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Ecologia ed Ambiente

Migrazione Rospi 2025, come ogni anno parte l’iniziativa di volontariato

Come ogni anno , tra metà febbraio e fine aprile, tra Clusane d’Iseo e Paratico (sul Lago d’Iseo) avviene la migrazione del Rospo Comune (Bufo Bufo), che rientra fra le specie protette dalla Convenzione di Berna del 1979 e dalla Legge Regionale n. 10 del 31 marzo 2008.

A causa della strada che separa il bosco dal canneto a lago e che impedisce ai rospi di poter migrare tranquillamente senza rischiare la propria vita, da quattordici anni un nutrito gruppo di volontari del WWF guidati da Alberto Gatti si ritrova all’imbrunire ogni sera con torcia, secchio, guanti in nitrile e giubbino catarifrangente per “raccogliere” letteralmente i rospi e per portarli dall’altro lato della strada.

Nulla li può fermare, nemmeno la pioggia!

Per chi volesse aiutare, il punto di ritrovo è vicino al distributore tra Clusane D’Iseo e Paratico (vicino al distributore).

Per ulteriori informazioni contattare Alberto Gatti dell’Associazione Monte Alto di Corte Franca e Francesco Econimo, coordinatore del progetto per le Guardie Ecologiche Volontarie (GEV) della Comunità Montana del Sebino

Redazione Sebino Franciacorta

Ferrara, Manifestazione Nazionale di Animal Liberation e LIMAV per la liberazione dei macachi reclusi nell’Università

La vicenda coinvolge Clarabella, Archimede, Cleopatra, Eddi, Cesare e Orazio, i nomi dei sei macachi reclusi negli stabulari dell’Università di Ferrara a scopi di vivisezione.

Già nel 2014 le associazioni animaliste avevano chiesto di chiarire se le condizioni di detenzione degli animali fossero idonee e compatibili con la loro etologia e il loro benessere. Successivamente, dopo alcune archiviazioni, l’inchiesta aveva poi ripreso vigore nel 2021, grazie a un nuovo esposto firmato dalle associazioni Animal Liberation e LIMAV Italia, la Lega Internazionale dei Medici per l’Abolizione della Vivisezione.

Numerose associazioni, infatti, lottano da molti anni per fermare tutti gli esperimenti in atto sui primati non-umani in Italia, chiedendo di liberare immediatamente i macachi per affidarli a strutture e rifugi dove possano vivere il resto della loro vita in condizioni migliori.

Secondo gli animalisti, i sei macachi dell’Università vivono isolati e perennemente rinchiusi all’interno di gabbie molto piccole, alloggiate in stanze prive di luce naturale.

Nel 2023 tra gli indagati iscritti nel fascicolo vi erano l’ex rettore Giorgio Zauli, il direttore del centro di sperimentazione Luciano Fadiga, il medico veterinario Ludovico Scenna e l’attuale rettrice dell’Università degli Studi di Ferrara, Laura Ramaciotti, la quale è stata ascoltata in procura dal Pubblico Ministero Andrea Maggioni per fornire spiegazioni in merito all’inchiesta in corso che ha l’intento di chiarire le condizioni in cui vengono tenuti sei macachi all’interno dei laboratori dell’università.

L’ipotesi di reato inizialmente era quella di maltrattamento di animali, ma è stata poi derubricata e cambiata in abbandono, poiché i primati non sono attualmente sottoposti ad alcuna sperimentazione scientifica.

In questi mesi la situazione si è ulteriormente aggravata e il macaco ORAZIO, sottoposto a esperimenti, è morto proprio a causa dei trattamenti subiti. Gli altri aspettano la stessa sorte, vivendo nel frattempo una continua dolorosa condizione di non-vita, isolati, imprigionati ognuno in un’angusta gabbia che impedisce i movimenti tipici della specie, senza vedere mai la luce del sole, costretti a stare perennemente su una rete metallica, mentre i macachi sono animali sociali che in natura cooperano.
ANIMAL LIBERATION E LIMAV, assistiti dall’avvocato David Zanforlini, hanno denunciato per maltrattamento di animali e per custodia in condizioni incompatibili con la specie, l’attuale rettrice dall’Università di Ferrara Laura Ramaciotti, il precedente rettore Giorgio Zauli, il direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Luciano Fadiga e il responsabile del benessere animale Ludovico Scenna.

I macachi devono essere sottratti alla vivisezione e a condizioni di vita che sono un maltrattamento continuo!

PER RECLAMARE IL SEQUESTRO DEI MACACHI, ANIMAL LIBERATION E LIMAV  HANNO LANCIATO LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE  sabato 22 febbraio a Ferrara, dalle 10,45 alle 14, in piazza Cattedrale e corteo fino all’Università.

Con la compattezza e forza dell’ANIMALISMO ITALIANO, hanno aderito tantissime associazioni:

Animal Defenfers, Animalisti Italiani, Animal Voices United, A Coda Alta, AsolAnimale, AVI Associazione Vegani Internazionale, BolognAnimale, CAART Coordinamento Associazioni Animaliste Toscane, CADAPA, Città Visibili Bologna, Cruelty Free, CRCSSA Centro Ricerca Cancro Senza Sperimentazione Animale, Il Vagabondo, LAC Emilia Romagna, LAER, LAV, LEAL, LIDA Firenze, LNDC Animal Protection, META, Movimento Antispecista, NOmattatoio Milano, OIPA, Progetto Vivere Vegan, Rete dei Santuari di Animali Liberi, Salviamo gli Orsi della Luna, SOS Angels, Vita da Cani.

https://www.kodami.it/inchiesta-sui-macachi-alluniversita-di-ferrara-ascoltata-in-procura-la-rettrice/

https://www.lanuovaferrara.it/ferrara/cronaca/2023/11/13/news/ferrara-la-rettrice-di-unife-e-altri-tre-sotto-indagine-per-i-macachi-1.100420475

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/14/macachi-in-gabbia-indagata-anche-la-rettrice-delluniversita-di-ferrara-la-replica-piena-osservanza-della-legge/7352944/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/02/16/macachi-laboratorio-universita-ferrara-liberazione/7878245/

In Italia la sperimentazione con animali di laboratorio è richiesta per legge per l’approvazione di farmaci e altri trattamenti, prima di quella clinica direttamente con gli esseri umani. Per quanto le attività siano regolate da norme molto severe che stabiliscono le modalità di stabulazione e i ricercatori siano obbligati a rispettare le leggi e i regolamenti che proteggono gli animali usati nella ricerca secondo le leggi nazionali e gli standard internazionali, queste norme non tutelano gli animali e il loro benessere ma anzi di fatto legalizzano una forma di violenza sistematica sugli animali ad esclusivo uso e consumo umano considerando la sperimentazione animale “inevitabile”.

