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Comunicati Stampa

Diamo voce alla Russia per la Pace. Incontro con Alisa Skopinsteva

I movimenti di opposizione e dissenso, per i diritti umani, sono l’espressione di quella società civile russa che ha sempre rifiutato la guerra. Ora che Putin e Trump vogliono spartirsi l’Ucraina, dopo un conflitti armato sanguinoso di tre anni, che ha fatto un milione di morti e incalcolabili danni materiali ed economici, è tempo che la parola torni a chi davvero costruisce la pace. Gli obiettori di coscienza russi e ucraini, i disertori delle due parti, che non hanno voluto partecipare alla guerra fratricida, devono sedere al tavolo del dialogo, per una conferenza internazionale di pace.

Sabato 22 febbraio, ore 11 – Conferenza stampa aperta alla Casa per la Nonviolenza in via Spagna, 8 a Verona

Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento

Alisa Skopintseva

È una attivista russa specializzata in movimenti di dissenso e protesta pacifica nell’Europa orientale. Ha 25 anni. Laureata in Storia all’Università di Mosca, per sette anni ha lavorato al Memorial Internationale (organizzazione indipendente di denuncia dei crimini del regime sovietico), al Centro Sakharov (centro culturale di promozione dei diritti umani), e alla Duma di Stato (assemblea federale della Federazione Russa) per un deputato dell’opposizione. A causa delle sue attività politiche, per evitare una dura repressione, ha dovuto fuggire ed attualmente vive a Tbilisi, in esilio, in Georgia, e lavora per le organizzazioni StopArmy e EBCO/BEOC (Ufficio Europeo per l’Obiezione di coscienza) nella raccolta fondi per le organizzazioni per i diritti umani e della società civile russa, costruendo partenariati con istituzioni e associazioni europee a sostegno degli obiettori di coscienza, dei disertori e dei renitenti alla leva russi.

Il movimento StopArmy

Mentre prosegue da tre anni la guerra della Russia contro l’Ucraina, migliaia di ragazzi russi si rifiutano di prestare servizio, affrontando persecuzioni, prigionia o esilio. Il Movimento StopArmy fornisce assistenza legale e sostegno per proteggere i diritti umani, ma non possono farcela da soli. Sostenere gli obiettori di coscienza in Russia significa sfidare il militarismo e difendere il diritto di rifiutare la guerra in tutta Europa. Questa Campagna fa luce sulla lotta di chi rifiuta e obietta alla guerra, sui rischi che corrono e su come esattamente la solidarietà internazionale sta apportando un cambiamento. Chiedono sostegno internazionale e solidarietà con coloro che resistono e obiettano alla guerra.

Movimento Nonviolento

Prodotti fitosanitari: gli effetti sulla biodiversità sono più dannosi del previsto

I prodotti fitosanitari sono utilizzati principalmente in agricoltura per controllare la diffusione dei parassiti. Tuttavia, tali prodotti possono anche danneggiare molte specie di animali, piante e funghi non bersaglio utili. Quanto siano dannosi e finora sconosciuti gli effetti reali dei diversi pesticidi su una varietà di gruppi di organismi è stato dimostrato da un meta-studio internazionale realizzato con la partecipazione del Leibniz Institute for the Analysis of Biodiversity Change (LIB). La sintesi dei 1.705 lavori di ricerca sul tema è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.

Gli autori dello studio precisano che, con la crescente domanda di cibo e l’aumentare della resistenza dei parassiti ai prodotti fitosanitari, è necessaria una migliore valutazione del rischio. I prodotti fitosanitari possono ora essere rilevati in quasi tutti gli ecosistemi in varie miscele e concentrazioni. Tuttavia, le conoscenze degli effetti sugli organismi non bersaglio non erano ancora disponibili in modo completo.

Per la realizzazione di questo meta-studio, ricercatori proveninenti da tutto il mondo hanno raccolto per oltre dieci anni 1.705 lavori scientifici basati su standard di raccolta e analisi dei dati trasversali. Lo studio fornisce un quadro completo sull’argomento ed è stato creato sotto la guida di scienziati cinesi dello Shanghai Key Laboratory of Chemical Biology, School of Pharmacy, East China University of Science and Technology, Shanghai, Cina. Infatti, gli autori sottolineano che le conoscenze, ottenibili dalla sintesi quantitativa dei lavori, sono indispensabili per creare un quadro nazionale e internazionale per la gestione critica dei prodotti fitosanitari.

