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guerra Russia-Ucraina

I Miserabili, ovvero dell’inevitabile tracollo dell’UE

E così ci siamo finalmente arrivati. Dopo tanto vociare sul ruolo “centrale” dell’Europa nel confronto scontro con l’Oriente, dopo l’autoesaltazione per aver sostenuto e affiancato l’Ucraina contro la “vile aggressione”, dopo i miliardi spesi in armi e aiuti vari all’Ucraina per costruire  l’illusione di una possibile vittoria contro la Russia perché “…oggi l’Ucraina e domani i cavalli dei Cosacchi che si abbeverano a piazza S.Pietro”, dopo la genuflessione totale sia dei “centrodestri” che dei “centrosinistri” di fronte agli affari USA nella speranza di un posticino al tavolo delle ricostruzioni/speculazioni, ecco che arriva Trump a sconvolgere le aspettative e a sparigliare le carte di un mazzo al quale già dall’inizio mancavano le figure più importanti.

Eppure i segnali di una fine ingloriosa della politica imperiale della globalizzazione c’erano tutti, dal protagonismo sempre più forte della Cina al ruolo sempre più centrale dei BRICS, dalla fine del monopolio USA delle tecnologie più avanzate alle possibilità sempre più concrete di dedollarizzare gli scambi economici e finanziari di una parte consistente del mondo, dalla rinnovata importanza delle materie prime, dal grano alle terre rare, e degli stati che le detengono al rafforzamento di imperialismi che tendono ad autonomizzarsi dagli USA in particolare nel Medio Oriente come Turchia , Israele, Arabia Saudita ed Emirati.

Insomma uno scenario da fine Impero che domina lo scacchiere internazionale da una decina d’anni e nel quale gli USA di Biden hanno cercato di forzare la mano spostando il confine della Nato sempre più ad est, distribuendo sanzioni economiche a Russia, già da prima della guerra, Cina, Iran, Venezuela e chiunque non facesse riferimento a quel complesso quadro ideologico politico economico e militare chiamato ”Occidente”.

Di tutto questo si è invece reso perfettamente conto il nuovo inquilino della casa bianca che con la praticità del palazzinaro tirchio di fronte alle pareti del palazzo UE che scricchiolano ha chiesto l’aumento dell’affitto (arrivare al 5% di spese militari comprando armi ovviamente dagli USA) e al concorrente forte preferisce offrire un accordo piuttosto che una guerra. Anche con Ucraina e Palestina l’atteggiamento è uguale: ”Ti ho dato miliardi adesso mi prendo da uno le terre rare e dall’altro la costa di Gaza per farne la Saint Tropez del Medio Oriente”. E così mentre i bimbiminkia (per usare il linguaggio istituzionale italiano) si dividono tra chi piagnucola e chi cerca di arruffianarsi Papi mollando gli altri, i Grandi si preparano ad una nuova Yalta.

Era possibile un’altra e meno ingloriosa fine? Assolutamente si, come per tre anni abbiamo urlato nei pochissimi spazi di comunicazione mainstream che ci hanno concesso chiamandoci comunque traditori, Putiniani, filo Hamas, sciocchi pacifisti senza senso pratico, zecche rosse (compreso sua Santità il Papa) o neonazi. Gli spazi per un intervento diplomatico importante c’erano tutti tant’è che l’Inghilterra, primo vassallo di Biden, ha dovuto mettersi di traverso per impedirlo (i servizi UK sono fortemente sospettati di essere gli autori del sabotaggio che ha distrutto il gasdotto che dalla Russia forniva la Germania), ma si è preferito sacrificare la vita di centinaia di migliaia di Ucraini, nonché le condizioni delle fasce di popolazione economicamente più deboli di tutta Europa in nome dell’ ennesima guerra contro il male assoluto.

Non voglio qui assolvere Putin dalle sue indiscutibili colpe bensì sottolineare ancora una volta che la guerra non può mai essere la soluzione neanche per la Russia che dovrà comunque rendere conto al suo popolo delle centinaia di migliaia di giovani soldati mandati a morire nonché di un continuo irrigidimento di un regime che lascia sempre meno spazi alla possibilità di opporsi. E adesso? Direi che siamo alla frutta, poiché mentre oggi a Riad si riuniscono gli inviati di Trump e Putin per stendere un’ipotesi di accordo peraltro senza Zelenski, alcuni leader europei si sono riuniti ieri a Parigi su invito di Macron, presidente in bilico, per stilare una posizione comune per partecipare ai negoziati. Risultato? Assolutamente nessuno, zero totale poiché è ormai chiara la frattura tra chi, Meloni in testa, preferisca accreditarsi nel modo migliore, cioè supinamente, al nuovo imperatore e chi vorrebbe  che la guerra continuasse ma non può permetterselo.

Saremo quindi costretti ancora una volta ad una sudditanza senza scampo?

Forse è troppo presto per dirlo, l’unica cosa certa è che un campo avverso alla pace è andato irrimediabilmente in crisi mostrando tutte le sue fragilità e questo apre sicuramente scenari che potrebbero rivelarsi importanti ma soprattutto proficui per il ruolo che potrebbero assumere i movimenti pacifisti e non solo. I 150 miliardi di euro bruciati dalla UE in aiuti militari all’Ucraina sono fondi tolti alla sanità, alla scuola pubblica, alla previdenza, agli investimenti pubblici e devono diventare una leva per rilanciare piattaforme sindacali e sociali in tutta Europa che mobilitino il mondo dei lavori e i movimenti per impedire questa volta ulteriori aumenti delle spese militari volte a rilanciare velleità imperiali della UE a scapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini.

I sondaggi sul favore che incontravano le politiche guerrafondaie in Italia e non solo, nonostante gli sforzi dei miseri “giornalistoni” che li proponevano, non riuscivano a nascondere maggioranze contrarie all’invio di armi, così come le recenti elezioni europee hanno mostrato una distanza sempre più abissale tra i partiti presenti e il popolo che per metà non ha votato sottolineando in questo modo la non rappresentatività di un quadro politico istituzionale quasi completamente allineato sulla guerra e sulle scelte economico-politiche che ne conseguono. Questa maggioranza pacifista deve oggi riprendere la parola e tornare protagonista della scena ed ha un solo modo per farlo: creare lotta, comunicazione, comunità.

