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Kurdistan

Il Presidio di pace delle donne a Palermo compie tre anni

24 FEBBRAIO 2022 – 24 FEBBRAIO 2025: tre anni di guerra in Europa

Il Presidio di Pace delle donne inizia nel 2022 subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Noi, donne di diverse associazioni – progressiste, democratiche, antifasciste, femministe, nonviolente -abbiamo preso l’impegno da allora di testimoniare il nostro NO alla guerra e all’invio di armi con un presidio settimanale in piazza Vittorio Veneto a Palermo.

In questa piazza si trova il monumento dedicato ai martiri eroi della prima guerra mondiale. Abbiamo quindi scelto un luogo simbolico per significare che non vogliamo più né eroi né martiri. Prima di tutto la vita!

La scritta del nostro striscione, “Fuori la guerra dalla storia”, lanciata da Bertha von Suttner, pacifista austriaca, più di un secolo fa, rappresenta bene il nostro pensiero.

Siamo convinte che la guerra non sia necessaria e inevitabile, ma l’apice orrendo della logica della forza e del dominio del sistema patriarcale. Idealmente ci collochiamo in una tradizione di donne autorevoli che si sono spese per la pace e abbiamo portato in piazza le loro parole CONTRO TUTTE LE GUERRE e la militarizzazione della società e delle coscienze.

Da marzo 2023 il Presidio ha luogo ogni 24 del mese in piazza Vittorio Veneto, ma si sposta occasionalmente in altri luoghi o in altre date significative.
Il 24 novembre 2023, in rete e in piena condivisione con quello di Palermo, è nato un presidio anche a Caltanissetta.

I dati più recenti sono allarmanti: negli ultimi cinque anni il numero dei conflitti nel mondo è raddoppiato, nel solo 2024 gli episodi di violenza politica sono aumentati del 25% rispetto all’anno precedente e una persona su otto nel mondo è stata coinvolta in situazioni di conflitto. Sono dati che forniscono un quadro terribile di un mondo che diventa sempre più pericoloso, di un mondo dipendente dalla guerra.

Questo mese vogliamo ricordare, tra le decine di conflitti in corso, oltre a quelli a noi più vicini (Ucraina, Palestina), anche i più dimenticati (Kurdistan, Congo…) o ignorati (Sudan) dove le donne sono oggetto di violenze particolari, nonché i luoghi dove sono loro ferocemente negati i diritti primari (Iran, Afghanistan…).
Il presidio, nato dalle donne, è aperto a tutti/e coloro che condividano le nostre PAROLE di PACE.

Il 24 febbraio 2025 dalle ore 17.00 alle 19.00 siamo a piazza Ruggero Settimo (Politeama).

UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Emily – Governo di Lei – CIF – Le Onde – Arcilesbica – Donne della Comunità dell’Arca – Donne del Movimento nonviolento – Donne del Circolo Laudato si’

Redazione Palermo

È finita la battaglia per la libertà di Maysoon Majidi, non quella del popolo Kurdo

Maysoon Majidi prima di tutto è una giovane kurda, poi attivista e regista, fuggita dal regime islamico dell’Iran, uno dei regimi occupanti del Kurdistan, che è stato sacrificato e diviso per la volontà dell’Occidente che nel primo dopoguerra ha modificato la carta geografica e i confini del Medioriente, creando alcuni paesi e sacrificandone altri. Così il Kurdistan è stato diviso tra Iraq, Iran, Turchia e Siria e in seguito il popolo kurdo è stato sempre perseguitato. Per questo ha dovuto scegliere tra rimanere sottomesso o combattere, scegliendo di combattere; da quel momento sono iniziate la resistenza e la lotta del popolo kurdo e in un secolo i Kurdi sono stati attaccati anche con armi chimiche, uccisi in massa subendo un genocidio.

Ancora oggi quando si parla di bombardamento chimico e di genocidio, l’attenzione si rivolge subito e giustamente, a Hiroshima e alla Shoah; purtroppo la storia drammatica e la sofferenza dei Kurdi, come di altri popoli che hanno subìto genocidi negli ultimi anni, sono sistematicamente dimenticate, nel silenzio assordante delle istituzioni e dell’opinione pubblica. I Kurdi hanno vissuto la crudeltà di tutti i regimi che hanno governato e governano tuttora il Kurdistan. In Turchia ci chiamano i “turchi della montagna”, in Siria non abbiamo neanche il diritto di avere i documenti di identità, in Iraq non potevamo avere posti di lavoro se non eravamo del partito del Al-Bath, ci hanno mandato via dalle nostre case e hanno trasferito al nostro posto gli arabi per cambiare la demografia delle città kurde; in Iran eravamo considerati inesistenti: chi uccide un kurdo andrà in paradiso (fatwa di Khomeyni durante la preghiera del venerdì). In nessuno di questi stati occupanti si può parlare il kurdo, a differenza della Regione del Kurdistan autonomo in Iraq, regione federale dal 1990 dopo la guerra del Golfo, quando la lingua kurda è diventata la seconda lingua ufficiale del paese, ma ciò non vuol dire che sia tutto rose e fiori.

