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Diritti Umani

La Corte penale internazionale smentisce le menzogne del governo Meloni sul caso Almasri

La Procura della CPI ha chiesto “alla Camera preliminare di accertare l’inosservanza dell’articolo 87, comma 7, nei confronti della Repubblica Italiana per il rilascio di Almasri NJEEM e di adire l’Assemblea degli Stati Parte (“ASP”) e/o il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (“UNSC”). Si osserva come “il fatto che le autorità competenti non hanno adottato le necessarie misure di coordinamento interno non è di per sé una valida giustificazione per non intraprendere l’azione richiesta”. La ritardata trasmissione delle richieste al ministero della Giustizia e il mancato coordinamento interno tra le autorità competenti “equivale a un fallimento nell’ottemperare alla richiesta di collaborazione ex articolo 87, comma 7”.

Secondo questa Procura, l’inadempienza dell’Italia è stata sufficientemente grave da impedire alla Corte di esercitare le proprie funzioni e i propri poteri. Inoltre, la mancata esecuzione da parte dell’Italia degli ordini di arresto e di sequestro ha compromesso la capacità della Corte di indagare maggiormente sulla situazione in Libia in generale, compresa la rete di potenziali complici e finanziatori di NJEEM/Almasri.

Il mancato rispetto da parte dell’Italia dei suoi doveri di collaborazione con la Corte dell’Aja ha esposto le vittime e i testimoni, nonché le loro famiglie, a un potenziale grave rischio di danni. La Camera preliminare della CPI, il 17 febbraio scorso, ha invitato pertanto l’Italia a presentare entro 30 giorni osservazioni sulla mancata consegna di Almasri alla Corte.

Occorre anche ricordare che presso la Corte Penale internazionale, il 5 febbraio scorso veniva depositata una denuncia per conto di una vittima di Almasri, con richiesta di avvio del procedimento ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma, nei confronti di Giorgia Meloni, di Carlo Nordio e di Matteo Piantedosi. Per gli avvocati di Front-LEX, “il comportamento deliberatamente passivo del Ministero della Giustizia quando il tempo era assolutamente essenziale rivela che, per usare un eufemismo, ottemperare alla richiesta della Corte non rientrava certo tra le priorità del suo ufficio”.

Inoltre, “la decisione del ministro dell’Interno di espellere immediatamente Almasri, impedendo così l’ancora eventuale correzione delle presunte irregolarità procedurali nell’arresto, e il suo trasferimento immediato a Tripoli a bordo di un volo militare la cui partenza non poteva che avvenire su autorizzazione al massimo livello governativo, completano il quadro di quanto sembra equivalere ad una decisione politica deliberata di consentire la fuga del sospettato”.

Meloni, Piantedosi e Nordio avrebbero abusato dei loro poteri esecutivi per sfidare le regole internazionali e gli obblighi nazionali di consegnare Almasri alla Corte penale internazionale, e in questo modo avrebbero ostacolato l’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma.
Sul caso Almasri sta indagando anche il Tribunale di ministri che ha richiesto al governo una serie di spiegazioni. Ma l’esito di questa indagine è scontato, a fronte della maggioranza di governo che in ogni caso si pronuncerà contro l’avvio di un processo penale nei confronti della Meloni, di Nordio e di Piantedosi.

In tempi nei quali le sorti del diritto internazionale appaiono sempre più buie e sostanzialmente rimesse al ricatto politico, militare ed economico dei paesi più forti, con un definitivo svilimento del multilateralismo e delle Nazioni Unite, una mancata sanzione del comportamento delle autorità italiane potrebbe legittimare definitivamente una totale impunità per accordi bilaterali e prassi di cooperazione operativa che hanno già prodotto troppe vittime, in territorio libico, e poi nelle acque del Mediterraneo centrale.

Vedremo se, in un momento in cui la giustizia internazionale è sottoposta ad un attacco furibondo da parte delle destre sovraniste e populiste, la Corte Penale Internazionale riuscirà, almeno sul caso Almasri, a portare avanti le sue indagini nei confronti dello Stato italiano, se non a sanzionare singoli componenti del governo.