Redazione Italia

Sostenere il disgelo fra Russia e Stati Uniti

Appello al movimento pacifista

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo invadeva l’Ucraina. È stata una guerra che ha violato la Carta dell’Onu. Dopo tre anni emerge la concreta speranza di porre fine a uno spaventoso massacro.

21 febbraio 2025
Campagna contro l’invio di armi in Ucraina
Questo appello nasce da una posizione chiara: non è un sostegno né a Putin né a Trump, ma un appello alla pace e al dialogo come unica alternativa alla guerra e alla corsa agli armamenti.

APPELLO CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE: SOSTENIAMO IL DIALOGO, RIFIUTIAMO IL RIARMO
1. Il dialogo avviato tra Stati Uniti e Russia rappresenta una svolta significativa rispetto ad anni di propaganda favorevole alla guerra, basata sulla contrapposizione frontale e sulla costruzione di Putin come nemico assoluto da fermare ad ogni costo. Questo cambiamento impone una riflessione critica sulla narrazione che ha giustificato il riarmo e l’escalation militare in Europa.

2. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente retorica secondo cui i paesi europei devono armarsi e aumentare la spesa militare, spinti dall’idea che il conflitto con la Russia sia inevitabile. Questa prospettiva, adottata dai gruppi dirigenti europei e occidentali, si scontra oggi con la realtà del nuovo dialogo in corso tra Washington e Mosca.

3. Per questo facciamo appello affinché il 24 febbraio diventi una giornata di mobilitazione a sostegno del dialogo tra Stati Uniti e Russia. Un dialogo che, se portato avanti con serietà e concretezza, fa venir meno la ragione per cui è stato annunciato un piano di riarmo imponente, ormai privo di fondamento.

4. Diciamo NO all’invio di armi e truppe. Crediamo che la pace si costruisca con il negoziato e non con l’escalation militare. Inoltre, riteniamo che i pacifisti debbano opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, poiché questa rappresenta uno degli elementi chiave del conflitto e la sua rimozione costituirebbe un passo concreto verso la de-escalation.

5. Le prospettive di riarmo devono essere contestate con una campagna capillare sui territori. È necessario smontare, con un’operazione di verità, l’idea del nemico assoluto: il vero pericolo è rappresentato da chi guida la politica internazionale incitando a una guerra senza fine contro la Russia, alimentando tensioni e spese militari senza limiti.

6. Non possiamo condividere il discorso del Presidente Mattarella nella parte in cui accosta la Russia al Terzo Reich. Questo parallelismo non solo è storicamente improprio, ma contribuisce a esasperare il clima politico e a ostacolare il dialogo in corso.

7. Occorre una campagna ampia e continuativa, fondata sull’articolo 50 della Carta Costituzionale, per affermare con forza il NO al riarmo, alla luce del ruolo effettivo della Russia nel contesto internazionale e del suo peso nelle spese militari mondiali, che rappresentano il 5% del totale globale contro il 55% della spesa NATO.

8. È il momento di sostenere il dialogo e il disgelo fra Russia e Stati Uniti. Il movimento pacifista non può che sostenere questa apertura, lavorando affinché si traduca in una concreta riduzione delle tensioni che allontani lo spettro di una guerra nucleare e in una prospettiva di pace duratura. É il momento di porre nuovamente al centro l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Seguono firme

L’appello è stato approvato dall’assemblea del Coordinamento della Campagna contro l’invio di armi in Ucraina e pubblicato sul sito di peacelink.it

 

 

Peacelink Telematica per la Pace

I Miserabili, ovvero dell’inevitabile tracollo dell’UE

E così ci siamo finalmente arrivati. Dopo tanto vociare sul ruolo “centrale” dell’Europa nel confronto scontro con l’Oriente, dopo l’autoesaltazione per aver sostenuto e affiancato l’Ucraina contro la “vile aggressione”, dopo i miliardi spesi in armi e aiuti vari all’Ucraina per costruire  l’illusione di una possibile vittoria contro la Russia perché “…oggi l’Ucraina e domani i cavalli dei Cosacchi che si abbeverano a piazza S.Pietro”, dopo la genuflessione totale sia dei “centrodestri” che dei “centrosinistri” di fronte agli affari USA nella speranza di un posticino al tavolo delle ricostruzioni/speculazioni, ecco che arriva Trump a sconvolgere le aspettative e a sparigliare le carte di un mazzo al quale già dall’inizio mancavano le figure più importanti.

Eppure i segnali di una fine ingloriosa della politica imperiale della globalizzazione c’erano tutti, dal protagonismo sempre più forte della Cina al ruolo sempre più centrale dei BRICS, dalla fine del monopolio USA delle tecnologie più avanzate alle possibilità sempre più concrete di dedollarizzare gli scambi economici e finanziari di una parte consistente del mondo, dalla rinnovata importanza delle materie prime, dal grano alle terre rare, e degli stati che le detengono al rafforzamento di imperialismi che tendono ad autonomizzarsi dagli USA in particolare nel Medio Oriente come Turchia , Israele, Arabia Saudita ed Emirati.

Insomma uno scenario da fine Impero che domina lo scacchiere internazionale da una decina d’anni e nel quale gli USA di Biden hanno cercato di forzare la mano spostando il confine della Nato sempre più ad est, distribuendo sanzioni economiche a Russia, già da prima della guerra, Cina, Iran, Venezuela e chiunque non facesse riferimento a quel complesso quadro ideologico politico economico e militare chiamato ”Occidente”.

Di tutto questo si è invece reso perfettamente conto il nuovo inquilino della casa bianca che con la praticità del palazzinaro tirchio di fronte alle pareti del palazzo UE che scricchiolano ha chiesto l’aumento dell’affitto (arrivare al 5% di spese militari comprando armi ovviamente dagli USA) e al concorrente forte preferisce offrire un accordo piuttosto che una guerra. Anche con Ucraina e Palestina l’atteggiamento è uguale: ”Ti ho dato miliardi adesso mi prendo da uno le terre rare e dall’altro la costa di Gaza per farne la Saint Tropez del Medio Oriente”. E così mentre i bimbiminkia (per usare il linguaggio istituzionale italiano) si dividono tra chi piagnucola e chi cerca di arruffianarsi Papi mollando gli altri, i Grandi si preparano ad una nuova Yalta.