Il popolo kurdo, circa 40 milioni di persone, ancora oggi viene definito’ minoranza’ ed è senza una nazione. I diritti dei Kurdi sono calpestati da tutti e anche da coloro che si definiscono difensori dei diritti umani e dei valori di giustizia, che siano politici, giornalisti o attivisti. Per tornare al caso di attualità di Maysoon Majidi, tutti i media parlano in nome della difesa della libertà e dei diritti, ed invece sono i primi che li calpestano, senza che se ne rendano conto; infatti generalizzano il suo caso riferendosi alla norma del velo obbligatorio e alle leggi repressive per le donne in Iran. Riporto anche come esempio la vicenda della giovane kurda Jina Amini (che è stata la scintilla per accendere la rivoluzione “Jin Jyan Azadi” in Iran), che ancora oggi spesso viene chiamata “Mahsa”, il nome che le è stato dato dal regime per obbligo, perché i kurdi non possono avere o essere registrati con il nome kurdo. Nominarla come Mahsa rappresenta la negazione dei diritti della persona “Jina” e del popolo kurdo.

Quando si parla del regime islamico dell’Iran, della politica religiosa nel dominio assoluto, sia l’Occidente che gli stessi cittadini iraniani parlano di repressione nei quaranta anni di potere, che ha reso obbligatorio l’uso del foulard e ha limitato i diritti delle donne. Questo è vero fino a certo punto, perché democrazia e giustizia non c’erano nemmeno durante i regimi precedenti: è vero che lo shah, il sovrano di Persia, l’amico dell’Occidente, non obbligava l’uso del foulard, però non c’erano la democrazia, le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti della persona; i kurdi erano sempre perseguitati. Ricordiamo che il carcere di Evrin era stato costruito per i kurdi, per i comunisti e per altri popoli (minoranze) oppositori in Iran. Oggi ad Evrin, dove è stata detenuta Cecilia Sala, si trovano anche tanti iraniani. I Kurdi, quindi, subiscono ingiustizia e repressione sin da quando il Kurdistan è stato smembrato, operazione che ha fatto sì che fuggissero e si rifugiassero in Europa e nel mondo.

Quindi Maysoon Majidi era ed è una dei milioni di Kurdi che si sono allontanati per salvarsi la vita e per avere la libertà; anche lei è dovuta scappare in Europa perché non ha trovato la sicurezza nemmeno in quella parte del Paese che oggi viene chiamato “Regione del Kurdistan autonomo in Iraq”, dove Maysoon si era recata per poter continuare la sua lotta e dove ha subìto gravi minacce. E’ scappata da un regime criminale e finita in un carcere italiano perché considerata ingiustamente scafista; in un paese libero invece di trovare la libertà “è caduta dalla bocca del lupo e finita nella bocca del leone”, come dice un proverbio kurdo.

Però non abbiamo mai perso la fiducia nella giustizia italiana. Maysoon da donna kurda ed attivista ha resistito e ha cercato di difendersi per avere la giustizia che non ha avuto in patria, con l’aiuto di tante persone, associazioni e anche di alcuni politici che le sono stati vicini. Ed è stata finalmente assolta!
Quello che importa sottolineare è che durante tutta l’assurda vicenda, ma anche dopo, Maysoon e il popolo kurdo continuano a subire ingiustizie e negazione dei diritti senza che vi sia alcuna attenzione dei media; c’è stato chi ha cercato purtroppo di strumentalizzare la vicenda di Maysoon per motivi politici e partitici.

E’ vero, tanti hanno difeso Maysoon ma allo stesso tempo tanti continuano a non riconoscere la sua identità di persona: alcuni giornali noti, conduttori televisivi che l’hanno intervistata e politici di chiara fama ancora oggi scrivono “ Maysoon, attivista iraniana, attivista kurda iraniana”, anzichè scrivere ‘attivista kurda’, punto e basta, o ‘attivista del Kurdistan occupato dall’Iran’, oppure ‘attivista di Rojhalat’; in questo modo, anche per ignoranza, negano l’identità e i diritti del popolo kurdo.
Ecco perché, tristemente, la storia del popolo kurdo è “la storia di uno Stato mai nato”.

Gulala Salih, donna Kurda, scrittrice e presidente di UDIK “ Unione donne Italiane e kurde”

Unione Donne Italiane e Kurde (UDIK)

Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

L'articolo Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava proviene da .

Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

L'articolo Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava proviene da .

Il Presidio di pace delle donne a Palermo compie tre anni

24 FEBBRAIO 2022 – 24 FEBBRAIO 2025: tre anni di guerra in Europa

Il Presidio di Pace delle donne inizia nel 2022 subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Noi, donne di diverse associazioni – progressiste, democratiche, antifasciste, femministe, nonviolente -abbiamo preso l’impegno da allora di testimoniare il nostro NO alla guerra e all’invio di armi con un presidio settimanale in piazza Vittorio Veneto a Palermo.

