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debito pubblico

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni

La volpe, l’uva e il debito pubblico

Ogni mese la Banca d’Italia pubblica un report statistico intitolato “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Nel numero di febbraio 2025 si possono leggere i dati del 2024 e si possono confrontare con gli anni precedenti. Il risultato è allarmante, perché il debito netto delle pubbliche amministrazioni negli ultimi tre anni è aumentato di 83 miliardi di euro nel 2022, 104 miliardi di euro nel 2023 e 110 miliardi di euro nel 2024.

È interessante notare come il debito pubblico sia quasi totalmente relativo alle amministrazioni centrali (per oltre il 97% del totale), mentre le amministrazioni locali (regioni, province, città metropolitane, comuni) abbiano un debito ridotto (meno del 3% del totale). Inoltre, mentre il debito dello Stato aumenta, quello degli enti locali diminuisce: nel 2022 era di 88 miliardi di euro, nel 2023 era sceso a 85 miliardi e nel 2024 è calato a 82 miliardi di euro.

I rappresentanti dell’attuale governo di solito cercano di evitare di confrontarsi con i dati reali del debito pubblico, poiché sono visti come un intralcio alla narrazione sulle magnifiche sorti dello “stivale”, che camminerebbe spedito verso la crescita. Quando sono costretti a non ignorare il problema, le risposte dei principali leader politici prendono due strade divergenti. Alcuni cercano di rassicurare, sostenendo che comunque il debito è sotto controllo e in realtà non costituisce un vero problema per i cittadini. Altri danno la colpa dell’aumento del debito ai governi precedenti, che avrebbero lasciato dei buchi nel bilancio pubblico.

Viene alla mente una famosa favola di Esopo: «Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: “Sono acerbi”. Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze».

Resta il fatto che dopo due anni e mezzo di politiche economiche e fiscali del governo attuale, il debito pubblico continua inesorabilmente ad aumentare sia in valore assoluto sia in relazione al Prodotto Interno Lordo. L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica ha calcolato che «il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (PIL) è a fine 2024 del 136,3% (contro il previsto 135,8%) e, a fine 2025, del 138,4% (contro il previsto 136,9%), 34 miliardi e 1,5 punti percentuali in più del previsto. Queste variazioni non sono irrilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica».

Se alziamo lo sguardo oltre i confini del Paese, la visione non migliora. Infatti, tra i Paesi europei soltanto la Grecia ha un rapporto più elevato tra debito/PIL ed è comunque considerata una nazione più affidabile per la restituzione del debito, dato che ha tassi di interesse inferiori a quelli applicati al debito italiano.

Un governo responsabile di fronte a questi dati dovrebbe essere molto preoccupato per le sorti del Paese e dovrebbe indicare una strategia concreta per invertire la tendenza. Chi l’ha vista?

Rocco Artifoni