Era possibile un’altra e meno ingloriosa fine? Assolutamente si, come per tre anni abbiamo urlato nei pochissimi spazi di comunicazione mainstream che ci hanno concesso chiamandoci comunque traditori, Putiniani, filo Hamas, sciocchi pacifisti senza senso pratico, zecche rosse (compreso sua Santità il Papa) o neonazi. Gli spazi per un intervento diplomatico importante c’erano tutti tant’è che l’Inghilterra, primo vassallo di Biden, ha dovuto mettersi di traverso per impedirlo (i servizi UK sono fortemente sospettati di essere gli autori del sabotaggio che ha distrutto il gasdotto che dalla Russia forniva la Germania), ma si è preferito sacrificare la vita di centinaia di migliaia di Ucraini, nonché le condizioni delle fasce di popolazione economicamente più deboli di tutta Europa in nome dell’ ennesima guerra contro il male assoluto.

Non voglio qui assolvere Putin dalle sue indiscutibili colpe bensì sottolineare ancora una volta che la guerra non può mai essere la soluzione neanche per la Russia che dovrà comunque rendere conto al suo popolo delle centinaia di migliaia di giovani soldati mandati a morire nonché di un continuo irrigidimento di un regime che lascia sempre meno spazi alla possibilità di opporsi. E adesso? Direi che siamo alla frutta, poiché mentre oggi a Riad si riuniscono gli inviati di Trump e Putin per stendere un’ipotesi di accordo peraltro senza Zelenski, alcuni leader europei si sono riuniti ieri a Parigi su invito di Macron, presidente in bilico, per stilare una posizione comune per partecipare ai negoziati. Risultato? Assolutamente nessuno, zero totale poiché è ormai chiara la frattura tra chi, Meloni in testa, preferisca accreditarsi nel modo migliore, cioè supinamente, al nuovo imperatore e chi vorrebbe  che la guerra continuasse ma non può permetterselo.

Saremo quindi costretti ancora una volta ad una sudditanza senza scampo?

Forse è troppo presto per dirlo, l’unica cosa certa è che un campo avverso alla pace è andato irrimediabilmente in crisi mostrando tutte le sue fragilità e questo apre sicuramente scenari che potrebbero rivelarsi importanti ma soprattutto proficui per il ruolo che potrebbero assumere i movimenti pacifisti e non solo. I 150 miliardi di euro bruciati dalla UE in aiuti militari all’Ucraina sono fondi tolti alla sanità, alla scuola pubblica, alla previdenza, agli investimenti pubblici e devono diventare una leva per rilanciare piattaforme sindacali e sociali in tutta Europa che mobilitino il mondo dei lavori e i movimenti per impedire questa volta ulteriori aumenti delle spese militari volte a rilanciare velleità imperiali della UE a scapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini.

I sondaggi sul favore che incontravano le politiche guerrafondaie in Italia e non solo, nonostante gli sforzi dei miseri “giornalistoni” che li proponevano, non riuscivano a nascondere maggioranze contrarie all’invio di armi, così come le recenti elezioni europee hanno mostrato una distanza sempre più abissale tra i partiti presenti e il popolo che per metà non ha votato sottolineando in questo modo la non rappresentatività di un quadro politico istituzionale quasi completamente allineato sulla guerra e sulle scelte economico-politiche che ne conseguono. Questa maggioranza pacifista deve oggi riprendere la parola e tornare protagonista della scena ed ha un solo modo per farlo: creare lotta, comunicazione, comunità.

Redazione Italia

Sostenere il disgelo fra Russia e Stati Uniti

Appello al movimento pacifista

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo invadeva l’Ucraina. È stata una guerra che ha violato la Carta dell’Onu. Dopo tre anni emerge la concreta speranza di porre fine a uno spaventoso massacro.

21 febbraio 2025
Campagna contro l’invio di armi in Ucraina
Questo appello nasce da una posizione chiara: non è un sostegno né a Putin né a Trump, ma un appello alla pace e al dialogo come unica alternativa alla guerra e alla corsa agli armamenti.

APPELLO CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE: SOSTENIAMO IL DIALOGO, RIFIUTIAMO IL RIARMO
1. Il dialogo avviato tra Stati Uniti e Russia rappresenta una svolta significativa rispetto ad anni di propaganda favorevole alla guerra, basata sulla contrapposizione frontale e sulla costruzione di Putin come nemico assoluto da fermare ad ogni costo. Questo cambiamento impone una riflessione critica sulla narrazione che ha giustificato il riarmo e l’escalation militare in Europa.

2. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente retorica secondo cui i paesi europei devono armarsi e aumentare la spesa militare, spinti dall’idea che il conflitto con la Russia sia inevitabile. Questa prospettiva, adottata dai gruppi dirigenti europei e occidentali, si scontra oggi con la realtà del nuovo dialogo in corso tra Washington e Mosca.

3. Per questo facciamo appello affinché il 24 febbraio diventi una giornata di mobilitazione a sostegno del dialogo tra Stati Uniti e Russia. Un dialogo che, se portato avanti con serietà e concretezza, fa venir meno la ragione per cui è stato annunciato un piano di riarmo imponente, ormai privo di fondamento.

4. Diciamo NO all’invio di armi e truppe. Crediamo che la pace si costruisca con il negoziato e non con l’escalation militare. Inoltre, riteniamo che i pacifisti debbano opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, poiché questa rappresenta uno degli elementi chiave del conflitto e la sua rimozione costituirebbe un passo concreto verso la de-escalation.

5. Le prospettive di riarmo devono essere contestate con una campagna capillare sui territori. È necessario smontare, con un’operazione di verità, l’idea del nemico assoluto: il vero pericolo è rappresentato da chi guida la politica internazionale incitando a una guerra senza fine contro la Russia, alimentando tensioni e spese militari senza limiti.