I nuovi pesticidi sono più dannosi del previsto per tutti gli organismi

I ricercatori presentano una sintesi degli effetti di 471 diversi agenti pesticidi su 830 specie di organismi non bersaglio (piante, animali e microrganismi) a diversi livelli della catena alimentare. Di conseguenza, tutti gli organismi, compresi gli impollinatori, i pesci e gli anfibi, mostrano reazioni negative nella loro crescita, riproduzione, comportamento e sopravvivenza. Anche i funghi e le piante ne risentono.

Nelle analisi basate su esperimenti condotti in laboratorio e sul campo, l’effetto dei pesticidi di nuova generazione (quelli attualmente autorizzati nell’UE) era simile a quello dei pesticidi più vecchi. Secondo gli autori, sarebbe difficile trovare prove del fatto che lo sviluppo e l’approvazione di nuovi principi attivi ridurrebbero i rischi.

«La procedura di autorizzazione dei pesticidi è complessa e laboriosa, quindi è ancora più sorprendente che il nostro studio riconosca che gli effetti dei prodotti fitosanitari sono molto più ampi e profondi di quanto si pensasse in precedenza», afferma Christoph Scherber, vicedirettore del LIB e direttore del Centro per il monitoraggio della biodiversità e la ricerca sulla preservazione della natura. «Ad esempio, gli erbicidi usati per combattere alcune piante hanno un effetto negativo sugli insetti e gli insetticidi hanno a loro volta effetti negativi sulla crescita delle piante».

L’agroecologia come soluzione alla crisi

«È doveroso mettere in discussione l’uso standard dei prodotti fitosanitari, visti i numerosi effetti collaterali. Ormai sappiamo da molti studi che la biodiversità in agricoltura può anche ridurre le infestazioni parassitarie senza dover accettare effetti collaterali indesiderati. La co-coltura di colture e animali domestici, ma anche la diversificazione dei sistemi di coltivazione agricola, come nella coltivazione mista, supportano la biodiversità. Le strisce fiorite, le aree incolte e le siepi offrono agli antagonisti naturali basi vitali e possono anche essere efficaci contro l’erosione del vento e dell’acqua», afferma Scherber.

«In questo modo, un’agricoltura diversificata può portare a un controllo più efficiente delle specie di parassiti erbivori e contribuire alla stabilità del raccolto», conclude Christoph Scherber.

In altre parole, i metodi agroecologici, come quelli utilizzati nell’agricoltura rigenerativa e nell’agricoltura biologica, offrono una via percorribile per uscire dalla crisi della biodiversità causata dalla monocoltura e dall’agroindustria.

Link allo studio “Pesticides have negative effects on non-target organisms” pubblicato su Nature Communications

Traduzione dal tedesco di Filomena Santoro. Revisione di Maria Sartori.

Pressenza Muenchen

“Riforma della Giustizia. Cosa prevede e con quali conseguenze?”

Il Movimento delle Agende Rosse, Gruppo Rita Atria di Reggio Emilia e Provincia invita la cittadinanza a questo incontro pubblico.

Il 24 febbraio prossimo alle 18.00, presso “L’altro Teatro” di Cadelbosco di Sopra (Galleria Giuseppe Carretti , n.2/a), si terrà un incontro pubblico dal titolo “Riforma della Giustizia. Cosa prevede e con quali conseguenze?”.

L’iniziativa è organizzata dal Movimento Agende Rosse Rita Atria Reggio Emilia in collaborazione col Comune di Cadelbosco di Sopra ed è patrocinata dalla Consulta Provinciale per la Legalità.

All’iniziativa interverranno esperti qualificati quali il magistrato Calogero Gaetano Paci, Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia e il magistrato Francesco Maria Caruso, già Presidente dei tribunali di Reggio Emilia e di Bologna nonché del collegio giudicante del processo Aemilia.

La conduzione del dibattito sarà a cura di Paolo Bonacini, giornalista e scrittore, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico della Consulta sopra citata.Con l’iniziativa del prossimo 24 febbraio,  intendiamo approfondire un tema di grande attualità, che può apparire ostico e distante dalle persone, ma che in realtà impatta fortemente su cittadini/e, sia a livello individuale che collettivo.

Gli autorevoli ospiti ci aiuteranno a capire i contenuti e gli obiettivi della Riforma del sistema Giustizia in atto e gli effetti che ne derivano nella lotta alla criminalità organizzata e comune e nella tutela dei cittadini.