Anche se oggi sembrano prevalere su scala globale posizioni favorevoli a legittimare la violazione dei trattati internazionali e delle leggi nazionali per difendere i confini o garantire la sicurezza dei cittadini, con gli scarsi risultati che vediamo, presto tutti dovranno rendersi conto sulla propria pelle di quanto il ricorso ad un doppio standard di tutela dei diritti umani possa comportare su scala globale una rottura del principio di uguaglianza e delle regole dello Stato di diritto che non si limita soltanto alle persone migranti. Ma che può accrescere il conflitto sociale, la violenza diffusa e l’espansione di reti criminali, che così ricevono sostegno proprio da quelle forze che a parole dichiarano di volere soltanto la legalità al massimo livello, e nell’intero “globo terracqueo”. Di certo le autorità italiane, dopo anni di collaborazione e di complicità in crimini contro l’umanità, in Libia ed in altri paesi di transito, questa legalità non hanno saputo affermarla neppure a Tripoli, e la vicenda Almasri lo conferma senza possibilità di smentita.

leggi qui il testo integrale:

Atto di accusa della Corte penale internazionale smentisce le menzogne del governo Meloni sul caso Almasri – ADIF

Fulvio Vassallo Paleologo

A Palermo in corteo per il Congo

Sabato 22 febbraio, organizzato, insieme alla comunità congolese, dalla Cgil Palermo, Diaspore per la Pace, Donne di Benin City, Movimento Right to be, Algeria Trinacria per la Cooperazione, Mondo Africa, Africa Solidale, Arci Palermo, è partito nel primo pomeriggio da Piazza Crispi il corteo in solidarietà alla popolazione della Repubblica Democratica del Congo.

Il colore sfila sotto la pioggia. Colorati sono gli ombrelli aperti e poi richiusi ad intermittenza, come la pioggia appunto. E colorati sono gli striscioni e le bandiere. Sul fondo azzurro il giallo di una stella e il rosso di una striscia, diagonale. Colori di un paese lontano che qui, a Palermo, trova casa nei colori mescolati dei volti e delle voci che chiedono pace per tutti i figli e le figlie di questo mondo.

In Ucraina come a Gaza, fin laggiù, nella Repubblica Democratica del Congo, nel cuore di quell’Africa, terra di saccheggio oggi come ieri, dove la guerra fratricida è solo l’ennesima mossa della mano rapace dell’Occidente. Chiedono pace, come in un arcobaleno dopo la pioggia, le mani piccole dei bambini e delle bambine che ne sventolano, piccola, una bandiera tra le bandiere dei grandi.

Maria La Bianca

Napoli: in Via Aquila un Polo sociale per le persone senza fissa dimora

Sorgerà in alcuni locali a ridosso della stazione, che Ferrovie dello Stato ha concesso in comodato d’uso al Comune, un grande Polo sociale che offrirà servizi alle persone senza fissa dimora.

Il progetto è finanziato con fondi PNRR e contribuirà a migliorare le condizioni di vita di cittadini e soggetti fragili che vivono nel quartiere.
Offrirà servizi di accompagnamento psicologico e legale, assistenza giuridica, saranno attivati laboratori e percorsi di avviamento al lavoro.

https://multimediale.comune.napoli.it/index.php?n=10401

Fonte: Comunicato stampa del Comune di Napoli

Redazione Napoli

Manifestazione a Cagliari: siamo tutti antifascisti

Promosso dal coordinamento antifascista cagliaritano ATZIONI ANTIFASCISTA DE CASTEDDU un corteo di alcune centinaia di persone ha percorso le vie del capoluogo sardo, ritmando lo slogan: SIAMO TUTTI ANTIFASCISTI!

L’iniziativa è nata fra gli studenti, nelle università, ma anche nelle scuole superiori e ne è la riprova la nutrita partecipazione di giovani. Perché, raccontano in prima persona, sono soprattutto i giovani ad essere più esposti alle intimidazioni fasciste nelle scuole, quelle stesse scuole pubbliche che vorrebbero instradarli verso il militarismo grazie ai progetti delle Forze Armate, nelle aule e poi nelle caserme. Tra l’altro in città si sono recentemente registrati alcuni episodi di aggressione a studenti ed attivisti, da parte di gruppi di estrema destra.

Uno studente al microfono ha voluto ricordare i motivi della manifestazione e ha voluto ricordare l’anarchico sardo Franco Serantini, ucciso dalla polizia durante una manifestazione a Pisa nel 1972, di cui scrisse Corrado Stajano nel libro “Il sovversivo”. Passato e presente, uniti dal filo dell’antifascismo. Erano presenti anche i sindacati di base, i nonviolenti, gli anarchici, le associazioni palestinesi, che hanno ricordato che Gaza e tutta la Palestina sono tutt’ora sotto minaccia di genocidio.