In realtà ad oggi sappiamo che le pratiche della sperimentazione animale e della vivisezione non sono convalidate scientificamente e sono superate dai nuovi metodi sostitutivi di sperimentazione su modelli human-based. Secondo l’FDA, il 92% dei farmaci che superano la sperimentazione animale non superano la sperimentazione umana e il 51% dei farmaci negli USA presentano gravi reazioni avverse non scoperte prima dell’approvazione della commercializzazione (1)

(1) Moore T.J. e altri. Time to act on drug safety. JAMA, vol. 279: pp. 1571-1573, 1998

Redazione Romagna

Le proposte di Legambiente a misura di gatto

La violenza contro gli animali non si ferma. Secondo i dati dell’ultimo rapporto Ecomafia, le forze di polizia hanno registrato in tema di abbandono, maltrattamento e uccisione a danno degli animali domestici (in particolare cani e gatti) ben 1.400 reati, 3.708 illeciti amministrativi e 815 persone denunciate. I gatti, in particolare, come ha denunciato Legambiente in occasione della recente Giornata nazionale del gatto (17 febbraio) “sono ancora alla ricerca di identità e tutela.” E proprio ai gatti Legambiente ha dedicato un focus, A-Mici in città, che rivela un quadro poco confortante, evidenziando come l’amore degli italiani per i felini sia messo a dura prova dalla permanente insufficienza dei servizi di gestione e assistenza promossi dai Comuni e dalle Asl e come gli oltre 96 mila volontari che curano più di 1 milione di gatti nelle colonie feline e gli oltre 10 milioni di felini che sono stati censiti nelle case degli italiani (XVII rapporto Assalco-Zoomark: https://www.assalco.it/archivio10_documento-generico_0_1570_29_5.html) siano costretti a far fronte a grandi lacune.

Nel 2023, su un campione di 771 Comuni, solo il 39% dichiara di avere colonie feline presenti sul proprio territorio e il 33,5% di sapere quanti gatti le popolino. Rispetto alle sterilizzazioni, l’8,3% dei Comuni sostiene di averle effettuate su più del 90% dei gatti presenti nelle colonie di competenza, il 7,1% dice di aver fatto almeno una campagna di microchippatura, il 16,1% di sterilizzazione e il 12,7% di aver realizzato progetti informativi per l’adozione di gatti in cerca di casa. Appena l’8,8% dei Comuni dichiara poi di avere gattili sanitari e solo il 4,1% di possedere oasi feline. Delle 46 aziende sanitarie parte del campione di A-Mici in Città il 93,5% dichiara invece di avere colonie feline presenti sul proprio territorio e l’80,4% conosce il numero di gatti che ne fanno parte. Il 71,7% ha incaricato cittadini per la gestione delle colonie urbane, solo il 10,9% sostiene di aver anagrafato i gatti presenti in esse e il 23,9% di aver sterilizzato più del 90% dei piccoli felini che le popolano. Solo il 17,4% ha realizzato almeno una campagna di microchippatura, il 47,8% di sterilizzazione e il 56,5% di aver organizzato iniziative per l’adozione di gatti. Infine, il 60,9% dichiara la presenza di gattili sanitari e il 41,3% di avere oasi feline. (anno di riferimento 2023).

Non mancano, per fortuna, città che – come evidenziano i dati di “A-Mici in Città 2025” – nel 2023 si sono distinte per la gestione e cura degli amici felini. Con la presenza di due gattili sanitari ciascuna, Modena, Sassari, Latina e Alba (CN) figurano tra le città più virtuose in tema di accoglienza. Per quanto riguarda il numero di adozioni emergono Vicenza (680 adozioni nel 2023), Ivrea – TO (277), Modena e Mantova con 251 gatti ciascuna che hanno trovato casa. Ben 17 oasi feline sorgono ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, otto a Bologna e tre a Verona. Mentre Napoli (2.459), Milano (1.400) e Padova (1.028) si distinguono per il maggior numero di colonie feline registrate sul proprio territorio. Napoli e Milano, inoltre, rispettivamente con 2.095 e 1.400 volontari incaricati nelle colonie feline, spiccano insieme a Torino (1.000) per essere le città con il più alto numero di cittadini dediti alla cura e assistenza dei gatti presenti nelle colonie territoriali registrate. Infine, sul versante delle sterilizzazioni, ritroviamo Napoli con 2.510 gatti sterilizzati al 2023, preceduta da Verona (3.236) e, in ultimo, Modena con 2.392 interventi di sterilizzazione felina effettuati.

Legambiente formula alcune precise proposte: piena operatività del Sistema Informativo Nazionale degli Animali da Compagnia per conoscere le effettive presenze e i bisogni degli animali d’affezione; patti di comunità tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati per gestire insieme la tutela e la cura degli animali da compagnia e selvatici nei contesti urbani; una sanità di prossimità più capillare attraverso la presenza in servizio di 6.000 veterinari pubblici e l’attivazione di 1.000 strutture veterinarie pubbliche, quali canili e gattili (uno ogni 50-100 mila cittadini) e ospedali veterinari (uno ogni 300-400 mila cittadini); formazione di 10.000 guardie ambientali e zoofile volontarie per rafforzare il sistema di controlli pubblico-privato per il rispetto delle norme a tutela degli animali da compagnia; e infine l’inasprimento nel Codice penale della reclusione da tre a sei anni per i reati contro gli animali non solo come misura repressiva ma soprattutto come strumento di prevenzione grazie all’attivazione degli strumenti investigativi adeguati.