Verranno illustrate in particolare due riforme di questo governo: la cosiddetta “Riforma Nordio”(Legge 9 agosto 2024), che è intervenuta sul codice penale e sulla procedura penale, e la Riforma Costituzionale, che mette al centro la separazione delle carriere e lo sdoppiamento del CSM.

Rispetto ai provvedimenti della Legge Nordio quali l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e lo “svuotamento” di altri reati, ci chiediamo se possano potenziare il controllo di legalità da parte dei magistrati o se invece servano a “spuntare le armi” per combattere certe categorie di reato.

Per non parlare della stretta sulle intercettazioni e dei vincoli posti alla misura cautelare, misure anch’esse su cui nutriamo seri dubbi.

Riteniamo importante, anche alla luce della posizione di netto contrasto assunta dai magistrati rispetto alla riforma costituzionale, alimentare un dibattito pubblico sul merito di questi provvedimenti, che destano molti interrogativi, primo fra tutti: sono davvero utili ad “efficientare” il sistema della giustizia, con effettivi vantaggi per la collettività?

Con il contributo di esperti ci proponiamo di informare e sensibilizzare i cittadini e le cittadine su questi temi, approfondendo contenuti e conseguenze di ogni singolo provvedimento e l’idea di Giustizia che prefigurano nel loro complesso.

Invitiamo tutte e tutti a partecipare!


Movimento Agende Rosse, Gruppo Rita Atria di Reggio Emilia e Provincia

 

Redazione Italia

Europa, USA, Russia: ma quale Pace?

Ciò che sta avvenendo è la spartizione territoriale dell’Ucraina tra Russia e Stati Uniti, dopo tre anni di sanguinoso conflitto, un milione di morti, danni materiali ed economici incalcolabili, sofferenze ed impoverimento generale. La Russia otterrà l’espansione regionale in Crimea e Donbass, gli Stati Uniti metteranno le mani sulle “terre rare”, mentre l’Europa sta a guardare e l’Ucraina ne esce commissariata.

Questo è il risultato della scelta militare fatta, che ha trasformato l’intera Europa in una regione ad economia di guerra, a traino della Nato. La retorica del “prima la Vittoria, poi la Pace” si è rivelata per quello che era davvero “prima la Guerra, poi la Sconfitta”. E a perderci, prima di tutti, è il popolo ucraino, che vede svanire la propria sovranità, dopo aver sacrificato un’intera generazione di giovani sull’altare del nazionalismo. L’Europa a 27 velocità, che ha accettato il ruolo di comparsa nell’Alleanza Atlantica, è indebolita e afona. Per “salvare il salvabile” si vorrebbe ancora una volta puntare tutto sulla politica di riarmo, la stessa che ha distrutto il sistema sociale della sanità e dell’istruzione nei nostri paesi. Errore fatale. L’Europa, per affrontare la questione Ucraina, ha bisogno di una politica comune di sicurezza, pace e cooperazione, non di una politica di potenza e difesa militare, e deve avere una propria visione democratica alternativa a quella oligarchica di Stati Uniti e autoritaria della Federazione Russa.

Cinque possibili passi necessari di strategia nonviolenta, per prevenire un’ulteriore escalation e per costruire una vera pace:

– creazione di una “linea di pace” sui confini tra Europa e Russia (Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia, Ucraina) con l’istituzione di una zona smilitarizzata, un corridoio (500 chilometri di larghezza) per tutto il confine (3000 chilometri di lunghezza). Questo lungo fronte di terra smilitarizzata, da una parte e dall’altra, non potrebbe essere attraversato da truppe militari della Russia o della Nato, o di altri eserciti europei: così si favorirebbe la distensione. La definizione e poi il controllo di questa zona russo/europea smilitarizzata (dal Mar Bianco al Mar Nero) prevede il negoziato e lo sviluppo di meccanismi di verifica efficaci; anziché concentrarsi sulla militarizzazione nazionale, ci si concentra su una zona di demilitarizzazione internazionale, pan europea, affidata a tutti i paesi coinvolti;

– avviare immediatamente una “moratoria nucleare” che coinvolga i paesi detentori di armi nucleari presenti sul continente europeo (Francia, Regno Unito, Russia, e Stati Uniti con ordigni presenti anche in Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi): impegno al non utilizzo, e apertura di negoziati per l’adesione concordata e multilaterale al TPNW (Trattato per la messa al bando delle armi nucleari);

– avviare un progetto esecutivo per la costituzione di un Corpo Civile di Pace Europeo, per la gestione non militare della crisi. Tra non fare nulla e mandare truppe armate, c’è lo spazio per fare subito qualcosa di utile, nell’ambito della politica di sicurezza per intervenire a livello civile nei conflitti prima che questi sfocino in guerra vera e propria, come avvenuto il 24 febbraio 2022.