La presenza della sede di Casa Pound, formazione che si richiama al fascismo, in una strada adiacente al percorso, ha portato le forze dell’ordine a schierarsi in tenuta antisommossa e a blindare letteralmente le strade, impedendo l’afflusso anche ai passanti. Uno spiegamento di forze plateale, che è eufemistico definire eccessivo, che ha condizionato il clima interno al corteo, nonché gli spostamenti dei semplici pedoni. Ci domandiamo se una simile solerzia da parte degli apparati dello Stato potremo riscontrarla anche davanti alle aggressioni neofasciste. Ma gli antifascisti cagliaritani hanno dimostrato grande maturità, non accettando provocazioni e marciando uniti fino a piazza Costituzione. Già, quella costituzione nata dall’antifascismo e dalla resistenza, mai davvero realizzata e sempre meno applicata.

Il corteo di sabato 22 febbraio a Cagliari, è servito anche a ricordare che l’antifascismo ci deve accomunare, in un momento storico in cui c’è un triste e drammatico ritorno ad ideologie suprematiste.

Carlo Bellisai

San Cristoforo, un forte patto educativo per guardare al futuro

Coinvolgimento dal basso, e da parte di chi conosce bene il quartiere perché vi opera da più di settanta anni: da questa premessa nasce il documento di proposte per San Cristoforo elaborato da salesiani e laici della Salette.

Un documento che sottolinea, in premessa, la necessità di focalizzare l’attenzione soprattutto attorno al problema educativo, oltre che ad “un efficace inserimento lavorativo che tolga manovalanza alla mafia”.

Solo un patto educativo che metta insieme scuola, famiglie, associazioni, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate, può promuovere un vero cambiamento del quartiere. E’ il motivo per cui nel documento si afferma che non basta investire in infrastrutture se non si individuano le figure che devono occuparsene e gestirle. E si sostiene che non si avranno risultati duraturi se non si investono risorse per moltiplicare le figure degli educatori: più insegnanti, più assistenti sociali, più psicologi.

Con un’avvertenza, quella di non utilizzare le risorse disponibili per interventi a pioggia su altre zone, magari contigue ma differenti, della città. E quindi la necessità di definire la zona di intervento e di individuare i cosiddetti ‘sottoquartieri’ che sono le aree a cui – come leggiamo nel documento – “la gente sente di appartenere”: Salette, Angeli Custodi, San Cristoforo, Passereddu, Tondicello, Acquicella, Fortino, Locu, Traforo, Zurria ex macello.

Non a caso, nel formulare le loro proposte, salesiani e laici della Salette ritengono che sia opportuno individuare tre hub dislocati nel quartiere, uno al centro, uno ad est (ex macello) e uno ad ovest (zona Fortino), in modo che tutti i sottoquartieri possano essere coinvolti ed usufruirne.

Il documento si sofferma poi sull’hub che potrebbe essere realizzato nella zona centrale del quartiere, proprio attorno alla Salette, riqualificando anche alcuni locali di proprietà del Comune, attualmente in abbandono.

In modo molto puntuale vengono individuati spazi e strutture da dedicare ad adolescenti e giovani, mentre altri spazi e locali dovrebbero essere predisposti per bambini della fascia 0-6, con aree da destinare anche alle mamme, e infine un polo di orientamento e formazione professionale.

Non mancano indicazioni, di carattere più generale, relative alla necessità di creare, all’interno del quartiere, anche un polo culturale e spazi aggregativi per migranti, anziani, disabili.

Argo, cento occhi su Catania

Leggi e scarica il documento di proposta a questo link

Vedi le altre proposte su San Cristoforo, presentate all’Amministrazione e pubblicate sul nostro sito: dal Comitato per il Parco Monte Po-Acquicella – da CGIL,Sunia,Auser – dal Comitato Cittadino Federico II

Redazione Sicilia

27 febbraio 2025, mobilitazione nazionale dei lavoratori migranti: ora basta, non possiamo più aspettare!

Venerdì 14 febbraio si è tenuta un’importante assemblea online dei lavoratori migranti, con centinaia di persone che si sono collegate da tutta Italia per denunciare le violazioni dei diritti che subiscono quotidianamente nei centri di accoglienza, nei luoghi di lavoro, davanti agli uffici Immigrazione ed, in definitiva, nella vita quotidiana.

Ora basta, non possiamo più aspettare! Vogliamo permesso di soggiorno e regolarizzazione per tutte e tutti i lavoratori migranti. 

In un comunicato del CNEL, di seguito riportato, si fa il punto sul ruolo fondamentale dei lavoratori migranti. ma la realtà va anche oltre: in Italia tra centri di accoglienza, insediamenti informali, e persone mai emerse si trovano almeno altre 800.000 persone in attesa di una risposta dal nostro Paese.