6. Non possiamo condividere il discorso del Presidente Mattarella nella parte in cui accosta la Russia al Terzo Reich. Questo parallelismo non solo è storicamente improprio, ma contribuisce a esasperare il clima politico e a ostacolare il dialogo in corso.

7. Occorre una campagna ampia e continuativa, fondata sull’articolo 50 della Carta Costituzionale, per affermare con forza il NO al riarmo, alla luce del ruolo effettivo della Russia nel contesto internazionale e del suo peso nelle spese militari mondiali, che rappresentano il 5% del totale globale contro il 55% della spesa NATO.

8. È il momento di sostenere il dialogo e il disgelo fra Russia e Stati Uniti. Il movimento pacifista non può che sostenere questa apertura, lavorando affinché si traduca in una concreta riduzione delle tensioni che allontani lo spettro di una guerra nucleare e in una prospettiva di pace duratura. É il momento di porre nuovamente al centro l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Seguono firme

L’appello è stato approvato dall’assemblea del Coordinamento della Campagna contro l’invio di armi in Ucraina e pubblicato sul sito di peacelink.it

 

 

Peacelink Telematica per la Pace

I Miserabili, ovvero dell’inevitabile tracollo dell’UE

E così ci siamo finalmente arrivati. Dopo tanto vociare sul ruolo “centrale” dell’Europa nel confronto scontro con l’Oriente, dopo l’autoesaltazione per aver sostenuto e affiancato l’Ucraina contro la “vile aggressione”, dopo i miliardi spesi in armi e aiuti vari all’Ucraina per costruire  l’illusione di una possibile vittoria contro la Russia perché “…oggi l’Ucraina e domani i cavalli dei Cosacchi che si abbeverano a piazza S.Pietro”, dopo la genuflessione totale sia dei “centrodestri” che dei “centrosinistri” di fronte agli affari USA nella speranza di un posticino al tavolo delle ricostruzioni/speculazioni, ecco che arriva Trump a sconvolgere le aspettative e a sparigliare le carte di un mazzo al quale già dall’inizio mancavano le figure più importanti.

Eppure i segnali di una fine ingloriosa della politica imperiale della globalizzazione c’erano tutti, dal protagonismo sempre più forte della Cina al ruolo sempre più centrale dei BRICS, dalla fine del monopolio USA delle tecnologie più avanzate alle possibilità sempre più concrete di dedollarizzare gli scambi economici e finanziari di una parte consistente del mondo, dalla rinnovata importanza delle materie prime, dal grano alle terre rare, e degli stati che le detengono al rafforzamento di imperialismi che tendono ad autonomizzarsi dagli USA in particolare nel Medio Oriente come Turchia , Israele, Arabia Saudita ed Emirati.

Insomma uno scenario da fine Impero che domina lo scacchiere internazionale da una decina d’anni e nel quale gli USA di Biden hanno cercato di forzare la mano spostando il confine della Nato sempre più ad est, distribuendo sanzioni economiche a Russia, già da prima della guerra, Cina, Iran, Venezuela e chiunque non facesse riferimento a quel complesso quadro ideologico politico economico e militare chiamato ”Occidente”.

Di tutto questo si è invece reso perfettamente conto il nuovo inquilino della casa bianca che con la praticità del palazzinaro tirchio di fronte alle pareti del palazzo UE che scricchiolano ha chiesto l’aumento dell’affitto (arrivare al 5% di spese militari comprando armi ovviamente dagli USA) e al concorrente forte preferisce offrire un accordo piuttosto che una guerra. Anche con Ucraina e Palestina l’atteggiamento è uguale: ”Ti ho dato miliardi adesso mi prendo da uno le terre rare e dall’altro la costa di Gaza per farne la Saint Tropez del Medio Oriente”. E così mentre i bimbiminkia (per usare il linguaggio istituzionale italiano) si dividono tra chi piagnucola e chi cerca di arruffianarsi Papi mollando gli altri, i Grandi si preparano ad una nuova Yalta.

Era possibile un’altra e meno ingloriosa fine? Assolutamente si, come per tre anni abbiamo urlato nei pochissimi spazi di comunicazione mainstream che ci hanno concesso chiamandoci comunque traditori, Putiniani, filo Hamas, sciocchi pacifisti senza senso pratico, zecche rosse (compreso sua Santità il Papa) o neonazi. Gli spazi per un intervento diplomatico importante c’erano tutti tant’è che l’Inghilterra, primo vassallo di Biden, ha dovuto mettersi di traverso per impedirlo (i servizi UK sono fortemente sospettati di essere gli autori del sabotaggio che ha distrutto il gasdotto che dalla Russia forniva la Germania), ma si è preferito sacrificare la vita di centinaia di migliaia di Ucraini, nonché le condizioni delle fasce di popolazione economicamente più deboli di tutta Europa in nome dell’ ennesima guerra contro il male assoluto.

Non voglio qui assolvere Putin dalle sue indiscutibili colpe bensì sottolineare ancora una volta che la guerra non può mai essere la soluzione neanche per la Russia che dovrà comunque rendere conto al suo popolo delle centinaia di migliaia di giovani soldati mandati a morire nonché di un continuo irrigidimento di un regime che lascia sempre meno spazi alla possibilità di opporsi. E adesso? Direi che siamo alla frutta, poiché mentre oggi a Riad si riuniscono gli inviati di Trump e Putin per stendere un’ipotesi di accordo peraltro senza Zelenski, alcuni leader europei si sono riuniti ieri a Parigi su invito di Macron, presidente in bilico, per stilare una posizione comune per partecipare ai negoziati. Risultato? Assolutamente nessuno, zero totale poiché è ormai chiara la frattura tra chi, Meloni in testa, preferisca accreditarsi nel modo migliore, cioè supinamente, al nuovo imperatore e chi vorrebbe  che la guerra continuasse ma non può permetterselo.

Saremo quindi costretti ancora una volta ad una sudditanza senza scampo?

