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rigassificatore

Rigassificatore, non sei il benvenuto

Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

Uscire dalla camera a gas è possibile.

Uscire dalla camera a gas è urgente.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Redazione Romagna

Rigassificatore, non sei il benvenuto

Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

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Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

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Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

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Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

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Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

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Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

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E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

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Rigassificatore, non sei il benvenuto

Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

Uscire dalla camera a gas è possibile.

Uscire dalla camera a gas è urgente.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Redazione Romagna

Rigassificatore, non sei il benvenuto

Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

Uscire dalla camera a gas è possibile.

Uscire dalla camera a gas è urgente.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Redazione Romagna

Rigassificatore, non sei il benvenuto

Ormai è questione di giorni, fra una decina di giorni arriverà la famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa. Ma questo è il meno, perché l’offesa visiva sarà ben poca cosa in confronto ai pericoli che questa presenza riveste, ai costi che comporta, al danno per la qualità dell’aria e l’ambiente marino; e soprattutto sarà poca cosa rispetto al fatto che questa realizzazione, voluta da chi ha in mano le leve vere del potere (i colossi dell’estrattivismo locale, nazionale, internazionale), ma accettata, richiesta, caldeggiata e sponsorizzata da quasi tutto il mondo politico e dalle Istituzioni, ci lega mani e piedi per un tempo indefinito al sistema fossile, dal quale invece bisognerebbe cominciare ad uscire, compiendo alla svelta passi concreti.

Quel sistema fossile, che – ci ricorda continuamente e inutilmente la scienza – è il primo e principale responsabile della catastrofe ecologica nella quale siamo immersi e che sarà sempre più feroce, ma della quale ai nostri governanti locali, regionali e nazionali, importa evidentemente poco. Quel sistema fossile sta portando a Ravenna, come già fece a Piombino, come si appresta a fare in Liguria, come intende fare in Sardegna, in Calabria e probabilmente in molte altre aree del Paese, uno dei terminali della filiera del gas liquefatto, una filiera devastante in ogni fase del suo percorso, dall’estrazione, alla lavorazione, al trasporto, all’immissione in rete. Non solo, sta anche andando avanti a velocità vertiginosa la costruzione del gasdotto della Linea Adriatica, che sventra e devasta il nostro Appennino e le nostre campagne, con danni anche molto immediati e visibili, come è accaduto pochi giorni fa nel comune di Bagnacavallo dove in seguito ai lavori del gasdotto si è aperta una voragine che ha reso inutilizzabile un’intera strada; si sta proponendo senza alcun senso del pudore di potenziare e incrementare il ricorso alle trivellazioni, in perfetto stile Trumpiano; si sta spacciando per innovazione e strumenti di transizione delle illogiche realizzazioni tecnologiche, come l’impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Insomma, ci stanno chiudendo in un reticolo soffocante di strutture gas-dipendenti, una vera e propria camera a gas, dalla quale sarà sempre più difficile liberarsi.

Noi chiediamo a tutti i soggetti in campo di prendersi le proprie responsabilità e di assumere posizioni argomentate e conseguenti. Lo chiediamo all’informazione, prodiga di concessioni in termini di spazi comunicativi nei confronti dei colossi estrattivi, che non difettano certo di risorse proprie per propagandare i propri prodotti; lo chiediamo alla politica, che dovrebbe dismettere il suo atteggiamento di subordinazione ai potentati fossili, e dispensare alla cittadinanza meno bugie e maggiore trasparenza e coinvolgimento nelle scelte, senza ricorrere alle ormai continue operazioni di riverniciatura ambientalista a fronte di politiche che vanno in senso contrario. Lo chiediamo alle aziende stesse, che potrebbero mettere le proprie competenze e i propri investimenti al servizio di una svolta nell’interesse generale invece di continuare sulla via della distruzione in cambio dei profitti immediati.

E lo chiediamo alle cittadine e ai cittadini, che devono uscire dall’atteggiamento prevalente di acquiescenza e dallo stato d’animo “accontentista” rispetto alle spiegazioni interessate, fornite dai padroni del vapore.

Chiediamo: 1) che vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore; 2) che si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute in tutte le zone interessate dal rigassificatore, dalla costruzione del gasdotto e da ogni altra realizzazione collegata al gas; 3) che le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili e il loro massiccio spostamento verso gli investimenti rinnovabili, con particolare riferimento a quelli diffusi e decentrati, nell’ottica di trasferire l’energia dall’ambito dei profitti a quello dei beni comuni; 4) che si inizi finalmente a mettere seriamente in discussione il rapporto di subordinazione delle Istituzioni amministrative, culturali, formative e sociali ai poteri dell’energia fossile, e che le competenze di queste vengano messe al servizio della svolta ecologica in un’ottica di gestione democratica.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

Uscire dalla camera a gas è possibile.

Uscire dalla camera a gas è urgente.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

Redazione Romagna