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Comunicati Stampa

Una grande e partecipata manifestazione di immigrati e italiani per le strade di Tortona in ricordo di Ange Jordan Tchombiap

Alcuni momenti della manifestazione di ieri 16 febbraio a Tortona, in ricordo di Ange Jordan Tchombiap, organizzata dalla comunita’ camerunense.

Una grande e partecipata manifestazione di immigrati e italiani, come non se ne vedevano da anni, ha attraversato le strade di Tortona con musiche, balli e slogan per chiedere giustizia per Jordan. Non solo, ma anche per affermare i valori della solidarietà, ddll’accoglienza, dell’antirazzismo e dell’antifascismo e per dire che la sicurezza tanto sbandierata dal Sindaco si crea con lavoro sicuro e non precario, sicurezza sulle strade, mobilita’ sostenibile e accoglienza per chi fugge da guerre e miseria. Da questo punto di vista, la scuola avrebbe un ruolo importante da svolgere, se solo lo volesse.

La manifestazione si è conclusa nei giardini del Comune di Tortona. Ci saremmo aspettati che il Sindaco, Federico Chiodi, fosse venuto a salutare i partecipanti presentandosi con la fascia tricolore e dicendo due parole per la tragica fine di questo ragazzo.
Niente di tutto questo è accaduto, solo silenzio, nessuna risposta alla nostra richiesta di proclamare un giorno di lutto cittadino e di transennare l’area dove Jordan è stato ucciso.

È invece accaduto qualcosa di molto grave: con sorpresa, le autorità hanno concesso sabato 15 febbraio lo spazio antistante alla stazione Fs agli eredi di Mussolini ed Hitler per raccogliere le firme per l’espulsione degli immigrati. Un’iniziativa provocatoria e una risposta alle nostre sollecitazioni. Tanto per dire da che parte stanno.
VERGOGNA!

A cura del Presidio Permanente di Castelnuovo Scrivia

Redazione Italia

27 febbraio 2025, mobilitazione nazionale dei lavoratori migranti: ora basta, non possiamo più aspettare!

Venerdì 14 febbraio si è tenuta un’importante assemblea online dei lavoratori migranti, con centinaia di persone che si sono collegate da tutta Italia per denunciare le violazioni dei diritti che subiscono quotidianamente nei centri di accoglienza, nei luoghi di lavoro, davanti agli uffici Immigrazione ed, in definitiva, nella vita quotidiana.

Ora basta, non possiamo più aspettare! Vogliamo permesso di soggiorno e regolarizzazione per tutte e tutti i lavoratori migranti. 

In un comunicato del CNEL, di seguito riportato, si fa il punto sul ruolo fondamentale dei lavoratori migranti. ma la realtà va anche oltre: in Italia tra centri di accoglienza, insediamenti informali, e persone mai emerse si trovano almeno altre 800.000 persone in attesa di una risposta dal nostro Paese.

MIGRANTI, RUOLO DETERMINANTE NEGLI SCENARI DEMOGRAFICI

Al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente in Italia 5.307.598 stranieri residenti, che rappresentano il 9% della popolazione complessiva. Per oltre il 70% sono cittadini non comunitari. Tra il 2001 e il 2011 gli stranieri si sono cresciuti di quasi 3 milioni, giungendo a superare largamente i 4 milioni di residenti. Se si considera che nello stesso periodo la popolazione in Italia è cresciuta nel suo complesso di circa 3 milioni di unità, è evidente come tale slancio sia del tutto imputabile proprio al contributo della componente straniera. Non a caso, quando nel decennio 2012-2022 l’apporto degli stranieri è stato meno incisivo (circa 700 mila) la popolazione complessiva residente in Italia ha iniziato a ridursi. La popolazione straniera, quindi, ha avuto un ruolo determinante negli scenari demografici. È anche del tutto chiaro quale potrà essere, nei prossimi decenni, il contributo positivo dei flussi migratori, se adeguatamente governati.

Molti cittadini, in attesa di definire la propria posizione, sono costretti a vivere in una condizione di precarietà e ricattabilità per periodi molto lunghi, a volte anche anni. La maggioranza di queste persone si trova nella condizione obbligata di accettare qualsiasi proposta che le permette un minimo salario: lavoro nero, lavoro grigio, sfruttamento, prostituzione e criminalità sono le proposte che la nostra società offre a questa moltitudine di donne e uomini.

A fronte di decreti flussi, click day, promesse di lavoro, sponsor ed altro, la verità che quotidianamente i lavoratori stranieri si trovano di fronte è una situazione di totale precarietà: non espellibili perché in attesa di una risposta, ma non idonei a chiedere una residenza, un conto corrente, un’assistenza sanitaria.

Le lunghe code che siamo ormai abituati a vedere di fronte a tutte le Questure o Uffici Immigrazione sono il risultato di una politica governativa che da oltre vent’anni vede i migranti come un problema di ordine pubblico, non una risorsa.

Sono ormai sempre più frequenti le dichiarazioni o le produzioni di dati, forniti da parte imprenditoriale, che denunciano il calo demografico in Italia e il conseguente calo di forza lavoro in determinati settori produttivi: agricoltura, edilizia, servizi alla persona, ristorazione.

L’incapacità di vedere la migrazione come un fattore positivo da includere nel tessuto della nostra società è palese, con politici di destra e di sinistra che hanno fatto demagogia sulla pelle di persone in fuga da guerre, miseria, persecuzioni per ottenere una manciata di voti in più. Il flusso migratorio dai Paesi extraeuropei è ormai da molti anni un fatto strutturale, del quale la nostra classe politica deve prendere atto.

Per questo, dopo aver visitato decine di centri di accoglienza, aver parlato con migliaia di lavoratori migranti, averli assistiti sindacalmente e supportati nel riconoscimento dei loro diritti minimi, oggi congiuntamente con le comunità dei migranti e con le associazioni di solidarietà, ritorniamo nelle piazze italiane per rivendicare sempre con maggiore forza.

Vogliamo:

– Regolarizzazione di tutti i lavoratori migranti.