Qui il focus: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/A-Mici-2025.pdf.

Giovanni Caprio

Ultima Generazione, Roma: sei processi in due giorni

Roma, 21 febbraio 2025 – Continuano i processi ad Ultima Generazione. Ieri e oggi si sono tenute presso il Tribunale di Roma udienze per i seguenti processi:

  • Blocco stradale e sgombero casa, udienza predibattimentale, capi di impuzione: art. 639 c. 2 c.p., 110 e 112, n.1 c.p., 340 cc. 1,2 cp, art.76 comma 3 d.lgs 159/2011; persone coinvolte 10. Rinviata per difetto di notifica al 2 ottobre 2025.
  • Azione fontana Quattro Fiumiudienza predibattimentale, capi di imputazione: 110, 112, c.p., 518 duodecies co 2 c.p.; persone coinvolte 4. Il giudice ha deciso per il proseguimento del processo fissando la nuova udienza al 18 marzo 2025.
  • Azione vetrina Eniudienza predibattimentale, capi di imputazione: art. 635, comma 3 c.p., 110 e 112, n.1 c.p., all’art. 4 c. 2 e 5 L. n. 110/1975, art. 76 comma 3 d.lgs 159/2011; persone coinvolte 5. Il giudice ha deciso per il proseguimento del processo in data che verrà comunicata.
  • Blocco stradale insieme a GKN, udienza predibattimentale, capi di imputazione: art. 110, 112 comma 1 n.1 cp, art. 340 commi 1, 2 cp; persone coinvolte 12. Il giudice ha deciso per il proseguimento del processo predibattimentale fissando la nuova udienza al 19 giugno 2025.
  • Azione fango al Senato, udienza predibattimentale, capi di imputazione: 110, 112, c.p., 518 duodecies co 2 c.p.; persone coinvolte 8. Rinviata per difetto di notifica al 19 giugno 2025.
  • Blocco stradale davanti al Colosseo,capi di imputazione: art. 110 art. 112 c.1 n.1, art. 340 c.1 e c.2 c.p., art. 76 c.3 relativo all’art. 2 del d.lgs. 159/2011. Persone coinvolte 5. L’udienza è stata aggiornata al 25 marzo 25 marzo 2025.

AL VIA LA CAMPAGNA “IL GIUSTO PREZZO”

L’Italia sta affrontando una crisi agricola senza precedenti. Il prezzo dell’olio, della frutta e di altri generi alimentari di base è raddoppiato negli ultimi dieci anni. Dietro questi aumenti ci sono fenomeni climatici estremi come siccità, alluvioni e grandinate, che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura italiana. Ma la crisi non colpisce solo i consumatori: anche gli agricoltori si trovano in difficoltà, schiacciati tra la crisi climatica e le logiche della grande distribuzione organizzata, che li costringe a vendere i loro prodotti a prezzi irrisori. Oggi su 100 euro di spesa solo 7 ritornano al produttore: serve un’alleanza di produttori e consumatori, entrambi vittime dell’inflazione climatica. Per affrontare questa emergenza e costruire un’alleanza tra agricoltori e famiglie italiane preoccupate per il futuro, abbiamo lanciato martedì 19 febbraio la nostra nuova campagna: “Il Giusto Prezzo”.

COSA CHIEDIAMO?

PROTEGGERE I RACCOLTI: L’agricoltura italiana sta affrontando una crisi senza precedenti. Siccità, ondate di calore, grandinate e alluvioni devastano i campi, compromettendo raccolti e coltivazioni. Dobbiamo proteggere i raccolti e, per farlo, è necessario promuovere una transizione verso un nuovo sistema agricolo che sia resiliente e sostenibile economicamente ed ecologicamente.

AGGIUSTARE I PREZZI: Il costo degli alimenti nei supermercati sta diventando insostenibile, mentre ai produttori arriva solo una minima parte del prezzo finale. Chiediamo alle Istituzioni di intervenire immediatamente per garantire un giusto prezzo al cibo, equo per chi compra e per chi produce.

FAR PAGARE I RESPONSABILI: Chi rompe paga. Vogliamo che a finanziare questa transizione verso un sistema agricolo più sostenibile non siano le nostre tasse ma siano, piuttosto, gli extraprofitti dei reali responsabili della crisi attuale – la finanza, la GDO, i top manager delle multinazionali del cibo e l’industria del fossile.

PRESENTAZIONE ONLINE

Per approfondire il tema e discutere insieme le prossime azioni, ti invitiamo a partecipare al nostro incontro pubblico online il 23 febbraio. Sarà un’occasione per confrontarci, ascoltare esperti e costruire insieme un piano d’azione concreto.

Cartella stampa su tutte le azioni organizzate da dicembre 2021 qui

PROSSIMI INCONTRI:

●       Prossimo incontro online è il 23 alle ore 21 – iscrizione a questo link: http://vai.ug/e/250223?cs

●       Milano: 4 marzo ore 20.30: Cinema Mexico, cineforum di Berlinguer insieme al regista Andrea Segre e Ultima Generazione

●       Roma: 11 marzo ore 21.00: Cinema Giulio Cesare, cineforum di Berlinguer insieme al regista Andrea Segre e Ultima Generazione

PROSSIMI PROCESSI:

●       Milano – 25 febbraio ore 9.45: Blocco stradale viale don Sturzo

I NOSTRI CANALI

Aggiornamenti in tempo reale saranno disponibili sui nostri social e nel sito web:

●       Sito web:https://ultima-generazione.com

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Ultima Generazione è una coalizione di cittadini ed è membro del network A22.

