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Diritti Umani

Manifestazione a Cagliari: siamo tutti antifascisti

Promosso dal coordinamento antifascista cagliaritano ATZIONI ANTIFASCISTA DE CASTEDDU un corteo di alcune centinaia di persone ha percorso le vie del capoluogo sardo, ritmando lo slogan: SIAMO TUTTI ANTIFASCISTI!

L’iniziativa è nata fra gli studenti, nelle università, ma anche nelle scuole superiori e ne è la riprova la nutrita partecipazione di giovani. Perché, raccontano in prima persona, sono soprattutto i giovani ad essere più esposti alle intimidazioni fasciste nelle scuole, quelle stesse scuole pubbliche che vorrebbero instradarli verso il militarismo grazie ai progetti delle Forze Armate, nelle aule e poi nelle caserme. Tra l’altro in città si sono recentemente registrati alcuni episodi di aggressione a studenti ed attivisti, da parte di gruppi di estrema destra.

Uno studente al microfono ha voluto ricordare i motivi della manifestazione e ha voluto ricordare l’anarchico sardo Franco Serantini, ucciso dalla polizia durante una manifestazione a Pisa nel 1972, di cui scrisse Corrado Stajano nel libro “Il sovversivo”. Passato e presente, uniti dal filo dell’antifascismo. Erano presenti anche i sindacati di base, i nonviolenti, gli anarchici, le associazioni palestinesi, che hanno ricordato che Gaza e tutta la Palestina sono tutt’ora sotto minaccia di genocidio.

La presenza della sede di Casa Pound, formazione che si richiama al fascismo, in una strada adiacente al percorso, ha portato le forze dell’ordine a schierarsi in tenuta antisommossa e a blindare letteralmente le strade, impedendo l’afflusso anche ai passanti. Uno spiegamento di forze plateale, che è eufemistico definire eccessivo, che ha condizionato il clima interno al corteo, nonché gli spostamenti dei semplici pedoni. Ci domandiamo se una simile solerzia da parte degli apparati dello Stato potremo riscontrarla anche davanti alle aggressioni neofasciste. Ma gli antifascisti cagliaritani hanno dimostrato grande maturità, non accettando provocazioni e marciando uniti fino a piazza Costituzione. Già, quella costituzione nata dall’antifascismo e dalla resistenza, mai davvero realizzata e sempre meno applicata.

Il corteo di sabato 22 febbraio a Cagliari, è servito anche a ricordare che l’antifascismo ci deve accomunare, in un momento storico in cui c’è un triste e drammatico ritorno ad ideologie suprematiste.

Carlo Bellisai

San Cristoforo, un forte patto educativo per guardare al futuro

Coinvolgimento dal basso, e da parte di chi conosce bene il quartiere perché vi opera da più di settanta anni: da questa premessa nasce il documento di proposte per San Cristoforo elaborato da salesiani e laici della Salette.

Un documento che sottolinea, in premessa, la necessità di focalizzare l’attenzione soprattutto attorno al problema educativo, oltre che ad “un efficace inserimento lavorativo che tolga manovalanza alla mafia”.

Solo un patto educativo che metta insieme scuola, famiglie, associazioni, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate, può promuovere un vero cambiamento del quartiere. E’ il motivo per cui nel documento si afferma che non basta investire in infrastrutture se non si individuano le figure che devono occuparsene e gestirle. E si sostiene che non si avranno risultati duraturi se non si investono risorse per moltiplicare le figure degli educatori: più insegnanti, più assistenti sociali, più psicologi.

Con un’avvertenza, quella di non utilizzare le risorse disponibili per interventi a pioggia su altre zone, magari contigue ma differenti, della città. E quindi la necessità di definire la zona di intervento e di individuare i cosiddetti ‘sottoquartieri’ che sono le aree a cui – come leggiamo nel documento – “la gente sente di appartenere”: Salette, Angeli Custodi, San Cristoforo, Passereddu, Tondicello, Acquicella, Fortino, Locu, Traforo, Zurria ex macello.

Non a caso, nel formulare le loro proposte, salesiani e laici della Salette ritengono che sia opportuno individuare tre hub dislocati nel quartiere, uno al centro, uno ad est (ex macello) e uno ad ovest (zona Fortino), in modo che tutti i sottoquartieri possano essere coinvolti ed usufruirne.

Il documento si sofferma poi sull’hub che potrebbe essere realizzato nella zona centrale del quartiere, proprio attorno alla Salette, riqualificando anche alcuni locali di proprietà del Comune, attualmente in abbandono.

In modo molto puntuale vengono individuati spazi e strutture da dedicare ad adolescenti e giovani, mentre altri spazi e locali dovrebbero essere predisposti per bambini della fascia 0-6, con aree da destinare anche alle mamme, e infine un polo di orientamento e formazione professionale.

Non mancano indicazioni, di carattere più generale, relative alla necessità di creare, all’interno del quartiere, anche un polo culturale e spazi aggregativi per migranti, anziani, disabili.