Forse è troppo presto per dirlo, l’unica cosa certa è che un campo avverso alla pace è andato irrimediabilmente in crisi mostrando tutte le sue fragilità e questo apre sicuramente scenari che potrebbero rivelarsi importanti ma soprattutto proficui per il ruolo che potrebbero assumere i movimenti pacifisti e non solo. I 150 miliardi di euro bruciati dalla UE in aiuti militari all’Ucraina sono fondi tolti alla sanità, alla scuola pubblica, alla previdenza, agli investimenti pubblici e devono diventare una leva per rilanciare piattaforme sindacali e sociali in tutta Europa che mobilitino il mondo dei lavori e i movimenti per impedire questa volta ulteriori aumenti delle spese militari volte a rilanciare velleità imperiali della UE a scapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini.

I sondaggi sul favore che incontravano le politiche guerrafondaie in Italia e non solo, nonostante gli sforzi dei miseri “giornalistoni” che li proponevano, non riuscivano a nascondere maggioranze contrarie all’invio di armi, così come le recenti elezioni europee hanno mostrato una distanza sempre più abissale tra i partiti presenti e il popolo che per metà non ha votato sottolineando in questo modo la non rappresentatività di un quadro politico istituzionale quasi completamente allineato sulla guerra e sulle scelte economico-politiche che ne conseguono. Questa maggioranza pacifista deve oggi riprendere la parola e tornare protagonista della scena ed ha un solo modo per farlo: creare lotta, comunicazione, comunità.

Redazione Italia

Sostenere il disgelo fra Russia e Stati Uniti

Appello al movimento pacifista

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo invadeva l’Ucraina. È stata una guerra che ha violato la Carta dell’Onu. Dopo tre anni emerge la concreta speranza di porre fine a uno spaventoso massacro.

21 febbraio 2025
Campagna contro l’invio di armi in Ucraina
Questo appello nasce da una posizione chiara: non è un sostegno né a Putin né a Trump, ma un appello alla pace e al dialogo come unica alternativa alla guerra e alla corsa agli armamenti.

APPELLO CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE: SOSTENIAMO IL DIALOGO, RIFIUTIAMO IL RIARMO
1. Il dialogo avviato tra Stati Uniti e Russia rappresenta una svolta significativa rispetto ad anni di propaganda favorevole alla guerra, basata sulla contrapposizione frontale e sulla costruzione di Putin come nemico assoluto da fermare ad ogni costo. Questo cambiamento impone una riflessione critica sulla narrazione che ha giustificato il riarmo e l’escalation militare in Europa.

2. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente retorica secondo cui i paesi europei devono armarsi e aumentare la spesa militare, spinti dall’idea che il conflitto con la Russia sia inevitabile. Questa prospettiva, adottata dai gruppi dirigenti europei e occidentali, si scontra oggi con la realtà del nuovo dialogo in corso tra Washington e Mosca.

3. Per questo facciamo appello affinché il 24 febbraio diventi una giornata di mobilitazione a sostegno del dialogo tra Stati Uniti e Russia. Un dialogo che, se portato avanti con serietà e concretezza, fa venir meno la ragione per cui è stato annunciato un piano di riarmo imponente, ormai privo di fondamento.

4. Diciamo NO all’invio di armi e truppe. Crediamo che la pace si costruisca con il negoziato e non con l’escalation militare. Inoltre, riteniamo che i pacifisti debbano opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, poiché questa rappresenta uno degli elementi chiave del conflitto e la sua rimozione costituirebbe un passo concreto verso la de-escalation.

5. Le prospettive di riarmo devono essere contestate con una campagna capillare sui territori. È necessario smontare, con un’operazione di verità, l’idea del nemico assoluto: il vero pericolo è rappresentato da chi guida la politica internazionale incitando a una guerra senza fine contro la Russia, alimentando tensioni e spese militari senza limiti.

6. Non possiamo condividere il discorso del Presidente Mattarella nella parte in cui accosta la Russia al Terzo Reich. Questo parallelismo non solo è storicamente improprio, ma contribuisce a esasperare il clima politico e a ostacolare il dialogo in corso.

7. Occorre una campagna ampia e continuativa, fondata sull’articolo 50 della Carta Costituzionale, per affermare con forza il NO al riarmo, alla luce del ruolo effettivo della Russia nel contesto internazionale e del suo peso nelle spese militari mondiali, che rappresentano il 5% del totale globale contro il 55% della spesa NATO.

8. È il momento di sostenere il dialogo e il disgelo fra Russia e Stati Uniti. Il movimento pacifista non può che sostenere questa apertura, lavorando affinché si traduca in una concreta riduzione delle tensioni che allontani lo spettro di una guerra nucleare e in una prospettiva di pace duratura. É il momento di porre nuovamente al centro l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Seguono firme

L’appello è stato approvato dall’assemblea del Coordinamento della Campagna contro l’invio di armi in Ucraina e pubblicato sul sito di peacelink.it

 

 

Peacelink Telematica per la Pace

I Miserabili, ovvero dell’inevitabile tracollo dell’UE

E così ci siamo finalmente arrivati. Dopo tanto vociare sul ruolo “centrale” dell’Europa nel confronto scontro con l’Oriente, dopo l’autoesaltazione per aver sostenuto e affiancato l’Ucraina contro la “vile aggressione”, dopo i miliardi spesi in armi e aiuti vari all’Ucraina per costruire  l’illusione di una possibile vittoria contro la Russia perché “…oggi l’Ucraina e domani i cavalli dei Cosacchi che si abbeverano a piazza S.Pietro”, dopo la genuflessione totale sia dei “centrodestri” che dei “centrosinistri” di fronte agli affari USA nella speranza di un posticino al tavolo delle ricostruzioni/speculazioni, ecco che arriva Trump a sconvolgere le aspettative e a sparigliare le carte di un mazzo al quale già dall’inizio mancavano le figure più importanti.

Eppure i segnali di una fine ingloriosa della politica imperiale della globalizzazione c’erano tutti, dal protagonismo sempre più forte della Cina al ruolo sempre più centrale dei BRICS, dalla fine del monopolio USA delle tecnologie più avanzate alle possibilità sempre più concrete di dedollarizzare gli scambi economici e finanziari di una parte consistente del mondo, dalla rinnovata importanza delle materie prime, dal grano alle terre rare, e degli stati che le detengono al rafforzamento di imperialismi che tendono ad autonomizzarsi dagli USA in particolare nel Medio Oriente come Turchia , Israele, Arabia Saudita ed Emirati.

