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Ponte più importante di ospedali e strade? Germanà si sbaglia di grosso. Ribelliamoci!

La situazione al momento, in seguito al crollo del ponte Mella e alla conseguente chiusura della strada statale 113, è questa: coloro che abitano a San Saba sono e saranno sottoposti ad estremi disagi, tali da investire quasi ogni aspetto della vita quotidiana. Di incoraggiante c’è che sono scese e scesi in strada, provando a far sentire la loro voce e a sconfiggere almeno il senso d’impotenza e la rassegnazione.

A Zafferia, dopo la paura e le enormi difficoltà esperite dalla popolazione nel fronteggiare gli effetti dell’esondazione del torrente, la risposta delle istituzioni sembra essere innanzitutto una beffarda prova delle sirene d’allertamento (sul sito del Comune leggiamo che “le prove consistono nell’attivazione di diffusori acustici che costituiscono il sistema di allertamento con sirene, nelle tre modalità: PRE-ALLARME, ALLARME e CESSATO ALLARME.”) – ma di mettere mano alla cura del territorio, investendo in quella direzione i fondi pubblici, non se ne parla proprio.

A Contesse, le preoccupazioni esternate da chi vive in quel quartiere – per la sua trasformazione in un deposito di rifiuti altamente dannosi per la salute – si infrangono ogni giorno su un muro di gomma: passeggiando per quelle vie, nell’aiuola davanti alla scuola si può leggere il severo ammonimento da parte dell’amministrazione comunale a non buttare per terra neppure una carta, ma se si tratta di Webuild le regole cui tutti siamo sottoposti non valgono più. Coloro che reggono le redini della ‘cosa pubblica’, quando di fronte hanno un’impresa miliardaria, o tacciono oppure balbettano parole di circostanza – del tutto inadeguate alla gravità della situazione.

Sfogliando i giornali, poi, troviamo un dato del quale non avevamo bisogno di conferme – dal momento che a chiunque è capitato di imbattersi nella difficoltà abnorme di accedere a servizi sanitari tempestivi e adeguati.

“Nel 2022 la mobilità sanitaria interregionale ha raggiunto la cifra record di 5,04 miliardi di euro, il livello più alto mai registrato e superiore del 18,6% a quello del 2021 (4,25 miliardi di euro). I dati elaborati dalla Fondazione Gimbe confermano anche il peggioramento dello squilibrio tra Nord e Sud, con un flusso enorme di pazienti e di risorse economiche in uscita dal Mezzogiorno verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che si confermano le Regioni più attrattive. (…)” A pagare il prezzo più alto sono Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia, che insieme rappresentano il 78,8% del saldo passivo. “Il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio sanitario nazionale – avverte Cartabellotta – che rischia di aggravarsi con la recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata. Una riforma che, senza adeguati correttivi, finirà per cristallizzare e legittimare le diseguaglianze, trasformando il diritto alla tutela della salute in un privilegio legato al Cap di residenza”.

Se mettiamo in relazione questi pochi fatti con le parole pronunciate qualche giorno fa da Germanà, secondo il quale “il ponte sullo stretto serve alla città di Messina ben prima di ospedali e strade”, non possiamo non provare un fremito di indignazione e un desiderio di ribellione a questo stato delle cose. Se ne scriviamo, però, non è solo per condividere e far risuonare il più possibile questo sentimento. Vorremmo provare a interpretare criticamente le esternazioni del segretario della Lega, e a trarne qualche conseguenza.

Nei giorni successivi, in seguito all’inevitabile trambusto mediatico e politico suscitato da quelle frasi, Germanà ha provato a motivarle nel segno di una “provocazione”: e ha detto che è da trent’anni che sente ripetere che il dissesto idrogeologico, o la messa in sicurezza dal punto di vista sismico di case scuole e ospedali, sono le vere esigenze di un territorio come il nostro. Ma siccome ancora non è cambiato nulla, e anzi da quel punto di vista la situazione peggiora, tanto vale invertire l’ordine di priorità e sperare che dopo aver dilapidato 14 miliardi di fondi pubblici per finanziare i cantieri e la realizzazione del ponte, in seguito a tutto ciò che succederà nei prossimi decenni intorno a questa grande opera, forse potremo sperare di avere tutto ciò di cui sin qui abbiamo lamentato la mancanza. Questo modo di argomentare ricorda molto quello del capo di Germanà, il ministro Salvini, che non ha avuto alcuna remora a dichiarare in parlamento che se dovesse, “dio non voglia…”, verificarsi un terremoto simile a quello che colpì la città di Messina nel primo decennio del secolo scorso, il ponte sarebbe l’unico manufatto a restare in piedi – mentre le città che collega crollerebbero quasi integralmente.

A fronte di esternazioni tanto inavvertitamente sincere nell’informarci che della nostra vita non gliene frega niente di niente – se non nel breve momento in cui il voto delle persone serve ad oliare gli ingranaggi del loro potere personale – quello che possiamo fare è prenderne atto, fare circolare questa consapevolezza, auto-organizzarci e accrescere giorno per giorno la radicalità a cui dovremo attingere per opporci ai loro piani. Se pensano di poter spianare la nostra dignità e la nostra intelligenza sensibile con le loro ruspe, e con la promessa di un’elemosina che ci verrà concessa se non li disturberemo mentre fanno profitti sulle nostre spalle e sulla nostra pelle, lor signori si sbagliano di grosso! E se ne accorgeranno!

Nota del  Movimento NoPonte

Redazione Sicilia