MIGRANTI, RUOLO DETERMINANTE NEGLI SCENARI DEMOGRAFICI

Al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente in Italia 5.307.598 stranieri residenti, che rappresentano il 9% della popolazione complessiva. Per oltre il 70% sono cittadini non comunitari. Tra il 2001 e il 2011 gli stranieri si sono cresciuti di quasi 3 milioni, giungendo a superare largamente i 4 milioni di residenti. Se si considera che nello stesso periodo la popolazione in Italia è cresciuta nel suo complesso di circa 3 milioni di unità, è evidente come tale slancio sia del tutto imputabile proprio al contributo della componente straniera. Non a caso, quando nel decennio 2012-2022 l’apporto degli stranieri è stato meno incisivo (circa 700 mila) la popolazione complessiva residente in Italia ha iniziato a ridursi. La popolazione straniera, quindi, ha avuto un ruolo determinante negli scenari demografici. È anche del tutto chiaro quale potrà essere, nei prossimi decenni, il contributo positivo dei flussi migratori, se adeguatamente governati.

Molti cittadini, in attesa di definire la propria posizione, sono costretti a vivere in una condizione di precarietà e ricattabilità per periodi molto lunghi, a volte anche anni. La maggioranza di queste persone si trova nella condizione obbligata di accettare qualsiasi proposta che le permette un minimo salario: lavoro nero, lavoro grigio, sfruttamento, prostituzione e criminalità sono le proposte che la nostra società offre a questa moltitudine di donne e uomini.

A fronte di decreti flussi, click day, promesse di lavoro, sponsor ed altro, la verità che quotidianamente i lavoratori stranieri si trovano di fronte è una situazione di totale precarietà: non espellibili perché in attesa di una risposta, ma non idonei a chiedere una residenza, un conto corrente, un’assistenza sanitaria.

Le lunghe code che siamo ormai abituati a vedere di fronte a tutte le Questure o Uffici Immigrazione sono il risultato di una politica governativa che da oltre vent’anni vede i migranti come un problema di ordine pubblico, non una risorsa.

Sono ormai sempre più frequenti le dichiarazioni o le produzioni di dati, forniti da parte imprenditoriale, che denunciano il calo demografico in Italia e il conseguente calo di forza lavoro in determinati settori produttivi: agricoltura, edilizia, servizi alla persona, ristorazione.

L’incapacità di vedere la migrazione come un fattore positivo da includere nel tessuto della nostra società è palese, con politici di destra e di sinistra che hanno fatto demagogia sulla pelle di persone in fuga da guerre, miseria, persecuzioni per ottenere una manciata di voti in più. Il flusso migratorio dai Paesi extraeuropei è ormai da molti anni un fatto strutturale, del quale la nostra classe politica deve prendere atto.

Per questo, dopo aver visitato decine di centri di accoglienza, aver parlato con migliaia di lavoratori migranti, averli assistiti sindacalmente e supportati nel riconoscimento dei loro diritti minimi, oggi congiuntamente con le comunità dei migranti e con le associazioni di solidarietà, ritorniamo nelle piazze italiane per rivendicare sempre con maggiore forza.

Vogliamo:

– Regolarizzazione di tutti i lavoratori migranti.

– Velocizzazione del rilascio dei documenti, primo fra tutti il permesso di soggiorno

– Il riconoscimento della residenza, della tessera sanitaria e dell’accesso ai conti correnti bancari assistito.

Per questi motivi il 27 febbraio abbiamo indetto una giornata di mobilitazione nazionale davanti a tutte le prefetture. A Roma abbiamo chiesto un incontro al Ministero degli Interni e saremo dalle 15 in Piazza dell’Esquilino.

Per adesioni e contatti: usb@usb.it

Unione Sindacale di Base

Stati Uniti, decine di proteste contro le politiche di Trump e Musk

In seguito al licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici predisposto dal nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), guidato dal miliardario Elon Musk e voluto da Trump, in alcune zone degli Stati Uniti si sono registrate proteste contro le politiche del fondatore di Tesla e del presidente della Casa Bianca. In particolare, centinaia di persone si sono radunate davanti alle concessionarie Tesla a New York, Kansas City e in tutta la California per protestare contro i tagli del DOGE. Gli organizzatori hanno riferito di almeno 37 dimostrazioni in uno sforzo coordinato attraverso gli hashtag social TeslaTakedown e TeslaTakover, con i manifestanti che hanno agitato cartelli con le scritte “Detronizzate Musk”, “Nessuno ha votato Elon Musk” e “Fermate il colpo di Stato”. In alcuni Stati democratici, inoltre, sono partite le rivendicazioni contro le politiche riguardanti i diritti all’aborto e delle persone transgender.