Argo, cento occhi su Catania

Leggi e scarica il documento di proposta a questo link

Vedi le altre proposte su San Cristoforo, presentate all’Amministrazione e pubblicate sul nostro sito: dal Comitato per il Parco Monte Po-Acquicella – da CGIL,Sunia,Auser – dal Comitato Cittadino Federico II

Redazione Sicilia

27 febbraio 2025, mobilitazione nazionale dei lavoratori migranti: ora basta, non possiamo più aspettare!

Venerdì 14 febbraio si è tenuta un’importante assemblea online dei lavoratori migranti, con centinaia di persone che si sono collegate da tutta Italia per denunciare le violazioni dei diritti che subiscono quotidianamente nei centri di accoglienza, nei luoghi di lavoro, davanti agli uffici Immigrazione ed, in definitiva, nella vita quotidiana.

Ora basta, non possiamo più aspettare! Vogliamo permesso di soggiorno e regolarizzazione per tutte e tutti i lavoratori migranti. 

In un comunicato del CNEL, di seguito riportato, si fa il punto sul ruolo fondamentale dei lavoratori migranti. ma la realtà va anche oltre: in Italia tra centri di accoglienza, insediamenti informali, e persone mai emerse si trovano almeno altre 800.000 persone in attesa di una risposta dal nostro Paese.

MIGRANTI, RUOLO DETERMINANTE NEGLI SCENARI DEMOGRAFICI

Al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente in Italia 5.307.598 stranieri residenti, che rappresentano il 9% della popolazione complessiva. Per oltre il 70% sono cittadini non comunitari. Tra il 2001 e il 2011 gli stranieri si sono cresciuti di quasi 3 milioni, giungendo a superare largamente i 4 milioni di residenti. Se si considera che nello stesso periodo la popolazione in Italia è cresciuta nel suo complesso di circa 3 milioni di unità, è evidente come tale slancio sia del tutto imputabile proprio al contributo della componente straniera. Non a caso, quando nel decennio 2012-2022 l’apporto degli stranieri è stato meno incisivo (circa 700 mila) la popolazione complessiva residente in Italia ha iniziato a ridursi. La popolazione straniera, quindi, ha avuto un ruolo determinante negli scenari demografici. È anche del tutto chiaro quale potrà essere, nei prossimi decenni, il contributo positivo dei flussi migratori, se adeguatamente governati.

Molti cittadini, in attesa di definire la propria posizione, sono costretti a vivere in una condizione di precarietà e ricattabilità per periodi molto lunghi, a volte anche anni. La maggioranza di queste persone si trova nella condizione obbligata di accettare qualsiasi proposta che le permette un minimo salario: lavoro nero, lavoro grigio, sfruttamento, prostituzione e criminalità sono le proposte che la nostra società offre a questa moltitudine di donne e uomini.

A fronte di decreti flussi, click day, promesse di lavoro, sponsor ed altro, la verità che quotidianamente i lavoratori stranieri si trovano di fronte è una situazione di totale precarietà: non espellibili perché in attesa di una risposta, ma non idonei a chiedere una residenza, un conto corrente, un’assistenza sanitaria.

Le lunghe code che siamo ormai abituati a vedere di fronte a tutte le Questure o Uffici Immigrazione sono il risultato di una politica governativa che da oltre vent’anni vede i migranti come un problema di ordine pubblico, non una risorsa.

Sono ormai sempre più frequenti le dichiarazioni o le produzioni di dati, forniti da parte imprenditoriale, che denunciano il calo demografico in Italia e il conseguente calo di forza lavoro in determinati settori produttivi: agricoltura, edilizia, servizi alla persona, ristorazione.

L’incapacità di vedere la migrazione come un fattore positivo da includere nel tessuto della nostra società è palese, con politici di destra e di sinistra che hanno fatto demagogia sulla pelle di persone in fuga da guerre, miseria, persecuzioni per ottenere una manciata di voti in più. Il flusso migratorio dai Paesi extraeuropei è ormai da molti anni un fatto strutturale, del quale la nostra classe politica deve prendere atto.

Per questo, dopo aver visitato decine di centri di accoglienza, aver parlato con migliaia di lavoratori migranti, averli assistiti sindacalmente e supportati nel riconoscimento dei loro diritti minimi, oggi congiuntamente con le comunità dei migranti e con le associazioni di solidarietà, ritorniamo nelle piazze italiane per rivendicare sempre con maggiore forza.

Vogliamo:

– Regolarizzazione di tutti i lavoratori migranti.

– Velocizzazione del rilascio dei documenti, primo fra tutti il permesso di soggiorno

– Il riconoscimento della residenza, della tessera sanitaria e dell’accesso ai conti correnti bancari assistito.

Per questi motivi il 27 febbraio abbiamo indetto una giornata di mobilitazione nazionale davanti a tutte le prefetture. A Roma abbiamo chiesto un incontro al Ministero degli Interni e saremo dalle 15 in Piazza dell’Esquilino.