I Corpi di Pace vanno costituiti e finanziati come una brigata permanente dell’Unione Europea: la loro costituzione deve rientrare nelle competenze della Commissione Europea;

– dare la parola ai movimenti civili e democratici che in Russia, Ucraina e Bielorussia si sono opposti da subito alla guerra e hanno avanzato proposte di pace, a partire dal sostegno agli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva delle parti in conflitto. Convocare con loro, veri portatori di interessi comuni, un “tavolo delle trattative” in zona neutrale e simbolica (Città del Vaticano);

– convocare una Conferenza internazionale di pace (sotto egida ONU, con tutti gli attori internazionali coinvolti e disponibili) basata sul rispetto del Diritto internazionale vigente e sul concetto di sicurezza condivisa, che metta al sicuro la pace anche per il futuro.

La Campagna di Obiezione alla guerra offre uno  strumento concreto per attuare il diritto umano fondamentale alla pace, che sul piano politico significa per gli Stati: obbligo di disarmare, obbligo di riformare in senso democratico e far funzionare i legittimi organismi internazionali di sicurezza collettiva a cominciare dalle Nazioni Unite, obbligo di conferire parte delle forze armate all’ONU come previsto dall’articolo 43 della Carta delle Nazioni Unite, obbligo di riconvertire e formare tali forze per l’esercizio di funzioni di polizia internazionale sotto comando sopranazionale, obbligo di sottoporsi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.

Aderendo concretamente alla Campagna ognuno ha la possibilità personale di dichiarare formalmente la propria obiezione di coscienza e nel contempo sostenere concretamente i nonviolenti russi e ucraini che sono le uniche voci delle due parti che stanno già dialogando realmente tra di loro, che creano un ponte su cui può transitare la pace, grazie al coraggio e all’impegno di chi a Kyiv e Mosca, rischiando di persona, lavora per la crescita della nonviolenza organizzata.

Movimento Nonviolento

Movimento Nonviolento

Il Congo è ricco da morire

Solidarietà alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo
Corteo a Palermo Sabato 22 febbraio con appuntamento alle ore 15.30 a piazza Crispi

15 febbraio 2024
La Repubblica Democratica del Congo è il secondo paese per estensione dell’Africa dopo l’Algeria, con una superficie di 2.345.410 kmq, circa otto volte l’Italia, con una popolazione di 91.994.000 abitanti all’incirca, secondo una stima del 2017.

La Repubblica Democratica del Congo sta attraversando una fase critica, caratterizzata da intensi conflitti armati, crisi umanitarie e instabilità politica, con l’occupazione della città di Goma e delle altre città da parte del Movimento 23 Marzo (M23), apertamente sostenuto dal Ruanda come si evidenzia da diversi rapporti delle Nazioni Unite.

In questo momento buio sorgono varie domande e perplessità, soprattutto, riguardo al mutismo elettivo dell’Occidente, particolarmente, dell’Unione Europea, la quale un anno fa, firmò un accordo con il regime di Kagame, detto “Memorandum of Understading”, volto a garantire la fornitura di minerali in grado di assicurare la doppia transizione verde e digitale, inoltre, essenziale per settori strategici come quello della difesa e l’aerospaziale.

Secondo la ONG Global Witness, il 90% del tantalio esportato dal Ruanda proviene in realtà dalla RDC. Non solo l’UE, quasi tutte le organizzazioni sia pubbliche che private sono consapevoli che, spesso, questi minerali provengono dall’estrazione illegale, dal commercio illecito, dal trasporto al di fuori dei canali ufficiali e dalla tassazione dei minerali prodotti.

Ultimamente il gruppo ribelle dell’M23, sostenuto dal Ruanda, ha intensificato le sue operazioni militari nell’est del Congo, causando oltre tremila vittime e migliaia di feriti solo nella città di Goma. Gli ospedali sono affollati e anche i campi profughi sono stati attaccati. L’incursione dei ribelli dell’M23 nel paese si è concentrata proprio su aree dense di miniere per l’estrazione di oro, coltan, stagno, tantalio e altri minerali e terre rare.

Ma i ribelli proseguono la loro offensiva verso la provincia del Sud Kivu ed attualmente hanno occupato alcuni dei suoi territori: l’aeroporto di Kavumo, il lago Kivu e la città di Bukavu, capoluogo della provincia. Ciò costituisce una totale violazione del Diritto Internazionale, dei Diritti Umani e del Diritto Internazionale umanitario.