– Velocizzazione del rilascio dei documenti, primo fra tutti il permesso di soggiorno

– Il riconoscimento della residenza, della tessera sanitaria e dell’accesso ai conti correnti bancari assistito.

Per questi motivi il 27 febbraio abbiamo indetto una giornata di mobilitazione nazionale davanti a tutte le prefetture. A Roma abbiamo chiesto un incontro al Ministero degli Interni e saremo dalle 15 in Piazza dell’Esquilino.

Per adesioni e contatti: usb@usb.it

Unione Sindacale di Base

Presenza di pace a Torino

Da 155 settimane (tre anni), ogni sabato alle 11, in piazza Carignano di Torino, dall’inizio della guerra di Ucraina, poi di Gaza, si radunano con ogni tempo diverse decine di persone, per una “Presenza di Pace”: un’ora di letture, informazioni, riflessioni, proposte, collegamenti internazionali, contro le varie guerre in corso. Si termina con un minuto di silenzio per tutte le vittime.

In molte altre città d’Italia ogni settimana si tengono simili manifestazioni non clamorose né chiassose, ma serie e tenaci.

L’iniziativa è del coordinamento AGiTe, cui aderiscono molte associazioni locali che sono contro le armi nucleari, messe al bando dall’Onu nel trattato del 2017, che proibisce non solo l’uso, ma la semplice detenzione di tali armi, in vigore per tutti i paesi dal gennaio 2021. L’Italia, con la Nato, deplorevolmente non ha ancora voluto aderire a questo impegno contro la guerra.

Chiediamo ai media locali (giornali, tv, radio…) che hanno finora mancato completamente di dare notizia di informare su questa tenace e seria testimonianza della volontà popolare di pace.

Coordinamento AGiTe

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

https://www.facebook.com/c4peace
https://x.com/cfpeace
https://cfpeace.org/

Redazione Italia

Oltre 230 organizzazioni globali chiedono ai governi che producono i caccia F-35 di smettere di armare Israele

Oltre 230 organizzazioni della società civile globale hanno chiesto con una lettera congiunta ai governi che fanno parte del programma del cacciabombardiere Joint Strike Fighter di interrompere immediatamente tutti i trasferimenti di armi a Israele, inclusi i caccia F-35. Organizzazioni della società civile di tutto il mondo hanno intrapreso azioni legali per mettere i propri governi di fronte alle proprie responsabilità sul programma F-35 e sulla complicità nei crimini di Israele a Gaza.

Negli ultimi mesi, le Forze Armate di Israele (IDF) hanno utilizzato caccia F-35 per effettuare bombardamenti sui civili palestinesi di Gaza. Tra i vari episodi, è stato accertato come nel luglio 2024 un F-35 sia stato utilizzato per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco alla cosiddetta “zona sicura” di Al-Mawasi a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi.

Nonostante tutti i Paesi partner del programma Joint Strike Fighter abbiano l’obbligo legale di fermare le esportazioni di armi verso Israele, i governi di tali Stati continuano a consentire il trasferimento di parti dei cacciabombardieri F-35. Gli esecutivi hanno assunto posizioni incoerenti, affermando ad esempio che le licenze di armamento verso Israele siano state sospese, ma consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti d’America o altri partner dell’F-35. Un movimento globale di cause legali intraprese dalla società civile è dunque cresciuto in tutti i Paesi che partecipano al programma F-35, per evidenziare le responsabilità dei decisori politici (e amministrativi) al riguardo del trasferimento di caccia e componenti F-35 a Israele.

Il programma dei caccia F-35 è emblematico della complicità dell’Occidente nei crimini di Israele contro i Palestinesi“, sottolinea Katie Fallon, responsabile advocacy della Campaign Against Arms Trade che ha coordinato il lavoro sulla lettera congiunta. “Questi jet sono stati determinanti nei 466 giorni di bombardamenti israeliani su Gaza e in violazioni che includono crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Dopo il cessate il fuoco limitato recentemente raggiunto il governo degli Stati Uniti d’America, partner principale del programma F-35, ha minacciato Gaza di una pulizia etnica di massa e di uno sfollamento forzato. Questo programma d’armamento fornisce il consenso materiale e politico di tutti i partner occidentali affinché questi crimini continuino”.

Le organizzazioni firmatarie della lettera congiunta, pur accogliendo con favore il limitato cessate il fuoco temporaneo, sottolineano come gli ultimi 15 mesi abbiano dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. È quindi imperdonabile che i nostri governi continuino a fornire trasferimenti di armi a Israele, implicandosi potenzialmente in crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel dicembre 2024 un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, mentre Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

“Il ruolo dell’Italia come partner di secondo livello nel programma Joint Strike Fighter (e come unico Paese in Europa a ospitare sul proprio territorio un impianto di assemblaggio finale del caccia F-35) desta grande preoccupazione nella società civile italiana impegnata per la Pace. C’è infatti il fondato timore che la presenza della FACO (Final Assembly and Check Out) a Cameri (Nord Italia) possa configurare vari livelli di coinvolgimento nella fornitura di parti di ricambio e attività di manutenzione dell’F-35 a Israele” evidenzia Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace Disarmo. “C’è quindi il rischio che l’Italia svolga un ruolo di complicità o di facilitazione nei confronti di Israele e delle sue strutture militari rispetto alle gravi violazioni del diritto internazionale umanitario in atto a Gaza e in Cisgiordania. Inoltre, ciò smentirebbe e vanificherebbe la decisione presa dal Governo italiano nell’ottobre 2023 di interrompere le forniture militari a Israele.”

Di seguito il testo della lettera congiunta inviata alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani e al Ministro della Difesa Guido Crosetto.

Lettera congiunta di organizzazioni della società civile internazionale sull’invio di armamenti ad Israele, in particolare per quanto riguarda il Programma JSF del Cacciabombardiere F-35

Vi scriviamo come gruppo di organizzazioni dei Paesi partner del programma globale del cacciabombardiere F-35 – insieme ad altre organizzazioni che sostengono questa nostra presa di posizione – per chiedere ai nostri governi di fermare immediatamente tutti i trasferimenti di armi, diretti e indiretti, a Israele compresi quelli relativi agli aerei da combattimento F-35, i loro componenti e le loro parti di ricambio.