Per adesioni e contatti: usb@usb.it

Unione Sindacale di Base

Stati Uniti, decine di proteste contro le politiche di Trump e Musk

In seguito al licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici predisposto dal nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), guidato dal miliardario Elon Musk e voluto da Trump, in alcune zone degli Stati Uniti si sono registrate proteste contro le politiche del fondatore di Tesla e del presidente della Casa Bianca. In particolare, centinaia di persone si sono radunate davanti alle concessionarie Tesla a New York, Kansas City e in tutta la California per protestare contro i tagli del DOGE. Gli organizzatori hanno riferito di almeno 37 dimostrazioni in uno sforzo coordinato attraverso gli hashtag social TeslaTakedown e TeslaTakover, con i manifestanti che hanno agitato cartelli con le scritte “Detronizzate Musk”, “Nessuno ha votato Elon Musk” e “Fermate il colpo di Stato”. In alcuni Stati democratici, inoltre, sono partite le rivendicazioni contro le politiche riguardanti i diritti all’aborto e delle persone transgender.

Attraverso il DOGE, istituito per ridurre la burocrazia statunitense, Musk ha finora licenziato più di 9.500 dipendenti federali che si occupavano di tutto, dalla gestione dei terreni federali all’assistenza dei veterani militari. I licenziamenti si aggiungono ai circa 75.000 lavoratori che hanno accettato una buonuscita offerta da Musk e Trump. Il presidente statunitense ha affermato che il governo federale è saturo e che troppi soldi vengono persi a causa di sprechi e frodi. Il governo ha circa 36 trilioni di dollari di debito e ha avuto un deficit di 1,8 trilioni di dollari l’anno scorso: c’è un accordo bipartisan sulla necessità di riforme. Tuttavia, l’ondata di licenziamenti ha causato proteste sia tra i dipendenti licenziati che tra i cittadini: molti lavoratori pubblici hanno affermato di sentirsi traditi dallo Stato che hanno servito per anni.

Trump e Musk hanno chiuso quasi completamente alcune agenzie governative come l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale e il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB). Quest’ultimo era uno dei pochi uffici rimasti dalla crisi del 2008 con lo scopo di aiutare finanziariamente i cittadini comuni, ma è accusato dai repubblicani di abuso di potere. In risposta alla chiusura di queste Agenzie, è nata una nuova rete di dipendenti federali organizzata per contrastare i tagli nel settore pubblico, chiamata Federal Unionists Network (FUN).

Chris Dols, uno dei membri fondatori, ritiene che l’attacco al CFPB abbia chiarito qual è il vero obiettivo di Musk e Trump. «[Il CFPB] è la protezione dei consumatori contro le frodi», ha affermato, aggiungendo che «I truffatori se la sono presa con l’agenzia anti-truffa». In altre parole, secondo Dols, se Trump e Musk si preoccupassero davvero di ridurre gli sprechi e le frodi e di migliorare la vita dei lavoratori rafforzerebbero ed espanderebbero la portata del CFPB, anziché tagliarla.

Alcuni manifestanti, soprattutto negli Stati di stampo più “progressista” come la California, hanno messo in dubbio la legittimità di Elon Musk, sostenendo che nessuno lo ha votato e radunandosi fuori dalle concessionarie Tesla per protesta. Più di una trentina di eventi contro l’oligarca sudafricano naturalizzato statunitense sono andati in scena in varie parti degli USA, come riportato sul sito Action Network, dove si invitano le persone che possiedono delle Tesla o azioni della società a disinvestire, vendere il proprio veicolo e unirsi alle proteste. Le dimostrazioni seguono le notizie di incendi dolosi e danneggiamenti dei saloni Tesla in Oregon e Colorado. Alcuni investitori temono che il sostegno di Musk a Trump possa influenzare le vendite e sottrarre tempo allo sviluppo del marchio automobilistico: a gennaio le azioni Tesla hanno intrapreso una rapida discesa e anche le vendite risultano in calo.

La Casa Bianca ha affermato che Musk opera come dipendente governativo speciale non retribuito. Tale qualifica è riservata ufficialmente a coloro che lavorano per il governo per 130 giorni o meno in un anno. Fino ad ora, il DOGE ha chiuso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) e sta cercando di chiudere il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB). Inoltre, come parte di una lotta alle politiche “woke“, Musk ha affermato che il suo team ha «risparmiato ai contribuenti oltre 1 miliardo di dollari in folli contratti DEI (diversità, equità e inclusione)».

L'Indipendente

Per una Calabria aperta e solidale

Pubblichiamo il manifesto integrale dell’iniziativa di cui abbiamo dato notizia qualche giorno fa in un precedente articolo: Carovana per una Calabria aperta e solidale

Il manifesto, le proposte (e il programma https://bit.ly/42TVVEK)
MEMORIA, VERITA’ E GIUSTIZIA PER CUTRO E LE ALTRE STRAGI
CAROVANA PER UNA CALABRIA APERTA E SOLIDALE
CON CARAVANA ABRIENDO FRONTERAS E CAROVANE MIGRANTI

Nel luglio del 2023, ad un anno della strage del Barrio Chino la Carovana Abriendo Fronteras era a Melilla. Tra i testimoni una madre messicana che cerca i suoi quattro figli, la sorella di uno scomparso nel naufragio di Cutro per sottolineare con forza come siamo di fronte a crimini di sistema, ad una “cartografia dell’impunità’. Melilla, Ceuta, Ciudad Juárez, Pylos, Cutro e ancora una volta in Calabria, Roccella Jonica,

Sono tanti di più i luoghi delle necropolitiche globali; in questi luoghi anche tristemente simbolici si affinano gli strumenti della negazione, dell’occultamento dei corpi insieme a quelli dei diritti delle famiglie e delle comunità. Roccella Jonica, in ultimo ne è un buon esempio.