Insomma uno scenario da fine Impero che domina lo scacchiere internazionale da una decina d’anni e nel quale gli USA di Biden hanno cercato di forzare la mano spostando il confine della Nato sempre più ad est, distribuendo sanzioni economiche a Russia, già da prima della guerra, Cina, Iran, Venezuela e chiunque non facesse riferimento a quel complesso quadro ideologico politico economico e militare chiamato ”Occidente”.

Di tutto questo si è invece reso perfettamente conto il nuovo inquilino della casa bianca che con la praticità del palazzinaro tirchio di fronte alle pareti del palazzo UE che scricchiolano ha chiesto l’aumento dell’affitto (arrivare al 5% di spese militari comprando armi ovviamente dagli USA) e al concorrente forte preferisce offrire un accordo piuttosto che una guerra. Anche con Ucraina e Palestina l’atteggiamento è uguale: ”Ti ho dato miliardi adesso mi prendo da uno le terre rare e dall’altro la costa di Gaza per farne la Saint Tropez del Medio Oriente”. E così mentre i bimbiminkia (per usare il linguaggio istituzionale italiano) si dividono tra chi piagnucola e chi cerca di arruffianarsi Papi mollando gli altri, i Grandi si preparano ad una nuova Yalta.

Era possibile un’altra e meno ingloriosa fine? Assolutamente si, come per tre anni abbiamo urlato nei pochissimi spazi di comunicazione mainstream che ci hanno concesso chiamandoci comunque traditori, Putiniani, filo Hamas, sciocchi pacifisti senza senso pratico, zecche rosse (compreso sua Santità il Papa) o neonazi. Gli spazi per un intervento diplomatico importante c’erano tutti tant’è che l’Inghilterra, primo vassallo di Biden, ha dovuto mettersi di traverso per impedirlo (i servizi UK sono fortemente sospettati di essere gli autori del sabotaggio che ha distrutto il gasdotto che dalla Russia forniva la Germania), ma si è preferito sacrificare la vita di centinaia di migliaia di Ucraini, nonché le condizioni delle fasce di popolazione economicamente più deboli di tutta Europa in nome dell’ ennesima guerra contro il male assoluto.

Non voglio qui assolvere Putin dalle sue indiscutibili colpe bensì sottolineare ancora una volta che la guerra non può mai essere la soluzione neanche per la Russia che dovrà comunque rendere conto al suo popolo delle centinaia di migliaia di giovani soldati mandati a morire nonché di un continuo irrigidimento di un regime che lascia sempre meno spazi alla possibilità di opporsi. E adesso? Direi che siamo alla frutta, poiché mentre oggi a Riad si riuniscono gli inviati di Trump e Putin per stendere un’ipotesi di accordo peraltro senza Zelenski, alcuni leader europei si sono riuniti ieri a Parigi su invito di Macron, presidente in bilico, per stilare una posizione comune per partecipare ai negoziati. Risultato? Assolutamente nessuno, zero totale poiché è ormai chiara la frattura tra chi, Meloni in testa, preferisca accreditarsi nel modo migliore, cioè supinamente, al nuovo imperatore e chi vorrebbe  che la guerra continuasse ma non può permetterselo.

Saremo quindi costretti ancora una volta ad una sudditanza senza scampo?

Forse è troppo presto per dirlo, l’unica cosa certa è che un campo avverso alla pace è andato irrimediabilmente in crisi mostrando tutte le sue fragilità e questo apre sicuramente scenari che potrebbero rivelarsi importanti ma soprattutto proficui per il ruolo che potrebbero assumere i movimenti pacifisti e non solo. I 150 miliardi di euro bruciati dalla UE in aiuti militari all’Ucraina sono fondi tolti alla sanità, alla scuola pubblica, alla previdenza, agli investimenti pubblici e devono diventare una leva per rilanciare piattaforme sindacali e sociali in tutta Europa che mobilitino il mondo dei lavori e i movimenti per impedire questa volta ulteriori aumenti delle spese militari volte a rilanciare velleità imperiali della UE a scapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini.

I sondaggi sul favore che incontravano le politiche guerrafondaie in Italia e non solo, nonostante gli sforzi dei miseri “giornalistoni” che li proponevano, non riuscivano a nascondere maggioranze contrarie all’invio di armi, così come le recenti elezioni europee hanno mostrato una distanza sempre più abissale tra i partiti presenti e il popolo che per metà non ha votato sottolineando in questo modo la non rappresentatività di un quadro politico istituzionale quasi completamente allineato sulla guerra e sulle scelte economico-politiche che ne conseguono. Questa maggioranza pacifista deve oggi riprendere la parola e tornare protagonista della scena ed ha un solo modo per farlo: creare lotta, comunicazione, comunità.

Redazione Italia

Sostenere il disgelo fra Russia e Stati Uniti

Appello al movimento pacifista

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo invadeva l’Ucraina. È stata una guerra che ha violato la Carta dell’Onu. Dopo tre anni emerge la concreta speranza di porre fine a uno spaventoso massacro.

21 febbraio 2025
Campagna contro l’invio di armi in Ucraina
Questo appello nasce da una posizione chiara: non è un sostegno né a Putin né a Trump, ma un appello alla pace e al dialogo come unica alternativa alla guerra e alla corsa agli armamenti.

APPELLO CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE: SOSTENIAMO IL DIALOGO, RIFIUTIAMO IL RIARMO
1. Il dialogo avviato tra Stati Uniti e Russia rappresenta una svolta significativa rispetto ad anni di propaganda favorevole alla guerra, basata sulla contrapposizione frontale e sulla costruzione di Putin come nemico assoluto da fermare ad ogni costo. Questo cambiamento impone una riflessione critica sulla narrazione che ha giustificato il riarmo e l’escalation militare in Europa.

2. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente retorica secondo cui i paesi europei devono armarsi e aumentare la spesa militare, spinti dall’idea che il conflitto con la Russia sia inevitabile. Questa prospettiva, adottata dai gruppi dirigenti europei e occidentali, si scontra oggi con la realtà del nuovo dialogo in corso tra Washington e Mosca.

3. Per questo facciamo appello affinché il 24 febbraio diventi una giornata di mobilitazione a sostegno del dialogo tra Stati Uniti e Russia. Un dialogo che, se portato avanti con serietà e concretezza, fa venir meno la ragione per cui è stato annunciato un piano di riarmo imponente, ormai privo di fondamento.

4. Diciamo NO all’invio di armi e truppe. Crediamo che la pace si costruisca con il negoziato e non con l’escalation militare. Inoltre, riteniamo che i pacifisti debbano opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, poiché questa rappresenta uno degli elementi chiave del conflitto e la sua rimozione costituirebbe un passo concreto verso la de-escalation.

5. Le prospettive di riarmo devono essere contestate con una campagna capillare sui territori. È necessario smontare, con un’operazione di verità, l’idea del nemico assoluto: il vero pericolo è rappresentato da chi guida la politica internazionale incitando a una guerra senza fine contro la Russia, alimentando tensioni e spese militari senza limiti.

6. Non possiamo condividere il discorso del Presidente Mattarella nella parte in cui accosta la Russia al Terzo Reich. Questo parallelismo non solo è storicamente improprio, ma contribuisce a esasperare il clima politico e a ostacolare il dialogo in corso.

7. Occorre una campagna ampia e continuativa, fondata sull’articolo 50 della Carta Costituzionale, per affermare con forza il NO al riarmo, alla luce del ruolo effettivo della Russia nel contesto internazionale e del suo peso nelle spese militari mondiali, che rappresentano il 5% del totale globale contro il 55% della spesa NATO.

8. È il momento di sostenere il dialogo e il disgelo fra Russia e Stati Uniti. Il movimento pacifista non può che sostenere questa apertura, lavorando affinché si traduca in una concreta riduzione delle tensioni che allontani lo spettro di una guerra nucleare e in una prospettiva di pace duratura. É il momento di porre nuovamente al centro l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Seguono firme

L’appello è stato approvato dall’assemblea del Coordinamento della Campagna contro l’invio di armi in Ucraina e pubblicato sul sito di peacelink.it

 

 

Peacelink Telematica per la Pace

I Miserabili, ovvero dell’inevitabile tracollo dell’UE

E così ci siamo finalmente arrivati. Dopo tanto vociare sul ruolo “centrale” dell’Europa nel confronto scontro con l’Oriente, dopo l’autoesaltazione per aver sostenuto e affiancato l’Ucraina contro la “vile aggressione”, dopo i miliardi spesi in armi e aiuti vari all’Ucraina per costruire  l’illusione di una possibile vittoria contro la Russia perché “…oggi l’Ucraina e domani i cavalli dei Cosacchi che si abbeverano a piazza S.Pietro”, dopo la genuflessione totale sia dei “centrodestri” che dei “centrosinistri” di fronte agli affari USA nella speranza di un posticino al tavolo delle ricostruzioni/speculazioni, ecco che arriva Trump a sconvolgere le aspettative e a sparigliare le carte di un mazzo al quale già dall’inizio mancavano le figure più importanti.

Eppure i segnali di una fine ingloriosa della politica imperiale della globalizzazione c’erano tutti, dal protagonismo sempre più forte della Cina al ruolo sempre più centrale dei BRICS, dalla fine del monopolio USA delle tecnologie più avanzate alle possibilità sempre più concrete di dedollarizzare gli scambi economici e finanziari di una parte consistente del mondo, dalla rinnovata importanza delle materie prime, dal grano alle terre rare, e degli stati che le detengono al rafforzamento di imperialismi che tendono ad autonomizzarsi dagli USA in particolare nel Medio Oriente come Turchia , Israele, Arabia Saudita ed Emirati.

Insomma uno scenario da fine Impero che domina lo scacchiere internazionale da una decina d’anni e nel quale gli USA di Biden hanno cercato di forzare la mano spostando il confine della Nato sempre più ad est, distribuendo sanzioni economiche a Russia, già da prima della guerra, Cina, Iran, Venezuela e chiunque non facesse riferimento a quel complesso quadro ideologico politico economico e militare chiamato ”Occidente”.

Di tutto questo si è invece reso perfettamente conto il nuovo inquilino della casa bianca che con la praticità del palazzinaro tirchio di fronte alle pareti del palazzo UE che scricchiolano ha chiesto l’aumento dell’affitto (arrivare al 5% di spese militari comprando armi ovviamente dagli USA) e al concorrente forte preferisce offrire un accordo piuttosto che una guerra. Anche con Ucraina e Palestina l’atteggiamento è uguale: ”Ti ho dato miliardi adesso mi prendo da uno le terre rare e dall’altro la costa di Gaza per farne la Saint Tropez del Medio Oriente”. E così mentre i bimbiminkia (per usare il linguaggio istituzionale italiano) si dividono tra chi piagnucola e chi cerca di arruffianarsi Papi mollando gli altri, i Grandi si preparano ad una nuova Yalta.

Era possibile un’altra e meno ingloriosa fine? Assolutamente si, come per tre anni abbiamo urlato nei pochissimi spazi di comunicazione mainstream che ci hanno concesso chiamandoci comunque traditori, Putiniani, filo Hamas, sciocchi pacifisti senza senso pratico, zecche rosse (compreso sua Santità il Papa) o neonazi. Gli spazi per un intervento diplomatico importante c’erano tutti tant’è che l’Inghilterra, primo vassallo di Biden, ha dovuto mettersi di traverso per impedirlo (i servizi UK sono fortemente sospettati di essere gli autori del sabotaggio che ha distrutto il gasdotto che dalla Russia forniva la Germania), ma si è preferito sacrificare la vita di centinaia di migliaia di Ucraini, nonché le condizioni delle fasce di popolazione economicamente più deboli di tutta Europa in nome dell’ ennesima guerra contro il male assoluto.