Ultima Generazione

Treni ad idrogeno e greenwashing, Europa Verde: «Resta un progetto insostenibile»

Rovato. «Il futuro dei trasporti su rotaia della nostra Regione e dell’intero Paese passa attraverso lo sviluppo della combustione a idrogeno. Si tratta di un progetto ambizioso che da tempo la Lega sta seguendo e che adesso diventa realtà. Il primo treno a idrogeno italiano è stato sperimentato giovedì mattina in provincia di Brescia, a Rovato». Così ha dichiarato pochi giorni fa il consigliere regionale leghista Floriano Massardi, presidente della commissione Agricoltura, montagna e foreste, aggiungendo «Grazie alla lungimiranza del ministro Salvini, che ha messo a disposizione ingenti risorse economiche del Governo, e di Regione Lombardia, da tempo impegnata in una vera e fattiva transizione ecologica verso la produzione di idrogeno verde, il nuovo treno è già realtà». «L’aspetto interessante», prosegue il consigliere del Carroccio, «è che il ricorso al combustibile elettrico presenta due grandi vantaggi: non impatta sull’ambiente ma anzi lo preserva e soprattutto non necessita di particolari infrastrutture, consentendo di mantenere operative quelle già esistenti. L’indotto economico che questa scelta produrrà sull’economia locale e nell’ambito turistico sarà consistente».

Secondo Massardi: «Questo è il vero ambientalismo, e non il discutibile e finto ecologismo di certa parte politica e dell’Unione Europea. Negli ultimi anni la nostra Regione ha investito 1,7 miliardi di euro per 214 nuovi treni che daranno forte slancio al settore ed entro il prossimo anno la Lombardia potrà contare su una flotta totalmente rinnovata. Regione Lombardia a guida Fontana e la Lega al Governo ancora una volta si muovono con fatti concreti, esclusivamente nella tutela dell’ambiente, dei nostri territori e dei nostri cittadini», conclude Massardi.

Eppure i dati dicono ben altro e non si capisce con quale cognizione di causa si possa definire “sostenibile” il treno ad idrogeno. Secondo l’ex sindaco di Brescia Emilio Del Bono – ora vicepresidente del Consiglio Regionale Lombardo – il progetto prevede spese da capogiro senza aumentare la frequenza dei convogli. “Un treno all’ora nella fascia di punta, i fondi andavano usati per migliorare il servizio”. La critica principale è il mancato incremento della frequenza dei treni, a fronte di un investimento di 400 milioni di euro, ma non solo: “il costo di esercizio oggi è di 3 milioni di euro all’anno, ma salirà a 24,4 milioni all’anno. Questi numeri non sono ragionevoli e soprattutto non spostano i pendolari dall’auto al trasporto pubblico”, commentano dalla sede del Pd provinciale a ridosso dell’inaugurazione. “Il treno a idrogeno è il più grande investimento effettuato dalla Regione, ma la linea resta incredibilmente sottoutilizzata”.

Vi è inoltre un problema economico e pratico. «L’arrivo dei convogli a idrogeno al deposito di Rovato è stato accolto con incomprensibile giubilo e festa da parte delle autorità locali, ma i cittadini bresciani hanno ben poco da festeggiare» – ha afferma Paola Pollini, consigliera regionale M5s: «E’ importante che si sappia che i convogli non sono arrivati perché siano messi in servizio a breve ma sono arrivati solo per essere parcheggiati per quasi un anno e mezzo, visto che la messa in funzione è prevista per giugno 2026, come da delibera regionale, e considerando le possibili quanto certe problematiche che puntualmente si verificano su appalti di questo genere, l’attesa non può far altro che aumentare». «Oggi – evidenzia Pollini – si festeggia per tenere fermi, per almeno un anno e mezzo, dei convogli che, oltre a essere costati 180 milioni di euro per la precisione, non miglioreranno in alcun modo il servizio già oggi presente. Questo è in realtà il motivo principale per il quale l’arrivo di questi treni deve essere visto come una sciagura per il lago d’Iseo e la val Camonica e non certo un vanto perché lo sperpero di denari pubblici è ormai compiuto e difficilmente arrestabile».
«E’ ormai certificato che con l’arrivo dei treni ad idrogeno non aumenterà il numero delle corse, non migliorerà la puntualità e non aumenterà il numero di utenti trasportati. – sottolinea la consigliera pentastellata  – Nulla di tutto questo è previsto a fronte di un investimento complessivo che sfonderà i 360 milioni di euro. Chi ne gioverà? Non certo i pendolari che ogni giorno sono costretti a subire disservizi e disagi per una rete ferroviaria anteguerra. La sperimentazione del treno a idrogeno in val Camonica è solo una costosissima scommessa giocata sulla pelle dei cittadini i quali ne usciranno sempre e comunque perdenti. Eppure la soluzione alternativa ai treni diesel e all’idrogeno c’era ed è la soluzione che in gergo si chiama ad “isole di catenaria” con alimentazione mista batteria/elettrico».

Vi è poi il problema ambientale. Il Progetto H2iseO è nato con il fine di rendere la Valcamonica “la prima Hydrogen Valley d’Italia”, prevedendo non solo l’introduzione dei treni a idrogeno lungo la linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo, ma anche la realizzazione di tre impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno a Brescia, Iseo ed Edolo. Con l’obiettivo di contribuire alla decarbonizzazione del trasporto pubblico locale, l’iniziativa – secondo i promotori – segnerebbe un passo fondamentale verso la trasformazione energetica del territorio e lo sviluppo di una filiera industriale dell’idrogeno in Lombardia. Ma a quanto pare questa è semplicemente l’ennesima operazione di marketing della “green economy” che nulla ha di sostenibile se non a parole, inaugurando l’ennesima operazione di greenwashing.

«L’ennesima presentazione del treno ad Idrogeno da parte di Regione Lombardia, di Fnm, di Trenord e di Alstom serve per gettare nuovo fumo negli occhi all’opinione pubblica. Il tentativo è quello di far apparire la “pomposa” decarbonizzazione della Valle Camonica come un miglioramento delle condizioni dell’aria».