Le istituzioni italiane terrorizzate dall’effetto Cutro sulla opinione pubblica hanno nascosto, disperso cadaveri in luoghi diversi, hanno depistato l’informazione, hanno impunemente maltrattato le famiglie disorientate; inoltre si prosegue nell’ostacolare i soccorsi in mare ed a criminalizzare le navi umanitarie.

Nella Carovana verso i Balcani dello scorso luglio, abbiamo raccolto tante storie che purtroppo confermano questa guerra ai Popoli in movimento. Gli attivisti locali lungo la rotta, i gruppi internazionali, da No Name Kitchen al Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino misurano ogni giorno questa offensiva militare e politica contro le persone in cammino.
Tenteremo di legare queste diverse esperienze con il fine di comprendere se possiamo costruire insieme una piattaforma di richieste ai soggetti istituzionali che possano ottenere Verità e Giustizia per i/le desaparecidos del regime di frontiera.

In questi dieci anni di accompagnamento delle madri tunisine che cercano i loro famigliari dispersi non abbiamo mai ben compreso il ruolo dell’ufficio del Commissario straordinario di Governo per le persone scomparse. Sul sito si legge addirittura che collabora con le omologhe autorità spagnole (Centro spagnolo nazionale per le persone scomparse, C.N.DES).

Qui si dovrebbero incanalare le richieste dei famigliari che cercano persone scomparse affinché le istituzioni coinvolte rispettino una procedura chiara ed inequivocabile nel trattamento dei dati e delle informazioni.

Nella recente Carovana verso i Balcani abbiamo espresso la volontà di conoscere meglio l’esperienza spagnola che si sta misurando con la realizzazione di un database degli scomparsi. Entre Mares, una realtà di base delle Canarie, si ostina nel dare un nome ai morti nell’Oceano coprendo il vuoto delle istituzioni.

Una volta di più la rivendicazione di questa Carovana, nei confronti delle Istituzioni, è di procedere, con i famigliari, le associazioni di migranti, gli attivisti alla costruzione di un codice di comportamento vincolante in presenza di un naufragio o di un corpo non identificato.

Le prime ore che seguono l’evento sono le più delicate ed in questa fase è indispensabile raccogliere più informazioni possibili:
-Deve essere una consuetudine il prelievo del DNA sui corpi senza vita e su quello dei famigliari che rivendicano la scomparsa di un loro caro, questo unitamente alla raccolta dei dati ante e post mortem utili all’identificazione delle salme;
– Deve essere garantita la possibilità, anche posteriormente, di identificare i corpi e di seppellirli secondo la volontà e il credo espresso dalle famiglie;
– Certo deve essere l’impegno dei Governi per il rimpatrio delle salme;
– Le sepolture, dei corpi non immediatamente rivendicati dalle famiglie, devono essere effettuate garantendo la tracciabilità per un eventuale futuro riconoscimento o rimpatrio;
– Al contrario di quanto abbiamo misurato in diverse occasioni gli enti coinvolti devono garantire una accoglienza degna ed adeguata ai sopravvissuti ed ai famigliari. Questo significa pensare ai costi di viaggio, vitto, alloggio ed al supporto medico e psicologico.
-I famigliari devono essere informati in ogni fase dell’identificazione per la doverosa comparazione del profilo genetico.

Caravana Abriendo Fronteras, Asociación Sociocultural Entre Mares, Proyecto Puentes de Esperanza,  Red. Regional de Familias Migrantes, Cofamicenh, Socorro Guzmán, Colectivo Memoria, Verdad y Justicia Acapulco, Fornelli in Lotta, Language Aid Mem.Med – Memoria Mediterranea, Rete Antirazzista Catanese, Rete 26 Febbraio, Re.Co.Sol – Rete delle Comunitaà, YaBasta, Restiamo Umani, Ana Enamorado, Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino, Nova Koinè, XII Marcha Por La Dignidad – Tarajal, No Olvidamos, Action For Festival delle Migrazioni Acquaformosa – Associazione don V. Matrangolo, Colectivo “Sigo Tus Huellas, Hasta Encontrarte” Buscando Desaparecidos, Huellas de la Memoria, Melting Pot Europa, Asociación Sociocultural Entre Mares

#HastaEncontrarles
#lenzuolimemoriamigrante
#CommemorAction

dalla pagina fb del Forum Antirazzista di Palermo

 

Redazione Sicilia

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

https://www.facebook.com/c4peace
https://x.com/cfpeace
https://cfpeace.org/

Redazione Italia

Crescono in Africa emancipazione e autodeterminazione, nonostante l’imperial-terrorismo

Sabato 15 Febbraio 2025 si è svolta a Bamako (Mali) la prima presentazione ufficiale del nuovo e quarantesimo libro dello scrittore panafricanista franco-camerunese Franklin Nyamsi intitolato “Imperial-Terrorismo”.
https://shorturl.at/t2unE

L’evento si è svolto alla presenza di un numeroso pubblico nella sala congressi del memoriale Modibo Keita di Bamako con la partecipazione dei media nazionali e di quelli della Confederazione del Sahel AES.