Dopo 466 giorni di offensiva militare israeliana a Gaza, accogliamo con favore il cessate il fuoco limitato entrato in vigore il 19 gennaio e chiediamo ai nostri governi di sostenere ogni sforzo per porre fine in modo permanente alle atrocità in corso. Gli ultimi 15 mesi hanno dimostrato con devastante chiarezza che Israele non si impegna a rispettare il diritto internazionale. La fragilità del cessate il fuoco a Gaza evidenzia il rischio di ulteriori violazioni e dunque la necessità di interrompere le esportazioni di armi verso Israele, compresi gli F-35. Ciò è sottolineato anche dal continuo uso illegale da parte di Israele di aerei da combattimento militari nella Cisgiordania occupata, in particolare a Jenin.

I Paesi partner del programma F-35 non sono riusciti, individualmente e collettivamente, a impedire che questi aerei venissero utilizzati per commettere gravi violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, in particolare con evidente chiarezza nei Territori Palestinesi occupati, compresi crimini internazionali, nonostante le prove schiaccianti a riguardo. Gli Stati non sono stati disposti a rispettare i loro obblighi legali internazionali e/o hanno sostenuto che la struttura del programma F-35 implica l’impossibilità di applicare controlli nei confronti di qualsiasi utente finale, rendendo così l’intero programma incompatibile con il diritto internazionale.

Il bombardamento e la distruzione senza precedenti di Gaza da parte di Israele hanno portato a incommensurabili sofferenze umane, devastazioni ambientali e catastrofi umanitarie. La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato a Israele misure provvisorie per prevenire il genocidio contro il popolo palestinese a Gaza nel gennaio 2024. Nel dicembre 2024, un’indagine di Amnesty International ha concluso che Israele ha commesso e sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza e Human Rights Watch ha riferito che “le autorità israeliane sono responsabili del crimine contro l’umanità di sterminio e di atti di genocidio”.

Un cessate il fuoco temporaneo non significa la fine delle violazioni del Diritto internazionale da parte di Israele né annulla il rischio consolidato che i trasferimenti di armi a Israele possano essere utilizzati per commettere o facilitare tali violazioni. Ciò include, ma non si limita a, l’occupazione e l’annessione in corso di Israele dei territori palestinesi, che la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha già concluso essere illegale.

Israele ha ucciso più di 46.707 persone a Gaza e si stima che i resti di altre 10.000 persone siano ancora sotto le macerie. Almeno il 90% dei palestinesi di Gaza è stato sfollato con la forza, in condizioni inadatte alla sopravvivenza umana. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato obiettivi civili, tra cui siti di distribuzione degli aiuti, tende, ospedali, scuole e mercati. Circa il 69% di tutte le strutture di Gaza sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti. Nonostante queste realtà devastanti e i crimini sul terreno, i nostri Governi hanno continuato a rifornire militarmente Israele attraverso il programma F-35.

IL PROGRAMMA F-35

I governi di alcuni Paesi partner del Programma F-35 – in particolare Canada, Danimarca, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito – hanno limitato alcune esportazioni di sistemi d’armamento verso Israele a causa del rischio che queste armi vengano utilizzate da Israele per commettere violazioni del diritto internazionale a Gaza. Nel settembre 2024, il governo britannico ha ritenuto di “non poter concludere altro che” per alcune esportazioni di armi del Regno Unito verso Israele, tra cui i caccia F-35, esiste un chiaro rischio che possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale a Gaza. È allarmante che, nonostante queste inconfutabili ammissioni, ci sia stato uno sforzo concertato per sostenere il trasferimento di componenti al programma F-35, consentendo un continuo trasferimento diretto e indiretto a Israele.

I Paesi partner dell’F-35 hanno presentato una serie di posizioni incoerenti che consentono di continuare a esportare parti e componenti dell’F-35 verso Israele, dichiarando tra l’altro che le licenze di esportazione di armi verso Israele sono state sospese e consentendo al contempo i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti o altri partner dell’F-35. Il Regno Unito ha sostenuto che, per ragioni di pace e sicurezza internazionale, ha disatteso i propri criteri di autorizzazione all’esportazione di armi e gli obblighi legali internazionali per continuare a esportare componenti per il programma F-35, consentendo il successivo trasferimento a Israele, sostenendo che si tratta di una “questione di tale gravità che avrebbe prevalso su qualsiasi […] ulteriore prova di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario”. In effetti, a questo punto si può ritenere che non sussistano circostanze per cui questa fornitura di componenti per l’F-35 verrebbe sospesa.

Questi cacciabombardieri hanno operato a Gaza armati di munizioni tra cui bombe da 2.000 libbre (esplosivi con un raggio letale fino a 365 metri, un’area equivalente a 58 campi da calcio). Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato queste bombe come utilizzate in casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati a Gaza che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili”.

Il 2 settembre 2024, proprio il giorno in cui il governo britannico ha annunciato un’esenzione per i componenti dell’F-35, l’ONG danese Danwatch ha rivelato che un F-35 è stato utilizzato a luglio per sganciare tre bombe da 2.000 libbre in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Questo bombardamento segue lo schema degli attacchi israeliani a Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale.

OBBLIGHI LEGALI E FUTURI SVILUPPI

Tutti i partner del programma F-35 sono Stati parte del Trattato sul commercio di armi (ATT), ad eccezione degli Stati Uniti, che ne sono solamente firmatari. Gli Stati firmatari dell’ATT sono tenuti a prevenire i trasferimenti diretti e indiretti di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, qualora vi sia il rischio assoluto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale umanitario (DIU) o del diritto internazionale dei diritti umani.