Non voglio qui assolvere Putin dalle sue indiscutibili colpe bensì sottolineare ancora una volta che la guerra non può mai essere la soluzione neanche per la Russia che dovrà comunque rendere conto al suo popolo delle centinaia di migliaia di giovani soldati mandati a morire nonché di un continuo irrigidimento di un regime che lascia sempre meno spazi alla possibilità di opporsi. E adesso? Direi che siamo alla frutta, poiché mentre oggi a Riad si riuniscono gli inviati di Trump e Putin per stendere un’ipotesi di accordo peraltro senza Zelenski, alcuni leader europei si sono riuniti ieri a Parigi su invito di Macron, presidente in bilico, per stilare una posizione comune per partecipare ai negoziati. Risultato? Assolutamente nessuno, zero totale poiché è ormai chiara la frattura tra chi, Meloni in testa, preferisca accreditarsi nel modo migliore, cioè supinamente, al nuovo imperatore e chi vorrebbe  che la guerra continuasse ma non può permetterselo.

Saremo quindi costretti ancora una volta ad una sudditanza senza scampo?

Forse è troppo presto per dirlo, l’unica cosa certa è che un campo avverso alla pace è andato irrimediabilmente in crisi mostrando tutte le sue fragilità e questo apre sicuramente scenari che potrebbero rivelarsi importanti ma soprattutto proficui per il ruolo che potrebbero assumere i movimenti pacifisti e non solo. I 150 miliardi di euro bruciati dalla UE in aiuti militari all’Ucraina sono fondi tolti alla sanità, alla scuola pubblica, alla previdenza, agli investimenti pubblici e devono diventare una leva per rilanciare piattaforme sindacali e sociali in tutta Europa che mobilitino il mondo dei lavori e i movimenti per impedire questa volta ulteriori aumenti delle spese militari volte a rilanciare velleità imperiali della UE a scapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di cittadini.

I sondaggi sul favore che incontravano le politiche guerrafondaie in Italia e non solo, nonostante gli sforzi dei miseri “giornalistoni” che li proponevano, non riuscivano a nascondere maggioranze contrarie all’invio di armi, così come le recenti elezioni europee hanno mostrato una distanza sempre più abissale tra i partiti presenti e il popolo che per metà non ha votato sottolineando in questo modo la non rappresentatività di un quadro politico istituzionale quasi completamente allineato sulla guerra e sulle scelte economico-politiche che ne conseguono. Questa maggioranza pacifista deve oggi riprendere la parola e tornare protagonista della scena ed ha un solo modo per farlo: creare lotta, comunicazione, comunità.

Redazione Italia

Sostenere il disgelo fra Russia e Stati Uniti

Appello al movimento pacifista

Il 24 febbraio 2022 l’esercito russo invadeva l’Ucraina. È stata una guerra che ha violato la Carta dell’Onu. Dopo tre anni emerge la concreta speranza di porre fine a uno spaventoso massacro.

21 febbraio 2025
Campagna contro l’invio di armi in Ucraina
Questo appello nasce da una posizione chiara: non è un sostegno né a Putin né a Trump, ma un appello alla pace e al dialogo come unica alternativa alla guerra e alla corsa agli armamenti.

APPELLO CONTRO LA GUERRA E PER LA PACE: SOSTENIAMO IL DIALOGO, RIFIUTIAMO IL RIARMO
1. Il dialogo avviato tra Stati Uniti e Russia rappresenta una svolta significativa rispetto ad anni di propaganda favorevole alla guerra, basata sulla contrapposizione frontale e sulla costruzione di Putin come nemico assoluto da fermare ad ogni costo. Questo cambiamento impone una riflessione critica sulla narrazione che ha giustificato il riarmo e l’escalation militare in Europa.

2. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescente retorica secondo cui i paesi europei devono armarsi e aumentare la spesa militare, spinti dall’idea che il conflitto con la Russia sia inevitabile. Questa prospettiva, adottata dai gruppi dirigenti europei e occidentali, si scontra oggi con la realtà del nuovo dialogo in corso tra Washington e Mosca.

3. Per questo facciamo appello affinché il 24 febbraio diventi una giornata di mobilitazione a sostegno del dialogo tra Stati Uniti e Russia. Un dialogo che, se portato avanti con serietà e concretezza, fa venir meno la ragione per cui è stato annunciato un piano di riarmo imponente, ormai privo di fondamento.

4. Diciamo NO all’invio di armi e truppe. Crediamo che la pace si costruisca con il negoziato e non con l’escalation militare. Inoltre, riteniamo che i pacifisti debbano opporsi all’adesione dell’Ucraina alla NATO, poiché questa rappresenta uno degli elementi chiave del conflitto e la sua rimozione costituirebbe un passo concreto verso la de-escalation.

5. Le prospettive di riarmo devono essere contestate con una campagna capillare sui territori. È necessario smontare, con un’operazione di verità, l’idea del nemico assoluto: il vero pericolo è rappresentato da chi guida la politica internazionale incitando a una guerra senza fine contro la Russia, alimentando tensioni e spese militari senza limiti.

6. Non possiamo condividere il discorso del Presidente Mattarella nella parte in cui accosta la Russia al Terzo Reich. Questo parallelismo non solo è storicamente improprio, ma contribuisce a esasperare il clima politico e a ostacolare il dialogo in corso.

7. Occorre una campagna ampia e continuativa, fondata sull’articolo 50 della Carta Costituzionale, per affermare con forza il NO al riarmo, alla luce del ruolo effettivo della Russia nel contesto internazionale e del suo peso nelle spese militari mondiali, che rappresentano il 5% del totale globale contro il 55% della spesa NATO.

8. È il momento di sostenere il dialogo e il disgelo fra Russia e Stati Uniti. Il movimento pacifista non può che sostenere questa apertura, lavorando affinché si traduca in una concreta riduzione delle tensioni che allontani lo spettro di una guerra nucleare e in una prospettiva di pace duratura. É il momento di porre nuovamente al centro l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Seguono firme

L’appello è stato approvato dall’assemblea del Coordinamento della Campagna contro l’invio di armi in Ucraina e pubblicato sul sito di peacelink.it

 

 

Peacelink Telematica per la Pace