Attraverso il DOGE, istituito per ridurre la burocrazia statunitense, Musk ha finora licenziato più di 9.500 dipendenti federali che si occupavano di tutto, dalla gestione dei terreni federali all’assistenza dei veterani militari. I licenziamenti si aggiungono ai circa 75.000 lavoratori che hanno accettato una buonuscita offerta da Musk e Trump. Il presidente statunitense ha affermato che il governo federale è saturo e che troppi soldi vengono persi a causa di sprechi e frodi. Il governo ha circa 36 trilioni di dollari di debito e ha avuto un deficit di 1,8 trilioni di dollari l’anno scorso: c’è un accordo bipartisan sulla necessità di riforme. Tuttavia, l’ondata di licenziamenti ha causato proteste sia tra i dipendenti licenziati che tra i cittadini: molti lavoratori pubblici hanno affermato di sentirsi traditi dallo Stato che hanno servito per anni.

Trump e Musk hanno chiuso quasi completamente alcune agenzie governative come l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale e il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB). Quest’ultimo era uno dei pochi uffici rimasti dalla crisi del 2008 con lo scopo di aiutare finanziariamente i cittadini comuni, ma è accusato dai repubblicani di abuso di potere. In risposta alla chiusura di queste Agenzie, è nata una nuova rete di dipendenti federali organizzata per contrastare i tagli nel settore pubblico, chiamata Federal Unionists Network (FUN).

Chris Dols, uno dei membri fondatori, ritiene che l’attacco al CFPB abbia chiarito qual è il vero obiettivo di Musk e Trump. «[Il CFPB] è la protezione dei consumatori contro le frodi», ha affermato, aggiungendo che «I truffatori se la sono presa con l’agenzia anti-truffa». In altre parole, secondo Dols, se Trump e Musk si preoccupassero davvero di ridurre gli sprechi e le frodi e di migliorare la vita dei lavoratori rafforzerebbero ed espanderebbero la portata del CFPB, anziché tagliarla.

Alcuni manifestanti, soprattutto negli Stati di stampo più “progressista” come la California, hanno messo in dubbio la legittimità di Elon Musk, sostenendo che nessuno lo ha votato e radunandosi fuori dalle concessionarie Tesla per protesta. Più di una trentina di eventi contro l’oligarca sudafricano naturalizzato statunitense sono andati in scena in varie parti degli USA, come riportato sul sito Action Network, dove si invitano le persone che possiedono delle Tesla o azioni della società a disinvestire, vendere il proprio veicolo e unirsi alle proteste. Le dimostrazioni seguono le notizie di incendi dolosi e danneggiamenti dei saloni Tesla in Oregon e Colorado. Alcuni investitori temono che il sostegno di Musk a Trump possa influenzare le vendite e sottrarre tempo allo sviluppo del marchio automobilistico: a gennaio le azioni Tesla hanno intrapreso una rapida discesa e anche le vendite risultano in calo.

La Casa Bianca ha affermato che Musk opera come dipendente governativo speciale non retribuito. Tale qualifica è riservata ufficialmente a coloro che lavorano per il governo per 130 giorni o meno in un anno. Fino ad ora, il DOGE ha chiuso l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) e sta cercando di chiudere il Consumer Financial Protection Bureau (CFPB). Inoltre, come parte di una lotta alle politiche “woke“, Musk ha affermato che il suo team ha «risparmiato ai contribuenti oltre 1 miliardo di dollari in folli contratti DEI (diversità, equità e inclusione)».

L'Indipendente

Per una Calabria aperta e solidale

Pubblichiamo il manifesto integrale dell’iniziativa di cui abbiamo dato notizia qualche giorno fa in un precedente articolo: Carovana per una Calabria aperta e solidale

Il manifesto, le proposte (e il programma https://bit.ly/42TVVEK)
MEMORIA, VERITA’ E GIUSTIZIA PER CUTRO E LE ALTRE STRAGI
CAROVANA PER UNA CALABRIA APERTA E SOLIDALE
CON CARAVANA ABRIENDO FRONTERAS E CAROVANE MIGRANTI

Nel luglio del 2023, ad un anno della strage del Barrio Chino la Carovana Abriendo Fronteras era a Melilla. Tra i testimoni una madre messicana che cerca i suoi quattro figli, la sorella di uno scomparso nel naufragio di Cutro per sottolineare con forza come siamo di fronte a crimini di sistema, ad una “cartografia dell’impunità’. Melilla, Ceuta, Ciudad Juárez, Pylos, Cutro e ancora una volta in Calabria, Roccella Jonica,

Sono tanti di più i luoghi delle necropolitiche globali; in questi luoghi anche tristemente simbolici si affinano gli strumenti della negazione, dell’occultamento dei corpi insieme a quelli dei diritti delle famiglie e delle comunità. Roccella Jonica, in ultimo ne è un buon esempio.