Questi e altri obblighi vincolanti sono contenuti negli articoli 6 e 7 dell’ATT. Gli Stati sono inoltre vincolati dall’obbligo di garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario ai sensi dell’articolo comune 1 della Convenzione di Ginevra e del diritto internazionale umanitario consuetudinario, che impone agli Stati di “astenersi dal trasferire armi se si prevede, sulla base di fatti o della conoscenza di modelli passati, che tali armi saranno utilizzate per violare le Convenzioni”.

Tutti gli Stati partner del Programma F-35 hanno una legislazione aggiuntiva che rafforza questi obblighi internazionali a livello nazionale o europeo. I continui trasferimenti di armi al governo israeliano sono contrari alla legge statunitense, che ad esempio vieta il trasferimento di aiuti militari a governi che limitano la fornitura di assistenza umanitaria statunitense. Inoltre, tutti i partner dell’F-35 hanno ratificato o aderito alla Convenzione sul genocidio e si sono impegnati a “prevenire e punire” il crimine di genocidio.

Questi obblighi sono rafforzati dai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia, che nell’aprile 2024 ha ricordato agli Stati parte della Convenzione sul genocidio i loro obblighi internazionali in materia di trasferimento di armi alle parti di un conflitto armato, per evitare il rischio che tali armi possano essere utilizzate per violare la Convenzione (paragrafo 24). Nel luglio 2024, la Corte internazionale di giustizia ha chiarito che gli Stati non devono aiutare o assistere Israele nella sua occupazione illegale del territorio palestinese occupato, anche attraverso rapporti economici o commerciali. La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel novembre 2024.

RISPOSTE LEGALI E POLITICHE

In tutte le giurisdizioni dei Paesi partner del Programma F-35, interventi legali e politici hanno cercato di far rispettare gli obblighi legali nazionali e internazionali dei governi per fermare le esportazioni di armi verso Israele, comprese le parti per i caccia F-35. Sono state avviate cause legali in Australia, Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti.

Nel Regno Unito, Al-Haq e Global Legal Action Network stanno portando il governo britannico davanti alla Corte Suprema con un ricorso giudiziario che contesta la decisione di escludere i componenti per il programma globale F-35 dalla sospensione del settembre 2024 di circa 30 licenze di armi a Israele. Nel novembre 2024, la Corte Suprema dei Paesi Bassi è stata consigliata dal suo avvocato generale di confermare la sentenza della Corte d’Appello dell’Aia che ordinava al governo olandese di bloccare l’esportazione di parti dell’F-35 dai Paesi Bassi a Israele. La sentenza fa seguito a una causa intentata da Oxfam Novib, PAX e The Rights Forum.

In Australia, Al Haq, il Centro Al Mezan per i Diritti Umani e il Centro Palestinese per i Diritti Umani, rappresentati dal Centro Australiano per la Giustizia Internazionale, hanno presentato un esposto chiedendo al Ministro della Difesa di revocare tutti i permessi di esportazione in corso o in essere verso Israele, anche attraverso gli Stati Uniti. Di conseguenza, il governo ha intrapreso una revisione che ha rivelato che l’Australia aveva fatto “decadere” o “modificare” 16 licenze di esportazione verso Israele. I gruppi continuano a essere preoccupati per l’assenza di trasparenza in relazione a questa revisione, compreso il fatto se le parti dell’F-35 siano state o meno prese in considerazione. Altri casi sono in corso nei Paesi partner dell’F-35 Canada e Danimarca, oltre che in Germania e Belgio.

CONCLUSIONI

L’incapacità di tutte le nazioni partner del programma di armamento JSF per il caccia F-35 di applicare i propri obblighi legali nazionali, regionali o internazionali interrompendo la fornitura di parti e componenti dell’F-35 a Israele ha portato a danni devastanti e irreparabili per i palestinesi di Gaza. Questo fallimento indica che le nazioni partner non sono effettivamente in grado o non sono disposte ad applicare i loro presunti regimi di controllo delle esportazioni di armi, oppure che hanno scelto di applicare la legge in modo selettivo, escludendo i palestinesi dalla propria  protezione.

Chiediamo a tutti gli Stati partner del programma F-35 di fare tutto ciò che è in loro potere per allineare il programma Joint Strike Fighter agli opportuno obblighi legali e di interrompere immediatamente il trasferimento diretto e indiretto di parti e componenti di F-35 a Israele.

LISTA COMPLETA DELLE ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE

Australia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Australia
  2. AusRelief
  3. Australian Centre for International Justice
  4. Australia Palestine Advocacy Network (APAN)
  5. Australian Social Workers for Palestine
  6. Canberra Palestine and Climate Justice
  7. Central West New South Wales for Palestine & We Vote for Palestine
  8. Coalition for Justice and Peace in Palestine
  9. Disrupt Wars
  10. Free Gaza Australia
  11. Free Palestine Melbourne
  12. Independent and Peaceful Australia Network (IPAN)
  13. Independent & Peaceful Australia Network (IPAN) Geelong & Vic Southwest
  14. Inner West for Palestine
  15. Institute of non-violence
  16. Jewish Council of Australia
  17. Jews Against the Occupation ’48
  18. Just Peace
  19. Knitting Nannas, Central Coast and Midcoast
  20. Medical Association for Prevention of War
  21. Mums for Palestine
  22. Neptune’s Pirates
  23. No Weapons for Genocide
  24. Northern Rivers Friends of Palestine
  25. Palestine Action Group Muloobinba
  26. Palestine Network Shining Waters Region (PalNet SW), The United Church of Canada
  27. People’s Climate Assembly
  28. Rising Tide
  29. Settlement Services Australia
  30. Social and Ecological Justice Commission (United Church of Canada)
  31. Sydney Peace Foundation
  32. Quakers Australia
  33. Wage Peace

Austria

  1. Yante – Youth, Art, and Levante

Belgio 

  1. Al-Haq Europe
  2. Vredesactie 

Canada (Partner del Programma F-35)