Lo afferma Dario Balotta referente Europa Verde Brescia. «Il 4 ottobre 2023 il treno ad Idrogeno era già stato presentato in pompa magna all’interno di Expo Ferroviaria a Milano. Da allora, in più occasioni, è stato annunciato il suo arrivo ma non ne sono mai stati descritti i vantaggi perchè il costo dell’energia prodotta dall’idrogeno è quattro volte superiore a quella dell’energia idro-elettrica. Non solo l’idrogeno prodotto non sarà “verde” ma “grigio” perchè verrà prodotto con l’inquinante combustione di metano o biometano si Snam e A2A e una minore efficienza energetica. Le preoccupazioni delle popolazione di Edolo, Iseo e Brescia, vicine ai centri di produzione dell’idrogeno, non sono ancora state fugate da nessuno, visto che il tema della sicurezza non è ancora stato normato dal Ministero dei Trasporti e dell’Interno».

«Attualmente – continua Balotta – corrono le spese e i disagi e Trenord è al collasso tecnico date le soppressioni e i continui e numerosi ritardi dei treni. La linea verrà chiusa per lavori di sistemazione delle gallerie da Marone a Edolo, per 6 mesi. FNM aveva escluso la più economica e più ragionevole elettrificazione della linea, adducendo che l’intervento avrebbe comportato lunghi lavori sulla linea. Un pretesto che si sta rivelando non vero. Anzichè elettrificare la tratta, dove l’energia idro-elettrica abbonda, si preferisce produrre l’idrogeno (grigio) con il metano di Snam e A2A. Resta anche da spiegare come mai si spendano quasi 400 milioni di euro tra treni e potenziamenti della linea per avere gli stessi tempi di percorrenza e lo stesso numero di treni giornalieri e purtroppo gli stessi ritardi se non cambia il metodo di gestione».

Rovato, presentato il primo treno ad idrogeno. In funzione nel 2026

Rovato, primo treno a idrogeno italiano: parte il progetto H2iseO

Treni ad idrogeno, Massardi (Lega): «Il futuro dei trasporti su rotaia passa dalla provincia di Brescia»

Treno a idrogeno, Del Bono: “Investimento da 400 milioni, costi 8 volte più alti”

«Treni ad idrogeno a Rovato: c’è ben poco da festeggiare»

Treni ad idrogeno, Europa Verde: «Resta un progetto insostenibile»

 

 

Redazione Sebino Franciacorta

Ultima Generazione: al via la campagna “Giusto Prezzo”

ROMA, INTERROTTO LO SPETTACOLO AL TEATRO VITTORIA
Apriamo gli occhi sul disastro che vivono milioni di italiani
Roma, 22 febbraio 2025 – Ieri sera a Roma, alle ore 21, cinque persone aderenti alla campagna “Il giusto prezzo” di Ultima Generazione, hanno interrotto lo spettacolo del duo comico Nuzzo di Biase andato in scena al Teatro Vittoria. Le persone sono salite sul palco mostrando cartelli con scritto “Ultima generazione” e “Fuori è il disastro apriamogli occhi”.

Alfredo, pensionato, dal palco ha dichiarato: “Ringraziamo gli artisti perché con la loro drammaturgia esprimono benissimo l’assurdo di questa contrapposizione tra due mondi, quello di fuori e quello di dentro. Noi cerchiamo di rimuovere il mondo di fuori perché lo riteniamo irreale; invece è drammaticamente vicino e reale. Noi cerchiamo di portare consapevolezza sul mondo di fuori”.

AL VIA LA CAMPAGNA “IL GIUSTO PREZZO”
L’Italia sta affrontando una crisi agricola senza precedenti. Il prezzo dell’olio, della frutta e di altri generi alimentari di base è raddoppiato negli ultimi dieci anni. Dietro questi aumenti ci sono fenomeni climatici estremi come siccità, alluvioni e grandinate, che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura italiana. Ma la crisi non colpisce solo i consumatori: anche gli agricoltori si trovano in difficoltà, schiacciati tra la crisi climatica e le logiche della grande distribuzione organizzata, che li costringe a vendere i loro prodotti a prezzi irrisori.
Per affrontare questa emergenza e costruire un’alleanza tra agricoltori e famiglie italiane preoccupate per il futuro, abbiamo lanciato martedì 19 febbraio la nostra nuova campagna: “Il Giusto Prezzo”.

COSA CHIEDIAMO?
PROTEGGERE I RACCOLTI: L’agricoltura italiana sta affrontando una crisi senza precedenti. Siccità, ondate di calore, grandinate e alluvioni devastano i campi, compromettendo raccolti e coltivazioni. Dobbiamo proteggere i raccolti e, per farlo, è necessario promuovere una transizione verso un nuovo sistema agricolo che sia resiliente e sostenibile economicamente ed ecologicamente.

AGGIUSTARE I PREZZI: Il costo degli alimenti nei supermercati sta diventando insostenibile, mentre ai produttori arriva solo una minima parte del prezzo finale. Chiediamo alle Istituzioni di intervenire immediatamente per garantire un giusto prezzo al cibo, equo per chi compra e per chi produce.

FAR PAGARE I RESPONSABILI: Chi rompe paga. Vogliamo che a finanziare questa transizione verso un sistema agricolo più sostenibile non siano le nostre tasse ma siano, piuttosto, gli extraprofitti dei reali responsabili della crisi attuale – la finanza, la GDO, i top manager delle multinazionali del cibo e l’industria del fossile.

PRESENTAZIONE ONLINE
Per approfondire il tema e discutere insieme le prossime azioni, ti invitiamo a partecipare al nostro incontro pubblico online il 23 febbraio. Sarà un’occasione per confrontarci, ascoltare esperti e costruire insieme un piano d’azione concreto.