Quello delle risorse minerarie e naturali è un punto dolente nell’attuale crisi sociopolitica della Repubblica Democratica del Congo. In effetti, non si può comprendere a pieno la storia della repubblica democratica del Congo e la situazione sociopolitica in cui si trova oggi, senza prestare attenzione all’esistenza di una grande diversità di ricche risorse minerarie e naturali che questo paese detiene.

La parte orientale del Congo – che è al centro dei conflitti armati – presenta una fascia ricca di risorse, mentre il Katanga (al sud) e il Kasai (in centro) contengono in particolare rame, diamanti, cobalto, uranio. Nel Kivu ed in Ituri si ricavano, soprattutto l’oro e il coltan, oltre al legname pregiato e al gas e petrolio che si trovano nei grandi laghi.

Da tempo, il Governo congolese e i funzionari degli organismi internazionali e delle Nazioni Unite puntano il dito contro il Ruanda, accusandolo di sostenere e supportare i ribelli dell’M23 per impadronirsi delle miniere e contrabbandare poi le materie prime. Per molti anni il Ruanda si è nascosto dietro le smentite. Nessuno osava mettere in dubbio la versione ruandese. Ma ormai una serie di rapporti degli esperti delle Nazioni Unite puntano il dito senza esitazioni contro il Ruanda.

L’amara costatazione è che la pace, nella RD del Congo, è costantemente confrontata alle minacce da parte di questi ribelli, apertamente sostenuti da Kigali, che li fornisce ogni tipo di supporto, affiancandoli, persino, con un nutrito numero di militari Ruandesi.

La sfida della pace richiede coraggio, impegno costante e una visione condivisa. Ma notiamo che nonostante il coinvolgimento diretto del Ruanda nelle atrocità commesse in Congo, l’Unione Europea continua a finanziare Kigali, rendendosi così complice di tali crimini, ovvero, della carneficina che si sta perpetrando nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

È il tempo del coraggio; è tempo di difendere i diritti dei bambini e delle donne Congolesi; è tempo di agire a favore della giustizia e della pace. Anche i Congolesi hanno diritto ad autodeterminarsi. La Repubblica Democratica del Congo, infatti, conformemente alle norme di Diritto Internazionale, chiede il rispetto della propria sovranità e della sua integrità territoriale.

Chiediamo che tacciano le armi e che la Comunità Internazionale abbia il coraggio di emanare delle risoluzioni contro il Ruanda, il quale deliberatamente miete morte e sparge sangue in Congo.

Chiediamo, inoltre, che il Ruanda sia espulso tra gli Stati contribuenti dei peacekeepers, perché è inconcepibile che uno Stato impegnato in missioni di peacekeeping violi consapevolmente i Diritti umani, il Diritto Internazionale umanitario e il Diritto Internazionale che esso stesso è chiamato a difendere.

I promotori: CGIL Palermo, Donne di Benin City, Movimento Right 2B Sicilia, Altrico Ody, Mondo Africa, Associazione Africa Solidale Oltre il Mediterraneo, Diaspore per la Pace, Injs, Arci Palermo

Redazione Palermo

Amnesty International all’Unione Europea: “Rispetti il diritto internazionale. Basta sostenere il genocidio”

Lunedì 24 febbraio i ministri degli Esteri dell’Unione Europea accoglieranno a Bruxelles l’omologo israeliano Gideon Sa’ar in occasione del Consiglio di associazione Unione europea-Israele. È la prima volta nella storia dell’Unione europea che i suoi leader ricevono il rappresentante di uno stato il cui primo ministro e l’ex ministro della difesa sono destinatari di mandati di arresto della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità e il cui esercito sta attivamente commettendo crimini di diritto internazionale, tra cui il genocidio.

“È inconcepibile che l’Unione europea stenda il tappeto rosso al ministro degli Esteri Sa’ar, il cui superiore, il primo ministro Netanyahu, è ricercato dalla Corte penale internazionale. Le discussioni sul futuro delle relazioni con Israele dovrebbero basarsi anzitutto sull’insistenza affinché Netanyahu e Gallant affrontino la giustizia per i crimini di cui sono accusati, oltre che sul rispetto del diritto internazionale da parte di Israele e sulla fine dell’apartheid. I leader dell’Unione europea devono dare priorità al loro impegno verso il diritto internazionale, i diritti umani e la Corte penale internazionale rispetto agli incontri diplomatici attentamente orchestrati con Israele”, ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio Istituzioni europee di Amnesty International.

