la storia degli uomini, Rivera e Trotzkj, del comunismo, dei suoi ideali di società di uguali e della sua fine in una dittatura burocratica e così, parlando di Georgia, Moldavia, Ucraina e Cecenia torna a parlare di donne disobbedienti e coraggiose come Anna Politkovskaja.

Nel rispondere alle domande, guerra e sentimento di sconfitta, fallimento e mancanza di empatia, ci dice che bisogna continuare a parlare, parlare e protestare, pacificamente è chiaro, scendere ancora in piazza e, nonostante tutto, nonostante la divisione della sinistra e le tre paure presenti oggi nel mondo, pandemia, crisi economica e cambiamento climatico, essere irrimediabilmente ottimisti.

Maria La Bianca