Le istituzioni italiane terrorizzate dall’effetto Cutro sulla opinione pubblica hanno nascosto, disperso cadaveri in luoghi diversi, hanno depistato l’informazione, hanno impunemente maltrattato le famiglie disorientate; inoltre si prosegue nell’ostacolare i soccorsi in mare ed a criminalizzare le navi umanitarie.

Nella Carovana verso i Balcani dello scorso luglio, abbiamo raccolto tante storie che purtroppo confermano questa guerra ai Popoli in movimento. Gli attivisti locali lungo la rotta, i gruppi internazionali, da No Name Kitchen al Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino misurano ogni giorno questa offensiva militare e politica contro le persone in cammino.
Tenteremo di legare queste diverse esperienze con il fine di comprendere se possiamo costruire insieme una piattaforma di richieste ai soggetti istituzionali che possano ottenere Verità e Giustizia per i/le desaparecidos del regime di frontiera.

In questi dieci anni di accompagnamento delle madri tunisine che cercano i loro famigliari dispersi non abbiamo mai ben compreso il ruolo dell’ufficio del Commissario straordinario di Governo per le persone scomparse. Sul sito si legge addirittura che collabora con le omologhe autorità spagnole (Centro spagnolo nazionale per le persone scomparse, C.N.DES).

Qui si dovrebbero incanalare le richieste dei famigliari che cercano persone scomparse affinché le istituzioni coinvolte rispettino una procedura chiara ed inequivocabile nel trattamento dei dati e delle informazioni.

Nella recente Carovana verso i Balcani abbiamo espresso la volontà di conoscere meglio l’esperienza spagnola che si sta misurando con la realizzazione di un database degli scomparsi. Entre Mares, una realtà di base delle Canarie, si ostina nel dare un nome ai morti nell’Oceano coprendo il vuoto delle istituzioni.

Una volta di più la rivendicazione di questa Carovana, nei confronti delle Istituzioni, è di procedere, con i famigliari, le associazioni di migranti, gli attivisti alla costruzione di un codice di comportamento vincolante in presenza di un naufragio o di un corpo non identificato.

Le prime ore che seguono l’evento sono le più delicate ed in questa fase è indispensabile raccogliere più informazioni possibili:
-Deve essere una consuetudine il prelievo del DNA sui corpi senza vita e su quello dei famigliari che rivendicano la scomparsa di un loro caro, questo unitamente alla raccolta dei dati ante e post mortem utili all’identificazione delle salme;
– Deve essere garantita la possibilità, anche posteriormente, di identificare i corpi e di seppellirli secondo la volontà e il credo espresso dalle famiglie;
– Certo deve essere l’impegno dei Governi per il rimpatrio delle salme;
– Le sepolture, dei corpi non immediatamente rivendicati dalle famiglie, devono essere effettuate garantendo la tracciabilità per un eventuale futuro riconoscimento o rimpatrio;
– Al contrario di quanto abbiamo misurato in diverse occasioni gli enti coinvolti devono garantire una accoglienza degna ed adeguata ai sopravvissuti ed ai famigliari. Questo significa pensare ai costi di viaggio, vitto, alloggio ed al supporto medico e psicologico.
-I famigliari devono essere informati in ogni fase dell’identificazione per la doverosa comparazione del profilo genetico.

Caravana Abriendo Fronteras, Asociación Sociocultural Entre Mares, Proyecto Puentes de Esperanza,  Red. Regional de Familias Migrantes, Cofamicenh, Socorro Guzmán, Colectivo Memoria, Verdad y Justicia Acapulco, Fornelli in Lotta, Language Aid Mem.Med – Memoria Mediterranea, Rete Antirazzista Catanese, Rete 26 Febbraio, Re.Co.Sol – Rete delle Comunitaà, YaBasta, Restiamo Umani, Ana Enamorado, Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino, Nova Koinè, XII Marcha Por La Dignidad – Tarajal, No Olvidamos, Action For Festival delle Migrazioni Acquaformosa – Associazione don V. Matrangolo, Colectivo “Sigo Tus Huellas, Hasta Encontrarte” Buscando Desaparecidos, Huellas de la Memoria, Melting Pot Europa, Asociación Sociocultural Entre Mares

#HastaEncontrarles
#lenzuolimemoriamigrante
#CommemorAction

dalla pagina fb del Forum Antirazzista di Palermo

 

Redazione Sicilia

Combattenti per la Pace, una legge minaccia le Ong israeliane per la pace e i diritti umani

Siamo profondamente preoccupati per un nuovo pericoloso sviluppo legislativo che minaccia il nostro movimenti come Combattenti per la Pace e altre organizzazioni per la pace e i diritti umani in Israele.