“Il vergognoso silenzio seguito alle minacce alla Corte penale internazionale e l’assenza di misure concrete e urgenti che avrebbe già dovuto adottare dopo le oltraggiose sanzioni imposte dall’amministrazione Trump, danno l’impressione che l’Unione europea abbia dato priorità alle relazioni con un governo implicato nel commettere genocidio e crimini di guerra, piuttosto che al sostegno di un’istituzione che persegue l’accertamento delle responsabilità individuali per questi crimini. I leader dell’Unione europea dovrebbero decidere quali misure adottare per evitare di contribuire al genocidio, all’apartheid e all’occupazione illegale israeliani, invece di nascondere tutto sotto il tappeto per una stretta di mano diplomatica a Bruxelles”, ha concluso Geddie.

Ulteriori informazioni

Nonostante la Corte internazionale di giustizia abbia chiaramente delineato la responsabilità degli stati terzi di prevenire scambi commerciali e investimenti che contribuiscano al mantenimento dell’occupazione illegale, l’Unione europea continua a commerciare e investire negli insediamenti israeliani nel Territorio palestinese occupato.

Per maggiori informazioni, si vedano l’appello di Amnesty International all’Unione europea, firmato da oltre 160 organizzazioni della società civile, e la lettera del 10 febbraio, in cui si esorta i leader dell’Unione europea a utilizzare questo incontro per presentare a Israele richieste chiare affinché ponga fine alle gravi violazioni del diritto internazionale e garantisca giustizia e riparazione per i crimini commessi, evidenziando al contempo le conseguenze nelle relazioni tra Unione europea e Israele in caso di mancanza d’azione dell’organismo europeo.

Amnesty International

Cosa ci dicono i fatti di Gradisca, tra violenza e rimozione politica

Il grave episodio di violenza avvenuto nel centro storico di Gradisca d’Isonzo domenica 16 febbraio, che ha visto coinvolti tre giovani italiani, impone una riflessione, soprattutto alla politica locale, troppo spesso incline a semplificazioni pericolose e strumentali.

C’è da chiedersi se tra i soliti agitatori d’odio qualcuno non resti deluso dal fatto che, questa volta, sia l’aggressore che le vittime siano italiane e non straniere. Nessuno parlerà di “cultura del coltello”, né verrà chiesta l’istituzione di zone rosse per proteggere il centro storico. La vicenda, priva di un capro espiatorio comodo, rischia di essere rapidamente rimossa.

Eppure, questo episodio porta alla luce problemi che la politica continua a ignorare: il crescente disagio giovanile, senza alcun piano di intervento né per italiani né per stranieri; la diffusione di messaggi culturali violenti, alimentati dal razzismo e dalla discriminazione; l’assenza di strategie per contrastare una cultura del possesso e della sopraffazione, che soffoca i valori dell’accoglienza e della solidarietà.

Sono queste le vere emergenze, sistematicamente escluse dall’agenda politica, che invece dovrebbero essere al centro dell’azione di governo dei territori.

Redazione Friuli Venezia Giulia

Migrazione Rospi 2025, come ogni anno parte l’iniziativa di volontariato

Come ogni anno , tra metà febbraio e fine aprile, tra Clusane d’Iseo e Paratico (sul Lago d’Iseo) avviene la migrazione del Rospo Comune (Bufo Bufo), che rientra fra le specie protette dalla Convenzione di Berna del 1979 e dalla Legge Regionale n. 10 del 31 marzo 2008.

A causa della strada che separa il bosco dal canneto a lago e che impedisce ai rospi di poter migrare tranquillamente senza rischiare la propria vita, da quattordici anni un nutrito gruppo di volontari del WWF guidati da Alberto Gatti si ritrova all’imbrunire ogni sera con torcia, secchio, guanti in nitrile e giubbino catarifrangente per “raccogliere” letteralmente i rospi e per portarli dall’altro lato della strada.

Nulla li può fermare, nemmeno la pioggia!

Per chi volesse aiutare, il punto di ritrovo è vicino al distributore tra Clusane D’Iseo e Paratico (vicino al distributore).

Per ulteriori informazioni contattare Alberto Gatti dell’Associazione Monte Alto di Corte Franca e Francesco Econimo, coordinatore del progetto per le Guardie Ecologiche Volontarie (GEV) della Comunità Montana del Sebino

Redazione Sebino Franciacorta

Ferrara, Manifestazione Nazionale di Animal Liberation e LIMAV per la liberazione dei macachi reclusi nell’Università

La vicenda coinvolge Clarabella, Archimede, Cleopatra, Eddi, Cesare e Orazio, i nomi dei sei macachi reclusi negli stabulari dell’Università di Ferrara a scopi di vivisezione.