PROSSIMI INCONTRI:
Prossimo incontro online è il 23 alle ore 21 – iscrizione a questo link: http://vai.ug/e/250223?cs
Milano: 4 marzo ore 20.30: Cinema Mexico, cineforum di Berlinguer insieme al regista Andrea Segre e Ultima Generazione
Roma: 11 marzo ore 21.00: Cinema Giulio Cesare, cineforum di Berlinguer insieme al regista Andrea Segre e Ultima Generazione

PROSSIMI PROCESSI:
Milano – 25 febbraio ore 9.45: Blocco stradale viale don Sturzo

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Ultima Generazione

L’indagine di Greenpeace: Acque senza Veleni

I PFAS sono subdoli. La loro azione dannosa per la salute si manifesta con l’accumulo nei nostri organismi, dove entrano silenziosamente per non uscire mai più. Fanno irruzione nella dimensione più intima delle nostre vite, quella domestica. Scorrono dai rubinetti delle nostre case, quelle di tutta Italia, secondo la mappatura realizzata da Greenpeace Italia.

L’indagine di Greenpeace “Acque senza Veleni” ha raccolto campioni di acqua potabile nelle acque di 235 città distribuite in tutte le regioni. Nel 79% dei casi ha trovato presenza di diversi PFAS. Le molecole più diffuse sono il PFOA, già dichiarato cancerogeno e presente in quasi la metà dei campioni; il composto a catena ultracorta TFA, il più diffuso al mondo tra le molecole PFAS, per il quale però in Italia non esistono dati pubblici di misurazione; il PFOS, bandito dalla Convenzione di Stoccolma e dichiarato possibile cancerogeno dall’Agenzia delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro. In Italia ospitiamo due delle più gravi contaminazioni di PFAS a livello europeo in Veneto e in Piemonte, dove è ancora attiva la produzione.

Le concentrazioni di PFAS nell’acqua potabile rilevate da Greenpeace

L’analisi di Greenpeace ha trovato PFAS in almeno tre campioni di acqua potabile per Regione, a eccezione della Valle d’Aosta, dove ha analizzati sono due. In Liguria, Trentino Alto Adige e Veneto i PFAS sono presenti in tutti i campioni esaminati, in altre regioni si sfiora la totalità (in Veneto sono 19 su 20, l’Emilia-Romagna 18 su 19, in Calabria 12 su 13).

Chiaramente, i possibili rischi per la salute dipendono non solo dalla diffusione dei PFAS, ma anche dalla loro concentrazione. All’inizio del 2026 dovrà entrare in vigore la direttiva europea 2020/2184 che stabilisce in tutt’Europa il valore massimo di 100 nanogrammi per litro per la presenza complessiva di 24 PFAS nell’acqua potabile. Il campione prelevato da Greenpeace ad Arezzo supera questa soglia, con 104,3 nanogrammi per litro. Tutti gli altri sono al di sotto, ma merita attenzione Milano con 90,1 ng/l in via Padova e 58,6 in via delle Forze Armate. A Perugia si raggiungono i 57 ng/l.

Oltretutto, la stessa Agenzia europea per l’ambiente ritiene che il limite imposto dalla direttiva europea sia inadeguato a proteggere la salute umana. Paesi come Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione delle Fiandre hanno già introdotto soglie più basse nelle legislazioni nazionali. Stessa cosa negli Stati Uniti. Il 41% dei campioni raccolti da Greenpeace sfora le soglie previste dalle leggi danesi. Il 22% supera quelle in vigore negli Stati Uniti.

Il caso della ex Miteni a Trissino, in Veneto

In provincia di Vicenza, a Trissino, c’è una delle contaminazioni più gravi d’Europa. L’azienda Miteni per anni ha prodotto PFAS che sono stati rilasciati nelle acque superficiali. Si sono diffusi nell’aria, nell’acqua, nella terra e nel sangue della popolazione in un’area tra Vicenza, Verona e Padova che conta circa 350mila abitanti.

La vicenda è iniziata sessant’anni fa quando l’azienda chimica locale Ricerche Marzotto (RiMar) acquistò i brevetti delle aziende produttrici di PFAS DuPont e 3M. Nel 1977 ci fu la prima denuncia da parte della popolazione locale: l’acqua dei rubinetti di casa era diventata gialla. Analisi successive svelarono la contaminazione da benzotrifloruri (BTF). RiMar passò per diverse gestioni fino alla definitiva acquisizione da parte di EniChem e Mitsubishi: divenne Miteni. Nel ’96 la proprietà passò interamente a Mitsubishi, che vendette nel 2009 alla tedesca ICIG per la cifra simbolica di un euro.

Le indagini sui PFAS nell’acqua potabile in Veneto

Per anni l’acqua contaminata è stata usata per l’agricoltura, è entrata nelle falde ed è stata consumata dalla popolazione e dagli animali. Un’indagine dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) con l’allora ministero dell’Ambiente svelò i livelli allarmanti di concentrazione nell’acqua potabile. Nel 2013, quando era tutto noto, l’ICIG comunicò all’ARPA del Veneto che sotto la fabbrica c’era un’altissima contaminazione da PFAS e altre sostanze. Si chiamò fuori da qualsiasi responsabilità. Erano state le gestioni passate. Indagini successive del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri dimostrarono che, in segreto, avevano già fatto interventi idraulici contenitivi. Sul territorio vennero installati filtri a carboni attivo per la distribuzione di acque potabili e cominciarono i biomonitoraggi della popolazione.

La regione fu divisa in area rossa, arancione, gialla e verde a seconda della gravità della contaminazione. Gli 85mila cittadini residenti in area rossa parteciparono a un piano di sorveglianza sanitaria regionale che mostrò altissime percentuali di PFAS nel loro sangue. Scoppiò il caso mediatico. Era il 2016, la ex Miteni continuava a lavorare sul territorio. Non produceva più PFAS: si occupava di purificare i filtri a carbone attivo degli stabilimenti di Dupont (poi Chemours) di Dordrecht, nei Paesi Bassi.
Nell’autunno del 2018 la proprietà ha dichiarato il fallimento: troppo elevati i costi di adeguamento degli impianti e di bonifica del sottosuolo. Nel 2019 è cominciato il processo per inquinamento ambientale.