Il Comitato ministeriale per la legislazione del governo israeliano ha appena approvato una legge che modifica la Legge sulle Associazioni (1980) , imponendo severe restrizioni finanziarie e operative alle ONG che ricevono finanziamenti da enti governativi stranieri. Se approvata, questa legge limiterà drasticamente la nostra capacità di operare, mettendo a tacere le voci che si attivano per la pace, i diritti umani e la cooperazione binazionale.

Questa proposta di legge non limita solo i finanziamenti, ma è anche un tentativo di impedire alle ONG di accedere alla revisione giudiziaria in questioni riguardanti i diritti umani e alle petizioni contro istituzioni governative. La bozza afferma infatti:

“Un tribunale non deve prendere in considerazione alcuna richiesta presentata da una ONG il cui finanziamento principale proviene da un ente statale straniero, se non è finanziato dallo Stato di Israele.”

Ciò significa che le ONG che si affidano a finanziamenti internazionali, ovvero la stragrande maggioranza delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, perderebbero la possibilità di presentare ricorso ai tribunali israeliani. Si tratta di un attacco diretto alla democrazia, che priva la società civile di uno dei suoi strumenti più importanti per difendere i diritti umani.

Perché questo è importante

Esclude qualsiasi possibilità di azione legale contro le violazioni dei diritti umani, negando giustizia a chi ne ha più bisogno.

Riduce al silenzio la società civile, interrompendo il sostegno internazionale alle organizzazioni che lavorano per la pace, la giustizia e l’uguaglianza.

Compromette la democrazia, conferendo al governo il potere incontrollato di limitare le voci di dissenso.

Approfondirà e consoliderà l’occupazione, eliminando uno degli ultimi baluardi rimasti sulle politiche governative che perpetuano violazioni dei diritti umani e violenze.

Cosa significa questo per i palestinesi

Più accaparramenti di terre e più demolizioni – Con meno sfide legali, Israele sarà libero di espandere gli insediamenti e confiscare le terre palestinesi a un ritmo ancor più veloce.

Maggiore violenza da parte dei coloni e dei militari – Abolendo quei pochi dispositivi vigenti, aumenteranno gli attacchi contro le comunità palestinesi senza alcun controllo.

Minore consapevolezza internazionale: le organizzazioni per i diritti umani saranno messe a tacere, rendendo più difficile denunciare le realtà quotidiane dell’occupazione.

Fine degli sforzi di pace di base: gruppi come “Combattenti per la Pace” che promuovono l’incontro di israeliani e palestinesi per un’azione nonviolenta, perderanno un sostegno fondamentale.

Come potete aiutare

Abbiamo urgente bisogno del vostro supporto per fermare questa pericolosa proposta prima che diventi legge. Ecco cosa potete fare:

Contattare i rappresentanti delle vostre amministrazioni e il vostro governo centrale, esortandoli a esprimersi contro questa legge e a esercitare pressioni diplomatiche su Israele affinché protegga la società civile.

Aumentare la consapevolezza condividendo queste informazioni con le vostre reti, le organizzazioni per i diritti umani e i contatti dei media. Più attenzione riceve questo problema, più difficile sarà che passi inosservato.

Continuare a sostenere il nostro lavoro: ora più che mai abbiamo bisogno della vostra solidarietà per sostenere il nostro movimento di fronte a queste minacce.

Questa legge non riguarda solo la limitazione delle ONG israeliane: è un attacco diretto ai diritti dei palestinesi, all’accesso alla giustizia e al movimento per la pace. Paralizzando la società civile, il governo israeliano garantirebbe che l’occupazione militare e l’espansione dei coloni continuino senza controllo, con meno ostacoli alla resistenza.

È tempo di agire. Insieme, possiamo difendere il diritto di co-resistere all’oppressione, sostenere la pace e costruire un futuro giusto per tutti.

In solidarietà,

Combattenti per la pace

https://www.facebook.com/c4peace
https://x.com/cfpeace
https://cfpeace.org/

Redazione Italia

Crescono in Africa emancipazione e autodeterminazione, nonostante l’imperial-terrorismo

Sabato 15 Febbraio 2025 si è svolta a Bamako (Mali) la prima presentazione ufficiale del nuovo e quarantesimo libro dello scrittore panafricanista franco-camerunese Franklin Nyamsi intitolato “Imperial-Terrorismo”.
https://shorturl.at/t2unE

L’evento si è svolto alla presenza di un numeroso pubblico nella sala congressi del memoriale Modibo Keita di Bamako con la partecipazione dei media nazionali e di quelli della Confederazione del Sahel AES.