Già nel 2014 le associazioni animaliste avevano chiesto di chiarire se le condizioni di detenzione degli animali fossero idonee e compatibili con la loro etologia e il loro benessere. Successivamente, dopo alcune archiviazioni, l’inchiesta aveva poi ripreso vigore nel 2021, grazie a un nuovo esposto firmato dalle associazioni Animal Liberation e LIMAV Italia, la Lega Internazionale dei Medici per l’Abolizione della Vivisezione.

Numerose associazioni, infatti, lottano da molti anni per fermare tutti gli esperimenti in atto sui primati non-umani in Italia, chiedendo di liberare immediatamente i macachi per affidarli a strutture e rifugi dove possano vivere il resto della loro vita in condizioni migliori.

Secondo gli animalisti, i sei macachi dell’Università vivono isolati e perennemente rinchiusi all’interno di gabbie molto piccole, alloggiate in stanze prive di luce naturale.

Nel 2023 tra gli indagati iscritti nel fascicolo vi erano l’ex rettore Giorgio Zauli, il direttore del centro di sperimentazione Luciano Fadiga, il medico veterinario Ludovico Scenna e l’attuale rettrice dell’Università degli Studi di Ferrara, Laura Ramaciotti, la quale è stata ascoltata in procura dal Pubblico Ministero Andrea Maggioni per fornire spiegazioni in merito all’inchiesta in corso che ha l’intento di chiarire le condizioni in cui vengono tenuti sei macachi all’interno dei laboratori dell’università.

L’ipotesi di reato inizialmente era quella di maltrattamento di animali, ma è stata poi derubricata e cambiata in abbandono, poiché i primati non sono attualmente sottoposti ad alcuna sperimentazione scientifica.

In questi mesi la situazione si è ulteriormente aggravata e il macaco ORAZIO, sottoposto a esperimenti, è morto proprio a causa dei trattamenti subiti. Gli altri aspettano la stessa sorte, vivendo nel frattempo una continua dolorosa condizione di non-vita, isolati, imprigionati ognuno in un’angusta gabbia che impedisce i movimenti tipici della specie, senza vedere mai la luce del sole, costretti a stare perennemente su una rete metallica, mentre i macachi sono animali sociali che in natura cooperano.
ANIMAL LIBERATION E LIMAV, assistiti dall’avvocato David Zanforlini, hanno denunciato per maltrattamento di animali e per custodia in condizioni incompatibili con la specie, l’attuale rettrice dall’Università di Ferrara Laura Ramaciotti, il precedente rettore Giorgio Zauli, il direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Luciano Fadiga e il responsabile del benessere animale Ludovico Scenna.

I macachi devono essere sottratti alla vivisezione e a condizioni di vita che sono un maltrattamento continuo!

PER RECLAMARE IL SEQUESTRO DEI MACACHI, ANIMAL LIBERATION E LIMAV  HANNO LANCIATO LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE  sabato 22 febbraio a Ferrara, dalle 10,45 alle 14, in piazza Cattedrale e corteo fino all’Università.

Con la compattezza e forza dell’ANIMALISMO ITALIANO, hanno aderito tantissime associazioni:

Animal Defenfers, Animalisti Italiani, Animal Voices United, A Coda Alta, AsolAnimale, AVI Associazione Vegani Internazionale, BolognAnimale, CAART Coordinamento Associazioni Animaliste Toscane, CADAPA, Città Visibili Bologna, Cruelty Free, CRCSSA Centro Ricerca Cancro Senza Sperimentazione Animale, Il Vagabondo, LAC Emilia Romagna, LAER, LAV, LEAL, LIDA Firenze, LNDC Animal Protection, META, Movimento Antispecista, NOmattatoio Milano, OIPA, Progetto Vivere Vegan, Rete dei Santuari di Animali Liberi, Salviamo gli Orsi della Luna, SOS Angels, Vita da Cani.

https://www.kodami.it/inchiesta-sui-macachi-alluniversita-di-ferrara-ascoltata-in-procura-la-rettrice/

https://www.lanuovaferrara.it/ferrara/cronaca/2023/11/13/news/ferrara-la-rettrice-di-unife-e-altri-tre-sotto-indagine-per-i-macachi-1.100420475

https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/14/macachi-in-gabbia-indagata-anche-la-rettrice-delluniversita-di-ferrara-la-replica-piena-osservanza-della-legge/7352944/