La conferenza è stata presieduta dal Prof. Bouréma Kansaye, Ministro dell’Istruzione superiore e della Ricerca scientifica del Mali, che ha scritto la prefazione del libro.

La tesi principale dell’opera esprime dice che: “Le organizzazioni terroristiche come Al Qaida, Stato Islamico, Boko Haram e altre, che oggi tentano di destabilizzare i paesi africani, non hanno come movente motivi religiosi, in quanto numerosi paesi in cui operano sono già musulmani. Il compito di questi gruppi terroristici è piuttosto di destabilizzare sistemicamente i paesi africani e indebolirli, per poter ottenere più facilmente le loro ricchezze naturali a basso costo da parte di multinazionali esterne al continente africano.”

Questo libro non cerca di imporre a priori interpretazioni tendenziose, si limita a presentare le prove raccolte durante anni, corroborate da dichiarazioni di personaggi politici occidentali di spicco come per esempio l’ex presidente Jaques Chirac, che in un intervento ufficiale aveva ammesso: “una parte delle risorse contenute nei nostri portamonete, proviene dalle ricchezze ottenute dai paesi africani”.

Le prove menzionate nel libro sono numerose e ben elencate. Una delle più recenti è quella fornita dalla nuova direttrice dei servizi di intelligence USA Tulsi Gabbard. Nell’intervista previa alla sua nomina davanti al Senato ha criticato l’appoggio dei precedenti governi del suo paese alla formazione terroristica Al Qaida a cavallo tra Asia e Africa.

Un’altra connessione comprovata di paesi NATO con formazioni terroristiche risulta dalle email di Hillary Clinton pubblicate da Wikileaks riguardanti l’aggresione militare della NATO contro la Libia nel 2011.

https://www.wikileaks.org/clinton-emails/?q=Libya

Numerosi osservatori e intellettuali nei 54 paesi d’Africa sono consapevoli dei progetti infrastrutturali, idrici e finanziari di carattere panafricano che la Libia aveva intrapreso e che avrebbero portato a una crescente sovranità del continente più ricco di risorse naturali al mondo. Molti di essi ritengono che l’attacco della NATO contro la Libia abbia ritardato l’emancipazione dell’Africa di 10/15 anni.

https://www.pressenza.com/it/2024/06/africa-nel-mirino-della-nato/

L’evento di Bamako è il primo di una tournée, che in questi giorni porterà il professor Nyamsi a presentare il suo libro anche a Ouagadougou (Burkina Faso) e a Niamey (Niger).

Lo scrittore Franklin Nyamsi, da circa 25 anni insegnante di filosofia, è noto per il suo instancabile lavoro a favore della emancipazione dei popoli d’Africa in ambito di sovranità e autodeterminazione.

https://www.facebook.com/FranklinNyamsi

Fondatore dell’”Istituto Africa delle Libertà”, Nyamsi è oggi uno dei pensatori panafricanisti più seguiti in Africa, nelle diaspore africane di tutto il mondo e da un vasto pubblico che va dall’Europa fino a numerosi paesi del sud globale. L’istituto avanza quattro proposte fondamentali:

  • la fine dell’occupazione militare straniera del suolo africano
  • la fine della dominazione economica neocoloniale e imperialista in Africa
  • la fine dei regimi dispotici in Africa
  • il rinascimento culturale africano

https://www.afriquedeslibertes.org/

Il libro Imperial-terrorismo non suscita un vittimismo sterile. Da un lato esso fornisce prove scientifiche su certi procedimenti impiegati dalle elites, per impedire il libero sviluppo dell’Umanità e per mantenere il potere nelle proprie mani.

Dìaltra parte questa opera stimola lo studio, la riflessione e l’azione rivoluzionaria nonviolenta, per cambiare il decandente paradigma attuale con valori di verità, giustizia e solidarietà. L’autore considera che tali tradizioni umaniste fossero già presenti nelle antiche civiltà d’Africa, tra cui quella negro-egiziana e che oggi costituiscano un nuovo orizzonte che ispira la gioventù africana.

Traduzioni tangibili di queste proposte prendono forma per esempio nella confederazione del Sahel AES:
https://www.pressenza.com/it/2024/07/burkina-faso-mali-e-niger-creano-la-confederazione-degli-stati-del-sahel-aes/

La giovane Africa desidera riprendere in mano il proprio destino e orientare il continente verso nuovi cammini, affermando l’Africa dei Popoli e non delle multinazionali.