A Spinetta Marengo si producono ancora PFAS

Come ricorda Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Greenpeace, nel nostro Paese non esiste una legge che vieti la produzione e l’utilizzo di queste molecole. Lo dimostra il fatto che ci sia una fabbrica che ancora li produce. È la ex Solvay – oggi Syensqo – di Spinetta Marengo, ad Alessandria. Qui si produce il cC6O4, trovato nelle acque potabili di Torino, della Val di Susa e in provincia di Sondrio. Le falde sotto lo stabilimento hanno la concentrazione di Cc604 più alta d’Europa e 100 volte più alta anche dei livelli di PFOA della ex Miteni. Nell’aprile scorso sono state trovate schiume sospette nel fiume Bormida, in corrispondenza degli scarichi dell’azienda. Ne è seguito uno stop alle attività dello stabilimento che è durato oltre 30 giorni. L’azienda ha ripreso le sue normali attività lo scorso 26 luglio, con il via libera della Provincia di Alessandria.

Un studio dell’Asl di Alessandria ha rivelato un eccesso di mortalità locale rispetto alle medie regionali. Per gli uomini le cause sono melanoma, malattie reumatiche croniche, ipertensione arteriosa e asma. Per le donne, tumori del rene e malattie reumatiche croniche. Proprio in questi mesi si attendono i risultati di un nuovo biomonitoraggio effettuato nel 2024. Anche se non ci sono ancora i risultati definitivi, si sa che nel sangue analizzato ci sono tracce della miscela di PFAS Adv e di Cc604. Il dato è rilevante: sono entrambi prodotti esclusivamente dallo stabilimento. E sono stati trovati anche dai deposimetri Arpa in città: sono nell’aria.

Rita Cantalino 

articolo ripreso da PFAS: nuovi dati (drammatici) e un appello – La Bottega del Barbieri

Link all’articolo originale: https://valori.it/pfas-acqua-potabile-italia/

Redazione Italia

Greenpeace e ReCommon in Cassazione domani

GREENPEACE ITALIA E RECOMMON: DOMANI LA CASSAZIONE STABILIRÀ SE IN ITALIA È POSSIBILE INTENTARE CAUSE CLIMATICHE

ROMA, 17.02.25 – Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si riuniranno domani alle ore 10 per l’udienza relativa all’ammissibilità della “Giusta Causa”, la causa climatica portata avanti da Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadine e cittadini.

L’udienza si terrà a porte chiuse e i tempi di pubblicazione del verdetto dipenderanno dal calendario stabilito dai giudici.

Nel maggio 2023, le due associazioni e 12 cittadine e cittadini italiani avevano presentato una causa civile nei confronti di ENI, del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) – questi ultimi due enti in qualità di azionisti che esercitano un’influenza dominante su ENI – per i danni subiti e futuri, in sede patrimoniale e non, derivanti dai cambiamenti climatici a cui il colosso italiano del gas e del petrolio ha significativamente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone pienamente consapevole.

ENI, CDP e MEF hanno eccepito “il difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario adito”, ritenendo quindi che nel nostro Paese una causa climatica non sia procedibile.

Greenpeace Italia, ReCommon e le cittadine e cittadini che hanno promosso la “Giusta Causa” hanno fatto ricorso per regolamento di giurisdizione alla Suprema Corte, a cui chiedono un pronunciamento nel merito in via definitiva.

Quanto delibererà la Corte di Cassazione avrà un impatto su ogni causa climatica in corso o intentata in futuro in Italia e, quindi, sulla tutela anche nel nostro Paese dei diritti umani connessi al clima e già riconosciuti dalla Corte Europea dei Diritti Umani.

«I tribunali di tutta l’Unione Europea – dai Paesi Bassi al Belgio, fino a Francia e Germania – riconoscono la competenza sulle cause climatiche.
Sarebbe un grave passo indietro se l’Italia si isolasse da questo quadro giuridico europeo, contravvenendo anche a quanto recentemente stabilito dalla Corte di Strasburgo.

Confidiamo che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione accolgano il nostro ricorso, riconoscendone l’ammissibilità e la fondatezza», affermano le organizzazioni.

«L’emergenza climatica si sta aggravando e i suoi impatti in Italia sono sempre più drammatici, sia in termini di vittime che di danni economici.

È in ballo la violazione dei diritti umani fondamentali di un numero crescente di persone.

Chiediamo che a pagare siano i responsabili di questa crisi, in primis le grandi società fossili, che da decenni sono consapevoli della tragedia che avrebbero causato.
È una questione di giustizia climatica».

Greenpeace International

San Cristoforo, un forte patto educativo per guardare al futuro

Coinvolgimento dal basso, e da parte di chi conosce bene il quartiere perché vi opera da più di settanta anni: da questa premessa nasce il documento di proposte per San Cristoforo elaborato da salesiani e laici della Salette.

Un documento che sottolinea, in premessa, la necessità di focalizzare l’attenzione soprattutto attorno al problema educativo, oltre che ad “un efficace inserimento lavorativo che tolga manovalanza alla mafia”.

Solo un patto educativo che metta insieme scuola, famiglie, associazioni, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate, può promuovere un vero cambiamento del quartiere. E’ il motivo per cui nel documento si afferma che non basta investire in infrastrutture se non si individuano le figure che devono occuparsene e gestirle. E si sostiene che non si avranno risultati duraturi se non si investono risorse per moltiplicare le figure degli educatori: più insegnanti, più assistenti sociali, più psicologi.

Con un’avvertenza, quella di non utilizzare le risorse disponibili per interventi a pioggia su altre zone, magari contigue ma differenti, della città. E quindi la necessità di definire la zona di intervento e di individuare i cosiddetti ‘sottoquartieri’ che sono le aree a cui – come leggiamo nel documento – “la gente sente di appartenere”: Salette, Angeli Custodi, San Cristoforo, Passereddu, Tondicello, Acquicella, Fortino, Locu, Traforo, Zurria ex macello.

Non a caso, nel formulare le loro proposte, salesiani e laici della Salette ritengono che sia opportuno individuare tre hub dislocati nel quartiere, uno al centro, uno ad est (ex macello) e uno ad ovest (zona Fortino), in modo che tutti i sottoquartieri possano essere coinvolti ed usufruirne.

