L’irresistibile attrazione delle banche verso l’industria delle armi
L’aggressione russa all’Ucraina ha spinto, anche in Italia, a una corsa globale agli armamenti. Nel 2024 la spesa militare globale ha raggiunto i 2.443 miliardi di dollari, segnando un nuovo record in un contesto di crescente instabilità geopolitica. Dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022, l’Ue e i suoi Stati membri hanno mobilitato 124 miliardi di euro a sostegno dell’Ucraina, una cifra significativa rispetto agli investimenti previsti per il Green New Deal. Per quanto riguarda il nostro Paese, utilizzando il Database SIPRI si nota che nell’arco temporale 2015-2023 la spesa militare italiana passa da 23,83 miliardi a 32,63 miliardi di dollari (+36,9%). In termini di incidenza sul PIL, siamo passati dall’1,2% all’1,6%. Ciò implica una spesa pro-capite che è lievitata da 368,35 dollari nel 2015 ai 603,50 dollari del 2023. Anche per quanto riguarda l’esportazione di materiale d’armamento l’Italia ha una posizione di tutto rispetto: si trova al 6° posto come Paese esportatore di armi nel mondo. Il database aggiornato annualmente del SIPRI colloca l’Italia subito dietro la Germania, ma prima del Regno Unito. Con il 4,3% dell’ammontare delle esportazioni mondiali nel quinquennio 2019-2023 l’Italia ha visto crescere dell’86% quest’attività rispetto al quinquennio precedente (2014-2018). Il 71% delle sue esportazioni, l’Italia le dirige verso il Medio Oriente, una delle aree a maggior densità di conflitti endemici del pianeta. In quest’area si collocano tre dei maggiori 10 importatori di armi: Arabia Saudita, Qatar ed Egitto. Gli Stati Uniti, sempre secondo SIPRI, coprono il 52% delle esportazioni totali verso il Medio Oriente. A seguire la Francia (12%), l’Italia (10%) e la Germania (7,1%).
Siamo di fronte ad un preoccupante trend di crescita delle spese militari, che tutto fa pensare che sarà purtroppo destinato a continuare anche nel prossimo futuro. Spese militari verso le quali, come ha evidenziato “ZeroArmi”, alcune banche italiane subiscono un’irresistibile attrazione. Il progetto ZeroArmi rappresenta il primo strumento di valutazione dell’esposizione bancaria italiana verso l’industria delle armi. L’iniziativa è frutto della collaborazione tra Fondazione Finanza Etica e Rete Italiana Pace e Disarmo, con il coinvolgimento delle principali banche italiane. ZeroArmi analizza il grado di coinvolgimento del sistema bancario nel settore militare, ponendo l’accento sulla trasparenza e sul dialogo critico con gli istituti bancari. La valutazione copre le seguenti banche: Banca Mediolanum, Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare Etica, Banco BPM, BPER Banca, Cassa Centrale Banca, Cassa Depositi e Prestiti, Crédit Agricole Italia, ICCREA, Intesa Sanpaolo. Mediobanca e Unicredit.
Stando ai risultati 2024 di ZeroArmi presentati alla fine dello scorso gennaio, Banca Etica si conferma l’unico istituto con un coinvolgimento nullo nel settore militare. Cassa Centrale Banca, BPER, Banco BPM e Cassa Depositi e Prestiti mostrano un coinvolgimento minimo, con punteggi tra 10 e 20, attribuibili alla loro storia, a scelte strategiche recenti e alla disponibilità a confrontarsi con ZeroArmi. La seconda fascia di coinvolgimento moderato (20-40 punti) è leggermente più numerosa: Banca Mediolanum, Crédit Agricole, Mediobanca e ICCREA si posizionano tra 20 e 25 punti, mentre Banca Popolare di Sondrio si trova nella parte alta di questa fascia. Infine, le due banche tradizionali con il maggiore flusso di cassa, Intesa Sanpaolo e Unicredit, si posizionano all’interno della terza fascia (40-60) a conferma del loro storico ruolo di protagoniste strutturali nel settore, con un coinvolgimento significativo.
Scrive Simone Siliani nel Report ZeroArmi: “Dove finiscono i soldi delle persone risparmiatrici quando vengono depositati in banca? Esiste un diritto a essere informati su come vengono impiegati? Considerando che quei fondi restano di proprietà di chi li ha affidati alle banche con l’obbligo di tutelarli e utilizzarli per muovere l’economia, questo diritto assume una importanza ancora maggiore quando i risparmi vengono impiegati per finanziare settori dell’economia eticamente sensibili, come quello degli armamenti.” Per affrontare il crescente coinvolgimento delle banche italiane nell’industria bellica, ZeroArmi propone azioni concrete: 1. Promuovere la trasparenza, rendendo pubblici i dati relativi ai finanziamenti al settore militare. 2. Definire policy restrittive per escludere effettivamente il supporto a industrie produttrici di armamenti controversi. 3. Favorire il disinvestimento, sostenendo la riallocazione di capitali verso settori a elevato impatto sociale e ambientale positivo. 4. Coinvolgere chi risparmia, informando i cittadini e le cittadine sull’impatto delle loro scelte finanziarie per favorire decisioni consapevoli.
Qui per scaricare il Report: https://finanzadisarmata.it/risorse/zero-armi/.