In questa piazza si trova il monumento dedicato ai martiri eroi della prima guerra mondiale. Abbiamo quindi scelto un luogo simbolico per significare che non vogliamo più né eroi né martiri. Prima di tutto la vita!

La scritta del nostro striscione, “Fuori la guerra dalla storia”, lanciata da Bertha von Suttner, pacifista austriaca, più di un secolo fa, rappresenta bene il nostro pensiero.

Siamo convinte che la guerra non sia necessaria e inevitabile, ma l’apice orrendo della logica della forza e del dominio del sistema patriarcale. Idealmente ci collochiamo in una tradizione di donne autorevoli che si sono spese per la pace e abbiamo portato in piazza le loro parole CONTRO TUTTE LE GUERRE e la militarizzazione della società e delle coscienze.

Da marzo 2023 il Presidio ha luogo ogni 24 del mese in piazza Vittorio Veneto, ma si sposta occasionalmente in altri luoghi o in altre date significative.
Il 24 novembre 2023, in rete e in piena condivisione con quello di Palermo, è nato un presidio anche a Caltanissetta.

I dati più recenti sono allarmanti: negli ultimi cinque anni il numero dei conflitti nel mondo è raddoppiato, nel solo 2024 gli episodi di violenza politica sono aumentati del 25% rispetto all’anno precedente e una persona su otto nel mondo è stata coinvolta in situazioni di conflitto. Sono dati che forniscono un quadro terribile di un mondo che diventa sempre più pericoloso, di un mondo dipendente dalla guerra.

Questo mese vogliamo ricordare, tra le decine di conflitti in corso, oltre a quelli a noi più vicini (Ucraina, Palestina), anche i più dimenticati (Kurdistan, Congo…) o ignorati (Sudan) dove le donne sono oggetto di violenze particolari, nonché i luoghi dove sono loro ferocemente negati i diritti primari (Iran, Afghanistan…).
Il presidio, nato dalle donne, è aperto a tutti/e coloro che condividano le nostre PAROLE di PACE.

Il 24 febbraio 2025 dalle ore 17.00 alle 19.00 siamo a piazza Ruggero Settimo (Politeama).

UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Emily – Governo di Lei – CIF – Le Onde – Arcilesbica – Donne della Comunità dell’Arca – Donne del Movimento nonviolento – Donne del Circolo Laudato si’

Redazione Palermo

È finita la battaglia per la libertà di Maysoon Majidi, non quella del popolo Kurdo

Maysoon Majidi prima di tutto è una giovane kurda, poi attivista e regista, fuggita dal regime islamico dell’Iran, uno dei regimi occupanti del Kurdistan, che è stato sacrificato e diviso per la volontà dell’Occidente che nel primo dopoguerra ha modificato la carta geografica e i confini del Medioriente, creando alcuni paesi e sacrificandone altri. Così il Kurdistan è stato diviso tra Iraq, Iran, Turchia e Siria e in seguito il popolo kurdo è stato sempre perseguitato. Per questo ha dovuto scegliere tra rimanere sottomesso o combattere, scegliendo di combattere; da quel momento sono iniziate la resistenza e la lotta del popolo kurdo e in un secolo i Kurdi sono stati attaccati anche con armi chimiche, uccisi in massa subendo un genocidio.

Ancora oggi quando si parla di bombardamento chimico e di genocidio, l’attenzione si rivolge subito e giustamente, a Hiroshima e alla Shoah; purtroppo la storia drammatica e la sofferenza dei Kurdi, come di altri popoli che hanno subìto genocidi negli ultimi anni, sono sistematicamente dimenticate, nel silenzio assordante delle istituzioni e dell’opinione pubblica. I Kurdi hanno vissuto la crudeltà di tutti i regimi che hanno governato e governano tuttora il Kurdistan. In Turchia ci chiamano i “turchi della montagna”, in Siria non abbiamo neanche il diritto di avere i documenti di identità, in Iraq non potevamo avere posti di lavoro se non eravamo del partito del Al-Bath, ci hanno mandato via dalle nostre case e hanno trasferito al nostro posto gli arabi per cambiare la demografia delle città kurde; in Iran eravamo considerati inesistenti: chi uccide un kurdo andrà in paradiso (fatwa di Khomeyni durante la preghiera del venerdì). In nessuno di questi stati occupanti si può parlare il kurdo, a differenza della Regione del Kurdistan autonomo in Iraq, regione federale dal 1990 dopo la guerra del Golfo, quando la lingua kurda è diventata la seconda lingua ufficiale del paese, ma ciò non vuol dire che sia tutto rose e fiori.