  1. Al Huda Institute Canada
  2. Amnesty International Canadian Section
  3. Arab Left Forum
  4. Bathurst Street United Church
  5. The Canadian BDS Coalition & International BDS Allies
  6. Canadian Foreign Policy Institute
  7. Canadian Lawyers for International Human Rights
  8. Canadian Muslim Healthcare Network
  9. Canadians for Justice and Peace in the Middle East
  10. Canadians for Justice and Peace in the Middle East Saskatoon Chapter (CJPME Sask chapter)
  11. Collectif de Québec pour la paix / Quebec City Collective for Peace
  12. Health Workers Alliance for Palestine
  13. Independent Jewish Voices Canada
  14. IslamicFamily
  15. Just Peace Advocates/Mouvement Pour Une Paix Juste
  16. Justice For All Canada
  17. Labour Against the Arms Trade
  18. Manitoba Healthcare Workers for Palestine
  19. Mennonite Church Manitoba Palestine Israel Network
  20. Ontario Palestinian Rights Association (OPRA)
  21. Oxfam-Québec
  22. Palestinian and Jewish Unity (PAJU)
  23. Project of Heart
  24. Project Ploughshares
  25. Solidarité Sherbrooke-Gaza
  26. RightonCanada
  27. United Network for Justice and Peace in Palestine and Israel (UNJPPI)

Danimarca (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid Denmark
  2. Amnesty International Danmark
  3. Oxfam Denmark

Francia

  1. Amnesty International France

Italia (Partner del Programma F-35)

  1. Rete Italiana Pace e Disarmo
  2. Accademia Apuana della Pace
  3. Amnesty International Italia
  4. ARCI-Italy
  5. Ass. Adl Zavidovici
  6. Associazione Percorsi di pace
  7. Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani aps
  8. AssoPacePalestina
  9. Beati i costruttori di pace (Blessed Are the Peacemakers)
  10. Center for Research and Elaboration on Democracy (CRED)
  11. Centro Studi Sereno Regis
  12. CIPAX Centro interconfessionale per la pace
  13. Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA)
  14. COSPE NGO
  15. Diritto Diretto
  16. Emmaus Italia
  17. Fondazione Finanza Etica
  18. Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
  19. MIR (Movimento internazionale della Riconciliazione)
  20. Movimento Nonviolento
  21. Scuola di Pace del Comune di Senigallia
  22. Un Ponte Per

India

  1. Gig Worker Association

Iraq

  1. Al-Taqwa Association for Women and Children’s Rights

Irlanda

  1. Anti Racism World Cup

Jamaica

  1. Kingston and St Andrew Action Forum

Giordania 

  1. Campaign Against Gaza Genocide

Libano

  1. Al-Jana Center
  2. KAFA (enough) Violence & Exploitation
  3. Permanent Peace Movement
  4. WILPF Lebanon

Marocco

  1. Association Mains Libres

Messico

  1. Centro de Estudios Ecuménicos

Nepal 

  1. Path
  2. Women for Peace and Democracy Nepal (WPD Nepal)

Paesi Bassi (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Netherlands
  2. Feminists of Maastricht
  3. Oxfam Novib
  4. PAX
  5. The Rights Forum
  6. Stop Wapenhandel
  7. Transnational Institute

Norvegia (Partner del Programma F-35)

  1. Amnesty International Norway
  2. The Association of Norwegian NGOs for Palestine
  3. Changemaker
  4. Fagforbundet – Norwegian Union of Municipal and General Employees
  5. Jødiske Stemmer for Rettferdig Fred  (Jewish Voices. – Norway)
  6. NTL OsloMet Metropolitan University (trade union)
  7. The Palestine Committee of Norway
  8. Palestinas Venner OsloMert
  9. Sosialistisk Venstreparti

Palestina

  1. Al-Haq
  2. Al Mezan Center for Human Rights
  3. International Committee to Support the Rights of the Palestinian People
  4. The Palestinian Initiative for the Promotion of Global Dialogue and Democracy-MIFTAH
  5. Palestinian Working Woman Society for Development PWWSD

Svizzera 

  1. Control Arms

Sri Lanka

  1. Forum on Disarmament and Development 

Turchia 

  1. Worldwide Lawyers Association

Regno Unito (Partner del Programma F-35)

  1. ActionAid UK
  2. Action For Humanity
  3. Action on Armed Violence
  4. Amnesty International UK
  5. Anglican Pacifist Fellowship
  6. Bahrain Institute for Rights and Democracy (BIRD)
  7. Bank Better
  8. Boycott Bloody Insurance
  9. British Arab Nursing and Midwifery Association
  10. British Palestinian Committee
  11. Cambridge Branch – Communist Party of Britain
  12. Cambridge Stop the War Coalition
  13. Cambridgeshire Keep Our NHS Public
  14. Campaign Against Arms Trade
  15. Campaign against Misrepresentation in Public Affairs, Information and the News (CAMPAIN)
  16. Campaign for Nuclear Disarmament
  17. Coal Action Network
  18. Common Wealth
  19. Conflict and Environment Observatory
  20. Council for Arab-British Understanding
  21. Cuba Solidarity Campaign
  22. Embrace the Middle East
  23. FairSquare
  24. ForcesWatch
  25. Gaza Genocide Emergency Committee (Glasgow)
  26. Glasgow Palestine Human Rights Campaign
  27. Global Justice Now
  28. Global Legal Action Network
  29. Health Workers 4 Palestine
  30. Independent Catholic News
  31. International Centre for Justice for Palestinians
  32. International Solidarity Movement Scotland
  33. The Iona Community
  34. Jewish Network for Palestine
  35. Merseyside Pax Christi
  36. National Justice and Peace Network, England and Wales
  37. Omega Research Foundation
  38. Palestine Action
  39. Palestine House
  40. Palestine Solidarity Campaign
  41. Pax Christi England and Wales
  42. The Peace and Justice Project
  43. Richmond & Kingston Palestine Solidarity Campaign
  44. Sabeel-Kairos UK
  45. Saferworld
  46. Scientists for Global Responsibility (SGR)
  47. Scotland Against Criminalising Communities
  48. Shadow World Investigations
  49. Thanet 4 Palestine
  50. Tipping Point UK
  51. War on Want
  52. United Tech and Allied Workers
  53. Women in Black Edinburgh
  54. Women in Black London
  55. Workers for a Free Palestine