La conferenza è stata presieduta dal Prof. Bouréma Kansaye, Ministro dell’Istruzione superiore e della Ricerca scientifica del Mali, che ha scritto la prefazione del libro.

La tesi principale dell’opera esprime dice che: “Le organizzazioni terroristiche come Al Qaida, Stato Islamico, Boko Haram e altre, che oggi tentano di destabilizzare i paesi africani, non hanno come movente motivi religiosi, in quanto numerosi paesi in cui operano sono già musulmani. Il compito di questi gruppi terroristici è piuttosto di destabilizzare sistemicamente i paesi africani e indebolirli, per poter ottenere più facilmente le loro ricchezze naturali a basso costo da parte di multinazionali esterne al continente africano.”

Questo libro non cerca di imporre a priori interpretazioni tendenziose, si limita a presentare le prove raccolte durante anni, corroborate da dichiarazioni di personaggi politici occidentali di spicco come per esempio l’ex presidente Jaques Chirac, che in un intervento ufficiale aveva ammesso: “una parte delle risorse contenute nei nostri portamonete, proviene dalle ricchezze ottenute dai paesi africani”.

Le prove menzionate nel libro sono numerose e ben elencate. Una delle più recenti è quella fornita dalla nuova direttrice dei servizi di intelligence USA Tulsi Gabbard. Nell’intervista previa alla sua nomina davanti al Senato ha criticato l’appoggio dei precedenti governi del suo paese alla formazione terroristica Al Qaida a cavallo tra Asia e Africa.

Un’altra connessione comprovata di paesi NATO con formazioni terroristiche risulta dalle email di Hillary Clinton pubblicate da Wikileaks riguardanti l’aggresione militare della NATO contro la Libia nel 2011.

https://www.wikileaks.org/clinton-emails/?q=Libya

Numerosi osservatori e intellettuali nei 54 paesi d’Africa sono consapevoli dei progetti infrastrutturali, idrici e finanziari di carattere panafricano che la Libia aveva intrapreso e che avrebbero portato a una crescente sovranità del continente più ricco di risorse naturali al mondo. Molti di essi ritengono che l’attacco della NATO contro la Libia abbia ritardato l’emancipazione dell’Africa di 10/15 anni.

https://www.pressenza.com/it/2024/06/africa-nel-mirino-della-nato/

L’evento di Bamako è il primo di una tournée, che in questi giorni porterà il professor Nyamsi a presentare il suo libro anche a Ouagadougou (Burkina Faso) e a Niamey (Niger).

Lo scrittore Franklin Nyamsi, da circa 25 anni insegnante di filosofia, è noto per il suo instancabile lavoro a favore della emancipazione dei popoli d’Africa in ambito di sovranità e autodeterminazione.

https://www.facebook.com/FranklinNyamsi

Fondatore dell’”Istituto Africa delle Libertà”, Nyamsi è oggi uno dei pensatori panafricanisti più seguiti in Africa, nelle diaspore africane di tutto il mondo e da un vasto pubblico che va dall’Europa fino a numerosi paesi del sud globale. L’istituto avanza quattro proposte fondamentali:

  • la fine dell’occupazione militare straniera del suolo africano
  • la fine della dominazione economica neocoloniale e imperialista in Africa
  • la fine dei regimi dispotici in Africa
  • il rinascimento culturale africano

https://www.afriquedeslibertes.org/

Il libro Imperial-terrorismo non suscita un vittimismo sterile. Da un lato esso fornisce prove scientifiche su certi procedimenti impiegati dalle elites, per impedire il libero sviluppo dell’Umanità e per mantenere il potere nelle proprie mani.

Dìaltra parte questa opera stimola lo studio, la riflessione e l’azione rivoluzionaria nonviolenta, per cambiare il decandente paradigma attuale con valori di verità, giustizia e solidarietà. L’autore considera che tali tradizioni umaniste fossero già presenti nelle antiche civiltà d’Africa, tra cui quella negro-egiziana e che oggi costituiscano un nuovo orizzonte che ispira la gioventù africana.

Traduzioni tangibili di queste proposte prendono forma per esempio nella confederazione del Sahel AES:
https://www.pressenza.com/it/2024/07/burkina-faso-mali-e-niger-creano-la-confederazione-degli-stati-del-sahel-aes/

La giovane Africa desidera riprendere in mano il proprio destino e orientare il continente verso nuovi cammini, affermando l’Africa dei Popoli e non delle multinazionali.

Toni Antonucci