Il popolo kurdo, circa 40 milioni di persone, ancora oggi viene definito’ minoranza’ ed è senza una nazione. I diritti dei Kurdi sono calpestati da tutti e anche da coloro che si definiscono difensori dei diritti umani e dei valori di giustizia, che siano politici, giornalisti o attivisti. Per tornare al caso di attualità di Maysoon Majidi, tutti i media parlano in nome della difesa della libertà e dei diritti, ed invece sono i primi che li calpestano, senza che se ne rendano conto; infatti generalizzano il suo caso riferendosi alla norma del velo obbligatorio e alle leggi repressive per le donne in Iran. Riporto anche come esempio la vicenda della giovane kurda Jina Amini (che è stata la scintilla per accendere la rivoluzione “Jin Jyan Azadi” in Iran), che ancora oggi spesso viene chiamata “Mahsa”, il nome che le è stato dato dal regime per obbligo, perché i kurdi non possono avere o essere registrati con il nome kurdo. Nominarla come Mahsa rappresenta la negazione dei diritti della persona “Jina” e del popolo kurdo.

Quando si parla del regime islamico dell’Iran, della politica religiosa nel dominio assoluto, sia l’Occidente che gli stessi cittadini iraniani parlano di repressione nei quaranta anni di potere, che ha reso obbligatorio l’uso del foulard e ha limitato i diritti delle donne. Questo è vero fino a certo punto, perché democrazia e giustizia non c’erano nemmeno durante i regimi precedenti: è vero che lo shah, il sovrano di Persia, l’amico dell’Occidente, non obbligava l’uso del foulard, però non c’erano la democrazia, le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti della persona; i kurdi erano sempre perseguitati. Ricordiamo che il carcere di Evrin era stato costruito per i kurdi, per i comunisti e per altri popoli (minoranze) oppositori in Iran. Oggi ad Evrin, dove è stata detenuta Cecilia Sala, si trovano anche tanti iraniani. I Kurdi, quindi, subiscono ingiustizia e repressione sin da quando il Kurdistan è stato smembrato, operazione che ha fatto sì che fuggissero e si rifugiassero in Europa e nel mondo.

Quindi Maysoon Majidi era ed è una dei milioni di Kurdi che si sono allontanati per salvarsi la vita e per avere la libertà; anche lei è dovuta scappare in Europa perché non ha trovato la sicurezza nemmeno in quella parte del Paese che oggi viene chiamato “Regione del Kurdistan autonomo in Iraq”, dove Maysoon si era recata per poter continuare la sua lotta e dove ha subìto gravi minacce. E’ scappata da un regime criminale e finita in un carcere italiano perché considerata ingiustamente scafista; in un paese libero invece di trovare la libertà “è caduta dalla bocca del lupo e finita nella bocca del leone”, come dice un proverbio kurdo.

Però non abbiamo mai perso la fiducia nella giustizia italiana. Maysoon da donna kurda ed attivista ha resistito e ha cercato di difendersi per avere la giustizia che non ha avuto in patria, con l’aiuto di tante persone, associazioni e anche di alcuni politici che le sono stati vicini. Ed è stata finalmente assolta!
Quello che importa sottolineare è che durante tutta l’assurda vicenda, ma anche dopo, Maysoon e il popolo kurdo continuano a subire ingiustizie e negazione dei diritti senza che vi sia alcuna attenzione dei media; c’è stato chi ha cercato purtroppo di strumentalizzare la vicenda di Maysoon per motivi politici e partitici.

E’ vero, tanti hanno difeso Maysoon ma allo stesso tempo tanti continuano a non riconoscere la sua identità di persona: alcuni giornali noti, conduttori televisivi che l’hanno intervistata e politici di chiara fama ancora oggi scrivono “ Maysoon, attivista iraniana, attivista kurda iraniana”, anzichè scrivere ‘attivista kurda’, punto e basta, o ‘attivista del Kurdistan occupato dall’Iran’, oppure ‘attivista di Rojhalat’; in questo modo, anche per ignoranza, negano l’identità e i diritti del popolo kurdo.
Ecco perché, tristemente, la storia del popolo kurdo è “la storia di uno Stato mai nato”.

Gulala Salih, donna Kurda, scrittrice e presidente di UDIK “ Unione donne Italiane e kurde”

Unione Donne Italiane e Kurde (UDIK)

Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

L'articolo Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava proviene da .

Il Presidio di pace delle donne a Palermo compie tre anni

24 FEBBRAIO 2022 – 24 FEBBRAIO 2025: tre anni di guerra in Europa

Il Presidio di Pace delle donne inizia nel 2022 subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Noi, donne di diverse associazioni – progressiste, democratiche, antifasciste, femministe, nonviolente -abbiamo preso l’impegno da allora di testimoniare il nostro NO alla guerra e all’invio di armi con un presidio settimanale in piazza Vittorio Veneto a Palermo.

In questa piazza si trova il monumento dedicato ai martiri eroi della prima guerra mondiale. Abbiamo quindi scelto un luogo simbolico per significare che non vogliamo più né eroi né martiri. Prima di tutto la vita!