Stati Uniti d’America (Capofila del Programma F-35)

  1. Action Corps
  2. American Friends Service Committee
  3. Amnesty International USA
  4. Art Forces
  5. Association for Investment in Popular Action Committees
  6. Austin For Palestine Coalition
  7. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  8. Center for Constitutional Rights
  9. Doctors Against Genocide
  10. Episcopal Peace Fellowship Palestine Israel Network
  11. Fellowship of Reconciliation
  12. Friends of Sabeel North America (FOSNA)
  13. Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P)
  14. Global Ministries of the Christian Church (Disciples of Christ) and United Church of Christ
  15. Green Mountain Solidarity With Palestine
  16. Green Mountain Veterans For Peace
  17. Honor the Earth
  18. Indiana Center for Middle East Peace
  19. KinderUSA
  20. Madison-Rafah Sister City Project
  21. The Middle East Children’s Alliance for Peace
  22. National Lawyers Guild- Palestine Sub Committee
  23. New Mexico Jews for a Free Palestine
  24. A New Policy
  25. Nonviolence International
  26. Palestine Justice Network of the Presbyterian Church (U.S.A.)
  27. Palestinian Youth Movement
  28. Peace Action
  29. People’s Arms Embargo
  30. RepresentUS New Mexico
  31. Safe Skies Clean Water Wisconsin
  32. Santa Fe Democratic Socialists of America
  33. Security in Context
  34. Showing Up for Racial Justice (SURJ) Northern New Mexico chapter
  35. Tech Justice Law Project
  36. USA Palestine Mental Health Network
  37. Vermont and New Hampshire Chapter of the National Lawyers Guild
  38. Will Miller Social Justice Lecture Series
  39. WESPAC Foundation, Inc.

Organizzazioni Internazionali

  1. Al-Haq Europe
  2. Cairo Institute for Human Rights Studies
  3. Center for Civilians in Conflict (CIVIC)
  4. Emergent Justice Collective
  5. Human Rights Watch
  6. International Coalition to Stop Genocide in Palestine
  7. Oxfam International
  8. Pax Christi International
  9. United Methodists for Kairos Response (UMKR)
  10. War Resisters’ International
  11. Women’s International League for Peace and Freedom
  12. World BEYOND War

 

 

Rete Italiana Pace e Disarmo

La compagnia teatrale Kepler-452 porta sul palco il soccorso in mare

Prima assoluta all’Arena del Sole a Bologna il 27 febbraio.

Il soccorso in mare va in scena, a teatro, con A place of safety – Viaggio nel Mediterraneo centrale, uno spettacolo ideato dalla compagnia Kepler-452 che ha navigato con Sea-Watch 5 a luglio 2024, soccorrendo 156 persone. Quell’esperienza è diventata uno spettacolo che porta sul palco le emozioni le riflessioni e le voci della società civile in mare.

Lo spettacolo è prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Metastasio di Prato, CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Théâtre des 13 vents CDN Montpellier e in collaborazione con Sea-Watch e EMERGENCY.

Dopo il successo nazionale e internazionale de Il Capitale, che portava in scena la lotta degli operai del Collettivo di fabbrica GKN, Kepler-452 ha scelto di raccontare l’epocale sfida del soccorso in mare e delle sue evoluzioni negli anni. Fanno parte dello spettacolo storie decine di testimonianze di ricerca e soccorso nel Mediterraneo che diventano, nella drammaturgia, le tappe di una missione: dalle paure prima di partire, alle motivazioni che spingono a imbarcarsi, a ciò che accade quando ci si avvicina alla zona delle operazioni, al soccorso, fino poi al viaggio di ritorno verso il porto sicuro di sbarco.

A place of safety debutta al Teatro Arena del Sole di Bologna il 27 febbraio e, dopo quattro repliche, quasi sold out, tornerà in scena da ottobre in Italia e in Europa. Insieme ai soccorritori e all’attore Nicola Borghesi, fa parte del cast Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch.

“Vogliamo raccontare i dieci anni di soccorsi nel Mediterraneo centrale con un linguaggio nuovo” – spiega Linardi. Il teatro ci consente di abbracciare una prospettiva intima, che pone al centro l’impegno civile in mare attraverso le persone che si imbarcano alle frontiere d’Europa, indagandone le ragioni e contraddizioni. Portare il soccorso in mare sui palchi d’Italia è una grande responsabilità e un’opportunità unica di incontro con nuove persone, mentre con le nostre navi e i nostri aerei continuiamo a presidiare il Mediterraneo. Siamo felici di farlo nelle mani della Fondazione Emilia Romagna Teatro e della compagnia Kepler-452, che da anni con i suoi spettacoli avvicina il teatro alla realtà, e questa volta ha scelto di salire a bordo con noi per sentire e vivere quello che sentiamo e viviamo ogni giorno”.

Sea Watch

Quelle brave ragazze: presentazione a Modena

“Spesso penso che si sia rubato il senso alle parole, lo si distorca , lo si pieghi per non affrontare che non è amore, non è un raptus. Il libro è un coro di voci di donne vive, seppur ferite, che permette di “ridare” senso e valore a quelle parole”. Così ha commentato la senatrice Susanna Camusso in merito al tema della violenza di genere, che sarà al centro della presentazione del libro della giornalista Stefania Catallo, Quelle brave ragazze (2024, Gemma Edizioni), in programma sabato 1 marzo dalle 10 alle 12 presso la Polisportiva San Faustino, in via Wiligelmo 72 a Modena.

L’evento, organizzato dalla Conferenza delle Donne Democratiche di Modena, vedrà la partecipazione della senatrice Camusso, che sottolinea l’urgenza di affrontare un problema sempre più attuale. I dati sul femminicidio, infatti, mostrano un trend in aumento, rendendo fondamentale non solo l’accoglienza e la protezione delle donne e dei loro figli, ma anche la creazione di percorsi di inserimento lavorativo e di sensibilizzazione culturale.