Toni Antonucci

Fine vita, Friuli Venezia Giulia, Cappato (ass. Luca Coscioni): “il consiglio approvi la legge regionale “Liberi subito”

L’Associazione Luca Coscioni farà un punto sulle leggi regionali sul fine vita giovedì 20 febbraio alle ore 14 a Roma presso l’Hotel Capranichetta. L’evento sarà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube dell’Associazione

Dichiarazione di Marco Cappato e Filomena Gallo, rispettivamente Tesoriere e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni:

La Regione Toscana dimostra che quando si vuole si può. La Regione Friuli Venezia Giulia ha invece finora deciso di nascondere la testa sotto la sabbia, nonostante le condanne già subite nei tribunali a causa dei ritardi del Servizio sanitario nel rispondere alle richieste di aiuto alla morte volontaria. Sarebbe il caso che il Presidente Fedriga seppellisca l’ascia delle guerre ideologiche e si confronti nel merito delle procedure più adeguate per tutelare le persone che soffrono e gli stessi medici. Come Associazione Luca Coscioni siamo disponibili a cercare insieme soluzioni pragmatiche per evitare che prosegua l’incertezza giuridica sulle modalità di accesso all’aiuto alla morte volontaria. Con “Liberi Subito”, vogliamo che il Servizio sanitario risponda alle persone che soffrono in tempi rapidi e certi e dia garanzie anche al personale sanitario su come deve comportarsi per rispettare la volontà dei malati. ll cosiddetto “suicidio assistito” è già legale in Italia in conseguenza di una sentenza della Corte costituzionale. La nostra legge regionale serve per dare tempi e regole certi affinché le persone non debbano aspettare mesi prima di avere una risposta. Per questo chiediamo al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia di tornare a discutere ed approvare la legge “Liberi Subito.


Stefania Cicco

Associazione Luca Coscioni
Via di San Basilio 64 – 00187 Roma, Italia
Tel. 06 640 10 848 Mob. +39 328 31 46 032

Associazione Luca Coscioni per la libertà scientifica.

Redazione Friuli Venezia Giulia

Turchia: finalmente assolta l’esperta di medicina legale Şebnem Korur Fincancı

Il 20 febbraio Şebnem Korur Fincancı, una delle massime autorità turche in materia di medicina legale e assai nota nella comunità scientifica internazionale, è stata finalmente assolta dall’accusa di aver “denigrato lo stato turco”, reato punito dall’articolo 301 del codice penale.

Dopo un primo periodo di carcere trascorso durante lo scorso decennio per “propaganda terrorista” solo per aver espresso solidarietà nei confronti di un organo di stampa che aveva una linea editoriale critica nei confronti del governo, era stata arrestata il 26 ottobre 2022 dopo che in un’intervista all’estero aveva sollecitato un’indagine indipendente sul possibile uso, da parte dell’esercito turco, di armi chimiche durante un’offensiva in Iraq contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan, noto con l’acronimo Pkk.

Sebnem Korur Fincancı, presidente fino al giugno 2024 dell’Associazione dei medici della Turchia, è nel Comitato esecutivo della Fondazione per i diritti umani della Turchia, fa parte del Gruppo di esperti in medicina legale dell’International Rehabilitation Council for Victims of Torture ed è consulente di Physicians for Human Rights.

Nel corso della sua esperienza, ha esumato fosse comuni in Bosnia per conto delle Nazioni Unite e ha condotto indagini di medicina legale in Turchia e all’estero. Ha inoltre contribuito al Protocollo di Istanbul, lo standard internazionale di riferimento per le indagini di medicina legale sulla tortura.

Per il suo impegno ha ricevuto il premio Hrant Dink nel 2014, il premio di Physicians for Human Rights nel 2017 e il premio Hessian per la pace nel 2018.

Riccardo Noury

Una delegazione di Kairos Palestine in Italia. L’ntervista al pastore Isaac Munther pubblicata su Chiesa luterana

È iniziata a Napoli, il 17 e 18 febbraio 2025, la visita in Italia della delegazione di Kairos Palestine, accompagnata dalla Campagna Ponti e non Muri di Pax Christi Italia.
È proseguita il 19 febbraio a Roma, in particolare con l’incontro alla Commissione Esteri della Camera.
Successivamente, il 20 febbraio a Firenze; il 21 febbraio a Bologna; il 22 febbraio a Padova e il 23 febbraio a Venezia (per il programma completo, vedi https://bocchescucite.org/kairos-palestina-in-italia-dal-17-al-23-febbraio-2025/).

«Un genocidio in corso a Gaza e nella Palestina, un grido di dolore da parte della popolazione locale vittima di un’occupazione e colonizzazione decennale delle sue terre e deprivata di ogni diritto; un appello accorato di preghiera e di impegno, “una parola di verità, fede, speranza e nonviolenza” raccolto e rilanciato da tredici confessioni cristiane di Terrasana che, nel 2009, hanno firmato lo storico appello “Kairos Palestine: A Moment of Truth”. La delegazione di Kairos Palestina è composta dal pastore e teologo cristiano palestinese Munther Isaac, Preside del Bethlehem Bible College e direttore del ciclo di conferenze Christ at the CheckpointRifat Kassis, attivista nella lotta nonviolenta palestinese, coautore del documento Kairos Palestine e coordinatore della coalizione Global Kairos for Justice e l’avvocata Sahar Francis, direttrice dell’associazione per i diritti umani dei prigionieri ADAMEER di Ramallah» (dal comunicato stampa, in https://bocchescucite.org/delegazione-di-kairos-in-italia-dal-18-al-23-febbraio-2025/).