La scritta del nostro striscione, “Fuori la guerra dalla storia”, lanciata da Bertha von Suttner, pacifista austriaca, più di un secolo fa, rappresenta bene il nostro pensiero.

Siamo convinte che la guerra non sia necessaria e inevitabile, ma l’apice orrendo della logica della forza e del dominio del sistema patriarcale. Idealmente ci collochiamo in una tradizione di donne autorevoli che si sono spese per la pace e abbiamo portato in piazza le loro parole CONTRO TUTTE LE GUERRE e la militarizzazione della società e delle coscienze.

Da marzo 2023 il Presidio ha luogo ogni 24 del mese in piazza Vittorio Veneto, ma si sposta occasionalmente in altri luoghi o in altre date significative.
Il 24 novembre 2023, in rete e in piena condivisione con quello di Palermo, è nato un presidio anche a Caltanissetta.

I dati più recenti sono allarmanti: negli ultimi cinque anni il numero dei conflitti nel mondo è raddoppiato, nel solo 2024 gli episodi di violenza politica sono aumentati del 25% rispetto all’anno precedente e una persona su otto nel mondo è stata coinvolta in situazioni di conflitto. Sono dati che forniscono un quadro terribile di un mondo che diventa sempre più pericoloso, di un mondo dipendente dalla guerra.

Questo mese vogliamo ricordare, tra le decine di conflitti in corso, oltre a quelli a noi più vicini (Ucraina, Palestina), anche i più dimenticati (Kurdistan, Congo…) o ignorati (Sudan) dove le donne sono oggetto di violenze particolari, nonché i luoghi dove sono loro ferocemente negati i diritti primari (Iran, Afghanistan…).
Il presidio, nato dalle donne, è aperto a tutti/e coloro che condividano le nostre PAROLE di PACE.

Il 24 febbraio 2025 dalle ore 17.00 alle 19.00 siamo a piazza Ruggero Settimo (Politeama).

UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Emily – Governo di Lei – CIF – Le Onde – Arcilesbica – Donne della Comunità dell’Arca – Donne del Movimento nonviolento – Donne del Circolo Laudato si’

Redazione Palermo

È finita la battaglia per la libertà di Maysoon Majidi, non quella del popolo Kurdo

Maysoon Majidi prima di tutto è una giovane kurda, poi attivista e regista, fuggita dal regime islamico dell’Iran, uno dei regimi occupanti del Kurdistan, che è stato sacrificato e diviso per la volontà dell’Occidente che nel primo dopoguerra ha modificato la carta geografica e i confini del Medioriente, creando alcuni paesi e sacrificandone altri. Così il Kurdistan è stato diviso tra Iraq, Iran, Turchia e Siria e in seguito il popolo kurdo è stato sempre perseguitato. Per questo ha dovuto scegliere tra rimanere sottomesso o combattere, scegliendo di combattere; da quel momento sono iniziate la resistenza e la lotta del popolo kurdo e in un secolo i Kurdi sono stati attaccati anche con armi chimiche, uccisi in massa subendo un genocidio.

Ancora oggi quando si parla di bombardamento chimico e di genocidio, l’attenzione si rivolge subito e giustamente, a Hiroshima e alla Shoah; purtroppo la storia drammatica e la sofferenza dei Kurdi, come di altri popoli che hanno subìto genocidi negli ultimi anni, sono sistematicamente dimenticate, nel silenzio assordante delle istituzioni e dell’opinione pubblica. I Kurdi hanno vissuto la crudeltà di tutti i regimi che hanno governato e governano tuttora il Kurdistan. In Turchia ci chiamano i “turchi della montagna”, in Siria non abbiamo neanche il diritto di avere i documenti di identità, in Iraq non potevamo avere posti di lavoro se non eravamo del partito del Al-Bath, ci hanno mandato via dalle nostre case e hanno trasferito al nostro posto gli arabi per cambiare la demografia delle città kurde; in Iran eravamo considerati inesistenti: chi uccide un kurdo andrà in paradiso (fatwa di Khomeyni durante la preghiera del venerdì). In nessuno di questi stati occupanti si può parlare il kurdo, a differenza della Regione del Kurdistan autonomo in Iraq, regione federale dal 1990 dopo la guerra del Golfo, quando la lingua kurda è diventata la seconda lingua ufficiale del paese, ma ciò non vuol dire che sia tutto rose e fiori.