“Presentare “Quelle brave ragazze” di Stefania Catallo alla conferenza delle Democratiche è un atto di grande rilevanza politica e sociale. Questo libro, attraverso le sue potenti testimonianze, illumina le esperienze di donne che hanno subito violenze di genere, offrendo una visione chiara e commovente delle ingiustizie che ancora oggi affliggono la nostra società”, così si è espressa Patrizia Belloi, portavoce della Conferenza delle Donne Democratiche di Modena e moderatrice dell’evento. “La conferenza delle Democratiche, impegnata nella promozione dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere, trova in quest’opera un alleato prezioso per sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare un dibattito costruttivo. Presentare questo libro significa dare voce a chi è stato silenziato, significa riconoscere e combattere le radici del patriarcato e della violenza.​ È un passo fondamentale per costruire una società più giusta, dove ogni donna possa vivere libera dalla paura e dalla discriminazione. La conferenza delle Democratiche, attraverso questa presentazione, riafferma il suo impegno nella lotta per i diritti delle donne e per una cultura di rispetto e dignità per tutti”.

Modena si mobilita quindi contro la violenza di genere, con un evento che intende far emergere la realtà di coloro che hanno vissuto, e purtroppo continuano a vivere, situazioni di rischio. Federica Venturelli, segretaria PD di Modena, ospite della presentazione, ha detto al riguardo: “Abbiamo scelto di presentare questo libro a Modena perché riteniamo che il tema della violenza di genere debba essere affrontato con urgenza e in modo profondo, sia in chiave preventiva che punitiva. La violenza non fa distinzioni: non colpisce solo donne di un certo tipo o di una determinata classe sociale, ma può riguardare ogni donna, da quelle che vivono in periferia a quelle che occupano posizioni di visibilità o prestigio.

“Quelle brave ragazze” è un viaggio nelle ombre di una realtà che troppo spesso viene banalizzata o ridotta a episodi sporadici. Ma la violenza di genere è qualcosa di molto più profondo e sistemico: è un meccanismo di punizione nei confronti delle donne che non si piegano, che non accettano il silenzio e la sottomissione imposti dal patriarcato.

Ma questo libro non parla solo di donne. Parla anche di uomini, non solo quelli che esercitano la violenza, ma anche quelli che decidono di mettersi in discussione. Uomini che raccontano la loro esperienza e la loro presa di coscienza, contribuendo ad aprire uno spazio di riflessione sulla cultura patriarcale che ancora permea la nostra società.

Con questa presentazione a Modena, vogliamo stimolare una riflessione collettiva, necessaria per affrontare la violenza di genere in modo serio e deciso. Non possiamo permetterci di ignorare la realtà di questo fenomeno, né di ridurlo a un fatto isolato. È fondamentale che si parli di questo tema, che si agisca per fermarlo e che insieme cerchiamo di costruire una società che sappia riconoscere e combattere ogni forma di violenza”.

All’evento sarà presente anche Giovanna Zanolini, presidente della Casa delle Donne di Modena e dell’Associazione Donne e Giustizia.

Olivier Turquet

Roma, lancio della nuova campagna “il giusto prezzo”, stiamo soffocando

Siamo al fianco degli 1,3 milioni di imprenditori agricoli che hanno chiuso le attività agricole e dei consumatori affamati dalla GDO

Questa mattina, Ultima Generazione è tornata in azione per il lancio della nuova campagna “Il Giusto Prezzo”. Alle ore 9.05 sulla scalinata monumentale di accesso alla Camera dei Deputati in Piazza del Parlamento, 7 persone di Ultima Generazione, hanno sparso lungo la scalinata il contenuto di sacchetti pieni di cibo scartato dalla GDO (Grande Distribuzione Industriale), poi si sono sedute e messe dei sacchetti con i brand della GDO, per simulare il soffocamento di un sistema che strangola i produttori, lasciando loro la briciole del proprio lavoro, e affama i consumatori che non arrivano a fine mese. Hanno poi srotolando striscioni con scritto “Il giusto prezzo” e “Ultima Generazione”. Alle ore 9.15 sono arrivate le forze dell’ordine.

Le proteste degli agricoltori che stanno scuotendo il Paese dimostrano che il momento di agire è ora. Abbiamo un’opportunità storica per costruire una coalizione che possa cambiare il futuro dell’agricoltura italiana e garantire giustizia sociale e ambientale. Oggi su 100 euro di spesa solo 7 ritornano al produttore: serve un’alleanza di produttori e consumatori, entrambi vittime dell’inflazione climatica.

Fede, 18 anni, studente, ha dichiarato “Stiamo soffocando! Le lobby del sistema agroalimentare – la grande distribuzione, le multinazionali del cibo, la finanza speculativa – ci stanno rubando tutto! Controllano il mercato, decidono i prezzi, schiacciano gli agricoltori e ci svuotano le tasche quando andiamo a fare la spesa. Ci fanno pagare sempre di più, mentre chi lavora la terra prende solo briciole! Vogliamo il GIUSTO PREZZO! Per chi coltiva, per chi compra, per chi vuole un futuro senza essere soffocato da questo sistema malato! E non basta! La crisi climatica – siccità, alluvioni, grandinate – distrugge i raccolti, e chi ne paga il prezzo? NOI! I prezzi salgono, gli agricoltori chiudono, e intanto le lobby fanno profitti milionari! Dove sono quei soldi? Che fine hanno fatto? Li rivogliamo indietro! Perché il cibo deve essere un diritto, non un privilegio! Perché vogliamo sostenere chi produce cibo sano, locale, accessibile a tutti! “

AL VIA LA CAMPAGNA “IL GIUSTO PREZZO”

L’Italia sta affrontando una crisi agricola senza precedenti. Il prezzo dell’olio, della frutta e di altri generi alimentari di base è raddoppiato negli ultimi dieci anni. Dietro questi aumenti ci sono fenomeni climatici estremi come siccità, alluvioni e grandinate, che stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura italiana. Ma la crisi non colpisce solo i consumatori: anche gli agricoltori si trovano in difficoltà, schiacciati tra la crisi climatica e le logiche della grande distribuzione organizzata, che li costringe a vendere i loro prodotti a prezzi irrisori.