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/02/16/macachi-laboratorio-universita-ferrara-liberazione/7878245/

In Italia la sperimentazione con animali di laboratorio è richiesta per legge per l’approvazione di farmaci e altri trattamenti, prima di quella clinica direttamente con gli esseri umani. Per quanto le attività siano regolate da norme molto severe che stabiliscono le modalità di stabulazione e i ricercatori siano obbligati a rispettare le leggi e i regolamenti che proteggono gli animali usati nella ricerca secondo le leggi nazionali e gli standard internazionali, queste norme non tutelano gli animali e il loro benessere ma anzi di fatto legalizzano una forma di violenza sistematica sugli animali ad esclusivo uso e consumo umano considerando la sperimentazione animale “inevitabile”.

In realtà ad oggi sappiamo che le pratiche della sperimentazione animale e della vivisezione non sono convalidate scientificamente e sono superate dai nuovi metodi sostitutivi di sperimentazione su modelli human-based. Secondo l’FDA, il 92% dei farmaci che superano la sperimentazione animale non superano la sperimentazione umana e il 51% dei farmaci negli USA presentano gravi reazioni avverse non scoperte prima dell’approvazione della commercializzazione (1)

(1) Moore T.J. e altri. Time to act on drug safety. JAMA, vol. 279: pp. 1571-1573, 1998

Redazione Romagna

Regione Emilia Romagna dice No alla Autonomia differenziata

Il 19 febbraio l’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha approvato una Risoluzione con la quale impegna la Giunta a “manifestare formalmente il venir meno del consenso della Regione E-R alla prosecuzione di qualunque procedimento attuativo dell’art.116 c. 3 Cost.” e “a comunicare formalmente al Governo la volontà di revocare il proprio consenso all’accordo preliminare in merito all’intesa tra il Governo della Repubblica italiana e le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia del 28 febbraio 2018”.

È esattamente quello che chiedevano i/le 3000 sottoscrittori/ici in una petizione popolare del 2020 – arbitrariamente mai discussa – e i/le 6000 sottoscrittori/ici di una proposta di legge regionale di iniziativa popolare del 2023, che chiedeva alla regione di recedere dalle preintese firmate dal presidente Bonaccini con il governo Gentiloni nel 2018, che istituzionalizzarono la richiesta dell’ER di ben 16 delle 23 materie disponibili alla potestà legislativa esclusiva regionale; iniziative promosse entrambe dal Comitato emiliano-romagnolo Per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata. Alla Lip è stato fatto esplicito riferimento sia nel dibattito che nella risoluzione approvata.

Una grande vittoria ed una grande soddisfazione per tutte tutti noi; e per questo vogliamo ringraziare e complimentarci vivamente con tutti/e coloro che vi hanno contribuito, con il loro impegno e il lavoro costante sul territorio.

La tenacia e l’abnegazione del Comitato per il ritiro di ogni autonomia differenziata dell’Emilia-Romagna e la risposta della Regione – circostanziata, puntuale, inequivocabile, e dunque degna di una istituzione repubblicana – dimostrano che non tutto è perduto sul fronte del dialogo tra cittadino/a e chi esercita il potere decisionale. Inoltre, che – nonostante la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del quesito referendario e la conseguente impossibilità di celebrare un referendum contro l’autonomia differenziata, per il quale erano state raccolte 1 milione 300 mila firme – la nostra lotta deve continuare.  

Attraverso un lavoro inesausto e appassionato di formazione, informazione, vigilanza e mobilitazione – in continuità con un percorso che abbiamo inaugurato più di sei anni fa – auspichiamo e cercheremo di far sì che anche altre Regioni che hanno intrapreso o intendano intraprendere iniziative volte ad acquisire autonomia differenziata abbiano la capacità di ripensare il percorso – i cui limiti sono stati chiaramente inquadrati nelle dichiarazioni della regione Emilia Romagna – interrompendolo, e contribuendo a liquidare definitivamente un’idea di regionalismo egoista, rapace, appropriativo, sordo ai principi di uguaglianza e solidarietà e alla garanzia per tutti/e, e in egual misura, dei diritti sociali e civili.

L’Esecutivo nazionale dei Comitati per il Ritiro di ogni Autonomia differenziata, l’unità della Repubblica,  l’uguaglianza dei diritti

Redazione Romagna