L’intervista rilasciata dal pastore luterano Isaac Munther pubblicata originariamente su Chiesa luterana.

In questi giorni in Italia con Kairos Palestine

Isaac Munther (il cui nome deriva dall’arabo Mundhir, colui che gli altri seguono) è preside del Bethlehem Bible College in Palestina e direttore della conferenza Christ at the Checkpoint (che è anche il titolo di un suo libro). È pastore luterano della Chiesa Evangelica Luterana di Betlemme (Affiliata alla Federazione Luterana Mondiale). Sarà in Italia fino al 23 febbraio prossimo per una serie di conferenze assieme alla delegazione di Kairos Palestine.

Il pastore luterano Isaac Munther

Mentre era in viaggio lo abbiamo raggiunto per rivolgergli alcune domande sulla situazione globale e a Gaza.

Neutralità, equilibrio, rimanere in bilico?

D: Pastore Munther, il suo sermone di Natale del 2023 ha avuto una grande eco. A volte ci convinciamo che essere cristiani significa rimanere in bilico. Ma, per un luterano, ha senso e cosa significa equilibrio?

M: Per me è un falso presupposto che la pacificazione significhi neutralità. Nella pacificazione dobbiamo schierarci. Dobbiamo dire le cose per ciò che sono. Dobbiamo dire la verità: Dio si schiera. Si schiera con gli oppressi e gli emarginati. E ci chiama a dire la verità. Per questo motivo, non credo che la Chiesa possa essere neutrale, soprattutto quando c’è un genocidio che si sta svolgendo sotto gli occhi di tutto il mondo. Inoltre, per quanto riguarda l’equilibrio, qui in Palestina non c’è alcun conflitto. C’è occupazione, apartheid, colonialismo. Non si può pensare di avere un equilibrio tra l’occupante e l’occupato, l’oppressore e l’oppresso. Questo squilibrio di potere deve essere affrontato e i cristiani devono tenerne conto.

Siamo esseri umani uguali?

D: In uno dei passaggi della sua predicazione ha sottolineato la stanchezza di vedere, giorno dopo giorno, immagini di bambini e famiglie tirati fuori da sotto le macerie. Non riusciamo a capire come sia possibile che tutto questo vada bene. Che cosa è diventata questa stanchezza oggi?

M: L’impatto nell’osservare il genocidio giorno dopo giorno, la vita sulla terra, con il silenzio di molti nel mondo, ci ha convinto, come palestinesi, che molti nel mondo occidentale, specialmente i leader, politici e purtroppo in alcuni casi anche religiosi non ci vedono come uguali: non ci guardano come esseri umani uguali a loro. Altrimenti, sarebbero d’accordo con quel che accade? Tutto ciò ha avuto un forte impatto psicologico su di noi, ma allo stesso tempo ha reso più forte la nostra determinazione e la nostra fede in Dio, perché siamo convinti che Dio sia dalla parte degli oppressi. I leader della fede oggi devono alzare la voce e chiedere responsabilità. La posta in gioco oggi è molto alta.

D: La Chiesa Evangelica Luterana in Italia ha espresso preoccupazione per la sorte del popolo palestinese. Abbiamo spesso assistito che anche solo esprimerle porta alla strumentalizzate e talvolta a parlare di antisemitismo. Perché è oggi così difficile stare dalla parte di chi soffre, con il rischio di essere strumentalizzati?

M: Come umanità, abbiamo creato leggi, diritti umani, convenzioni internazionali per prevenire i genocidi, per evitare la pulizia etnica, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quindi, come leader della Chiesa, dobbiamo alzare la voce e dire che non ci sta bene un mondo di caos in cui i potenti e i ricchi fanno quello che vogliono senza alcuna responsabilità. Che tipo di mondo vogliamo lasciare ai nostri figli se le persone commettono crimini di guerra senza essere ritenute responsabili? Purtroppo, per noi palestinesi, il diritto internazionale è sempre stato irrilevante, perché non è mai stato applicato, né con gli insediamenti né con l’apartheid che esiste nella nostra terra. Le organizzazioni per i diritti umani, gli esperti legali, hanno dichiarato che si tratta di apartheid, ma la Chiesa rimane in silenzio. E ora è chiaramente un genocidio. Se volete non prendete in considerazione le nostre parole ma, almeno, prendete in considerazione le parole degli esperti, degli storici, dei professori, della Corte di Giustizia Internazionale, dei rapporti speciali delle Nazioni Unite, di tutti coloro che conoscono il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra: sanno che si tratta di un genocidio. Perché le Chiese faticano a definirlo tale? Perché i leader religiosi non ne chiedono conto? Quello che Trump sta proponendo riguardo a Gaza è una pulizia etnica. Vuole spostare con la forza due milioni di palestinesi. Questa è la definizione di pulizia etnica.