Il popolo kurdo, circa 40 milioni di persone, ancora oggi viene definito’ minoranza’ ed è senza una nazione. I diritti dei Kurdi sono calpestati da tutti e anche da coloro che si definiscono difensori dei diritti umani e dei valori di giustizia, che siano politici, giornalisti o attivisti. Per tornare al caso di attualità di Maysoon Majidi, tutti i media parlano in nome della difesa della libertà e dei diritti, ed invece sono i primi che li calpestano, senza che se ne rendano conto; infatti generalizzano il suo caso riferendosi alla norma del velo obbligatorio e alle leggi repressive per le donne in Iran. Riporto anche come esempio la vicenda della giovane kurda Jina Amini (che è stata la scintilla per accendere la rivoluzione “Jin Jyan Azadi” in Iran), che ancora oggi spesso viene chiamata “Mahsa”, il nome che le è stato dato dal regime per obbligo, perché i kurdi non possono avere o essere registrati con il nome kurdo. Nominarla come Mahsa rappresenta la negazione dei diritti della persona “Jina” e del popolo kurdo.

Quando si parla del regime islamico dell’Iran, della politica religiosa nel dominio assoluto, sia l’Occidente che gli stessi cittadini iraniani parlano di repressione nei quaranta anni di potere, che ha reso obbligatorio l’uso del foulard e ha limitato i diritti delle donne. Questo è vero fino a certo punto, perché democrazia e giustizia non c’erano nemmeno durante i regimi precedenti: è vero che lo shah, il sovrano di Persia, l’amico dell’Occidente, non obbligava l’uso del foulard, però non c’erano la democrazia, le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti della persona; i kurdi erano sempre perseguitati. Ricordiamo che il carcere di Evrin era stato costruito per i kurdi, per i comunisti e per altri popoli (minoranze) oppositori in Iran. Oggi ad Evrin, dove è stata detenuta Cecilia Sala, si trovano anche tanti iraniani. I Kurdi, quindi, subiscono ingiustizia e repressione sin da quando il Kurdistan è stato smembrato, operazione che ha fatto sì che fuggissero e si rifugiassero in Europa e nel mondo.

Quindi Maysoon Majidi era ed è una dei milioni di Kurdi che si sono allontanati per salvarsi la vita e per avere la libertà; anche lei è dovuta scappare in Europa perché non ha trovato la sicurezza nemmeno in quella parte del Paese che oggi viene chiamato “Regione del Kurdistan autonomo in Iraq”, dove Maysoon si era recata per poter continuare la sua lotta e dove ha subìto gravi minacce. E’ scappata da un regime criminale e finita in un carcere italiano perché considerata ingiustamente scafista; in un paese libero invece di trovare la libertà “è caduta dalla bocca del lupo e finita nella bocca del leone”, come dice un proverbio kurdo.

Però non abbiamo mai perso la fiducia nella giustizia italiana. Maysoon da donna kurda ed attivista ha resistito e ha cercato di difendersi per avere la giustizia che non ha avuto in patria, con l’aiuto di tante persone, associazioni e anche di alcuni politici che le sono stati vicini. Ed è stata finalmente assolta!
Quello che importa sottolineare è che durante tutta l’assurda vicenda, ma anche dopo, Maysoon e il popolo kurdo continuano a subire ingiustizie e negazione dei diritti senza che vi sia alcuna attenzione dei media; c’è stato chi ha cercato purtroppo di strumentalizzare la vicenda di Maysoon per motivi politici e partitici.

E’ vero, tanti hanno difeso Maysoon ma allo stesso tempo tanti continuano a non riconoscere la sua identità di persona: alcuni giornali noti, conduttori televisivi che l’hanno intervistata e politici di chiara fama ancora oggi scrivono “ Maysoon, attivista iraniana, attivista kurda iraniana”, anzichè scrivere ‘attivista kurda’, punto e basta, o ‘attivista del Kurdistan occupato dall’Iran’, oppure ‘attivista di Rojhalat’; in questo modo, anche per ignoranza, negano l’identità e i diritti del popolo kurdo.
Ecco perché, tristemente, la storia del popolo kurdo è “la storia di uno Stato mai nato”.

Gulala Salih, donna Kurda, scrittrice e presidente di UDIK “ Unione donne Italiane e kurde”

Unione Donne Italiane e Kurde (UDIK)

Report dai cortei di Roma e Milano per il Rojava

Sabato 15 febbraio i gruppi della FAI di Roma e Milano (assieme ad altre realtà anarchiche e libertarie come la Fas e l’Usi-Cit) hanno partecipato in maniera organizzata ai due cortei indetti dalle realtà curde in sostegno della rivoluzione sociale in Rojava. Di seguito alcuni resoconti e foto.