Il documento si sofferma poi sull’hub che potrebbe essere realizzato nella zona centrale del quartiere, proprio attorno alla Salette, riqualificando anche alcuni locali di proprietà del Comune, attualmente in abbandono.

In modo molto puntuale vengono individuati spazi e strutture da dedicare ad adolescenti e giovani, mentre altri spazi e locali dovrebbero essere predisposti per bambini della fascia 0-6, con aree da destinare anche alle mamme, e infine un polo di orientamento e formazione professionale.

Non mancano indicazioni, di carattere più generale, relative alla necessità di creare, all’interno del quartiere, anche un polo culturale e spazi aggregativi per migranti, anziani, disabili.

Argo, cento occhi su Catania

Leggi e scarica il documento di proposta a questo link

Vedi le altre proposte su San Cristoforo, presentate all’Amministrazione e pubblicate sul nostro sito: dal Comitato per il Parco Monte Po-Acquicella – da CGIL,Sunia,Auser – dal Comitato Cittadino Federico II

Redazione Sicilia

Più sicurezza? Solo fuori dal capitalismo

Oramai al centro dell’attenzione internazionale c’è solo una parola: sicurezza. Un termine coniugato in modo davvero malsano.

Sicurezza è dotarsi di sempre più armi e eserciti, difendere i confini dai poveracci che bussano all’Europa o agli USA, difendere la purezza della razza bianca, difendere identità nazionali che a volte sono pura invenzione, difendersi dall’avanzare della cosiddetta teoria gender.

In realtà l’esigenza di sicurezza è realmente sentita ma non è con le armi che ci si difende da attacchi esterni, dalla guerra. E ci sono ben altre minacce che dovrebbero essere avvertiti come veri attentati alla sicurezza dei cittadini e della nazione. Sentirsi insicuri perché la sanità pubblica non funziona più e chi non ha soldi non si può curare e invece di morire sotto un improbabile bombardamento ci lascia la pelle prima di arrivare a un pronto soccorso. Sentirsi insicuri perché la casa sta diventando un lusso soprattutto nelle grandi città come Milano svendute alle immobiliari, agli speculatori e all’overtourism che gentrifica i centri urbani. Sentirsi insicuri se si tratta di giovani perché non c’è lavoro e non c’è futuro. Sentirsi insicuri perché la scuola è ritenuta non un investimento fondamentale ma una voce di costo da ridurre. Sentirsi insicuri perché lo sconvolgimento climatico presenta uno scenario cupo e sono sempre di più le vittime e le distruzioni di alluvioni, incendi e dissesti idro-geologici. E si potrebbe continuare.

Questa è la vera mancanza di sicurezza di cui ci dovremmo occupare. Queste sono le autentiche minacce da cui dovremmo difendere. Invece la parola d’ordine è una sola: più armi! E poi è un’illusione pensare che più armi, più eserciti, mettano al riparo da eventuali attacchi esterni. E’ esattamente il contrario. Il potenziale nemico risponderà in modo simmetrico. Gli Stati che possono sentirsi più sicuri sono proprio quelli che investono meno in spese militari, pacifici, dialoganti, che presentano meno un volto aggressivo all’esterno.

Mi ricordo un’analisi degli anni 80. I due Stati più sicuri erano due piccole nazioni non allineate molto diverse tra loro: Svizzera e Albania. Per non parlare del Costarica, uno dei pochi Stati al mondo che abbia rinunciato all’esercito. La sicurezza in questo senso si costruisce, come affermava Pertini, in un modo molto semplice e solo apparentemente ingenuo: riempiendo i granai e svuotando gli arsenali. La più grave minaccia reale non solo per l’Europa ma per il mondo intero si chiama comunque crisi ambientale e climatica. Ma i padroni del mondo, quelli che detengono le leve della politica e dell’economia si muovono in direzione contraria.

Trump e Musk affogheranno nei loro miliardi e nella loro supponenza è chiaro ma come è possibile che non trascinino anche noi, anche quelli che verranno nella catastrofe? Le teorie economiste che tendono a salvare capre e cavoli (ambiente e crescita) hanno fallito. Soluzioni come i certificati verdi o le speranze messianiche riposte nella tecnologia non porteranno da nessuna parte. Se vogliano davvero salvarci il capitalismo non si modifica, si abbatte, perché è causa prima del disastro. Purtroppo sono esigue minoranze quelle sullo scenario politico che abbiano il coraggio di abbandonare l’idiozia della crescita infinita in un modo finito. Anche al centro e pure a sinistra la parolina magica crescita è prima o poi sulla bocca di tutti. Senza crescita non esiste capitalismo, ma senza uscita dal mito della crescita e dal modello capitalista non esisterà più…il mondo. E oltre a quelle economiciste che tendono a migliorare il capitalismo occorre diffidare anche dell’approccio individualista che vede nella semplice modifica dei comportamenti individuali la via d’uscita. Mantenere coerenza tra il dire e il fare, fare proprio l’invito di Gandhi “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, adottare stili di vita frugali, ecc. è importante ma non deve far perdere di vista il fatto che il problema è politico e strutturale e che il vero obiettivo non può che essere il superamento del capitalismo. Magari tenendo presente come stella polare il comunismo dei beni comuni e non delle nazionalizzazioni in stile sovietico del filosofo giapponese Kohei Saito.

Ci sono interi settori, quelli che contribuiscono a concentrare la ricchezza e le leve del potere mediatico e economico nelle mani di pochi che dovrebbero essere invece di esclusivo possesso da parte dello Stato, della comunità: energia in primis.
E poi ovviamente sanità, scuola, servizi pubblici essenziali, acqua. Il potere capitalista dei soliti noti al servizio di Trump si può scardinare poi anche in modi che vedano i cittadini protagonisti diretti di scelte alternative nel campo dei social media, della messaggistica, di tutto ciò che riguarda il web. Capitalismo, riarmo e distruzione ambientale vanno a braccetto. Pace, disarmo e salvaguardia ambientale pure. Sta a noi scegliere per cosa impegnarci.

Giuseppe Paschetto