Gaza tra Italia e USA

D: Il governo italiano sembra essere schierato con il nuovo presidente degli Stati Uniti, Trump. Quest’ultimo che ritiene utile sostenere apertamente una soluzione che sia più favorevole al governo israeliano. Come valuta questa situazione?

M: La mia domanda al governo e ai leader italiani è: si schiereranno con la pulizia etnica, che è un crimine di guerra? È questo il loro credo? Devono rispondere. Dobbiamo denunciare il sionismo e denunciare che il sionismo per quello che è non ha nulla a che fare con l’ebraismo. Infatti, oggi i più forti oppositori del sionismo sono proprio gli ebrei di tutto il mondo, soprattutto negli Stati Uniti e anche alcuni in Israele. Dobbiamo dire la verità e fare attenzione a non essere etichettati. Allo stesso tempo, dobbiamo controllare i nostri discorsi e il nostro linguaggio. Capisco perfettamente e sono d’accordo. L’antisemitismo esiste, è reale ed è malvagio. Ma allo stesso tempo, rendiamoci conto che l’antisemitismo ha origine in Europa. Perché i palestinesi devono pagare il prezzo dell’antisemitismo occidentale? E io, in quanto palestinese, rifiuto con tutto il cuore di parlare di giustizia per i palestinesi e dell’applicazione del diritto internazionale per poi essere etichettato come antisemita. Quello che mi viene chiesto di capire è che i palestinesi chiedono solo l’applicazione del diritto internazionale e dei diritti umani. Spero che (i leader politici) se ne rendano conto e si uniscano a noi.

D: A breve sarà in Italia per diversi incontri e iniziative pubbliche. Perché questo viaggio in Italia e cosa si aspetta dalla società italiana?

M: Grazie a questa visita (in Italia), speriamo di mobilitare i leader religiosi e i politici a parlare di più. E vogliamo sollevare la questione del diritto internazionale e dei diritti umani. Perché la posta in gioco è molto alta. Se il mondo è d’accordo con la distruzione di un’intera civiltà come pulizia etnica e genocidio, allora abbiamo davvero bisogno di una legge internazionale? È ancora rilevante? E vogliamo davvero preparare la strada a un mondo di caos, colonialismo e dominio dei potenti? Vogliamo che tutti i cristiani si schierino semplicemente per la giustizia e la verità, per l’umanità.

Opinione pubblica e informazione

D: In Occidente, e in particolare in Italia, l’opinione pubblica è scossa dalle notizie che arrivano dalla Palestina. Dietro quelle notizie, le migliaia di morti, c’è la devastazione di vite già molto precarie: cosa può fare la fede di fronte a tanto smarrimento?

M: Quello che sta accadendo a Gaza è una catastrofe umana. Migliaia di persone sono state uccise, altre migliaia sono ancora sotto le macerie. Stiamo ancora implorando e lavorando per supplicare l’ingresso degli aiuti umanitari, gli ospedali sono stati distrutti, i medici sono stati arrestati. Dov’è la comunità internazionale e dov’è la voce dei leader religiosi, quando non viene rispettato lo stato di diritto, i diritti umani, il diritto internazionale? Se noi, come leader religiosi, non alziamo la voce e non chiediamo responsabilità, chi lo farà?

Speranza nella perseveranza

D: Come luterano, qual è la parola di speranza che, nonostante la terribile tragedia dei rifugiati e delle famiglie distrutte, può annunciare oggi ai suoi ascoltatori?

M: Come cristiani palestinesi, la nostra speranza è quella di sopravvivere. Adesso ci troviamo nel momento peggiore della nostra storia, forse uno dei momenti peggiori della nostra storia. Siamo molto preoccupati per la nostra fede qui in Cisgiordania. Israele ha imposto così tante restrizioni, chiusure, posti di blocco, ha già iniziato a compiere operazioni di forza e incursioni nel nord, che hanno avuto un impatto anche sulla comunità cristiana di Jenin. Hanno distrutto gran parte del campo profughi con almeno 40.000 sfollati in Cisgiordania. Quindi qui a Betlemme siamo preoccupati: sarà questa la nostra fede? Perciò è difficile parlare di speranza, ad essere onesti: adesso speriamo solo di sopravvivere. Allo stesso tempo, parliamo di resilienza. Questo è l’argomento di cui parlano i palestinesi. Resilienza, più che altro la parola araba che si riferisce a resilienza, ovvero perseveranza. Stiamo chiamando il nostro popolo a perseverare e a continuare la testimonianza in questa terra.

Come luterani, insieme a tutte le famiglie della chiesa qui in Palestina, siamo determinati a continuare non solo a esistere, ma a testimoniare. Nonostante tutto, le nostre chiese stanno servendo, le scuole, la diaconia, lo sportello donna, l’ambiente, siamo molto impegnati nel nostro contesto contro ogni probabilità. Nonostante i posti di blocco, a volte impieghiamo ore per raggiungere le nostre chiese solo per pregare o per guidare le funzioni religiose o per riunirci. Siamo molto resistenti e decisi a continuare la testimonianza e a portare avanti la testimonianza del Vangelo nel luogo in cui tutto è iniziato.

Intervista a cura del responsabile della comunicazione della CELI, Gianluca Fiusco

Redazione Italia