La redazione web

Roma. Difendere il Rojava.
Resoconto della manifestazione di sabato 15 febbraio 2025 “Verso la soluzione: libertà per Ocalan”
Il 15 febbraio è l’anniversario dell’arresto di A. Ocalan e, trascorsi 26 anni, anche quest’anno in Europa e in diverse parti del mondo, ci sono state mobilitazioni per chiederne la liberazione insieme ad altre migliaia di prigionieri e prigioniere politiche. In isolamento nell’isola di Imrali, in Turchia, è stato l’ispiratore del Confederalismo democratico una struttura sociale federalista e confederata, costruita e autogestita nel nord della Siria chiamata Rojava che ha tra i principi fondamentali l’autorganizzazione e l’autodifesa delle donne.
A Roma il percorso verso la manifestazione è cominciato nel mese di ottobre 2024 quando, con la caduta del regime di Assad in Siria, si è intensificato l’attacco dello Stato turco in quella regione. Nella nostra città c’è stato un intenso e partecipato dibattito che ha portato nel mese di dicembre ad una conferenza stampa, un’assemblea pubblica all’ Università la Sapienza “Siria, impedire il massacro dei civili”, un presidio in piazza Indipendenza, in prossimità dell’Ambasciata di Turchia con la parola d’ordine “Difendere il Rojava”. In coordinamento con tutte le realtà solidali partecipanti e collaboranti, poi, nel mese di gennaio, ci siamo ritrovati in un altro presidio in Piazza Campo dei Fiori, in prossimità dell’Ambasciata di Francia, per la ricorrenza dell’assassinio di tre attiviste da parte di un infiltrato del MIT ( sevizi segreti turchi) avvenuto nel Centro culturale curdo di Parigi nel 2013. Il percorso verso la giornata del 15 febbraio è proseguito con l’assemblea pubblica del 26 gennaio al Centro Sociale Forte Prenestino in occasione del decimo anniversario della liberazione della città di Kobane dall’ISIS del 2015.
L’appello a manifestare è stato intitolato Verso la soluzione: libertà per Ocalan e il corteo è stato indetto da Uiki (Ufficio informazione del Kurdistan in Italia), Rete Kurdistan Italia e il Centro socio culturale Ararat di Roma. In continuità con il dibattito e il coordinamento in rete, come Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma, abbiamo condiviso il percorso con tutte le realtà partecipanti in Rete Kurdistan Roma e Italia, Uiki (Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia) e il Centro culturale Ararat di Roma.
Ci siamo trovati in Piazza Ugo La Malfa e il corteo si è snodato fino al quartiere di Testaccio per finire al Campo Boario dove si trova il Centro culturale Ararat. Molti gli interventi al microfono, in ogni piazza incontrata ci si è fermati e sono state spiegate le ragioni di questa importante manifestazione. Hanno partecipato delegazioni di comitati e associazioni solidali conosciute provenienti da altre regioni Puglia, Sicilia, Calabria, Abruzzo, Molise, Sardegna, Marche, Toscana, Umbria a fianco della comunità curda presente nel nostro paese.
Attivo nel dibattito e nelle mobilitazioni abbiamo condiviso lo striscione rossonero DIFENDERE IL ROJAVA. Una nostra compagna è intervenuta al microfono in piazza Albania. Per l’occasione il nostro gruppo ha accolto nel proprio spezzone la bandiera Mapuche e ha diffuso un volantino per la Campagna Dov’è Julia Chunil? luchadora mapuche scomparsa l’8 novembre in Cile.
Prima di recarci al corteo abbiamo esposto e fotografato lo striscione NO STATE NO NATION FEDERALISM REVOLUTION in prossimità dello Spazio Anarchico 19 Luglio a garbatella tra i lotti popolari in prossimità degli alberghetti. Il percorso verso la manifestazione si è arricchito nelle scorse settimane anche dal ritorno di una delegazione che si è recata a Kobane per la quale è stata organizzata una conferenza stampa. Circa un migliaio di manifestanti hanno partecipato al corteo di Roma di sabato 15 febbraio e negli interventi al microfono sono stati riportati anche stralci di testi portati al meeting del Tribunale dei Popoli che si è tenuto a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso.

A cura del Gruppo Anarchico C. Cafiero FAI Roma

Qui il comunicato per il corteo del Cafiero

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Sabato 15 febbraio come gruppo Bakunin di Roma&Lazio siamo scesə in piazza per esprimere la nostra solidarietà al popolo del Kurdistan, ricordando l’importanza della rivoluzione in Rojava e il modello di autogestione ispirato alle tesi anarchiche di Murray Bookchin. Con il nostro striscione “Né Dio, né Stato, né guerra: liberə tuttə in libera Terra”, bandiere anarchiche e antiautoritarie, abbiamo ribadito il nostro sostegno alla lotta contro ogni forma di oppressione, alla gineologia, all’ecofemminismo e all’anticapitalismo espresso dal confederalismo democratico.

Il corteo era colorato e variegato, con una discreta partecipazione ma con una forte presenza di realtà solidali e di compà che riconoscono nell’esperienza del Rojava un’alternativa concreta ai sistemi statali e capitalisti.

La piazza si è riempita di musica e di interventi contro la guerra, il patriarcato e l’imperialismo, riaffermando la necessità di una resistenza collettiva e internazionale.

La nostra presenza ha suscitato interesse e dialogo, con momenti di confronto sulle possibilità di costruire modelli di autogestione anche nei nostri territori.

Continueremo a lottare affinché la rivoluzione in Kurdistan non venga soffocata e affinché i suoi principi possano ispirare percorsi di liberazione ovunque.