Per affrontare questa emergenza e costruire un’alleanza tra agricoltori e famiglie italiane preoccupate per il futuro, oggi lanciamo la nostra nuova campagna: “Il Giusto Prezzo”.

COSA CHIEDIAMO?

PROTEGGERE I RACCOLTI: L’agricoltura italiana sta affrontando una crisi senza precedenti. Siccità, ondate di calore, grandinate e alluvioni devastano i campi, compromettendo raccolti e coltivazioni. Dobbiamo proteggere i raccolti e, per farlo, è necessario promuovere una transizione verso un nuovo sistema agricolo che sia resiliente e sostenibile economicamente ed ecologicamente.

AGGIUSTARE I PREZZI: Il costo degli alimenti nei supermercati sta diventando insostenibile, mentre ai produttori arriva solo una minima parte del prezzo finale. Chiediamo alle Istituzioni di intervenire immediatamente per garantire un giusto prezzo al cibo, equo per chi compra e per chi produce.

FAR PAGARE I RESPONSABILI: Chi rompe paga. Vogliamo che a finanziare questa transizione verso un sistema agricolo più sostenibile non siano le nostre tasse ma siano, piuttosto, gli extraprofitti dei reali responsabili della crisi attuale – la finanza, la GDO, i top manager delle multinazionali del cibo e l’industria del fossile.

PRESENTAZIONE ONLINE

Per approfondire il tema e discutere insieme le prossime azioni, ti invitiamo a partecipare al nostro incontro pubblico online il 23 febbraio. Sarà un’occasione per confrontarci, ascoltare esperti e costruire insieme un piano d’azione concreto.

Cartella stampa con foto e video dell’azione di oggi qui:

Cartella stampa su tutte le azioni organizzate da dicembre 2021 qui

PROSSIMI INCONTRI:

Ultima Generazione

Ravenna, noi siamo ancora qui: Rigassificatore, non sei il benvenuto

A pochi giorni dall’arrivo a Ravenna della famigerata nave rigassificatrice BW Singapore, la cui sagoma – per chissà quanto tempo – sarà l’elemento caratterizzante del panorama di Punta Marina e dell’intera nostra costa, il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” convoca il

presidio ambientalista a

MARINA DI RAVENNA

nei pressi del Molo Dalmazia

DOMENICA 23 FEBBRAIO 2025 alle ORE 14,30

  • Vengano assunti impegni precisi per la una “road map” sui tempi di dismissione del rigassificatore;
  • si istituisca un monitoraggio continuo e indipendente sulla qualità dell’aria, dell’ambiente marino, dell’assetto idrogeologico e dell’impatto sull’ambiente e sulla salute;
  • le Istituzioni prendano una ferma posizione per il taglio netto dei sussidi alle fonti fossili.

Uscire dalla camera a gas è necessario.

Uscire dalla camera a gas è possibile.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile

Redazione Italia

Faenza: Fuori la banca armata Credit Agricole dal Museo della Ceramica e dal Green Park!

Il Museo Internazionale della Ceramica, che ha ricevuto il prestigioso riconoscimento Unesco “Monumento per la Pace” e che collabora con EMERGENCY nel diffondere una cultura antimilitarista, ha però tra i soci della sua Fondazione proprio una delle peggiori “banche armate”, Credit Agricole.Nella relazione sull’export di armi, redatto dal Ministero economia e Finanze, relativa al 2023 la vediamo sempre tra le prime banche armate: di preciso, la Credit Agricole Corporate and Investment Bank ha finanziato o dato garanzie per 522 milioni di euro, mentre la Credit Agricole Italia per 79 milioni di euro, per export di armi.

Tra le varie esportazioni e progetti militari, Credit Agricole Italia ha finanziato con oltre 4 milioni il programma Joint Strike Fighter (JSF) cioè i terribili caccia bombardieri F35, capaci anche di trasportare bombe atomiche, e che, tramite forniture indirette agli Usa sono finiti all’esercito israeliano. Sono infatti documentati bombardamenti da parte delle Forze Armate di Israele con caccia F35 sulla striscia di Gaza, che hanno fatto strage di civili. La pace nel Medio Oriente è ancora precaria, per questo oltre 230 organizzazioni hanno lanciato in questi giorni un appello a livello planetario per chiedere ai governi di smettere di armare Israele con forniture di pezzi e componenti di F35. https://sbilanciamoci.info/lettera-di-230-ong-basta-f35-e-armi-a-israele/

Vista la consistente esposizione della Credit Agricole nel settore militare e nel programma F35, chiediamo al MIC di espellere Credit Agricole dai soci della sua assemblea. Oppure chiederemo all’Unesco di togliere al MIC il prestigioso riconoscimento di Monumento per la Pace. Chiediamo anche ad Emergency di prendere una posizione in merito ed eventualmente interrompere la sua collaborazione con il MIC. Chiediamo infine a tutte le associazioni pacifiste e antimilitariste del territorio di prendere posizione e fare pressione sulla direzione del Mic.

Non si possono esporre striscioni contro la guerra e poi avere tra i soci banche armate.

Credit Agricole è partner del comune di Faenza anche riguardo al progetto “green” dell’impianto “agrivoltaico” su 70 ettari in zona Sant’Orsola, finanziato dal Pnrr. I partner del progetto sono:

Hera, Comune di Faenza, URF, Soc. Agricola Le Cicogne s.r.l., studio di architetti Lbla (che ha tra i soci il consigliere di maggioranza Andrea Luccaroni), Fondazione Banca del Monte, Cassa di Risparmio Faenza, e appunto Crédit Agricole Italia.

Anche in questo caso chiediamo al comune di Faenza di espellere Credit Agricole dal progetto del Green Park, in coerenza con l’odg votato in solidarietà alla Palestina.In alternativa, Credit Agricole dovrà fermare i suoi lucrosi investimenti in armi e strumenti di morte.Ma sappiamo che non lo farà mai…

 

Faenza Eco-logica

Spazi Mirabal

(altre adesioni in arrivo)

Redazione Italia