Gruppo Anarchico “Bakunin”-FAI Roma e Lazio

Di seguito il comunicato del Bakunin

Per un mondo senza confini né oppressioni

Il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario della cattura di Abdullah Öcalan, figura centrale del movimento curdo nella lotta per i diritti e l’autodeterminazione. La sua detenzione in isolamento sull’isola-prigione di Imrali rappresenta non solo un’ingiustizia verso un individuo, ma anche un simbolo della repressione sistematica che il popolo curdo subisce da secoli.
In Turchia, la politica di assimilazione forzata e la negazione dell’identità curda hanno portato a una repressione violenta e continua. Azioni belliche e bombardamenti nel sud-est del paese e nel nord della Siria mirano a soffocare qualsiasi forma di autonomia curda. Dal 2016, l’esercito turco ha condotto diverse operazioni di terra nel nord della Siria con l’obiettivo di indebolire le forze curde locali. In Siria, la recente caduta del regime di Bashar al-Assad e l’ascesa al potere del leader islamista Ahmed al-Shara hanno permesso alla Turchia di rafforzare la sua influenza nella regione, complicando ulteriormente la situazione per la popolazione curda.
Nonostante la repressione, nel Rojava, nel nord-est della Siria, è emerso un modello rivoluzionario basato sul Confederalismo Democratico, ispirato e influenzato dal pensiero di Murray Bookchin. Questo modello promuove una società senza Stato, fondata sull’autogoverno, l’ecologia sociale e parità di genere. La rivoluzione del Rojava rappresenta un esempio concreto di come le comunità possano organizzarsi in modo autonomo, superando le strutture gerarchiche e statali. L’adozione del Confederalismo Democratico ha portato a una trasformazione sociale profonda, con la creazione di comuni autogestite, cooperative economiche e assemblee popolari.
Un aspetto centrale della rivoluzione del Rojava è l’emancipazione delle donne attraverso l’ecofemminismo e la gineologia, con due figure di rappresentanza politica centrale, uno di sesso maschile e uno femminile di pari importanza, poteri e oneri sociali. In contrasto con le culture patriarcali e teocratiche prevalenti nella regione, le donne del Rojava partecipano attivamente a tutti i livelli decisionali, dalle assemblee locali alle forze di autodifesa. Questa esperienza offre un modello di libertà e uguaglianza che supera persino molte società occidentali, dove persistono patriarcato, nazionalismo, razzismo sistemico e ingerenze religiose nelle strutture pubbliche.
È importante ricordare che la solidarietà verso il popolo curdo ha spesso incontrato ostacoli anche in Occidente. Un esempio emblematico è il caso di Maria Edgarda Marcucci, che, dopo aver combattuto contro l’ISIS al fianco delle forze curde, è stata considerata “socialmente pericolosa” e sottoposta a sorveglianza speciale per due anni. Nel frattempo, governi occidentali continuano a intrattenere rapporti politici ed economici con regimi autoritari come quelli di Turchia e Siria.
Come gruppo anarchico Bakunin di Roma e Lazio, riconosciamo nel modello del Rojava un esempio vivente dei principi di autogestione, mutualismo e libertà che da sempre guidano le nostre lotte. La loro esperienza dimostra che è possibile costruire una società libera dalle catene dello Stato e del capitalismo, basata sulla cooperazione e sul rispetto reciproco. Per questi motivi, aderiamo con convinzione al corteo in solidarietà al popolo del Kurdistan, riconoscendo nella loro lotta una parte integrante della nostra stessa lotta per la libertà e l’emancipazione di tutti i popoli oppressi; invitiamo tuttə a partecipare al corteo del 15 febbraio 2025, per sostenere il popolo curdo e per affermare insieme i valori di libertà, giustizia e autodeterminazione.

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio
gruppobakunin@federazioneanarchica.org

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MILANO

Ieri sabato 15 febbraio alcune migliaia di persone hanno voluto ribadire il sostegno alla RIVOLUZIONE DELLA ROJAVA,alla liberazione di Ocalan e la difesa delle conquiste del CONFEDERALISMO DEMOCRATICO. Un consistente spezzon RossoNero con tutlecomportamenti anarchiche e libertarie di Milano erano presenti alla manifestazione. La manifestazione è passata davanti al palazzo della RAI. Il corteo giustamente ha fatto dappa davanti a quello che agli occhi di tutti è ormai il” SERVIZIO PUBBLICO DI REGIME E DELLA DISINFORMAZIONE”. Davanti all’ingresso della RAI è stato posizionato un bellissimo striscione.

Poi il corteo ha continuato il percorso ed è arrivato a destinazione cioè davanti al Consolato Turco. Molti interventi contro il fascista Erdogan,in solidarietà con Ocalan,le stragi sionisti a Gaza e per il Confederalismo al nord della Siria e a sud della Turchia (Rojava e Bakur).

Anto Milano

Qui il volantino diffuso dalla FAI di Milano.

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